Magistratura democratica

Il congelamento dei beni degli oligarchi*

di Roberta Barberini

Il regolamento europeo adottato, nel febbraio scorso, a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa ha esteso il campo di applicazione delle sanzioni, già previste per i terroristi, a chiunque  fornisca un sostegno materiale o finanziario al governo della Federazione russa e  agli «imprenditori di spicco o le persone giuridiche, le entità o gli organismi che operano in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione russa». La vastità del campo di applicazione dei regolamenti, che solo in parte si giustifica con la funzione meramente preventiva del sistema, potrebbe limitare l’efficacia del sistema stesso e, al contempo, il diritto al contraddittorio del destinatario delle sanzioni. 

«Oligarca vicino a Vladimir Putin. Importante azionista di Evraz. Ex governatore della Chukotka. Data di nascita: 24.10.1966. Luogo di nascita: Saratov, Federazione russa. Cittadinanza: russa. Sesso: maschile. Persone associate: Vladimir Putin. Entità associate: Chelsea F.C., Evraz Group SA, LLC Evraz Holding, Millhouse Capital. 

È un oligarca russo che ha stretti legami di lunga data con Vladimir Putin. Ha accesso privilegiato al Presidente, con cui è ancora in ottimi rapporti. Grazie a tale legame con il leader russo è riuscito a preservare la sua considerevole ricchezza. È un importante azionista del gruppo dell’acciaio Evraz, uno dei principali contribuenti della Russia. Trae pertanto vantaggio dai decisori russi responsabili dell’annessione della Crimea o della destabilizzazione dell’Ucraina. È altresì uno degli imprenditori russi di spicco attivi in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione russa, responsabile dell’annessione della Crimea e della destabilizzazione dell’Ucraina».

 


È, questa, la scheda di Roman Arkadyevich Abramovich, il cui nome è stato aggiunto, al numero 879, alla black list dell’Unione europea sul congelamento dei beni – allegato I del regolamento (UE) n. 269/2014 – attraverso il regolamento di esecuzione del 15 marzo 2022.

L’effetto immediato è che, dal momento dell’entrata in vigore del regolamento che lo ha aggiunto alla lista, tutti i beni, fondi[1] o risorse economiche[2] riconducibili ad Abramovich anche per interposta persona, ovunque si trovino nel territorio dell’Unione, sono «congelati»[3].

In base all’art. 2 reg. n. 269/2014 sono infatti «congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati, direttamente o indirettamente, da qualsiasi persona fisica o qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi ad essa associati elencati nell’allegato I».

Il congelamento di una risorsa finanziaria o patrimoniale consiste nel blocco preventivo della sua utilizzazione al fine di ottenere denaro o altre risorse, compreso l’affitto e la vendita[4]. In pratica, nel blocco del conto corrente intestato a un individuo o società e nella nullità di ogni atto di trasferimento di aziende o immobili. Il titolare perde la disponibilità del bene pur restandone proprietario[5]. Del tutto indipendente da notizie di reato, la misura è affine al sequestro amministrativo o giudiziario negli effetti, ma non nella forma, e per questo, significativamente, anche nel testo originale inglese non si utilizza il termine tecnico “seizing”, ma il più generico “freezing”, altrettanto ambiguo del corrispondente italiano. 

Abramovich è stato inserito nella lista nera in quanto identificato dal Consiglio dell’Unione come uno dei soggetti – enti e persone (non necessariamente oligarchi) – «responsabili di azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, nonché le persone fisiche o giuridiche, le entità e gli organismi ad essi associati».

 Il reg. n. 269/2014, che faceva seguito alla invasione della Crimea, riferiva le misure restrittive a sole 20 persone, la prima delle quali era Vladimir Putin. La lista nera è stata arricchita a seguito dell’adozione, lo scorso febbraio, del reg. n. 330/2022, sì che ad oggi la lista, continuamente aggiornata, conta 893 persone e 65 enti. 

