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Giurisprudenza e documenti

Somministrazione e contratto
a tempo determinato: CGUE
in causa C-2902012

di Tiziana Assunta Orrù
Consigliere, Corte di Appello di Roma, sezione lavoro
Al lavoro somministrato non si applicano le regole del lavoro a termine. Prime note a margine di Corte di Giustizia Europea 11.04.2013 causa C-290/2012
Somministrazione e contratto<BR>a tempo determinato: CGUE<br>in causa C-2902012

Con la pronuncia in commento la Corte di Giustizia europea, sul rinvio  pregiudiziale del Tribunale di Napoli, ha deliberato che “La direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, e l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che compare in allegato a tale direttiva, devono essere interpretati nel senso che non si applicano né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e un’agenzia di lavoro interinale né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra tale lavoratore e un’impresa utilizzatrice”.

Il caso particolare sottoposto all’attenzione dei giudici di Lussemburgo aveva ad oggetto una controversia proposta dal sig. Della Rocca nei confronti di Poste Italiane per ottenere la  declaratoria di nullità di tre  contratti a temine stipulati consecutivamente con la Obiettivo Lavoro  S.p.A. (società di fornitura di lavoro temporaneo) e dei sottostanti contratti di somministrazione regolati dal d.lgs. 276/2003 intercorsi tra le società  Poste Italiane e Obiettivo Lavoro,   con conseguente accertamento e declaratoria della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato  con Poste Italiane (soggetto utilizzatore della prestazione lavorativa) e condanna  di Poste Italiane alla reintegrazione-riammissione nel posto di lavoro e pagamento, a titolo risarcitorio, dei danni commisurati alle mensilità di retribuzione maturate dalla scadenza del rapporto sino all’effettiva immissione in servizio.

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Al fine di una migliore comprensione della fattispecie è forse utile avere presente che per somministrazione di lavoro si intende il contratto di fornitura professionale di manodopera concluso da  un soggetto, denominato utilizzatore, che si rivolga ad altro soggetto, denominato somministratore, a ciò autorizzato.

Nella costruzione legale dell’istituto, così come  disciplinato   dagli artt. 2 , co.1, lett. a), e 20 comma 1  d. lgs. n. 276 del 2003 e successive modifiche e integrazioni,  la somministrazione di lavoro vede coinvolti tre soggetti, legati da tre distinti rapporti giuridici  (il primo  tra lavoratore e somministratore, il secondo tra somministratore ed utilizzatore, il terzo tra lavoratore e somministratore)  in virtù  di due  specifici  contratti ( il contratto di somministrazione ed il contratto di lavoro).

I due  singoli contratti, pur avendo ciascuno causa ed oggetto propri, sono funzionalmente legati per la reciproca integrazione degli interessi economici sottesi.

Essi danno luogo ad una separazione fra la gestione normativa e la gestione tenico-produttiva del lavoratore.

La legge consente, infatti, attraverso la regolamentazione della  fattispecie di somministrazione, la scissione tra la titolarità giuridica e la gestione del rapporto di lavoro che fanno capo a due distinti soggetti.

Sul piano normativo la fattispecie- per quanto concerne le condizioni di liceità-  è regolata  dall’art. 20 comma 4 del D. lgs 276/2003 che dispone: la somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore (salvo che per la prima missione o contratto);

dal successivo  articolo  21 che  disciplina i  requisiti formali del contratto di somministrazione: 1)- il contratto di somministrazione di manodopera è stipulato in forma scritta e contiene i seguenti elementi.. 

 lett. c) “ i casi e le ragioni di carattere tecnico produttivo organizzativo o sostitutivo di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 20”  

4)-“In mancanza di forma scritta, , il contratto di somministrazione è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore”.

dall’art. 27  rubricato  “somministrazione irregolare” che al primo comma prevede testualmente: “Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli articoli 20 e 21, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), il lavoratore può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo, con effetto dall'inizio della somministrazione”.

