1. L'art. 659 c.p. dopo le modifiche della legge Cartabia
Come è noto, la legge 27 settembre 2021, n. 134, recante «delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari» delegava il governo ad emanare decreti legislativi con cui, tra l’altro «prevedere l'estensione del regime di procedibilità a querela di parte a ulteriori specifici reati contro la persona o contro il patrimonio nell'ambito di quelli puniti con pena edittale detentiva non superiore nel minimo a due anni; prevedere che ai fini della determinazione della pena detentiva non si tenga conto delle circostanze, facendo salva la procedibilità d'ufficio quando la persona offesa sia incapace per età o per infermità». Quindi, in esecuzione di questa disposizione, la cd. legge Cartabia (D. Lgs 10 ottobre 2022, n. 150) ha modificato l’art. 659 c.p. («disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone») aggiungendo un comma con cui introduce la perseguibilità a querela per le ipotesi di cui al primo comma, di modo che oggi il testo dell’articolo è il seguente:
Art. 659 c.p. Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone
1. Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309.
2. Nell'ipotesi prevista dal primo comma, la contravvenzione è punibile a querela della persona offesa, salvo che il fatto abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, ovvero sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità.
3. Si applica l'ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità
[abbiamo sottolineato il nuovo comma che diventa comma 2 facendo slittare l’originario comma 2 a comma 3].
Adesso, quindi, stando al dato letterale, occorre la querela per poter procedere contro «chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone mentre resta la procedibilità di ufficio qualora il fatto abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, ovvero sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità ovvero per chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità».
In sostanza, cioè, - a parte il terzo comma e a parte l’eccezione relativa a persona incapace (prevista espressamente dalla legge delega) -, la Cartabia ha operato la divisione del periodo del primo comma a livello letterale escludendo dalla modifica solo l’ultimo «ovvero», relativo, appunto, «a spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici».
Appare quindi evidente che, mentre prima non era importante fare distinzione tra le varie ipotesi criminose del primo comma (tutte punite d’ufficio), adesso diviene, invece, essenziale, ai fini della procedibilità, capire l’ambito della eccezione su spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, introdotta dalla Cartabia, in relazione alle altre.
2. La contrastante giurisprudenza della Cassazione sulla modifica Cartabia
La questione risulta affrontata una prima volta dalla suprema Corte[1] subito dopo la legge di modifica, nel caso di un locale «dal quale provenivano quotidianamente durante l'orario notturno emissioni sonore derivanti dalla diffusione di musica superiori a quelle consentite ex lege oltre agli schiamazzi degli avventori che sostavano fuori dall'esercizio commerciale», con disturbo della pubblica quiete; in questo caso la Cassazione precisava che «il reato in contestazione non risulta interessato dalle modifiche apportate all’art. 659 c.p. dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che ne prevede la procedibilità a querela di parte, salvo che il fatto abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, ovvero sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità: provenendo, invero, le emissioni sonore da un locale in cui si ascoltava musica, così come indicato già nell’imputazione, deve ritenersi che si verta nell’ambito dei “ritrovi”, accezione nella quale sono ricompresi nella terminologia corrente i luoghi pubblici o aperti alla frequentazione di una pluralità di persone non preventivamente determinate per intrattenersi in un comune divertimento o in una attività condivisa indipendentemente dalle modalità di svolgimento dell’incontro (cfr. in tal senso anche Sez. 1, sentenza n. 2124 del 19.12.2018 non mass.), onde il reato deve ritenersi procedibile di ufficio.»; distinguendo, quindi, le due ipotesi nel senso di ritenere comunque procedibile di ufficio il disturbo connesso o causato da luoghi, ritrovi ed intrattenimenti non privati ma aperti ad un pubblico indeterminato.
Della modifica si occupava nello stesso periodo altra sentenza[2] relativa alla condanna inflitta dal Tribunale di Rimini a carico del gestore di un bar-caffetteria di Marignano in quanto «mediante schiamazzi della clientela e rumori delle apparecchiature», disturbava il riposo di persona dimorante nell’appartamento posto al piano superiore rispetto al citato esercizio commerciale, soprattutto con riferimento al regime del favor rei applicabile a reato commesso prima della entrata in vigore della legge modificatrice[3]. Rinviando al testo integrale della sentenza, sembra rilevante, in questa sede, evidenziare che essa innanzi tutto, esprime perplessità sulla Cartabia, la quale (con una scelta senza precedenti) da un lato prevede la perseguibilità a querela per una contravvenzione e dall’altro, rifacendosi alla legge delega, qualifica una contravvenzione espressamente concernente la tranquillità pubblica come reato contro la persona; per poi concludere che, nel caso di specie, mancavano gli elementi per verificare l’applicabilità della modifica e, soprattutto, doveva comunque ritenersi, in virtù del “favor querelae”, che vi fosse la querela o un atto equipollente, per cui non si poneva il problema.