Il nuovo regolamento contiene riferimenti – prima inesistenti – alla regione del Donbass, ma non solo: esso estende notevolmente, quanto ai criteri di designazione, il campo di applicazione del primo, che ora si applica anche a «chiunque fornisca un sostegno materiale o finanziario al governo della Federazione russa e agli imprenditori di spicco o le persone giuridiche, le entità o gli organismi che operano in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione russa, nonché alle persone fisiche o giuridiche associate alle persone o entità inserite nell’elenco»[6]. Il numero dei soggetti suscettibili di subire le misure ne è risultato accresciuto. 

Si comprende quindi come i 20 soggetti inizialmente sanzionati, il primo dei quali era Vladimir Putin, siano diventati ad oggi 893. 

Solo in Italia, il valore dei beni sottratti alla disponibilità di soggetti inclusi nella lista, ammonta a circa 800 milioni di euro. Si tratta di ville, yacht, complessi immobiliari, tra cui uno del valore di circa 17 milioni di euro, situato nel golfo di Arzachena (Sardegna), di proprietà di Alisher Usmanov, fondatore della Metalloinvest, tra i primi investitori di Facebook, ex-coproprietario della squadra di calcio inglese dell’Arsenal. Sono di Usmanov anche sei società finanziarie con beni mobili e immobili per un valore stimato di 66 milioni di euro, ora congelate. Sempre in Sardegna, è stato sottratto ad Alexei Mordashov un complesso immobiliare del valore di circa 105 milioni di euro. Mordashov è, secondo Forbes, l’uomo più ricco di Russia, con un patrimonio stimato di 29,1 miliardi di dollari. È azionista di maggioranza del gruppo dell’acciaio Severstal. È di Mordashov anche lo yacht “Lady M”, che vale 65 milioni di euro, “congelato” nel porto di Imperia. 

Le misure sono state prorogate da ultimo fino al 15 settembre 2022. 

Il sistema del congelamento dei beni non è stato introdotto, nei Paesi dell’Unione, per sanzionare i sostenitori del governo della Federazione russa. 

Esso si inserisce sul precedente, collaudato filone del blocco di ogni flusso finanziario sospetto di essere rivolto a foraggiare terroristi e relative organizzazioni.

Già nel 1999 una risoluzione del Consiglio di Sicurezza aveva imposto il congelamento dei beni dei Talebani. Alla luce degli sviluppi in Afghanistan, l’anno successivo le sanzioni furono estese a Osama bin Laden nonché agli individui e ai gruppi a lui collegati, compresa Al Qaeda e poi, dopo l’11 settembre, a tutti gli individui, gruppi ed entità associate ad Al Qaeda e ai Talebani.

La risoluzione n. 1333 del 2000 impose il congelamento dei beni di costoro, e il Comitato sanzioni del CdS stilò una lista dei soggetti da sanzionare, che gli Stati e le organizzazioni regionali dovevano obbligatoriamente recepire. L’Unione europea si adeguò con il regolamento n. 881/2002.

Nel frattempo, un’altra risoluzione del CdS, la n. 1373 del 2001, aveva imposto di congelare i beni di tutti i restanti terroristi, ulteriori, quindi, rispetto a quelli legati ad Al Qaeda, bersaglio della risoluzione e della lista precedenti. La Ue si era, pertanto, dovuta dotare di un regolamento, il n. 2580/2001, cui era allegata una seconda lista di terroristi, individuati autonomamente dal Consiglio della Ue[7]

I regolamenti (UE) nn. 269/2014 e 330/2020, di cui qui si tratta, presentano, rispetto ai precedenti, un’importante differenza: non si fondano su risoluzioni del CdS, per l’assorbente motivo che la Federazione russa ne è membro permanente. Le risoluzioni del CdS sul terrorismo erano vincolanti in quanto fondate sul capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, sul presupposto che i terroristi rappresentassero una minaccia alla pace e sicurezza internazionale. Il Consiglio di sicurezza aveva, in tal caso, identificato sia la fonte della minaccia – i terroristi – sia le misure necessarie per il mantenimento o il ristabilimento della pace e della sicurezza internazionali. 