Secondo l’interpretazione prevalente della giurisprudenza di merito e di legittimità:  (v. per tutte Cass. 15610/2011 e Cass. 6933/2012) la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze dell’impresa utilizzatrice delle prestazioni lavorative può essere disposta in favore del lavoratore, fra l’altro, quando il contratto di somministrazione non soddisfi quei requisiti di contenuto-forma previsti dall’art. 21 lett. c), ossia non contenga la giustificazione -ovvero contenga un’indicazione del tutto generica- della scelta operata di ricorrere alla somministrazione.  

Le ragioni di carattere tecnico, produttivo e organizzativo, o sostitutivo, che rendono lecita la stipulazione di un contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato,   devono perciò essere esplicitate, in maniera che risultino effettive e reali  ed  in rapporto causale  con l'assunzione del singolo lavoratore e possano perciò essere verificate e sindacate in sede di controllo giudiziario.

La scelta delle ragioni, infatti,  pur rimanendo, in conformità ai principi di cui all’art. 41 comma 1 Costituzione una scelta imprenditoriale libera, è soggetta, nondimeno al controllo giudiziale (art. 27, comma 3 ) il quale, però,  pur non esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano all'utilizzatore),   è tuttavia  finalizzato alla verifica della effettiva esistenza delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore.

Infine merita menzione l’art. 22 comma 2 d. lgs. n. 276 del 2003 che stabilisce: in caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro è soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all'articolo 5, commi 3 e 4……..

La deroga di cui al comma 5 è disposta con riferimento al regime sanzionatorio previsto dal d.lgs. 368/01 per le ipotesi di riassunzione a termine, ai sensi dell'articolo 1, ovvero  nel caso di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità.

In entrambi i casi il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato.

In sostanza la reiterazione delle assunzioni a termine nel sistema delineato dal d.lgs. 276/03  non  soggiace alla disciplina limitativa della possibilità di ricorrere  ad una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato, dalla clausola 5 dell’Accordo Quadro  come una potenziale fonte di abuso in danno dei lavoratori.

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Il tribunale di Napoli,  al quale era stata prospettata dal ricorrente la genericità  e la insussistenza  dei motivi di ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato e perciò, una ipotesi di  somministrazione  irregolare alla luce degli articoli 20, 21 e 27 del d.lgs. 276/2003,  ha dubitato della compatibilità di tale normativa con la clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato in quanto, a differenza  della disciplina ordinaria in materia di contratti di lavoro a tempo determinato così come prevista dal d.lgs. 368/01,  il d.lgs. 276/03,  non pone limitazioni alla reiterazione di contratti di lavoro a termine per le agenzie di lavoro interinale.

Inoltre,  il giudice remittente ha  rilevato che, mentre il decreto legislativo n. 368/01 prevede che la causalità del contratto e della sua proroga attengano alle esigenze del datore di lavoro, il decreto legislativo n. 276/03 consente la conclusione di contratti di lavoro a termine, ove il contratto di somministrazione di lavoro sia stato anch’esso concluso a termine.

Per questi motivi  il tribunale di Napoli (24) ha ritenuto  che sia anzitutto necessario chiedersi se il rapporto di lavoro tra l’agenzia di lavoro interinale e il lavoratore interinale o quello tra quest’ultimo e l’impresa utilizzatrice rientrino nell’ambito di applicazione dell’accordo quadro….  E quindi se la direttiva CE 1999/70  regoli (anche) il rapporto di lavoro a termine tra lavoratore somministrato ed agenzia di lavoro interinale ovvero tra lavoratore somministrato ed utilizzatore.

(25) Nel caso in cui l’accordo quadro fosse applicabile, il tribunale di Napoli ha chiesto  se, in assenza di altre misure ostative, sia conforme alla clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro che le ragioni riguardanti le esigenze tecniche, organizzative o produttive che hanno giustificato la conclusione di un contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato – le quali sono proprie non dell’agenzia interinale, ma dell’impresa utilizzatrice, e sono slegate dallo specifico rapporto di lavoro – costituiscano un motivo sufficiente per giustificare la conclusione di un contratto di lavoro a tempo determinato tra il lavoratore interinale e l’agenzia di lavoro interinale, nonché la sua proroga.

