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La funzione sociale dell'impresa cooperativa: nuovo combustibile per la Costituzione

di Brando Mazzolai
avvocato del foro di Firenze

La recente sentenza n. 116/2025 della Corte costituzionale offre un quadro quanto mai esplicito della rilevanza costituzionale del principio della funzione sociale dell’impresa cooperativa, rilanciandone il modello che nell'attuale congiuntura sembra quanto più idoneo anche per superare le crisi più profonde e drammatiche. E' il caso della GKN di Campi Bisenzio, i cui lavoratori, a seguito di un licenziamento collettivo illegittimo e del successivo tentativo della proprietà di smantellare il sito produttivo, hanno avviato un percorso virtuoso volto a restituire continuità alla fabbrica attraverso la scelta di una struttura cooperativa e la creazione di una più ampia rete mutualistica di sostegno

«Però, vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l'impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità»[1]. Piero Calamandrei usava questa immagine per ricordare che la Carta costituzionale non si limita ad essere un testo scritto ma, nella sua quotidiana attuazione, essa reclama impegno, partecipazione e responsabilità collettiva.

Anche in materia di organizzazione economica dello Stato, i costituenti posero particolare attenzione al principio personalista e solidaristico[2], destinati a permeare l’intero modello costituzionale, individuando nella funzione sociale e nella dimensione collettiva dell’impresa due profili qualificanti nella regolazione giuridica dei rapporti economici[3]

Come ha recentemente ricordato il nostro Presidente della Repubblica in occasione dell’ultima Biennale dell’Economia Cooperativa: «Si coglieva, in quel confronto alla Costituente, un’aspirazione profonda: che la cooperazione fosse capace di mantenere nel tempo i suoi valori e i suoi caratteri fondativi per arricchire il tessuto sociale, per conferire pluralità e articolazione all’economia del Paese, finalmente liberata dal giogo dell’autoritarismo e dell’autarchia[4]».

Tali aspirazioni trovarono, dunque, espressione nell’intero apparato normativo dedicato alla c.d. "costituzione economica[5]" disciplinata nelle disposizioni del Titolo III sui rapporti economici dagli artt. 35-47 Cost.[6]. A partire dall’art. 41 Cost., che disciplina l’iniziativa privata, norma “manifesto” in materia economica, si legge che essa non possa svolgersi «in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali». Anche il riconoscimento e la tutela della proprietà privata, di cui all’art. 42 Cost., «riconosciuta e garantita dalla legge», è strettamente connesso alla "funzione sociale", riconoscendo il suo necessario radicamento in una dimensione comunitaria, quale strumento di realizzazione dell’interesse pubblico. Ulteriore e specifico riconoscimento è contenuto nell’art. 45 Cost.[7], che attribuisce rilievo costituzionale all’impresa cooperativa, quale particolare forma d’impresa collettiva, valorizzandone la funzione sociale «a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità»[8]. In altre parole intervenendo nel campo dei rapporti economici, i Costituenti vollero conferire rilevanza alla cooperazione come forma di gestione dell’impresa, in una logica non statalista, bensì di espressione della libertà e della società civile.

Sul tema riveste particolare importanza la recente sentenza n. 116/2025 della Corte costituzionale, che offre un quadro quanto mai esplicito della rilevanza costituzionale del principio della funzione sociale dell’impresa cooperativa[9]. Nel caso de quo i giudici costituzionali erano chiamati a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Consiglio di Stato sez. VI, in riferimento all’art. 12 comma 3, secondo periodo, del d.lgs. n. 220 del 2002 («Norme in materia di riordino della vigilanza sugli enti cooperativi»), nella parte in cui dispone(va) lo scioglimento per atto dell’autorità degli «enti cooperativi che si sottraggono all’attività di vigilanza non rispettano finalità mutualistiche sono cancellati», con conseguente obbligo di devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. 

Il dubbio di costituzionalità riguardava, nello specifico, la proporzionalità della sanzione della cancellazione applicata all’ipotesi di mera sottrazione all’attività di vigilanza, quando l’inosservanza consiste(va) nel semplice mancato riscontro a una richiesta dell’organo di controllo, senza che fosse accertata l’effettiva osservanza, da parte della cooperativa, delle proprie finalità mutualistiche. 

La Corte, nel considerato in diritto, afferma innanzitutto la centralità dell’art. 45, primo comma della Costituzione, che «si colloca all’interno di una visione pluralistica del sistema economico, completandone il quadro della disciplina costituzionale, che risulta tracciato, nelle sue linee portanti, dagli artt. 41, 42 e 43». Con riguardo al criterio della cooperazione, ribadisce inoltre che «la Costituzione riconosce una “funzione sociale”, individuandola quindi come connaturale a questo modello organizzativo, in quanto generativo di democrazia economica e mutualità[10]».

