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Giudici e sovraindebitamenti, problemi vecchi e nuovi *

di Roberto Braccialini
presidente Sezione Procedure Concorsuali (ex Sezione Fallimentare) del Tribunale di Genova

Qual è la copertura costituzionale delle procedure di sovraindebitamento e come si giustifica, socialmente ed economicamente, l’indulto civile che ne deriva? Qual è il ruolo del giudice, “garante multilivello” e presidio di legalità in queste procedure, trasformato a tratti in dispensatore seriale di rospi per i creditori insoddisfatti? Di questi e di altri quesiti si discute in questo saggio breve in cui, oltre alle problematiche organizzative e strutturali delle procedure in esame – a partire dai limiti genetici degli organismi di gestione della crisi – si passano in rassegna rapidamente alcuni profili critici posti dai casi pratici e vengono date indicazioni sulla giurisprudenza locale genovese e sua appendice organizzativa relativa al sovraindebitamento.

1. La copertura costituzionale del sovraindebitamento: peso insostenibile del debito, dignità delle persone

Ringrazio gli organizzatori per la mia collocazione in una vetrina espositiva che consente di esaminare le questioni da un punto di vista eminentemente pratico e mi propongo di fornire minimi contributi operativi.

Mi si chiede di parlare del ruolo del giudice nelle procedure di sovraindebitamento, ma ormai da tempo vado predicando inutilmente in giro che i problemi posti dalla riforma fallimentare non riguardano tanto l'impianto processuale o sostanziale degli istituti, ma principalmente la dimensione organizzativa del Codice. L'infelice scelta di non dare corso alla delega ordinamentale ha portato al “travaso del vino nuovo nella botte vecchia” in un periodo in cui tra, l'altro, vi era notevole scarsità di botti, quindi la prima domanda che dobbiamo porci è: quali risorse possiamo realmente mettere in campo per il controllo giudiziario delle varie le procedure concorsuali pre e post-riforma? In un momento di pesante deficit degli organici e senza un'adeguata valorizzazione della specializzazione nella materia?

Accantoniamo per un attimo il problema n. 1 del Codice della Crisi e parliamo di sovraindebitamento. Il mio primo contatto con la materia non è stato un amore a prima vista. Al primo giorno di presidenza della Sezione fallimentare incrocio nel corridoio un signore che mi chiede dove sia l'ufficio dove «tagliano i debiti» ed io faccio qualche fatica ad indirizzarlo alla Cancelleria giusta, quasi nulla sapendo della L. 3/2012 e dintorni. Quando poi ho preso confidenza con il sovraindebitamento, ho notato un curioso parallelismo con il mio primo incarico giudiziario, quello cioè di giudice dell'esecuzione penale impegnato quotidianamente nel cumulo delle pene, e mi è venuto il dubbio che la società del debito, non avendo ancora risolto il problema di come distribuire le perdite da inadempimento delle obbligazioni e non potendo ripristinare né le mura di Malapaga (con la prigione per debiti), né la riduzione schiavitù del debitore con la sua vendita oltre Tevere, abbia optato per la socializzazione delle perdite attraverso una specie di “indulto civile”. Una indulto economico che viene posto in larga misura a carico della comunità (vedi l’azzeramento del debito fiscale e previdenziale: principale obiettivo dei ricorsi presentati) e dei debitori privati grandi e piccoli, di cui solo una parte è in grado di traslare la perdita da inadempimento sui restanti debitori adempienti: quindi un meccanismo che è difficile far digerire agli interessati, ma anche ai giudici, abituati per deformazione professionale a valutare negativamente ed anzi stigmatizzare (con la condanna) l’inadempimento; e trasformati, nelle procedure di sovraindebitamento, in “somministratori seriali di rospi” da far ingoiare ai creditori non tacitati.

Pur a distanza di anni da quel primo contatto con la materia, continua in certe occasioni e di fronte a certi casi a sfuggirmi la logica di questo indulto civile e probabilmente questo sentimento di sconcerto è condiviso dai colleghi che operano anche come giudici della cognizione, abituati a non vedere di buon occhio l’inadempimento. Alla base e giustificazione della disciplina del sovraindebitamento, sentiamo parlare di una matrice ideologica solidaristica di derivazione latina, quando non di un approccio economicistico luterano che dovrebbe rigenerare e rimettere in circolo i cattivi pagatori, una volta liberati dalla zavorra del debito pregresso. Nella mia limitata esperienza pratica non ho mai incrociato soggetti che, liberati del fardello di un pesante debito, si siano precipitati a contrarre nuovi prestiti, mentre la rappresentanza dell’anima latina è decisamente più intensa perché chi tratta la materia del sovraindebitamento sa perfettamente che siamo spesso di fronte ad una “giurisprudenza delle disgrazie e dei casi umani” e ha chiaro che un novello Charles Dickens, che volesse cimentarsi oggi con l’attualità sociale, non scriverebbe più Davide Copperfield, ma farebbe un sano copia e incolla di molti ricorsi in materia e conseguenti provvedimenti giudiziari.

