Magistratura democratica
Editoriali

Il diritto nell’emergenza *

di Nello Rossi
direttore di Questione Giustizia

Nell’emergenza sanitaria ed economica il diritto è chiamato a svolgere la sua funzione regolatrice e ordinatrice senza snaturarsi in uno scomposto e confuso diritto dell’emergenza. E la magistratura, pur scossa dalla sua crisi interna, è tenuta a non ripiegarsi su se stessa, per non far mancare al Paese, in questo frangente, il suo apporto di conoscenza e di esperienza.

1. Si riscopre la serietà e la drammaticità della politica? 

Una nuda ed elementare verità della “politica”, troppo a lungo oscurata, è stata prepotentemente riportata alla ribalta dall’epidemia.

Che la politica, con le sue scelte, può decidere – letteralmente – della vita o della morte delle persone. Della salvaguardia del loro livello di reddito o del loro impoverimento. Della tutela della libertà responsabile di ciascuno o della coercizione autoritaria di tutti.

Il pericolo incombente – per la salute, per l’economia, per il lavoro – sembra aver aiutato molti cittadini a riscoprire la serietà e la drammaticità della dimensione politica.

Relegando sullo sfondo il susseguirsi incessante dei tweet. Svelando l’illusione delle luci violente dei riflettori che trasformano in marmi splendenti le architetture di cartapesta degli studi televisivi. Mostrando che una battuta azzeccata o una efficace apparizione sui social non bastano a valutare la qualità e l’affidabilità di un dirigente politico. Sgonfiando la bolla mediatica nella quale gran parte dei cittadini sono stati immersi per anni.

In questa ri-presa di coscienza del valore e della centralità della politica si può scorgere il movimento sociale e culturale più significativo e profondo verificatosi per effetto della crisi sanitaria ed economica che ha investito il Paese.

Ed è appunto questo sommovimento repentino e radicale l’unico dato politico che ci interessa qui porre in luce, dal momento che la nostra Rivista non ospita di regola analisi contingenti ma è piuttosto luogo di riflessione e di studio sulle policy che riguardano libertà ed eguaglianza dei cittadini e sulla politica cristallizzata in diritto.

E però, dal nostro punto di vista, coltivare la speranza che la politica si stia risvegliando dal suo lungo sonno mediatico non basta.

Occorre anche che, nel corso della crisi, il diritto, sottoposto alle forti e inedite tensioni nascenti dall’epidemia, sappia preservare le sue fondamentali caratteristiche – di rispetto dei principi, di regolarità formale, di trattamento eguale di situazioni eguali, di equilibrio e di misura – senza trasformarsi in uno scomposto e confuso “diritto dell’emergenza”.

E che la magistratura, pur scossa da una sua propria interna emergenza, non si ripieghi troppo su se stessa in una nuova forma di “separatezza”, per poter fornire al Paese, in questo difficile frangente, il suo apporto di conoscenza, di esperienza, di capacità di risoluzione dei problemi.

 

2. Il diritto nell’emergenza; non un diritto dell’emergenza

Per rispondere a queste esigenze, naturalmente nei limiti delle nostre forze, è stata concepita la presente raccolta di scritti. Un di più rispetto a quello che la Rivista ha fatto sino ad ora.

Chi abbia la pazienza di scorrere le pagine della nostra Rivista online dal mese di marzo sino ad oggi vi troverà la testimonianza di un intenso sforzo collettivo di analisi incentrato su “tutti” gli ambiti della vita individuale e collettiva incisi dall’epidemia.

A questa ampia messe di studi si affianca oggi un apporto nelle nostre intenzioni più sistematico: un numero della Rivista trimestrale intitolato «Il diritto nell’emergenza», interamente dedicato ai temi posti dalla situazione che vive il Paese nel contesto di un fenomeno di portata mondiale.

I capitoli nei quali si articola la riflessione di specialisti di differenti settori sono legati, pur nella loro diversità, da un nesso chiaramente visibile.

La convinzione, comune a tutti gli Autori, che anche nei momenti di più acuta crisi il diritto può operare come indispensabile tecnica di regolazione sociale ed esercitare la sua capacità ordinatrice solo mettendo in campo i suoi metodi e salvaguardando i suoi principi e la sua peculiare razionalità.  

Dichiariamolo subito: nei contributi che pubblichiamo c’è molto senso della realtà. Come è naturale, del resto, per un “foglio” di riflessione promosso da un gruppo di magistrati (anche se esso sarebbe impensabile senza l’apporto costante e prezioso di studiosi delle più diverse discipline).