I giudici sottolineano come il mandato costituzionale di promuovere e favorire l’incremento della cooperazione con i mezzi più idonei mantenga ancora oggi una perdurante attualità. In tale prospettiva, la Corte ricorda che il modello cooperativo non sia surrogabile da altre forme societarie, quali ad esempio le “società Benefit”, recentemente introdotte dall’art. 1, comma 376, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016). L’unicità della forma organizzativa starebbe proprio nei suoi elementi del tutto peculiari come «la mutualità, che ne costituisce la missione fondante, ricollegandosi ai principi di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale, e la democraticità, che ne informa il modello di governance[11]». 

La Consulta afferma che «l’art. 45, primo comma, Cost. si colloca all’interno di una visione pluralistica del sistema economico, completandone il quadro della disciplina costituzionale, che risulta tracciato, nelle sue linee portanti, dagli artt. 41, 42 e 43., Con una precisazione decisiva: « mentre rispetto all’iniziativa economica privata l’“utilità sociale” si pone come principio limitante, alla cooperazione la Costituzione “riconosce” una “funzione sociale”, individuandola quindi come connaturale a questo modello organizzativo, in quanto generativo di democrazia economica e mutualità. Tale funzione sociale si estrinseca, infatti, “nella congiunta realizzazione del decentramento democratico del potere di organizzazione e gestione della produzione e della maggiore diffusione e più equa distribuzione del risultato utile della produzione stessa” (sentenza n. 408 del 1989). In questi termini, il valore della cooperazione, che ne giustifica la promozione, sta nella capacità di unire strutturalmente all’aspetto economico quella funzione sociale che i costituenti consideravano necessaria per la promozione del lavoro e la realizzazione del bene comune[12]». 

In ragione delle caratteristiche distintive di questa «forma avanzata di impresa» e della sua specifica «funzione sociale», i giudici giungono a ritenere sproporzionato e irragionevole l‘automatismo sanzionatorio previsto dalla disposizione impugnata, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 3, secondo periodo, del d.lgs. n. 220 del 2002 e individuando come misura alternativa la nomina di un commissario, ai sensi dell’art. 2545-sexiesdecies del codice civile.

Ebbene nell’attuale contesto economico non mancano esperienze che assumono la cooperazione e il mutualismo come elementi costitutivi dell’organizzazione d’impresa[13]. Tra queste esperienze, merita particolare attenzione il progetto promosso dai lavoratori e dalle lavoratrici della ex GKN di Campi Bisenzio che, a seguito di un licenziamento collettivo ritenuto illegittimo dai giudici del Tribunale di Firenze e del successivo tentativo della proprietà di smantellare il sito produttivo, hanno avviato un percorso virtuoso volto a restituire continuità alla fabbrica attraverso la scelta di una struttura cooperativa e la creazione di una più ampia rete mutualistica di sostegno.

Tale iniziativa si caratterizza, inoltre, per l’esplicita volontà di orientare la riconversione dell’impianto secondo i principi della transizione ecologica[14], traducendo così la funzione sociale dell’impresa in un progetto innovativo di risposta ai bisogni della comunità[15]. In questo senso torna ancora centrale la riflessione del Presidente della Repubblica secondo cui «la modernità e la capacità dell’impresa cooperativa sta anche in queste sue attitudini: di aggiornare le condizioni anche nella capacità di concorrere a rammendare il tessuto sociale[16]».

Vero è che il modello cooperativo d’impresa, pur muovendosi nel solco tracciato dai principi costituzionali e poi disciplinato in dettaglio anche dagli articoli 2511-2545 octiesdecies del Codice civile, continua - come sottolineato dalla Corte costituzionale, a incontrare significative criticità nell’attuale assetto legislativo[17]

Inoltre, il rilancio della funzione sociale dell’impresa cooperativa si pone poi in aperto contrasto con tutte quelle potenti forze economiche che, come nel caso emblematico della ex GKN, operano secondo logiche meramente speculative, perseguendo finalità di mero profitto finanziario senza alcuna considerazione per la sorte dei lavoratori e per la tenuta del tessuto sociale, e si rivela  pertanto incompatibile con i principi di tutela del lavoro e di solidarietà economica sanciti dalla Costituzione.

Quanto alle forze politiche, esse appaiono muoversi in ordine sparso e poche sembrano cogliere appieno la portata politica e costituzionale di un progetto che interroga direttamente il rapporto tra interessi generali della collettività, diritti sociali, solidarietà politica e economica (art.2 Cost.), nella loro concreta realizzazione come valori fondanti di una Repubblica davvero «fondata sul lavoro» (art.1 Cost.) e che riconosce «a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto» (art. 4 Cost.).