Era stato proprio questo stretto legame esistente tra i regolamenti e le risoluzioni del CdS a indurre il Tribunale CE ad affermare, in alcune pronunce[8], la prevalenza degli obblighi imposti dalla Carta Onu su qualsiasi altro obbligo che gravi sugli Stati membri dell’Ue e, quindi, anche sui principi generali del diritto europeo. La tesi fu poi smentita dalla sentenza della Corte (Grande Sezione) nel caso Kadi[9], ma resta il fatto che argomenti di questo tipo non potranno trovare spazio nel caso dei regolamenti più recenti. 

L’attuazione delle misure di congelamento è affidata, a livello nazionale, a un meccanismo già collaudato. In base al d.lgs n. 109/2007, essa spetta a un organismo esistente sin dal 2001 presso il Ministero dell’economia: il Comitato di sicurezza finanziaria (Csf), composto da 15 membri e presieduto dal Direttore generale del tesoro. 

Il decreto del 2007, che nella formulazione originaria aveva ad oggetto solo la prevenzione del finanziamento del terrorismo e del riciclaggio, era stato modificato nel 2017 per essere adattato alle disposizioni del già richiamato reg. n. 269/2014. Al Comitato spetta quindi, oggi, anche l’applicazione delle sanzioni nei confronti dei sostenitori della Federazione russa.

Nel 2017 il decreto è stato modificato con una importante innovazione, in coerenza con quanto stabilito dal regolamento del 2014, a sua volta ispirato da decisioni della Corte di giustizia: l’obbligo di comunicare all’interessato i motivi dell’inserimento nelle liste, in modo che egli abbia l’opportunità di dedurre osservazioni, e di chiedere eventualmente la cancellazione dalle liste. All’interessato devono anche essere indicate le autorità – nazionali, comunitarie e internazionali – competenti a ricevere i ricorsi avverso i provvedimenti adottati. 

Il congelamento è efficace (art. 5, comma 6, d.lgs n. 109/2007) dalla data di entrata in vigore dei regolamenti europei ovvero, nel caso delle misure di congelamento nazionali disposte con decreto del Ministro dell’economia (art. 4-bis), dal giorno successivo alla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta ufficiale

Il Comitato può, in certi casi, autorizzare lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche e gli è, inoltre, riconosciuta la prerogativa di formulare proposte di inserimento o di cancellazione di individui o entità dalle liste internazionali.

Nell’ambito delle proprie competenze, l’organo è dotato di poteri ampi e particolarmente penetranti, come quello di acquisire informazioni in possesso delle amministrazioni che lo compongono, anche in deroga al segreto d’ufficio[10]. Gli va, inoltre, sicuramente riconosciuto il potere di svolgere accertamenti in ordine alla riconducibilità di determinati beni o risorse alle persone inserite nelle liste. Ciò si desume dall’art. 3 del decreto del 2007, in base al quale al Csf spetta «il congelamento dei fondi e delle risorse economiche detenuti, anche per interposta persona fisica o giuridica, da persone fisiche, giuridiche, gruppi o entità».

Sia il decreto istitutivo che il regolamento prevedono la trasmissione di informazioni da parte dell’autorità giudiziaria, e la segnalazione – sempre da parte di quest’ultima – di soggetti passibili di congelamento dei beni ove, s’intende, esista un procedimento civile o penale. Sembra invece escluso che il Comitato possa chiedere all’ag di fornire informazioni, svolgere indagini o addirittura di adottare provvedimenti coercitivi, se un procedimento non è pendente. 

Il Csf si avvale della Guardia di finanza e, in particolare, del Nucleo speciale di polizia valutaria (Nspv). Ciò in relazione a tutte le proprie attribuzioni e non solo, quindi, con riferimento alle attribuzioni in materia di riciclaggio[11].

Pertanto, il Csf si avvale anche dei poteri dell’Nspv. Va ricordato, in proposito, che il Nucleo opera sia come organismo investigativo di polizia, sia come organo amministrativo di controllo del settore dell’intermediazione finanziaria. I poteri e le facoltà che la legge riconosce all’organo sono molto vasti, e sono quelli della specifica disciplina e della materia fiscale. 