Con il tempo mi sono formato il convincimento che la giustificazione di un’attività giudiziale diretta a far ingoiare grossi rospi, come l’annullamento totale o parziale dei crediti, a creditori più o meno incolpevoli, il sommo principio giuridico che spiega tutta la disciplina del sovraindebitamento, corrisponda alla massima d’esperienza per cui non si può pretendere il sangue dagli anemici. Nel senso che ci sono persone e organizzazioni così soffocate dal debito accumulato, e così carenti di risorse (non solo economiche ma anche relazionali e informative), da risultare totalmente schiacciate sotto quel peso nel corso della loro esistenza e nelle loro scelte di vita: questo fa a pugni con la previsione dell’art. 2 della nostra Legge Fondamentale, che fa salvo il valore fondamentale della la dignità della persona ed ecco spiegata la copertura costituzionale degli istituti in esame. 

Una volta assodata la compatibilità costituzionale dell’indulto civile, la prima domanda retorica che pongo al mio uditorio è: ha fatto bene o male il Codice della Crisi a modificare la nozione di indebitamento di cui all’art. 6.2 lett. a) della Legge 3/2012, che parlava di «situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente», realizzando un totale parallelismo definitorio con la nozione finanziaria di crisi ed insolvenza previste per le procedure maggiori (vedi lett. c) dell’art. 2)? 

A me sembra che la dimensione meramente finanziaria del sovraindebitamento possa anche condividersi per il concordato minore, data la platea dei professionisti potenzialmente interessati, ma non dia il senso dell’impossibilità di adempimento che si coglieva nella precedente definizione legislativa e quindi comporti il rischio di banalizzare le procedure.

Dalla nozione stessa di “sovraindebitamento”, che evoca una situazione che eccede la normalità del debito umanamente sostenibile, può continuare a farsi derivare quel necessario collegamento con una situazione debitoria insolubile che giustifica il condono parziale o totale del debito civile: «il perdurante squilibrio» e la «definitiva incapacità di adempiere regolarmente» realizzano, meglio dell’inadeguatezza dei flussi di cassa o dell’incapacità ad adempiere regolarmente le obbligazioni, quell’indispensabile aggancio al conteggio dei globuli rossi, di cui parlavo sopra citando l’anemia, e quindi il limite oltre il quale il peso dell’indebitamento schiaccia la dignità della persona.

Con tale necessario correttivo diventa anche più agevole decidere i casi – che già oggi si vedono nella pratica giudiziaria - in cui minime differenze negative tra entrate e uscite vengono allegate per giustificare non la ristrutturazione di un debito, ma la sua totale cancellazione

Ma, tornando al parallelismo che proponevo tra sovraindebitamento ed esecuzione penale, con il suo tetto massimo previsto per il cumulo delle sanzioni, c’era nella L. 3/2012 e permane nel Codice della Crisi un secondo addentellato para-penalistico: l’inesigibilità del debito falcidiato, che ha il sapore del "fine pena" penale, e qui viene in rilievo a tutto tondo l’istituto dell’esdebitazione.

Non si può comprendere la logica dei vari istituti di cui si compone il sovraindebitamento se non si considera la carota premiale costituita dalla cancellazione del debito eccessivo, fino a giungere al limite estremo dell’esdebitazione senza risorse di cui all’art. 283 CCI. Concordo pienamente con chi ha visto proprio nell'esdebitazione non la coda del sistema, ma la sua testa, anche in termini di ammissibilità della procedura richiesta: si può concepire mai un sovraindebitamento senza esdebitazione? 

Faccio l’esempio di un debito da responsabilità extracontrattuale, che non è esdebitabile secondo l’art.278 CCI né per le liquidazioni giudiziali, né – dovremmo dire - per tutta la concorsualità “minore”. Che tipo di ristrutturazione sarà mai possibile per un tale debito, se poi alla fine mancasse la cancellazione o più esattamente l'inesigibilità del debito stesso? 

Quindi la possibilità di esdebitazione futura condiziona tutta la valutazione giudiziale della fase di ammissibilità e di omologazione dei sovraindebitamenti e diventa in fondo la stella polare del sistema, il fondamentale criterio interpretativo di riferimento e metro della discrezionalità riconosciuta al giudiziario, così come la continuità aziendale e la salvaguardia degli assetti produttivi sono la stella polare del concordato preventivo.