Riprendendo la metafora richiamata da Calamandrei, la Consulta ha “iniettato nuovo combustibile” nell’ordinamento e ha riaffermato che la funzione sociale, il modello cooperativo e la mutualità non costituiscono valori marginali, ma elementi strutturali del nostro sistema costituzionale. I Costituenti, nella loro alta lungimiranza politica e giuridica, vollero sancire tale modello economico negli articoli della Carta, convinti che: «[l]a cooperazione, con le sue organizzazioni basate sui principi della mutualità e ispirate ad alte finalità di libertà umana, costituisce un efficace mezzo di difesa dei produttori e dei consumatori dalla speculazione privata, e di elevazione morale e materiale delle classi lavoratrici»[18].

Con coraggio, i Costituenti affermarono una visione pluralistica del sistema economico, superando la tradizionale dicotomia tra impresa privata e impresa pubblica, per aprire la via al modello cooperativo – espressione di democrazia economica –coniugando due principi di grande rilievo costituzionale: la libertà di iniziativa economica e il principio di uguaglianza.

Se le forze economiche e politiche non sapranno assumere fino in fondo questo compito[19], e non si impegneranno a dare ulteriore “combustibile” alla Carta, rischieranno di contribuire all’arresto del motore già affaticato della macchina costituzionale. Occorrono, come ammoniva Calamandrei, «l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità», affinché i principi fondamentali della Carta costituzionale non si riducano a dichiarazioni programmatiche prive di effettività, ma continuino ad operare come criteri vincolanti di indirizzo politico e strumenti concreti di attuazione dell’ordinamento democratico.


 
[1] P. Calamandrei, Discorso agli studenti sulla Costituzione, Milano, 26 gennaio 1955, in La Costituzione e la scuola, Passigli, Firenze, 2005.

[2] Per una ricostruzione del dibattito in Assemblea costituente si veda M. Palazzo, L’art. 45 della Costituzione, in La Magistratura, 2022, consultabile online: https://lamagistratura.it/commentario/lart-45-della-costituzione/  

[3] In riferimento alla e tendenze legislative tese alla valorizzazione della dimensione collettiva, avente la duplice funzione di strumento per lo sviluppo della persona ex art. 2 Cost. e veicolo per la partecipazione attiva alle politiche pubbliche ex art. 118, comma 4 Cost, si veda A. Caravita di Toritto, Un itinerario alternativo ai beni comuni: le proprietà collettive sostenibili, in Federalismi.it, fasc. n. 16/2025, pp. 30–61; cfr. anche G. Colavitti, L’impresa cooperativa tra valori e “disvalori” costituzionali, in Amministrazione in cammino, 18 maggio 2011, consultabile online: https://www.amministrazioneincammino.luiss.it/2011/05/18/l%E2%80%99impresa-cooperativa-tra-valori-e-%E2%80%9Cdisvalori%E2%80%9D-costituzionali/ 

[4] Il testo dell’intervento del Presidente della Repubblica in occasione della cerimonia di inaugurazione della Biennale dell’Economia Cooperativa del 24/10/2024 è consultabile al seguente link: https://www.quirinale.it/elementi/122373 

[5] Nel presente lavoro si fa riferimento alla nozione di Costituzione economica in senso stretto elaborata da Sabino Cassese, la quale individua tale concetto, in via generale, nel complesso delle disposizioni contenute nel Titolo III della Parte I della Costituzione, a partire dall’art. 35 e seguenti. Cassese, tuttavia, riconduce a questa categoria solo alcune delle norme di detto Titolo, dando atto al contempo dell’esistenza di definizioni più ampie e articolate del concetto: cfr. S. Cassese, La nuova Costituzione economica, Roma-Bari, Laterza, 2004, pp. 3 ss.

[6] Per una ricostruzione storico-giuridica del modello economico discusso in Assemblea costituente, nonché per una ricognizione generale dell’evoluzione delle norme e dei principi posti alla base della c.d. Costituzione economica, si rinvia a A. Pisaneschi, Diritto costituzionale, cap. IV, Torino, Giappichelli, ult. ed.

[7] La cooperazione, nel disegno costituzionale, si configura come un tertium genus rispetto all’impresa privata e a quella pubblica. Essa si distacca dal modello capitalistico di produzione e gestione, ponendo al centro non il capitale, ma la persona del socio cooperatore, e realizzando così una peculiare forma di socializzazione economica. Come riconosciuto dall’art. 45 Cost., la cooperazione, fondata sul principio di mutualità e priva di fini speculativi, traduce sul piano economico i principi di uguaglianza e democrazia che costituiscono l’ossatura del nostro ordinamento costituzionale.

[8] Giova sottolineare come i principi sanciti dall’art. 45 Cost. costituiscano un unicum nel panorama comparatistico. Riferimenti espliciti al fenomeno cooperativo si rinvengono, infatti, solo in poche altre costituzioni europee, tra cui quella portoghese del 1976, che agli artt. 61, co. 2, e 82, co. 4, riconosce al settore cooperativo una specifica rilevanza costituzionale.