Don Ferrante, con la sua logica formale, i suoi ragionamenti astratti e saccenti, la sua spocchia suicida, non abita qui.

Né qui trovano spazio le fantasticherie su progetti liberticidi innestati sul Covid-19, mentre vengono criticamente filtrate le più sofisticate suggestioni nascenti dall’ampia letteratura sull’uso politico delle epidemie, sui pericoli insiti nei regimi di sorveglianza sanitaria e sociale, sulle emergenze e sullo stato di eccezione.

Ma è proprio il senso della realtà a reclamare che soluzioni efficaci e durevoli ai problemi posti dal Covid-19 non siano il frutto di improvvisazioni e forzature, inserendosi nel sistema di principi e regole che la nostra società si è data a partire dalla rifondazione rappresentata dalla Costituzione repubblicana.

È in questo quadro che si collocano tutti gli apporti di questo volume: le valutazioni di fondo sulle opzioni del Governo e del Parlamento; le critiche, spesso molto acuminate, verso alcune scelte legislative; gli allarmi su situazioni critiche, suscettibili di degenerare in assenza di rapidi interventi; le indicazioni alternative a scelte ritenute improvvide.

 

3. I molti fronti su cui è chiamata in causa la magistratura

L’ampio spettro dei temi affrontati e dei contributi pubblicati rispecchia il diretto impegno della magistratura sui diversi fronti dell’epidemia.

Pubblici ministeri e giudici sono chiamati innanzitutto ad affrontare il tema delle eventuali responsabilità penali e civili connesse all’epidemia misurandosi a ogni passo con questioni nuove e spinose.

Un elenco provvisorio e tutt’altro che esaustivo di tali questioni basta a dare la misura delle difficoltà del compito: l’accertamento della “causa” di eventi dannosi o fatali in un contesto estremamente problematico, non foss’altro che per l’assenza di conoscenze scientifiche consolidate sul virus e sulle sue modalità di diffusione; le indispensabili garanzie da offrire agli operatori sanitari e a quanti operano sul campo per assicurare il funzionamento di gangli vitali della struttura sociale ed economica; il valore delle linee-guida di comportamento emanate dalle autorità e l’interpretazione dei concetti generali di diligenza, perizia, prudenza in un quadro sanitario e sociale in continuo mutamento.

Né minore si preannuncia il coinvolgimento del giudiziario sul versante delle verifiche di legalità e del contrasto dei comportamenti illeciti che possono innestarsi sul tronco dell’economia della crisi a opera di associazioni criminali, di operatori economici, di pubblici funzionari, di privati cittadini. 

E, infine, l’area amplissima dei problemi connessi all’applicazione delle norme dettate per il lavoro privato e pubblico (dalla disciplina dello smart working a quella dei licenziamenti e della cassa integrazione) e per la conflittualità giuridica individuale destinata ad accompagnarsi a una congiuntura sociale ed economica senza precedenti nella storia della Repubblica. 

 

4. L’augurio che questo numero della Trimestrale invecchi presto

Un lavoro di lunga lena che ha bisogno di pensieri nuovi, adeguati alla straordinarietà della fase, e di contemporanee riflessioni sulle “costanti” proprie dell’esperienza giuridica messe in tensione e alla prova dall’eccezionalità degli eventi.

Un lavoro da svolgere sapendo valutare le trasformazioni destinate a durare al di là della contingenza ma senza soverchie concessioni alle illusioni di chi pensa, dice, e forse vaneggia, che dall’epidemia “usciremo migliori”.

Con l’augurio che questo numero della Trimestrale invecchi presto, che le sue pagine elettroniche – che non possono ingiallire né subire l’usura degli anni – divengano inattuali e restino nel tempo solo come testimonianza di un impegno non più necessario.

Così che possa ricominciare a pieno la vita che conosciamo. Imperfetta, travagliata, piena di incertezze e di errori, ma animata dagli incontri personali, dalle discussioni vivaci tra interlocutori che si guardano negli occhi, dai confronti e dagli scontri non filtrati da schermi e dispositivi elettronici. Dovunque e quindi anche nelle aule di giustizia.

[*]

Pubblichiamo l'editoriale di Nello Rossi che apre il n. 2/2020 di Questione Giustizia trimestrale dedicato al diritto dell'emergenza. 

17/10/2020
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