 

2. Serve un “garante multilivello?” Ruolo del giudice nelle procedure di sovraindebitamento

Un'esposizione razionale della materia affidatami si dovrebbe articolare su due piani diversi, e cioè dovrebbe esaminare dapprima il ruolo del giudice nei due sovraindebitamenti a sfondo negoziale e poi in seconda battuta nella diversa procedura liquidatoria di chiusura del sistema. All'interno di questo doppio livello, si dovrebbe procedere ad un’analisi distinta dei quattro passaggi topici di ogni singola procedura costituiti da ammissibilità, omologa, esecuzione, esiti-esdebitazione.

In quest'occasione per ovvie ragioni di tempo mi è possibile solo una panoramica a braccio sul ruolo di “garante multilivello” che assolve il magistrato in questa materia ed una mera elencazione di alcune criticità manifestatisi in questo primo scorcio applicativo del Codice, con l'auspicio che dal confronto con gli operatori del settore possano nascere risposte adeguate per un sistema che è stato riformato dal Codice della crisi rispetto alla lacunosa disciplina del 2012, ma forse non così approfonditamente com'è avvenuto invece per le procedure maggiori, per cui sconta ancora un certo tasso di minorità cultural/processuale, che a breve non si giustificherà più con i numeri dei ricorsi che saranno prossimamente depositati.

Perché mai parlare di un giudice come “garante multilivello”? Mi sono divertito in altre occasioni ad esaminare le varie funzioni che l'autorità giudiziaria assolve nel contesto delle procedure concorsuali, individuando almeno sei diverse situazioni lavorative tipiche delle procedure maggiori. 

Vediamo così all’opera un giudice concorsuale impegnato, tra le diverse procedure che compongono il suo ruolo o all’interno della stessa procedura, in fasi diverse del suo avanzamento, nella veste di: 

1) nominante (vedi: le designazioni occorrenti nelle procedure);

2) vigilante (vedi: le verifiche sulla legittimità della procedura);

3) monitorante (sui tempi della procedura);

4) autorizzante (vedi: le parentesi cautelari e conservative; gli snodi liquidatori);

5) classicamente decidente (nel contenzioso oppositivo)

6) consulente (di fatto) degli organi della procedura.

Il discorso non cambia per il sovraindebitamento, salvo la diversa pregnanza che assumono alcune di queste specifiche attività e quindi trovo sempre riduttivo e inadeguato parlare di procedure minori, quando semmai bisognerebbe parlare di “secondogenite problematiche”: i genitori con doppia prole capiranno benissimo a cosa alludo.

Certo che se alla dea Kalì, immagine iconica del giudice ex fallimentare e concordatario, multiruolo, sono associate normalmente associate da 4 a 8 braccia, allora c'è da dire che per le procedure di sovraindebitamento questa divinità/collega dovrebbe essere munita di almeno 10 braccia, visto che l'intervento giudiziale - quando si voglia fare seriamente e non sia un mero passaggio di carte dall’OCC al Tribunale - è ben più intenso e impegnativo di quello richiesto delle procedure maggiori, dove metà dei problemi sono costituiti dall'individuazione della giusta guida al volante della liquidazione giudiziale o del concordato preventivo come curatore o commissario giudiziale. 

Questa maggiore necessità di intervento giudiziale non ha riscontro nelle norme di procedura, che ignorano le udienze suggerite dalla buona pratica nella fase di ammissibilità (e i sistemi informatici neanche le consentono). Il presenzialismo giudiziale, non previsto ma inevitabile, è in larga misura condizionato da un problema genetico esclusivo del sovraindebitamento, che è la debolezza strutturale dell'organismo di composizione della crisi derivante dalla sua natura anfibia, a metà tra consulente del debitore e ausiliario del giudice (non da lui fiduciariamente designato). 

Ecco quindi che assistiamo, e lo dico auspicando tempi migliori, ad un atteggiamento troppe volte remissivo ed appiattito dei professionisti gestori della crisi rispetto all'impostazione dei ricorsi scelta dagli advisor dei debitori, in particolare per quanto riguarda il regime di graduazione dei debiti e la genesi del debito, in quanto – quest’ultima - potenzialmente ostativa all'ammissibilità della procedura. 

Non c’è tempo qui per aprire il ribollente capitolo della “meritevolezza” secondo il CCI. Uscito dalla porta del vaglio di ammissibilità, recuperato dalla finestra dell’esdebitazione e variamente declinabile nelle 3 diverse procedure compositive del sovra-debito, è un profilo critico sul quale gli OCC dovrebbe interloquire maggiormente, se solo avessero strumenti di indagine più approfonditi e momenti di vera interlocuzione preventiva con le parti creditrici.