Si giunge così, nel 2025, ad una terza sentenza della Cassazione[4] relativa alla condanna, per il primo comma dell’art. 659 c.p., del gestore di un bar-caffetteria, oggetto, in epoca precedente alla legge Cartabia, di «segnalazione di rumori molesti da parte di cittadini residenti nei fabbricati prospicienti o limitrofi all'esercizio commerciale». E dove, a proposito della modifica, nella scarna motivazione della sentenza si afferma che «si è al cospetto di un reato, procedibile di ufficio al momento della sua commissione, divenuto procedibile a querela, a decorrere dal 30 dicembre 2022, in virtù dell'entrata in vigore del d.lgs. 150/22, giudicato nel settembre del 2024»; aggiungendo, subito dopo, che il fatto non rientra nelle «eccezioni al nuovo regime di procedibilità a querela di cui all'art. 659, ultimo comma, in particolare non essendosi in presenza di fatto "avente ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici" in relazione al quale soltanto il d.lgs. n. 150/2022 ha inteso confermare il previgente regime di procedibilità di ufficio» (cfr. Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")». E, pertanto, in base al disposto dell'art. 2, comma 2, c.p., in assenza di querela e di costituzione di parte civile, annulla la condanna del gestore.
In sostanza, quindi, due fatti dello stesso tipo per disturbo provocato da pubblici esercizi vengono valutati in modo totalmente opposto: in un caso vengono considerati esclusi dalla modifica della perseguibilità a querela in quanto commessi nell’ambito di un ritrovo pubblico, e, quindi, oggetto della eccezione; nell’altro invece vi rientrano perché la modifica viene esclusa solo quando il fatto ha ad oggetto pubblici ritrovi e trattenimenti; dove appare evidente che la prima interpreta in senso ampio la locuzione «abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici», comprendendovi tutti i rumori molesti ad essi comunque riferibili mentre la seconda la interpreta in senso letterale e cioè quando essi siano oggetto di tali rumori.
3. La relazione illustrativa della legge Cartabia
A nostro sommesso avviso, per esprimere un’opinione su questo grave contrasto - che, come vedremo, riguarda la nostra salute e la nostra qualità della vita- , è necessario, in primo luogo, esaminare l’unico argomento (situato, peraltro, tra parentesi) addotto dalla terza sentenza citata per interpretare la modifica in senso strettamente letterale e cioè la relazione illustrativa della legge Cartabia: in essa, si legge, infatti, che «l’intervento rende procedibile a querela della persona offesa la contravvenzione di disturbo del riposo o delle occupazioni delle persone, nelle sole ipotesi, previste dal primo comma, in cui la contravvenzione costituisce un reato contro la persona, essendo l’offesa diretta verso “le persone” e, in particolare, verso beni personali facenti capo a individui determinati: le loro occupazioni (intellettuali o manuali) e il loro riposo (ad esempio nelle ore notturne)”, aggiungendo che “gli obiettivi di efficienza del sistema processuale, perseguiti dalla legge delega, rendono opportuno condizionare l’azione penale alla presentazione di una querela quando, in casi ricorrenti nella prassi, come ad esempio quello del disturbo arrecato un condizionatore rumoroso (cfr. Cass. Sez. VII, 15 gennaio 2021, n. 17745), o di rumori provenienti da un appartamento occupato da studenti, all’interno di un condominio (Cass. Sez. III, 1° febbraio 2022, n. 13685), si è altrimenti costretti a celebrare d’ufficio un lungo procedimento penale, magari attraverso tre gradi di giudizio».
Pur ricordando che, comunque, la relazione illustrativa non ha «efficacia cogente, né tantomeno è, essa stessa, fonte del diritto; e, però, quando sia del tutto conforme all’enunciato ed al significato fatto palese dalla consecuzione delle parole usate (art. 12 preleggi), certamente può contribuire alla corretta interpretazione di una norma o di un combinato disposto normativo…»[5], appare opportuno evidenziare che, secondo la relazione, la modifica del primo comma, finalizzata a snellire il lavoro giudiziario, riguarda, così come prescritto dalla legge delega, solo l’offesa diretta verso «le persone» e, in particolare, «verso beni personali facenti capo a individui determinati»; tanto è vero che, negli esempi ivi riportati (disturbo arrecato ai vicini da un condizionatore rumoroso o disturbo arrecato agli abitanti di un condominio da rumori provenienti da un appartamento abitato da studenti), è del tutto evidente che si tratta di «offesa» a persone e beni determinati, e non quando i rumori siano idonei ad arrecare disturbo a un gruppo indeterminato di persone.