(26) Il giudice del rinvio  ha chiesto infine alla Corte “se tale clausola consenta di porre a carico di un terzo, nel caso di specie l’utilizzatore, le conseguenze del ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato. Infatti, poiché le agenzie di lavoro interinale svolgono una mera attività di intermediari e possono non assumere alcun rischio d’impresa, i lavoratori fonderebbero sistematicamente i loro ricorsi sull’articolo 27, paragrafo 1, del decreto legislativo n. 276/03, cosicché la sanzione non colpirebbe il datore di lavoro.

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La Corte di Giustizia europea,  ha rilevato che -ratione materia-  i rapporti di lavoro interinale a termine, dedotti nel giudizio di fronte al tribunale di Napoli rientrano nell’ambito della direttiva  2008/104/CE  del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa al lavoro tramite agenzia interinale (attuata  in Italia con il decreto legislativo n° 24 del 02.03.2012) e sono perciò esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva 1999/70 e  dell’accordo quadro sul lavoro a termine invocato dal tribunale di Napoli.

L’esclusione  discende  innanzitutto  dalla previsione del quarto comma del preambolo  dello stesso accordo quadro,  dal quale risulta espressamente che esso non si applica ai lavoratori a tempo determinato messi a disposizione di un’azienda utilizzatrice da parte di un’agenzia di lavoro interinale.

A tal proposito ha precisato  che la deroga  prevista dal preambolo dell’accordo quadro riguarda il lavoratore interinale in quanto tale e quindi sia il suo rapporto di lavoro con l’agenzia di lavoro interinale sia  il rapporto  intrattenuto con l’azienda utilizzatrice.

Di seguito ha evidenziato come la medesima esclusione è  riportata nella clausola 3, punto 1, del preambolo secondo la quale soltanto il rapporto di lavoro concluso «direttamente» con il datore di lavoro rientra nell’ambito di tale accordo quadro.

Inoltre, la Corte ha rilevato, che dallo stesso tenore letterale della clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro emerge che la disciplina dei contratti e dei rapporti di lavoro ai quali si applica detto accordo quadro non è riconducibile a quest’ultimo né al diritto dell’Unione, bensì alla legislazione nazionale e/o alle prassi nazionali.

In conclusione per la Corte di Giustizia il lavoro a termine e la somministrazione di manodopera sono due  fattispecie giuridiche regolate in maniera diversa dal diritto comunitario e per tale motivo non è possibile  applicare  al lavoratore interinale la medesima disciplina prevista per il lavoratore a termine dall’accordo quadro.

In particolare resta inapplicabile la  clausola 5 dell’accordo quadro.

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Occorre a questo punto chiedersi se  una  norma come quella contenuta nel predetto  art. 22  d.lgs. 276/03  che, di fatto, consente la reiterazione dell’apposizione di un  termine di durata  al contratto di lavoro con un’agenzia di lavoro interinale,sia compatibile con riferimento all’ambito di applicazione della specifica direttiva in materia che ha regolato per la prima volta a livello comunitario il contratto di somministrazione.   (Direttiva 2008/104 CE).

Il d.lgs. n. 24/2012 di attuazione, ha apportato alcune modifiche alle norme contenute nel d.lgs 276/03 inerenti la somministrazione.

Le principali novità  riguardano  la possibilità di ricorrere ala somministrazione, in alcuni casi, ed anche con riferimento alle missioni successive alla prima,  senza indicare la causale (per esempio, per i “disoccupati   percettori dell’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali o ridotti  da almeno sei mesi” per i soggetti percettori di ammortizzatori sociali, anche in deroga, da almeno sei mesi, per i lavoratori definiti svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi del regolamento 800/2008 CE;

viene ribadito il principio che per tutta la durata della missione i lavoratori dipendenti dell’agenzia hanno diritto a condizioni di base di lavoro e di occupazione che non possono essere complessivamente inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’impresa in cui si presta lavoro, a parità di mansioni svolte;