A ben vedere, questa debolezza strutturale dei controlli sui “paletti” da porre nelle singole vicende è agevolata nello stesso schema processuale delle procedure di sovraindebitamento a causa dell'assenza di previsione su momenti dialettici autentici. Leggendo le norme di procedura, sembra veramente che nel sovraindebitamento ci sia una “versione bonsai” del procedimento uniforme, per cui si passa d’emblée dal ricorso introduttivo all'omologa, dando ragione a chi, qualche tempo fa, in un convegno pubblico, descriveva così le sorti del piano del consumatore: «Questo qui (il debitore) fa il suo piano e lo deposita: il giudice, se gli piace, lo omologa; se non gli piace, non lo omologa»; mentre la realtà quotidiana ci dice che non ci sono mai omologazioni “buone alla prima”, senza un minimo di interlocuzione con gli interessati. Si tratta allora di creare momenti dialettici ante ammissione e ante omologa, in cui andrebbero valorizzati meglio i contributi informativi di chi dispone di maggiori informazioni sulla genesi dei debiti. Da questo punto di vista, duole sottolineare la latitanza in queste procedure, almeno nella nostra esperienza e fino ad epoca recentissima, delle agenzie fiscali e degli enti previdenziali, che invece potrebbero dire la loro sulla meritevolezza dei debitori con maggiore cognizione di causa dello stesso OCC. 

Non è necessario subire questa situazione di vuoto processual/normativo senza reagire e già la nostra Sezione ha individuato due correttivi che, possiamo immaginare, costituiscano esperienza quotidiana di tutti i giudici che praticano la materia: 

1) creare spazi di interlocuzione con udienze dedicate alla messa a punto dei vari piani/ricorsi presentati dei sovraindebitati, visto che nessuna norma impedisce di creare momenti di contatto con un minimo di formalità sullo stile dell’art. 485 c.p.c. dell’esecuzione individuale;

2) utilizzare le decisioni di omologa come sede per prescrizioni giudiziarie inerenti l’appendice liquidatoria, che può presentare aspetti anche più problematici della fase di omologazione, specie per quanto riguarda la redazione del piano di liquidazione e la formazione dello stato passivo.

In un contesto di questo tipo, è chiaro che la funzione giudiziale diventa quella di un "ripetitore di segnale”, un “reminder", cioè un organo che richiama i protagonisti della procedura all’esistenza di “paletti” da rispettare su ammissibilità e fattibilità delle ristrutturazioni prospettate: una funzione monitorante che viene per forza di cose esaltata dall’assenza di un vero rapporto fiduciario tra gestore della crisi e magistrato. Stupisce però che l'elencazione di questi “paletti” non si trovi esposta organicamente nelle procedure che qui ci interessano mentre, ad esempio, la troviamo più felicemente definita nella nuova disposizione sul concordato semplificato, laddove l'art. 25 sexies co. 5 CCI prevede che il giudice omologhi il piano dopo aver verificato, nell’ordine: 1) la regolarità del contraddittorio e del procedimento; 2) il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione; 3) la fattibilità del piano; 4) la convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria.

Queste verifiche giudiziali si hanno da fare con scrupolo estremo nei casi dei sovraindebitati, aspiranti all’esdebitazione, tenendo presente che la socializzazione della perdita economica imposta al ceto creditorio è accettabile nella misura in cui vi sia un reale ed approfondito accertamento dei requisiti di legge che giustificano il “rospone” che si fa ingoiare ai creditori cancellando le loro pretese. 

L’ars judicandi, la funzione giudiziale realmente utile ed apprezzabile, diventa in questi contesti la capacità del magistrato del sovraindebitamento di saper discernere e selezionare i debitori (latamente) “meritevoli” di accedere ed utilizzare le procedure a sfondo esdebitatorio dagli opportunisti dell’ultimo minuto, professionisti del cambio di residenza e dell’occultamento dei beni, in un sistema in cui le possibilità di controllo “storico” sulla formazione del debito sono abbastanza limitate.