In sostanza, quindi, - a differenza di quanto ritiene la Cassazione nella terza sentenza- la relazione, in armonia con il mandato della legge delega, spiega che il reato in esame è perseguibile a querela nelle sole ipotesi in cui costituisce un reato contro la persona ma resta perseguibile di ufficio quando, invece, abbia un ambito di diffusività ben più vasto e lede la quiete pubblica.
4. L’ambito del reato secondo la Cassazione
Appare opportuno, a questo punto, esaminare, anche se sommariamente ed anche se la questione della modifica non viene espressamente affrontata[6], la giurisprudenza della suprema Corte, successiva alla legge, sulla ratio e l’ambito del reato di cui al primo comma dell’art. 659 c.p., oggetto della modifica Cartabia.
Una prima sentenza del 2023, a proposito di rumori condominiali provocati da trascinamento di oggetti metallici, confermava, richiamando la sua pregressa giurisprudenza, che «i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo a essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare», aggiungendo che «ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 cod. pen., non sono necessarie né la vastità dell'area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo ad un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio (Sez. 3, n. 18521 dell’11/1/2018, Ferri, Rv. 273216)»[7].
Ancora più esplicitamente, nel 2024, la suprema Corte[8], in relazione ai «rumori dei tacchi delle scarpe, e da spostamenti di sedie o trascinamento di mobili sul pavimento» in un condominio precisava che «il bene giuridico tutelato dalla contravvenzione in esame è costituito, come emerge dallo stesso nomen della rubrica, dallo svolgimento delle attività e del riposo delle persone che il legislatore intende presidiare da indiscriminate attività di disturbo, le quali, tuttavia, non possono essere identificate, proprio in ragione del plurale figurante nella norma, in un singolo soggetto, pur infastidito in ragione della prossimità della fonte sonora a quella del suo luogo di lavoro o della sua abitazione, bensì da un numero indeterminato di persone le quali soltanto consentono di individuare, al di là della vastità dell’area interessata dalle emissioni o dall’entità del numero dei soggetti lesi, un pregiudizio inferto all’ordine pubblico nella specifica accezione della pubblica quiete» ripetendo che «nel reato previsto dall'art. 659 cod. pen. l'oggetto della tutela penale è dato dall'interesse dello Stato alla salvaguardia dell'ordine pubblico, considerato nel particolare aspetto della tranquillità pubblica, consistente in quella condizione psicologica collettiva, inerente all'assenza di perturbamento e di molestia nel corpo sociale: si è dunque affermato che i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo a essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare»[9].
E nello stesso senso, nel 2025[10], in relazione ad una discoteca che, superando i limiti di legge, provocava «emissioni sonore idonee a turbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di soggetti, anche se raccolti in un ambito territoriale ristretto, ossia i residenti nelle abitazioni che sorgono nella zona sovrastante e latistante il locale…» (cioè, «secondo quanto riportato nella stessa ordinanza impugnata, gli abitanti di una “decina di edifici”, dunque non certo singoli soggetti, ma una pluralità indeterminata di persone, potenzialmente esposte al disturbo derivante dalle emissioni sonore provenienti da detto locale»), concludeva che «la circostanza che il numero di tali soggetti sia contenuto, raccolto in un ambito ristretto, e anche determinabile, come sottolineato nell’ordinanza impugnata, non costituisce aspetto idoneo a consentire di escludere la configurabilità della fattispecie, che non richiede un numero minimo di soggetti potenzialmente esposti alle emissioni sonore, né che l’ambito della presenza di questi sia esteso territorialmente».
Già da questa sommaria esposizione appare, quindi, evidente che, ai fini della configurabilità del reato di cui al primo comma dell’art. 659 c.p., oggetto della modifica della Cartabia, per la suprema Corte quello che conta è la idoneità dei rumori ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone. Idoneità ravvisabile anche se si tratta di rumori atti a disturbare una pluralità indeterminata di persone residenti in un ambito delimitato (come un condominio) perché solo in tal caso, al di là della vastità dell’area interessata dalle emissioni o dall’entità del numero dei soggetti lesi, può ravvisarsi un pregiudizio inferto all’ordine pubblico nella specifica accezione della pubblica quiete.
5. La nostra opinione
Ed è proprio a questa distinzione che, a nostro sommesso avviso, occorre rifarsi per tentare di proporre una soluzione. Se, infatti, a prescindere dalla modifica, rileggiamo il testo del primo comma dell’art. 659 c.p. possiamo notare, a livello puramente letterale, che esso distingue (pur accomunandoli nella fattispecie) i rumori molesti contro le persone da quelli contro spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici. Ed è presumibile che a questa distinzione si sia rifatto il legislatore della Cartabia, vincolato, dalla legge delega, a introdurre la querela solo per reati contro la persona. E, - superando peraltro disinvoltamente il non trascurabile dato che l’art. 659 c.p. non è un reato contro la persona[11] ma è collocato nella sezione del libro terzo del codice penale che riguarda «le contravvenzioni concernenti l’ordine pubblico e la tranquillità pubblica e la tranquillità pubblica» -, ha introdotto la querela per i casi in cui, nel solco della giurisprudenza della Cassazione, i rumori siano atti a disturbare una pluralità di persone residenti in un ambito delimitato[12] mantenendo altrimenti la perseguibilità di ufficio.