è regolamentato l’orario di lavoro, lo straordinario, le pause, i periodi di riposo, il lavoro notturno, le ferie e i giorni festivi, nonché la protezione per le donne in stato di gravidanza, la parità di trattamento fra uomo e donna ed altre misure volte ad evitare ogni forma di discriminazione;

e’ prevista espressamente la possibilità di stipulare contratti di assunzione tra Agenzia e lavoratore a tempo parziale(in tal caso, trovano applicazione le disposizioni del D.lgs. 61/2000 in quanto compatibili);

è,  previsto che i lavoratori dipendenti dall’agenzia di lavoro siano informati dall’impresa, presso la quale svolgono il servizio, circa i posti vacanti, affinché possano aspirare, al pari dei dipendenti della medesima impresa, a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato.

Nessuna previsione è stata fatta con riferimento alla possibilità di reiterazione delle “missioni” ossia dei  periodi  durante i  quali il lavoratore tramite agenzia interinale è messo a disposizione di un’impresa utilizzatrice affinché presti temporaneamente la propria opera sotto il controllo e la direzione della stessa.

La carenza normativa, deve essere valutata, con particolare riferimento all’art. 5 della Direttiva rubricato: Principio della parità di trattamento 1. Per tutta la durata della missione presso unimpresa utilizzatrice, le condizioni di base di lavoro e doccupazione dei lavoratori tramite agenzia interinale sono almeno identiche a quelle che si applicherebbero loro se fossero direttamente impiegati dalla stessa impresa per svolgervi il medesimo lavoro.

Tra le condizioni di lavoro  e di occupazione oggetto di parità di trattamento il legislatore nazionale non  ha previsto l’inserimento del divieto di reiterazione dei contratti a termine che invece è presente nelle disposizioni del d.lgs. 368/01 applicabili ai lavoratori assunti direttamente dall’utilizzatore.

L’osservazione è tanto più rilevante se messa in relazione  con il quinto comma del  medesimo art. 5,   della Direttiva citata che testualmente dispone: Gli Stati membri adottano le misure necessarie, conformemente alla legislazione e/o le pratiche nazionali, per evitare il ricorso abusivo allapplicazione del presente articolo e, in particolare, per prevenire missioni successive con lo scopo di eludere le disposizioni della presente direttiva. Essi informano la Commissione di qualsiasi misura in tal senso.

La formulazione letterale della norma pare confermare la medesima finalità antielusiva propria della clausola 5 dell’accordo quadro  attuata attraverso il divieto di discriminazioni o principio di parità di trattamento costituente uno dei principi cardine del diritto dell’Unione.

La possibilità di reiterazione delle assunzioni a termine, senza alcun limite, per il tramite di agenzie di lavoro interinale, potrebbe quindi non essere conforme ai principi e alle  finalità della Direttiva 2008/104 CE.

Tutto l’apparato normativo nazionale inerente il lavoro interinale deve essere interpretato in conformità alle finalità specifiche della Direttiva CE 2008/104:  Articolo 2 -Finalità -La presente direttiva è volta a garantire la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale e migliorare la qualità del lavoro tramite agenzia interinale garantendo il rispetto del principio della parità di trattamento di cui all’articolo 5 nei confronti dei lavoratori tramite agenzia interinale e riconoscendo tali agenzie quali datori di lavoro, tenendo conto nel contempo della necessità di inquadrare adeguatamente il ricorso al lavoro tramite agenzia interinale al fine di contribuire efficacemente alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di forme di lavoro flessibili, con la conseguenza che l’art. 22 del d.lgs. 276/03 pare presentare qualche problema di compatibilità.

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La pronuncia, oltre che con riferimento all’ambito di applicazione delimitato dalla specifica questione pregiudiziale  decisa (possibilità di reiterazione delle assunzioni a termine) pare  altresì  destinata a favorire qualche ulteriore  riflessione ermeneutica.

Sono molti, infatti, i profili di intersezione della disciplina prevista dal d.lgs. 368/01 per il lavoro a termine e quella dettata dal d.lgs. 276/03.