 

3. Di alcuni problemi specifici nella pratica giudiziaria (con qualche prospettiva di soluzione)

E a proposito di controlli limitati, potremmo aprire qui una breve parentesi sull’assurda lacunosità degli artt. 68.4, 78.4, 269.3 che, non replicando il più puntuale co. 15 dell’art. 10 della L. 3/2012, si limitano a prevedere una specie di “presentazione” dell’OCC ai gestori delle banche dati che raccolgono informazioni patrimoniali sul debitore ricorrente, invece di legittimarne le funzioni investigative. Si è dovuti giungere, per ripristinare un minimo di funzionalità accertativa, a considerare non abrogata la vecchia disposizione del 2012 per consentire agli OCC di continuare ad ottenere dati di fondamentale importanza per la radiografia completa delle consistenze patrimoniali di quanti richiedono l’accesso al sovraindebitamento.

Entriamo adesso un poco più nello specifico delle singole procedure per una veloce elencazione delle criticità che man mano registriamo come Tribunale concorsuale genovese e cominciamo da quella che apparentemente dovrebbe essere la procedura meno problematica, cioè la liquidazione controllata, perché poggiante su uno schema di base già ampiamente collaudato, come quello della legge fallimentare. Una primogenitura che è anche confermata dai trend dei ricorsi in crescita per la l.c. e dalla corrispondente diminuzione delle procedure espropriative individuali, visto che un po' alla volta viene finalmente colta l'importanza della carota premiale costituita dall’esdebitazione finale a valori di saldo.

Una prima osservazione ha natura processuale. Non accediamo all’idea che “nel più sta il meno”, nel senso che non riteniamo di poter disporre l’apertura della liquidazione controllata desunta semplicemente da un ricorso di un creditore che domandi la liquidazione giudiziale: occorre una domanda di liquidazione controllata espressa, anche subordinata e anche formulata in udienza, purché notificata al debitore con congruo termine difensivo. 

Riguardo poi alla natura di questa procedura, si nota che troppo spesso viene presentata dagli OCC in una chiave negoziale, come se si trattasse di un piano proposto ai creditori, ed infatti abbiamo recentemente letto di un ossimorico “piano di liquidazione controllata”; laddove a rigore il ricorso introduttivo per l.c. dovrebbe limitarsi ad una radiografia patrimoniale della consistenza dei debiti e delle disponibilità esigibili, senza alcuna valenza negoziale: una procedura in stile “alzo le braccia, prendete tutto (ma solo per 3 anni)!”. Da qui, il problema del trattamento degli impegni che il debitore intende assumere oltre la durata legale ed effettiva della procedura e della finanza esterna che mette a disposizione. Nella nostra sentenza n. 2 del 17.1.2023 r.g. est. TABACCHI (ricorrente P.T.), conformemente ad altre giurisprudenze di merito, abbiamo optato per una durata della procedura collegata alla liquidazione del patrimonio appreso; per l'effetto estintivo automatico delle acquisizioni patrimoniali future al completamento del triennio di cui all’art. 279 CCI e per la dimensione di obbligazione naturale della prosecuzione degli impegni assunti volontariamente dal debitore.

Altra problematica che si è posta sovente riguarda la prededuzione dei crediti professionali, ma questo è un aspetto comune a tutti i sovraindebitamenti e ne parlerò più specificamente in coda. 

Come anche nel fallimento prima e nella liquidazione giudiziale ora, situazioni una certa complessità si possono porre nella liquidazione controllata per le interferenze con il trattamento dei debiti fiscali, in particolar modo quando ci siano di mezzo rottamazioni di vario tipo, e ancor più spesso con le procedure espropriative in corso sia per i pignoramenti presso terzi che specialmente per le vendite immobiliari. In quest'ultimo settore, in particolare, si è posta la questione dell'applicabilità o meno dell'art. 41 T.U.B. in favore del creditore fondiario, variamente risolto dalla giurisprudenza di merito. 

La nostra sede ha optato per l'applicabilità di tale regola anche nella liquidazione controllata, per effetto della catena di rimandi che si snoda dagli artt. 270.5, 275.2, 151.2 per arrivare fino al 41 T.U.B.; interpretando la “compatibilità” di cui parla il CCI in termini di legittimazione delle prassi, già sviluppatesi in sede fallimentare, di non totale devoluzione del ricavato della vendita al creditore fondiario, per consentire il pagamento dei crediti poziori e per evitare il successivo “rigurgito” in caso di mancata insinuazione al passivo. Sappiamo di dotta giurisprudenza modenese di segno contrario, rispetto alla quale nutro estremo rispetto e non mi sento in vena di contrasti ispirati a furore ideologico; aspettiamo la Cassazione...

Non ci siamo posti il dubbio sull’ ammissibilità della procedura in presenza di atti in frode, che potrebbe rientrare prepotentemente dalla finestra in funzione del co. 2 dell’art. 282 CCI, in quanto condividiamo la tesi per cui le autorizzazioni a coltivare le azioni revocatorie-recuperatorie, di cui all’art. 274 CCI, commi 1 e 2, stanno a dimostrare la non ostatività di tali condotte antecedenti del ricorrente rispetto all’accesso alla liquidazione controllata.