Spetta all’Agenzia del demanio provvedere alla custodia, all’amministrazione e alla gestione delle risorse congelate, e all’Uif la cura della diffusione del contenuto delle liste presso gli intermediari bancari e finanziari, i collegi e gli ordini professionali.

Il sistema del congelamento dei beni ha subìto, sin dalle prime applicazioni, critiche sia in termini di efficacia che di rispetto delle garanzie dell’individuo.

Quanto all’efficacia del sistema, se nei confronti degli strumenti più recenti non vale la principale debolezza del sistema implementato per i terroristi – e cioè la considerazione che i finanziatori del terrorismo si avvalgono prevalentemente di canali finanziari informali o comunque non tradizionali –, vale invece per tutti la constatazione che la rigidità del meccanismo di inserimento nelle liste, unita ai limiti dei poteri degli organismi amministrativi deputati all’ accertamento, rende difficoltoso risalire al vero titolare in caso di intestazioni con nomi fittizi. Pur dotato di facoltà penetranti, il Comitato non ha i poteri e le capacità della autorità giudiziaria, né può domandare ad essa assistenza. 

Per ciò che invece riguarda le garanzie, è stata introdotta, per la prima volta nel 2017, la possibilità di ricorrere al giudice ordinario, e precisamente al Tribunale di Roma in via esclusiva, avverso «i decreti sanzionatori, adottati ai sensi del presente decreto», ma non è del tutto chiaro se ciò riguardi anche le misure restrittive adottate in attuazione dei regolamenti europei[12]

Tuttavia, ed anche se la norma si dovesse interpretare in tal senso, sembra escluso che il giudice nazionale possa estendere la propria cognizione al fatto, in sé, della presenza del soggetto nella lista: il meccanismo del congelamento è, infatti, automatico e scatta nel momento dell’entrata in vigore del regolamento relativo. La valutazione sulla congruità della scelta è rimessa al Consiglio Ue nel momento in cui decide l’inclusione di un nominativo nella lista. 

L’interessato potrà, invece, certamente ricorrere alla Corte di giustizia dell’Ue, in quanto i regolamenti sul congelamento dei beni incidono direttamente su diritti individuali.

Il ricorso è impugnazione di legittimità, che conduce all’annullamento del regolamento nella parte impugnata, e cioè, nel caso di specie, nella parte in cui indica il soggetto come destinatario della sanzione del congelamento. Il diritto di ricorso spetta al soggetto in forza del semplice inserimento nelle liste, a prescindere dal fatto che egli, in Europa, possegga o meno beni che possano essere materialmente congelati. 

I regolamenti contro i terroristi erano stati, in effetti, investiti da una valanga di ricorsi individuali.

I motivi di impugnazione più ricorrenti erano la violazione del diritto al contraddittorio, poiché fino al 2014 la misura restrittiva era adottata inaudita altera parte, nonché del diritto a un’effettiva tutela giurisdizionale, per non essere previsti efficaci strumenti di ricorso dinanzi a un giudice terzo e neutrale. 

Va detto che il tribunale CE aveva riconosciuto nella sostanza la legittimità dell’apparato normativo antiterrorismo messo in piedi dall’Ue, con motivazioni che facevano leva proprio sul legame, in quel caso inscindibile, tra gli strumenti normativi dell’Unione e quelli delle Nazioni Unite[13]

Si affermò, in particolare, che il sacrificio del diritto di proprietà non può ritenersi inadeguato o sproporzionato «di fronte a un obiettivo di interesse generale così fondamentale per la comunità internazionale quale la lotta con ogni mezzo, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, contro le minacce alla pace e alla sicurezza internazionali derivanti dagli atti terroristici»[14].

Sarà interessante vedere come la Corte di giustizia valuterà il sacrificio del diritto di proprietà, in relazione ai regolamenti più recenti, tenuto conto di quanto si è detto in ordine alla loro autonomia rispetto all’ordinamento delle Nazioni Unite.

Come giudice di legittimità, la Corte non potrà entrare nel merito della scelta del Consiglio di inserire nella lista questo o quel nominativo.

