Magistratura democratica
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Lontano dagli occhi, lontano dal cuore? Il remoto e la giustizia

Una raccolta di proposte ed esperienze sul rapporto tra giustizia e tecnologia

Pubblichiamo oggi sei articoli che si collocano idealmente, come voci tra loro dialoganti, all’interno del dibattito sul rapporto tra giustizia e tecnologia, avviato dal documento di Magistratura democratica – I rischi dell’udienza telematica (www.magistraturademocratica.it/comunicato/i-rischi-dell-udienza-telematica_3065.php )

Siamo consapevoli che questo è un momento di grandi sfide, per la democrazia e per la giurisdizione.

E dalle sfide non si rifugge. Specie quando sono in gioco i valori che garantiscono la tenuta e la coesione di una comunità.

L’emergenza ha imposto la sperimentazione, anche nella giurisdizione, di nuove modalità organizzative del lavoro, e degli strumenti nuovi messi a disposizione della tecnologia. E con l’ausilio di queste innovazioni, l’impegno comune della magistratura, dell’avvocatura, della magistratura onoraria e di tutto il personale amministrativo è riuscito a far fronte alla drammatica emergenza sanitaria che ha colpito anche il nostro paese.

Non era scontato. E l’aver evitato una pericolosa e inaccettabile sospensione della giurisdizione rispetto all’urgenza e alla necessità di provvedere, sempre, alla tutela dei diritti fondamentali e della libertà personale, ha contribuito a rafforzare la resilienza della nostra democrazia.

Si presenta ora una sfida con la possibilità di valorizzare le esperienze “positive” di questa stagione e i risultati di un lavoro collettivo, che si è svolto negli uffici, e fra gli uffici, per mettere a punto le nuove modalità di organizzazione del lavoro e del servizio richieste dalle esigenze di funzionalità della giurisdizione.

Proprio in vista del possibile investimento su soluzioni innovative, riteniamo sia necessaria una riflessione che coinvolga i diversi punti di vista, partendo dalla specificità e dalle esperienze dei diversi uffici e delle funzioni.

La necessità di aprire un confronto in questa fase, lungi dal voler avviare un’insensata campagna di retrovia contro la tecnologia, risponde alla necessità di comprendere come le tecnologie (mai come in questo caso il plurale è d’obbligo) possano incidere in maniera profonda e duratura, in positivo e in negativo, sulla giurisdizione, sulla cultura del giudice e sul suo modo di approcciare il lavoro, sui paradigmi del processo civile e penale.

Il compito non semplice che ci attende è quello di governare una “nuova” complessità, fatta di opportunità e di rischi, senza preclusioni e senza semplificazioni: questo è il fil rouge che lega tutte le riflessioni che pubblichiamo e che danno conto del terreno da battere, delle vie da aprire, dei pericoli da cui guardarsi.

Offrendo anche un bilancio e un’analisi dello stato dell’arte, fra interrogativi e proposte, i diversi contributi aprono tutti ad una prospettiva essenziale per la giurisdizione: un recupero di efficienza e di qualità mai indifferente ai suoi valori.

Pensiamo che oggi, come è stato in passato, di fronte alla possibilità di un “cambiamento”, lo snodo centrale della nostra riflessione debba continuare ad essere il confronto sul modello culturale di giudice e di giurisdizione, che anche con le scelte organizzative e di innovazione riteniamo di dover promuovere.

Un modello culturale che non può prescindere dall’individuazione dei nuclei essenziali della giurisdizione, sia nel civile sia nel penale, e dei luoghi materiali essenziali ai quali non possono essere sottratti, e nei quali la Giustizia continua ad essere “rappresentata”, come presidio della convivenza pacifica, delle garanzie di libertà e dell’eguaglianza dei cittadini.

Come ha scritto Emmanuel Lévinas, «In francese si dice che “mi riguarda” qualcosa di cui mi occupo, ma “regarder” significa anche “guardare in faccia” qualcosa, per prenderla in considerazione». Ecco, crediamo che in alcuni snodi essenziali della giurisdizione sia indispensabile “guardare in faccia” le persone, guardarsi in faccia tra diversi protagonisti della scienza giudiziaria.

Siamo convinti che più tempo dedicheremo a smaterializzare le carte, più riusciremo ad agevolare comunicazione telematiche, a favorire il flusso digitale di informazioni, più avremo possibilità di non far venir meno quelle relazioni in presenza che appartengono al “nucleo duro” del diritto e dei diritti.

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[**] Maria Rosaria Guglielmi, segretaria generale di Magistratura democratica
Riccardo De Vito, presidente di Magistratura democratica

24/04/2020
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