Per quello che riguarda il piano del consumatore, la dottrina si intrattiene di preferenza sulla tematica della definizione di consumatore, ma il problema che si pone nella pratica non è tanto definitorio, quanto quello del regime di trattamento dei debiti originati da un'attività di impresa che sia cessata; questo, a causa del limite derivante dall'articolo 33.4 del Codice, che non consente il concordato minore per le attività imprenditorial/professionali cessate.

Non si tratta di questione nuova, visto che già si erano registrate divaricazioni nella giurisprudenza di merito e un precedente della Corte di Cassazione sembrava ammettere tale ristrutturazione, anche se non posso nascondere le mie personali perplessità per la certo quale oscurità di quel precedente del 2016. Nella giurisprudenza locale (ordinanza 16.11.2022, procedim. r.g. 21/2022 PdC, ricorrente V.B. est. BRACCIALINI) abbiamo optato per l'esclusione della possibilità di ristrutturare il debito professionale con il piano del consumatore nella procedura.

Può essere di qualche interesse, tra le prime forme applicative dell’art. 2.1 lett. e) CCI, il decreto ammissivo nella procedura di ristrutturazione del debito di un consumatore, r.g. 66/2023, G.Des. BALBA, relativo ad un caso di contributi previdenziali inerenti la persona del socio di una società di persone, ritenuto al momento quale debito “non professionale”. 

I casi di ricorso al concordato minore sono, nella nostra esperienza, così esigui da non consentire neanche una ricognizione dei problemi sul tappeto, pur non mancando la sensazione di confrontarsi con una disciplina che si presenta più strutturata, non fosse altro perché - a differenza della liquidazione controllata - la disposizione di rinvio alla procedura concorsuale maggiore risulta esplicita.

Tremo già comunque all’idea di quando, in un primo concordato minore liquidatorio, bisognerà stabilire la soglia di accettabilità della ristrutturazione dei debiti proposta e stabilire la soglia oltre la quale poter dire che vi sono «… risorse che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori» (v. art. 74.2).

Affrontiamo brevemente il capitolo finale dell’esdebitazione, che sarà anche la stella polare del sistema, come si diceva in esordio, ma non rifulge davvero per nitore sistematico. 

I ripetuti rimaneggiamenti degli articoli da 278 a 283 del Codice fanno sospettare che ad un certo punto si sia temuto di aprire un varco interpretativo rendendo esdebitabile ciò chi non è mai stato tale, fin dai tempi della legge fallimentare, cioè i debiti per il risarcimento del danno e quelli determinati da sanzioni. Un vero crescendo si nota così nell'articolo 278, che esordisce parlando di sovraindebitamento nelle sole due liquidazioni generali, per poi allargarsi oggettivamente nel suo terzo comma a tutti indistintamente i debitori, con il richiamo al primo comma dell’art. 1 CCI, rendendo applicabili le limitazioni di accesso per l'esdebitazione a tutti i sovraindebitati e così escludendo il varco di accesso per letture fin troppo generose del “beneficio”.

I problemi incontrati con le esdebitazioni “ordinarie” dell’art. 282 sono stati due: la collaborazione con i gestori del sito ministeriale su cui vanno pubblicate le decisioni e in particolare il termine di durata di tali pubblicazioni e le sorti degli impegni assunti dai debitori che vanno a scadere oltre il triennio previsto per l'accesso all'indebita azione: tema di cui abbiamo già parlato. 

Non si sono ancora profilati casi pratici in cui venga in rilievo il vaglio di meritevolezza, previsto specificamente per i sovraindebitamenti, ma tutto congiura perché prima o poi la questione si ponga in concreto. 

Sulle esdebitazione dell’incapiente “totale” di cui all'articolo 283 CCI c'è ancora meno da dire. Siamo in area di amnistia piena, e qui la questione fondamentale è verificare la reale incapienza totale dei ricorrenti: cosa che non è certamente agevole con gli strumenti investigativi oggi disponibili per gli OCC. 