Le ragioni di  confluenza  e di divergenza normativa  derivano  senza dubbio ed in primo luogo dalle stesse previsioni di legge.

L’articolo 10 del decreto legislativo 368/2001, non innovato né dalla legge 183/2010, né dalla successiva 28 giugno 2012, n. 92, prevede  testualmente:

1. Sono esclusi dal campo  di  applicazione  del  presente  decreto legislativo in quanto gia' disciplinati da specifiche normative: a) i contratti di lavoro temporaneo  (l’inciso di cui alla legge  24  giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni…” deve intendersi  abrogato in favore della disciplina di cui al d.lgs. 276/03  da parte dell’art. 85 del medesimo decreto legislativo).

E’ infatti opinione consolidata che al contratto di somministrazione,  in virtù del richiamo operato dall’articolo 10 del decreto legislativo 368/2001 non si applica l’intero blocco normativo, relativo alla disciplina del contratto a temine, contenuto nel medesimo decreto legislativo 368/01.

In tal senso è stato evidenziato (v. Corte Appello Roma 29.01.2013) che “l’esclusione…  ai sensi del richiamato articolo 10, comma 1, si riferisce al “campo di applicazione”, con ciò significando, il legislatore, che il lavoro temporaneo prima, la somministrazione in seguito, esulano totalmente dall’ambito applicativo di tutte le norme che regolano le conseguenze dell’illecita apposizione di un termine al contratto di lavoro”.

L’opinione è ulteriormente confortata dal richiamo contenuto nell’art. 22 d.lgs. 276/03 per cui   “in caso di somministrazione a tempo determinato, il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore  è soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo n. 368/01, per quanto compatibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all’articolo 5, paragrafi 3 e seguenti di tale decreto legislativo. Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal somministratore”.

 Le recenti modifiche avviate in materia dal d.lgs. n. 24/2012, di attuazione della direttiva CE 2008/104,  come visto,  introducono alcuni elementi di novità e di approfondimento della disciplina, senza peraltro apportare alcun cambiamento alle norme contenute nel d.lgs. 276/03, applicabili alla  somministrazione irregolare nei casi di omessa o insufficiente indicazione della causale, anche con riferimento al profilo sanzionatorio  previsto dall’art. 27 d.lgs. 276/03.

La decisione della Corte di Giustizia in commento pur avendo sottolineato e giustificato a livello normativo comunitario  la necessaria distinzione tra il corpus normativo  relativo al lavoro a termine (contenuto nel d.lgs. 368/01) e quello relativo al lavoro interinale a termine ( contenuto nel d.lgs. 276/03) non pare, tuttavia,  incidere in alcun modo sulla disciplina  nazionale sanzionatoria.

Tutto l’apparato normativo nazionale inerente il lavoro interinale deve essere interpretato in conformità alle finalità specifiche della Direttiva CE 2008/104, senza tuttavia  restringere il campo di applicazione  del  d.lgs. 276/03 e ciò soprattutto  nei casi in cui  le norme ivi previste uniformano  le fattispecie giuridiche e  la disciplina sanzionatoria alle ipotesi già regolate per il lavoro a termine dalle disposizioni contenute nel d.lgs. 368/01.

Il riferimento specifico è alle ipotesi di somministrazione irregolare ed al relativo apparato sanzionatorio.

In tali casi, come visto, il legislatore ha operato una precisa scelta  -soprattutto con riferimento al profilo causale e di effettività  finalizzata alla verifica della  concreta  esistenza delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore-   coerente con quella già adottata nel caso di contratto a termine stipulato direttamente dall’utilizzatore della prestazione.

L’ opzione legislativa contenuta nel d.lgs. 276/03  pare  soddisfare la disciplina comunitaria.

