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Ne bis in idem? Un metodo e quattro proposte di intervento

di Luca Minniti
Giudice Tribunale di Firenze
Interventi efficaci per la giustizia civile. Come intervenire sul piano sostanziale, per eliminare ridondanze e superfetazione di attività processuale? Primi spunti di riflessione
Ne bis in idem? Un metodo e quattro proposte di intervento

Questo breve intervento vuole esser un contributo alle proposte in materia di giustizia civile nell’imminenza del dibattito sul nuovo programma di governo.

Un contributo dichiaratamente limitato e parziale.

In questi ultimi dieci anni di pur tumultuosi e spesso controproducenti interventi normativi (si pensi alla fugace ma dannosa apparizione del cd. rito societario) si è privilegiato, ad avviso di molti sbagliando, il terreno delle riforme processuali con un’ottica limitata e, se vogliamo, deformata e deformante; l’ottica mirante ad abbreviare la durata (o limitare la cadenza) delle fasi processuali per ridurre la durata del singolo processo, come se la sua patologica durata non dipendesse esclusivamente dalla necessità di concatenare le attività di un numero molto elevato di cause e, dunque, come se non dipendesse dai mezzi, dagli strumenti, dalle modalità di gestione del complesso dei processi affidati a ciascun giudice od ufficio.

Questo contributo muove dalla necessità di integrare gli interventi indifferibili sul piano organizzativo e strutturale (in primis Ufficio per il processo, Pct e magistratura onoraria) con proposte che incidano sul lato della domanda di giustizia senza sacrificare l’effettività della tutela dei diritti

Chi scrive ritiene possibili numerosi e mirati interventi chirurgici in grado di deflazionare non la domanda di giustizia civile ma la sua ridondanza processuale

Si possono immaginare diversi interventi che riducano il numero dei processi e degli atti necessari a soddisfare le pretese cui l’art. 24 della Costituzione garantisce tutela giurisdizionale

Si tratta di interventi la cui necessità non nasce solo da scelte di politica economica o fiscale, non nasce solo dall’analisi economica del diritto e neppure solo dalla necessità di aggredire l’enorme arretrato di cause civili e rendere nuovamente competitivo il sistema paese.

Si tratta di scelte di mera razionalizzazione del sistema di tutela, il cui adeguamento al mondo contemporaneo consentirebbe di produrre anche, ma non solo, consistenti risparmi di tempo e di denaro, per cittadini , imprese e amministrazioni pubbliche

L’ampliamento di prospettiva che si torna a proporre si muove in estrema sintesi sul terreno delle politiche del diritto mediante proposte di interventi di diritto sostanziale con significative ricadute processuali e di sistema. In questo documento si espongono i tratti essenziali solo di quattroproposte di intervento. Per almeno due delle quali l’impatto sarebbe molto significativo sul sistema della giustizia civile

1. Il matrimonio, la separazione ed il divorzio:  ne bis in idem?

Nel nostro paese la cessazione degli effetti civili del matrimonio si ottiene attraverso due procedimenti giudiziari, costitutivi e necessari. Il giudizio di separazione personale ed il processo di divorzio.

Non è dato comprendere perché oggi sia ancora necessario mantenere la duplicità dei procedimenti per l’accertamento della irreversibilità della crisi del legame che ha fondato il vincolo matrimoniale.

Dai coniugi, dai coniugi di ogni fede religiosa, la necessità di adire il Tribunale per ottenere lo scioglimento del vincolo è vissuto come un inutile ostacolo burocratico.

Non è difficile stimare i costi per le famiglie e per l’amministrazione pubblica (non solo per quella della giustizia) di una tale, del tutto inutile, duplicazione. 

Sappiamo però che il numero dei procedimenti eliminati sarebbe almeno pari a quello attuale dei divorzi (nel 2012 sono sopravvenuti circa 55.000 procedimenti per divorzi di cui 20.000 giudiziali il resto consensuali, cfr dati sito Dgstat )  

Dalla permanenza della necessità del duplice procedimento non trae giovamento la tutela dei figli, né la tutela del soggetto economicamente debole del rapporto di coppia, non trae giovamento nessuno.

2. “Il possesso e la proprietà e gli altri diritti reali:  ne bis in idem?

Il tema è certamente delicato ma non può, nel 2014, esser eluso ad oltre venti anni dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 25 del 3 febbraio 1992, a maggior ragione dopo l’entrata in vigore dell’art. 111 Cost. .

La tutela del possesso nel maggior numero di casi è rivolta a proteggere la proprietà od altro diritto reale. Altre volte è diretta a proteggere la situazione di fatto sovvertita violentemente dalproprietario o titolare di altro diritto reale.

In entrambi i casi la regola finale che regolerà i rapporti tra le parti coinciderà con il perimetro del diritto reale che si sovrappone alla situazione possessoria dedotta originariamente in giudizio.

Ciò avverrà, però, normalmente a seguito di innumerevoli pronunce giudiziarie, che segnano le tappe anche contrastanti di un percorso irto di ostacoli: l’interdetto possessorio, il reclamo, ilmerito possessorio, l’appello, il giudizio di attuazione e poi ancora il giudizio petitorio con tutte le sue fasi e i suoi possibili incidenti anche cautelari ed esecutivi.