Senza voler aprire il doloroso capitolo della collaborazione con la Guardia di Finanza, semi-impraticabile presso i nostri lidi già per le procedure maggiori (salvo che non sia il PM chiede la liquidazione o ci siano di mezzo delle bancarotte), inserisco a questo punto un inciso polemico per dire che sposo completamente le rivendicazioni degli UNEP che chiedono la piena e totale attuazione dell'articolo 492 bis c.p.c. (e di conseguenza quella degli artt. 155 sexies disp. attuaz. c.p.c. e 15.10 L. 3/2012), non oculatamente ritardata dal Ministero per mere ragioni formali e non per indisponibilità dei mezzi tecnici. Senza considerare che il mancato trasferimento agli organi dell’esecuzione delle competenze per la ricerca telematica dei beni, previste nella riforma Cartabia, determina un apprezzabile storno di risorse di cancelleria, stupisce la scarsa lungimiranza di chi non coglie l'opportunità di costituire presso UNEP un nucleo specializzato nelle ricostruzioni patrimoniali, che non si limiti a fotografare le risultanze delle banche dati pubbliche, cioè della ricchezza solo formale, ma sia in grado di scandagliare i rapporti economici e scoprire gli occultamenti patrimoniali; occultamenti, che sono sempre all'ordine del giorno, ma se ne ha notizia quando le procedure liquidatorie sono chiuse da tempo. 

 

4. L’economicità delle procedure – Raccolta delle disposizioni organizzative e Codice Operativo

A questo punto passo al mio maggiore cruccio, cioè l'economicità delle procedure di sovraindebitamento e il controllo che deve fare il Tribunale Concorsuale su tale snodo per evitare – soprattutto per procedure finanziariamente povere – che esse diventino il “pascolo delle prededuzioni”. Un rovello radicatissimo e molto genovese, data la genetica attenzione della nostra sede giudiziaria (dove fu varato nel 2009 il primo Protocollo sulle spese processuali) alla tematica dei costi processuali e delle palanche, che nasce anche dalla constatazione dell'esiguo ricorso alle procedure che ci interessano, almeno fino al Codice della crisi: bassi numeri che vengono spiegati dagli esperti proprio con gli elevati costi di queste procedure.

Per evitare di operare come monadi isolate in materia tariffaria e per tirare un sasso nello stagno dell'argomento dei conti in tasca ai professionisti, autentico tabù anche a livello codicistico (vedi l’art. 6 del CCI), che però condiziona pesantemente l'accesso a queste procedure, la Sezione (elevata a Tribunale Concorsuale) ha ritenuto per il momento di dotarsi di linee guida elaborate nelle riunioni di indirizzo e coordinamento di cui all'art. 47 quater dell’Ordinamento giudiziario. 

Ne sono scaturite la Disposizione Organizzativa n. 4 del 2023 che riguarda il ruolo degli advisor, la graduazione dei loro compensi (in privilegio ex art. 2751 bis n. 2 C.c. e non in prededuzione) ed i relativi riferimenti liquidatori per i compensi legali nelle procedure di sovraindebitamento. Esse seguono a ruota le direttive nn. 1, 1bis, 13 del 2022 e n. 5 del 2023 che riguardano invece tutte le procedure di autorizzazione e liquidazione degli incarichi di stima immobiliare e degli incarichi legali nelle procedure maggiori e minori: tutto consultabile sul sito del nostro Tribunale. Come pure sono acquisibili le sentenze collegiali n. 32 del 14.4.2023 est. BALBA (ricorrente G.R) e n. 34 del 21.4.2023 est. BRACCIALINI (ric. C.S., r.g. 40-1/23) in cui si sono sinteticamente giustificate le ragioni del mancato riconoscimento della prededuzione agli advisor.

Con la “direttiva di equiparazione” (Disposizione Organizzativa n. 10/23 del 12.5.2023), di freschissima emissione, abbiamo realizzato una raccolta ragionata delle disposizioni organizzative dell’ultimo quinquennio per consentirne la più agevole consultabilità ed evitare che si riducano a grida manzoniane. Ne è scaturito un vero “Codice Operativo” che precisa quali istruzioni organizzative, concepite come “prassi virtuose” nelle esecuzioni immobiliari, sono applicabili anche a tutte le procedure concorsuali; e quali disposizioni, dettate per le liquidazioni giudiziali, trasmigrano anche nel comparto dei sovraindebitamenti.

I documenti che interessano sono rapidamente recuperabili da un’apposita articolazione del sito del Tribunale cui si può accedere con il link https://www.tribunale.genova.it/menu_uffici.aspx?id_ufficio_giudiziario=798&id_ufficio=6526 

 

5. L’indispensabile collaborazione con Ordini Professionali e OCC. Conclusioni

La prospettiva che vorremo percorrere in futuro è il passaggio da linee guida calate dall'alto, a prassi condivise con gli operatori del settore, fino alla dimensione e formalizzazione protocollare. 

