Tullio Padovani, professore ordinario di diritto penale presso la Scuola superiore Sant'Anna di Pisa, è un luminare del nostro diritto penale. Ovviamente si può non essere d'accordo con quanto scrive, ma in ogni caso, i suoi libri costituiscono un punto fermo per ogni studioso della materia.
Questa estate ("Guida al Diritto" di agosto) si è occupato della discussa legge sui cosiddetti "ecoreati" usando espressioni che, di solito, non trovano ingresso nelle ovattate sedi accademiche e che non lasciano alcun margine ad interpretazioni "diplomatiche". Forse è per questo che pochi hanno citato questo articolo, ritenendolo troppo "forte" e in controtendenza rispetto alle tante voci che, in politica e in dottrina, hanno inneggiato a questa brutta pagina del nostro diritto e dell'ambientalismo italiano.
Peraltro, l'articolo del prof. Padovani è breve e chiaro. Ma lo riassumo per chi non lo ha letto.
L'articolo, intitolato "Legge sugli ecoreati, un impianto inefficace che non aiuta l'ambiente", inizia rilevando che si tratta di una legge dal "contenuto sconclusionato, oscuro e, in taluni tratti, decisamente orripilante" e che "per dissezionare il cadavere di questo testo servirebbe un intero squadrone di periti settori...".
Procedendo per punti, rileva subito dopo che le due fattispecie di inquinamento ambientale e di disastro ambientale mancano di qualsiasi coordinamento in quanto "ciascuna procede allegramente per i fatti suoi, noncurante dell'altra, determinando così un marasma senza capo nè coda"; al punto che "sembra proprio di dover concludere che si possa realizzare un disastro a prescindere dall'inquinamento e un inquinamento non suscettibile di trasformarsi in disastro".
Se poi si va ai termini ("biodiversità" ad esempio) utilizzati dal legislatore, essi sono talmente vaghi, generici e confusi da essere incompatibili con la tassatività che dovrebbe sempre caratterizzare gli illeciti penali; "sarebbe stato necessario calare macronozioni tanto universali in contesti almeno relativamente determinati.. perchè, espressa in questi termini, l'ipotesi criminosa appare semplicemente impossibile: per aggredire in modo 'significativo e misurabile' biodiversità, flora o fauna in quanto tali occorrerebbe quantomeno un evento nucleare".
Altrettanto criticabile ("una vera accozzaglia di insensatezze"), per il prof. Padovani, è la tripartizione che caratterizza il disastro ambientale con una tale indeterminatezza da contrastare palesemente con l'art. 25 della Costituzione, per cui "prima spariranno, meno disastri produrrà la loro sciagurata vigenza".
Con l'aggravante che la formula utilizzata per mantenere l'applicabilità del vecchio "disastro innominato" sancisce la "prevalenza applicativa di una fattispecie sanzionata meno gravemente rispetto a quella sanzionata con maggiore gravità"; costituendo una "mostruosa meraviglia che sembra davvero uscire dalle regole dell'assurdo, se l'assurdo ha delle regole".
Senza parlare dell'altro assurdo secondo cui se da un fatto colposo di inquinamento o disastro ambientale "deriva il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale, le pene sono ulteriormente diminuite di un terzo": disposizione "evidentemente priva di senso. Dal fatto colposo di inquinamento o di disastro non può scaturire il pericolo dell'evento che si ipotizza realizzato".
Infine, la nuova disciplina stabilita per l'estinzione, tramite adempimento, delle contravvenzioni ambientali che non hanno cagionato danno o pericolo concreto ed attuale di danno alle risorse ambientali sembra ispirata alla "preoccupazione di rendere i confini della nuova disciplina quanto mai incerti ed indefiniti, subordinandoli ad una discrezionalità amministrativa invero degna di miglior causa.... Benvenuti nel regno della legalità".
Ovviamente, l'articolo merita di essere letto integralmente ed altrettanto ovviamente può essere ritenuto più o meno condivisibile nella sua distruttiva radicalità.
Tuttavia, un dato è certo. La sviscerata esultanza che, a livello politico (e di qualche associazione) ha accompagnato il varo della nuova legge sui delitti ambientali era certamente fuori luogo. Appariva, infatti, evidente da subito che il testo finale della legge era frutto di innumerevoli compromessi, di per sè del tutto legittimi ma a patto che non inficino, come invece è avvenuto, la stessa comprensibilità ed applicabilità delle norme. In campo ambientale non si possono soddisfare inquinati ed inquinatori, occorre fare una scelta di campo. Altrimenti, arrivano leggi come questa.
Tuttavia, ormai ce l'abbiamo e, a mio sommesso avviso, in attesa di qualche miglioramento, dobbiamo cercare di rimediare con una interpretazione attenta e costituzionalmente orientata, ai gravi difetti di formulazione che pure il prof. Padovani mette in risalto. Molto, quindi, dipenderà dalla Suprema Corte che già per il traffico illecito di rifiuti ha svolto questo ruolo costruttivo.
Insomma, rimbocchiamoci le maniche e cerchiamo di evitare altre chiacchiere trionfalistiche.