[9] Per un primo commento alla sentenza n. 116/2025 si veda l’articolo di F. Clementi, La Consulta e la funzione sociale delle cooperative, Il Sole 24 ore, 27 luglio 2025.

[10] Cfr. Corte costituzionale, sent. n. 116 del 2025, punto 3.1 del Considerato in diritto.

[11] Cfr. Corte costituzionale, sent. n. 116 del 2025, punto 3.2 del Considerato in diritto.

[12] Cfr. Corte costituzionale, sent. n. 116 del 2025, punto 3.1 del Considerato in diritto.

[13] Sul tema del recupero cooperativistico d’impresa e del ruolo della cooperazione come strumento di democrazia economica, si veda: L. Mazzone, Rinascita cooperativa. Il recupero cooperativistico d’impresa in Italia 1952-2022, Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2024.

[14] Come noto, la legge costituzionale dell’11 febbraio 2022, n. 1, ha introdotto significative modifiche agli artt. 9 e 41 Cost., attribuendo esplicito rilievo costituzionale ai principi di tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni, nonché al principio di sostenibilità ambientale nell’esercizio dell’iniziativa economica.

[15] In questo senso si rimanda al volume Un piano per il futuro della fabbrica di Firenze. Dall’ex GKN alla Fabbrica socialmente integrata, pubblicato come Quaderni n. 46 della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, che offre un approfondito studio per la riconversione produttiva dello stabilimento ex GKN di Campi Bisenzio. La ricerca è disponibile in versione digitale: https://fondazionefeltrinelli.it/app/uploads/2023/01/Finale_Futuro-per-la-fabbrica-di-Firenze.pdf   

[16] Cfr. Intervento del Presidente della Repubblica in occasione della cerimonia di inaugurazione della Biennale dell’Economia Cooperativa del 24/10/2024, cit.

[17] «A determinare tale fenomeno, rilevato negli ultimi anni, concorrono senza dubbio plurimi fattori, ma tra questi riveste un ruolo anche l’assetto legislativo, nel quale, a fronte della perdita di peso dei vantaggi fiscali, sono state introdotte normative non particolarmente incentivanti per questa tipologia di impresa, come quelle per contrastare la nascita di “false cooperative” – quale l’abolizione della figura dell’amministratore unico di cooperativa – e quelle che hanno favorito la nascita di modelli di impresa “quasi concorrenti”, prevedendo e disciplinando altre tipologie societarie, in particolare le società a responsabilità limitata semplificate e le società benefit in forma di società di capitali. In questi termini, la legislazione stenta a favorire realmente l’“incremento” della cooperazione “con i mezzi più idonei” secondo il mandato dell’art. 45 Cost.». Cfr. Corte cost. sent. n. 116 del 2025, punto 3.3 del Considerato in diritto.

[18] Con queste parole il costituente socialista E. Canevari introduce la relazione Sulla Cooperazione presentata nel 1947 di fronte alla III Sottocommissione dell’Assemblea Costituente. L’intervento è consultabile online: https://www.nascitacostituzione.it/05appendici/01generali/00/03/10-canevari.htm 

[19] A livello nazionale merita segnalazione la legge n. 76 del 2025 pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 26 maggio 2025. La norma – frutto di un’iniziativa popolare promossa dalla CISL il 27 novembre 2023 – si pone come prima attuazione espressa dell’art. 46 Cost., disciplinando la partecipazione dei lavoratori e delle lavoratici, tramite i loro rappresentanti, agli organi amministrativi societari. Resta tuttavia da verificare, in concreto, quale sarà la sua effettiva applicazione, che dipenderà in larga misura dalla volontà delle imprese di includere realmente tale innovativo apporto gestorio. Sul piano regionale di particolare rilievo la legge Toscana n. 5 del 2025 con la quale la Regione, la Città Metropolitana di Firenze e i Comuni di Campi Bisenzio (8%), Sesto Fiorentino (8%) e Calenzano (4%) hanno costituito, nell’ambito del progetto di reindustrializzazione dell’ex stabilimento GKN, il Consorzio Industriale della Piana Fiorentina. Tale organismo pubblico, in forma consortile, si propone come strumento di coordinamento istituzionale tra i diversi enti coinvolti, con l’obiettivo di sostenere la riconversione produttiva, promuovere uno sviluppo sostenibile e garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali. Resta tuttavia da verificare se e in che misura il Consorzio saprà dotarsi di strumenti operativi concreti ed efficaci, così da tradurre l’intervento legislativo in un’azione effettiva di tutela del lavoro e di rilancio industriale, in coerenza con i principi costituzionali di solidarietà economica e di funzione sociale dell’impresa (artt. 2, 41 e 45 Cost.).

20/10/2025
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