Questo presuppone a monte un lavoro di analisi e raccolta dei materiali comparati sui profili critici della materia e da questo punto di vista sarebbe utilissima l'analisi della giurisprudenza inedita e "negletta", cioè dei provvedimenti interlocutori contenenti le richieste di chiarimenti dei giudici delegati in vista dell’ omologazione, che meriterebbero di essere conferiti in una banca dati condivisa, in quanto è molto più interessante sapere quale zavorra si perde per strada perché nello slalom procedimentale non si sono fatti i conti con i “paletti” di cui si parlava prima, piuttosto che registrare il fardello finale con cui si giunge alla meta dell'omologazione. 

Un secondo passaggio che sembra in prospettiva ineludibile è la predisposizione di una relazione tipo per le tre procedure di sovraindebitamento, che nella nostra disposizione n. 4/2023 è solo parzialmente abbozzata con la richiesta all’OCC di un prospetto riepilogativo finale, che vorremo collocare in tutte le omologhe per dare contezza a tutti i destinatari dei nostri provvedimenti dei passaggi essenziali del ricorso avallato. Si sta lavorando a tale scopo con un’apposita commissione di studio costituita presso l’OCC dei commercialisti e le prime bozze sono al momento già oggetto di analisi congiunta, che tutto lascia prevedere come fruttuosa in una prospettiva di breve-medio periodo.

A questi schemi-tipo dovrebbero essere associati a scopo informativo-comparativo anche alcuni modelli esemplificativi del trattamento riservato a situazioni debitorie tipiche, articolati proprio per tipologia di soggetti richiedenti (il richiedente single, la famiglia monoreddito, la famiglia allargata, il professionista isolato, la piccola impresa ecc.). 

Un terzo passaggio, che dovrebbe ricevere una prospettiva protocollare condivisa con gli OCC, dovrebbe riguardare la definizione concertata delle somme inesigibili destinate al mantenimento delle parti debitrici e delle loro famiglie, nonché la standardizzazione dei compensi dei professionisti OCC, cominciando da una regolamentazione della discrezionalità falcidiante prevista dall’art. 16.4 del D.M. 204/2012 (Tariffe) nella forbice di decurtazione compresa per il 15 e il 40 percento.

Insomma, quello che si vorrebbe costruire progressivamente a livello locale è un tavolo permanente di confronto con gli operatori della crisi d'impresa per condividere momenti formativi e modelli di soluzione dei problemi che facciano uscire le procedure di sovraindebitamento dall'attuale quadro di minorità culturale, autentiche figlie di un dio minore, perché procedure senza storia e senza discendenza.

Chiudo non nascondendo qualche delusione per l’esito complessivo della riforma in questo settore, a cui non è stata dedicata forse tutta l’attenzione riservata alle procedure “maggiori”. Diciamo per brevità che ci aspettavamo un esecutivo di cantiere che colmasse le molte lacune della L. 3/2012 e tante volte invece ci troviamo in mano meno di un progetto architettonico: il che si tocca quotidianamente con mano anche constatando lo scarto che passa tra la piena operatività delle procedure e la loro traduzione informatica nei programmi in dotazione a magistrati e personale amministrativo. A volte si ha la sensazione che siano mancate le “campate informatiche” dei nuovi (e in parte superflui) registri di cancelleria dedicati al nuovo Codice, se si pensa che ci sono voluti 5 mesi per ottenere la visibilità delle istanze dei ricorrenti e OCC nelle procedure che qui ci interessano. Ma i cahiers de doléances relativi agli applicativi informatici e le giuste rimostranze di giudici e delle cancellerie per i ritardi e le lacune che si registrano nell’adeguamento informatico e amministrativo relativo ai sovraindebitamenti occuperebbero lo spazio convegnistico di un’intera giornata! 

Ricollegandomi alla fine di questa carrellata al leitmotif organizzativo d’esordio in tema di vino nuovo e botti vecchie o botti mancanti all’appello, problema n. 1 della riforma fallimentare, vorrei chiudere dicendo che tutte queste sofferenze e ombre, ritardi e lacune che scontiamo quotidianamente, non sono però una buona ragione per non rimboccarsi le maniche e posso assicurare – ma i numeri ce ne danno conferma - che i giudici concorsuali genovesi, rimasti in 4 osti in una cantina dove dovremmo essere presenti e operativi in 7, lo stanno facendo ben oltre l’omero e la spalla.

[*]

Relazione sul controllo giudiziario nelle procedure di sovraindebitamento svolta nel convegno Banca e Impresa tra sostenibilità e processi di risanamento organizzato da Università di Genova, Consigli dell’Ordine degli Avvocati e Commercialisti, OCC Commercialisti e OCC Avvocati di Genova (11 e 12 maggio 2023).

22/05/2023
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