Deve peraltro ritenersi, sulla scia di precedenti decisioni, che comunque le competa una valutazione circa la legittimità dei motivi su cui è basato l’inserimento di un soggetto, nonché sulla effettività della motivazione addotta. Ciò rileva, infatti, ai fini del controllo sul rispetto di principi generali dell’ordinamento europeo, quali i principi del contraddittorio e di tutela giurisdizionale effettiva. Si veda per tutte, sul punto, la già richiamata sentenza Kadi[15], secondo cui il rispetto del principio di tutela giurisdizionale effettiva implica la possibilità, per un giudice imparziale, di verificare l’«assenza di errori di valutazione dei fatti e degli elementi di prova addotti per l’inclusione nella lista, nel rispetto del principio del contraddittorio».

Nel caso dei regolamenti più recenti, se è vero che le motivazioni che sorreggono le sanzioni – di cui si è fornito un esempio nel caso di Abramovich – sembrerebbero affette da una genericità che sconfina nella motivazione apparente, è anche vero che esse, a ben vedere, sono coerenti con i criteri di designazione contenuti nei regolamenti stessi. 

Il regolamento n. 330, in particolare, ha – come si è visto – esteso il campo di applicazione delle sanzioni a tutte «le persone e le entità che forniscono un sostegno al governo della Federazione russa e ne traggono vantaggio, le persone e le entità che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione russa e le persone fisiche o giuridiche associate alle persone o entità inserite nell’elenco».

La vastità del campo di applicazione dei regolamenti, che solo in parte si giustifica con la funzione meramente preventiva del sistema, fa sì, paradossalmente, che le motivazioni che accompagnano l’inserimento siano più “effettive” di quello che appaiono. 

 

 

*  Il presente contributo è stato pubblicato in anteprima su Questione giustizia online il 19 aprile 2022 (www.questionegiustizia.it/articolo/il-congelamento-dei-beni-degli-oligarchi)

1. «“Fondi”: tutte le attività e i benefici finanziari di qualsiasi natura» (segue un elenco non esaustivo) – art. 1 reg. n. 269/2014.

2. «“Risorse economiche”: le attività di qualsiasi tipo, tangibili o intangibili, mobili o immobili, che non sono fondi ma che possono essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi’» – art. 1 reg. cit.

3. Il regolamento (art. 17 ) si applica: «a) nel territorio dell’Unione, compreso il suo spazio aereo; b) a bordo di tutti gli aeromobili o di tutti i natanti sotto la giurisdizione di uno Stato membro; c) a qualsiasi cittadino di uno Stato membro che si trovi all’interno o all’esterno del territorio dell’Unione; d) a qualsiasi persona giuridica, entità o organismo che si trovi all’interno o all’esterno del territorio dell’Unione e sia costituita/o conformemente al diritto di uno Stato membro; e) a qualsiasi persona giuridica, entità o organismo relativamente ad attività economiche esercitate, interamente o parzialmente, all’interno dell’Unione».

4. In base all’art. 1, lett f, reg. n. 269/2014, il congelamento di fondi consiste nel «divieto di spostare, trasferire, alterare, utilizzare o gestire i fondi o di avere accesso ad essi in modo da modificarne il volume, l’importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura e la destinazione o da introdurre altri cambiamenti tali da consentire l’uso dei fondi in questione, compresa la gestione di portafoglio», mentre per «congelamento di risorse economiche» (lett. e) s’intende «il divieto di utilizzare risorse economiche per ottenere fondi, beni o servizi in qualsiasi modo, anche attraverso la vendita, l’affitto e le ipoteche».

5. Vds. art. 5 d.lgs n. 109/2007: «Effetti del congelamento di fondi e di risorse economiche. I fondi sottoposti a congelamento non possono costituire oggetto di alcun atto di trasferimento, disposizione o utilizzo.
Le risorse economiche sottoposte a congelamento non possono costituire oggetto di alcun atto di trasferimento, disposizione o, al fine di ottenere in qualsiasi modo fondi, beni o servizi, utilizzo, fatte salve le attribuzioni conferite all’Agenzia del demanio ai sensi dell’articolo. Sono nulli gli atti posti in essere in violazione dei divieti di cui ai commi 1 e 2. È vietato mettere direttamente o indirettamente fondi o risorse economiche a disposizione dei soggetti designati o stanziarli a loro vantaggio. È vietata la partecipazione consapevole e deliberata ad attività aventi l’obiettivo o il risultato, diretto o indiretto, di aggirare le misure di congelamento».