Quante volte i giudici devono conoscere e decidere dello stesso conflitto sia pure con profili diversi ?

Siamo davvero ancora convinti che non sia sufficiente, da una parte, la tutela cautelare della proprietà o di altro diritto reale e dall'altra quella contro l’esercizio abusivo del diritto di proprietà, mediante l’art. 700 c.p.c. , ad esempio nello spoglio del conduttore senza titolo, del coniuge separato e nelle altre analoghe situazione di inferiorità del non proprietario ?

I tempi della vita moderna sono ancora compatibili con la protrazione della tutela delle situazione di fatto protetta con le azioni di spoglio e manutenzione per l’intera durata del processo possessorioe sino all’accertamento del diverso diritto?

La proposta che formulo è di un radicale superamento della tutela possessoria per vederla sostituitavuoi dalla tutela cautelare atipica della proprietà (o di altro diritto reale), vuoi invece, contro l’esercizio abusivo del diritto di proprietà (o di altro diritto reale), dalla tutela ex art. 700 c.p.c,eventualmente adeguato  

Riteniamo che resti scoperta qualche situazione sensibile ?

Discutiamone, ma cerchiamo di capire se l’istituto abbia senso che sopravviva nel nuovo secolo 

Non vi sono statistiche sul peso che grava sugli uffici giudiziari per il massiccio sopraggiungere di procedimenti possessori ma è immaginabile che sia intorno almeno al 2% del totale delle sopravvenienze del contenzioso ed in alcune zone del paese certamente maggiore. Si può certamente sostenere che il risparmio non sarebbe inferiore all‘1% di risorse l’anno, pur tenendoconto che la domanda possessoria si orienterebbe su altri strumenti processuali.

3. Le opposizioni alle sanzioni amministrative in materia di lavoro e previdenza, INPS ed INAIL: ne bis in idem  ?

Anche in questa materia la moltiplicazione dei pani e dei pesci è frequente.

Dagli accertamenti ispettivi dell’INPS e delle Direzioni Provinciali del Lavoro che di frequente incontrano situazioni di lavoro irregolare nascono innumerevoli contestazioni ad opera di entrambe gli enti con irrogazione di sanzioni il cui presupposto è la mancata regolarità del rapporto di lavoro. Le diverse sanzioni danno luogo al diritto di proporre opposizione verso le ordinanze ingiunzione ex lege 689/81.

Le differenti controversie pur avendo lo stesso oggetto (la verifica dell’irregolarità del rapporto di lavoro e la violazione dei connessi obblighi formali ed economici) sono di competenza di giudici differenti. Il tribunale del lavoro per le sanzioni Inps ed il tribunale civile per le sanzioni del Ministero del Lavoro. Le cause duplicano l’istruttoria e la pronuncia sul medesimo fatto: l’accertamento del rapporto di lavoro subordinato si distinguono sulla conformità al parametro legale della diversa sanzione .

Per anni non si è depurato il contenzioso previdenziale dell’abusiva parcellizzazione della domanda con effetti disastrosi su contenzioso previdenziale.

Oggi diventa necessario, assieme ad una rigorosa semplificazione del sistema delle violazioni formali, evitare anche che gli stessi fatti costituiscano oggetto di giudizi diversi ad opera di giudici differenti.

Anche in questo settore l’amministrazione della giustizia non è attualmente in grado di stimare il peso di questa duplicazione che i giudici conoscono bene. Solo i titoli della potestà sanzionatoria (Inps e Ministero del lavoro) potrebbero aiutarci.

4. Il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, la causa per la rivalsa: ne bis in idem   

In caso di mancata copertura assicurativa il danno delle vittime dei sinistri stradali grava sul Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada. 

Nei giudizi a questo scopo instaurati contro l’impresa designata territorialmente a gestire il Fondo di Garanzia la compagnia convenuta tendenzialmente mai chiama in giudizio il responsabile del fatto illecito e solo dopo aver subito l’eventuale condanna agisce in separato giudizio, spesso a distanza di molti anni, giovandosi del diverso termine di prescrizione (ordinaria).

Il giudizio di responsabilità sul fatto è presupposto dell’accoglimento della domanda di rivalsa ma coincide in parte con quello già espresso dal giudice investito dal danneggiato.

Anche qui una duplicazione di processo, di istruttoria e di decisione, che non solo potrebbe ma dovrebbe trovare soluzione in una sola occasione processuale.

La compagnia che agisce per il Fondo potrebbe esser tenuta, a pena di decadenza, a chiamare in giudizio il responsabile del fatto illecito nel giudizio che subisce ogni qual volta sia chiamata a rispondere per esso verso il danneggiato ?

Conclusioni 

Il dibattito pubblico potrebbe individuare ulteriori settori di intervento non necessariamente così significativi dal punto di vista quantitativo (presi singolarmente) per l’amministrazione della giustizia, eventualmente eliminando quelli, tra i quattro proposti, ritenuti a qualsiasi titolo inopportuni.

L’importante è però aprire un confronto sull’adeguatezza (o viceversa sulla sproporzione) dei mezzi impiegati rispetto ai risultati ottenuti dalla giustizia civile nel rispondere ad una domanda in gran parte incomprimibile nelle società moderne.

 

09/05/2014
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