L’art. 9 Direttiva 2008/104 CE  espressamente prevede: Requisiti minimi 1. La presente direttiva lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori, o di agevolare o consentire contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali più favorevoli ai lavoratori. 2. In nessun caso l’attuazione della presente direttiva costituisce una ragione sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori rientranti nel suo ambito d’applicazione. La sua attuazione lascia impregiudicati i diritti degli Stati membri e/o delle parti sociali, tenuto conto di eventuali cambiamenti della situazione, di emettere disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali diverse da quelle che  esistono al momento dell’adozione della presente direttiva, purché i requisiti minimi previsti dalla presente direttiva siano rispettati.

 Resta perciò del tutto irrilevante, che  le ipotesi  sanzionatorie previste dall’art. 27 d.lgs. 276/03  siano state mutuate da parte del legislatore italiano dalla disciplina prevista per il lavoro a termine, con il quale peraltro condividono le medesime esigenze di tutela del  buon funzionamento  del mercato e della prevenzione di abusi.

In tal senso può altresì essere aggiunto che le misure sanzionatorie previste dal d.lgs. 276/03 nel significato fatto proprio dall’interpretazione giurisprudenziale sopra richiamata paiono soddisfare in pieno il  requisito di garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi di cui . all’art. 4 della Direttiva Ce 2008/104:  Riesame dei divieti e delle restrizioni

1. I divieti o le restrizioni imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzie di lavoro interinale sono giustificati soltanto da ragioni d’interesse generale che investono in particolare la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale, le prescrizioni in materia  di salute e sicurezza sul lavoro o la necessità di garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi.

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Più complesso appare verificare l’impatto della decisione della Corte di Giustizia in merito ad un altro profilo di disciplina sul quale attualmente si registrano delle difformità di orientamento sia in giurisprudenza  che in dottrina: quello inerente l’applicazione dell’art. 32, comma 5 L. 183/2010 alla somministrazione di manodopera (per una ricostruzione della questione si veda su questa rivista il recente  commento alla sentenza della Corte di Appello di Roma del 19.01.2013   “Somministrazione, lavoro temporaneo e collegato lavoro”).

Sicuramente pare perdere significato uno degli argomenti utilizzati dai sostenitori dell’applicabilità del citato  art. 32, comma 5 alla somministrazione, fondato sulla disparità di trattamento con il lavoro a termine,  in quanto i lavoratori assunti a termine dall’utilizzatore sarebbero meno garantiti sul piano economico, rispetto a quelli assunti per il tramite di un’agenzia interinale.

La pronuncia dei giudici di Lussemburgo  giustifica, infatti,  ampiamente  la differenza tra i due istituti e ciò può ragionevolmente comportare anche una equilibrata disparità di trattamento sul piano sanzionatorio, tenuto conto altresì che  la Direttiva 2008/104 CE nel prevedere il principio di parità di trattamento (art. 5) comunque lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori  con la precisazione  che in nessun caso l’attuazione della direttiva costituisce una ragione sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori rientranti nel suo ambito d’applicazione (art. 9).

Al contrario pare assumere una maggiore rilevanza la ragione sostenuta da chi ritiene di non poter estendere la disciplina prevista dall’art. dell’art. 32, comma 5 per i casi di conversione o di ricostituzione del rapporto, al lavoro somministrato.

L’art. 27 del d.lgs. 276/03, facendo esplicito riferimento alla costituzione di un nuovo rapporto di lavoro con l’utilizzatore, non consente, infatti, di applicare le disposizioni espressamente ed  esclusivamente dettate per il contratto di lavoro a temine concluso tra il somministratore ed il lavoratore.

Non va, infatti, dimenticato che per l’art. 22 d.lgs. 276/03, in caso di somministrazione a tempo determinato, è  il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore   ad essere  soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo n. 368/01, per quanto compatibile.

Come già detto la pronuncia della Corte di Giustizia,  anche se non espressamente riferita alla disciplina sanzionatoria prevista dal d.lgs. 276/03, pare tuttavia porre dei limiti alla possibilità di  applicare o di interpretare in via estensiva le norme dettate per il lavoro a termine con riferimento al lavoro somministrato, soprattutto se meno favorevoli al lavoratore.

                                                       

22/05/2013
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