6. In base all’art. 3 del regolamento del 2014, come modificato dal reg. n. 330/2022, sono suscettibili di essere incluse nella lista «le persone fisiche e giuridiche responsabili di azioni o politiche che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, o la sua stabilità o sicurezza; le persone giuridiche, le entità o gli organismi in Crimea o a Sebastopoli cui proprietà sono state trasferite in violazione del diritto ucraino, e le persone giuridiche, le entità o gli organismi che hanno beneficiato di tale trasferimento; le persone fisiche o giuridiche che forniscono un sostegno materiale o finanziario ai dirigenti russi responsabili dell’annessione della Crimea o che ne traggono vantaggio, ovvero conducono transazioni con i gruppi separatisti nella regione ucraina del Donbass o comunque forniscono un sostegno materiale o finanziario al governo della Federazione russa; infine gli imprenditori di spicco o le persone giuridiche, le entità o gli organismi che operano in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione russa».

7. Nella lista allegata al reg. n. 2580/2001 furono inseriti soggetti e organizzazioni di varie matrici e collocazione geografica: gruppi mediorientali, come l’ala terrorista di Hamas, la Al-Gama’at Al-Islamiya e la Jihad islamica palestinese, turchi, come il PKK e DHKP/C, iraniani (MKO), sudamericani, come Sendero Luminoso, asiatici, come la giapponese Aum Shinrikio, europei, tra cui gli spagnoli ETA e GRAPO, i gruppi nordirlandesi IRA, LVF, OV, RHD e UDA/UFF, i greci ELA e 17 novembre, le italiane Brigate Rosse.

8. Sentenza 21 settembre 2005, Ahmed Ali Yusuf; Tribunale di primo grado delle Comunità europee, 21 settembre 2005, nelle cause riunite Kadi c. Consiglio e Commissione e Al-Barakaat c. Consiglio e Commissione, con sentenza annullata sul punto dalla Corte (Grande Sezione) il 3 settembre 2008. La Corte stabilì che «i giudici comunitari devono garantire un controllo, in linea di principio completo, della legittimità di tutti gli atti comunitari con riferimento ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto comunitario, ivi inclusi gli atti comunitari che, come il regolamento controverso, mirano ad attuare risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite».

9. Sentenza 3 settembre 2008 nelle cause riunite Kadi c. Consiglio e Commissione e Al-Barakaat c. Consiglio e Commissione (vds. nota 8).

10. Vds. art. 2 decreto 20 ottobre 2010, n. 203 («Regolamento recante disciplina del funzionamento del Comitato di sicurezza finanziaria»).

11. Art. 11 d.lgs n. 109/2007: «Le attribuzioni del Nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di finanza, previste dalle disposizioni vigenti per la prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio, sono esercitate anche per il contrasto del finanziamento del terrorismo e per l’attuazione delle sanzioni finanziarie adottate dall’Unione europea ovvero con i decreti di cui all’articolo 4 nei confronti dell’attività di paesi che minacciano la pace e la sicurezza» – quindi, anche nel settore in considerazione.

12. Posto che in tal caso non sembra, dalla lettura del d.lgs n. 109/2007, che venga emesso un decreto dal Ministro dell’economia, a differenza di quanto avviene per le misure di congelamento nazionali. 

13. Nella sentenza 21 settembre 2005, Ahmed Ali Yusuf, il tribunale CE affermò chiaramente la prevalenza degli obblighi imposti dalla Carta delle Nazioni Unite su qualsiasi altro obbligo che gravi sugli Stati membri dell’Ue. La Corte mutò orientamento nelle già richiamate cause Kadi, Yusuf e Al-Barakaat c. Consiglio e Commissione

14. Sentenza Kadi, cit.

15. Par. 335.