In questo quadro, riteniamo, allora, preferibile, nel solco della prima sentenza citata, che la ipotesi del primo comma dell’art. 659 c.p. sia, oggi, perseguibile a querela quando il rumore sia causato da fonte “privata” e sia potenzialmente idoneo ad arrecare disturbo solo ad un numero ristretto di persone, anche se non determinate ma determinabili[13], perché solo in tal modo si può parlare, anche se impropriamente, di «reato contro la persona» come prescritto dalla legge delega; ma continui, anche oggi, ad essere reato perseguibile di ufficio qualora, provenendo da attività pubbliche o aperte al pubblico, sia idoneo, per la sua entità e diffusività, ad arrecare disturbo alla quiete pubblica e cioè ad un numero indeterminato di persone. Tanto più che sarebbe veramente singolare condizionare a querela di parte un reato quando lede un bene collettivo come la quiete pubblica
E, se pure è vero che questa conclusione, nella Cartabia, non è chiaramente esplicitata dal punto di vista letterale, è anche vero che «ove una norma, o un sistema di norme, si prestino a diverse interpretazioni, tutte plausibili, dovere primario dell’interprete, e specie del giudice, è di perseguire l’interpretazione più corretta e non una qualsiasi di quelle che il testo consente…»[14]; e pertanto, a questo punto, di fronte alle due interpretazioni divergenti della suprema Corte, appare doveroso non fermarsi al dato strettamente letterale ma preferire quella più coerente al disposto della legge delega ed alla ratio complessiva della norma così come delineata dalla suprema Corte, con la relazione illustrativa della modifica e, soprattutto, con i valori costituzionali oggi vigenti.
Se, infatti, a questo punto, andiamo ad esaminare il quadro generale in cui si inserisce il reato di cui all’ art. 659 c.p., appare del tutto evidente che, in realtà, esso costituisce l’unico vero deterrente contro l’inquinamento acustico, visto che la legge specifica di settore (legge 26 ottobre 1995 n. 447) è molto carente e ben poco applicata per assenza di provvedimenti attuativi e di controlli, e, soprattutto, prevede solo sanzioni amministrative[15].
Si tratta, ovviamente di un deterrente anche esso molto debole in quanto si basa su ipotesi contravvenzionali aperte alla chiusura per oblazione senza neppure sporcarsi la fedina penale.
Ma, purtroppo, solo questo abbiamo per contrastare un inquinamento che oggi sappiamo essere molto nocivo per la salute, visto che, secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), quello acustico costituisce, dopo l’inquinamento atmosferico, la seconda maggiore concausa ambientale di danni alla salute, con almeno 48.000 nuovi casi di malattie cardiache e 12.000 decessi prematuri ogni anno in Europa, soprattutto, e non a caso, nelle aree urbane.
E allora, in attesa che il legislatore faccia qualcosa, all’interprete incombe il dovere, di fronte a diverse e contrastanti interpretazioni, di scegliere quella che maggiormente rispecchia i valori della nostra Costituzione, la quale -non dimentichiamolo- dopo le modifiche della legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, sancisce (art. 9) la tutela della salute e dell’ambiente quali diritti inviolabili dell’individuo.
Resta solo da precisare per completezza, che, però, nessun reato è, comunque ipotizzabile qualora i rumori molesti siano idonei a turbare solo la tranquillità di un singolo e determinato soggetto senza alcuna potenziale diffusività, anche se ristretta localmente, perché, in questi casi, la suprema Corte, con riferimento a rumori condominiali, esclude la sussistenza stessa del reato, ipotizzando solo un illecito civile[16].
[1] Cass. pen., sez. 3, 25 gennaio-10 maggio 2023, n. 19594, in www.ordineavvocatinapoli.it, 2023/06.
[2] Cass. pen., sez. 3, 9 gennaio-11 maggio 2023 n. 19971, Antonelli, in www.lexambiente.it, 29 maggio 2023.
[3] Art. 2, comma 2, c.p secondo cui «se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo». E, per la sentenza in esame, «è indubbio che trattandosi di disposizione di carattere processuale introducente in regime giudiziario più favorevole all’imputato, è applicabile anche ai processi in corso, fra questi compresi anche quelli pendenti in grado di legittimità».
[4] Cass. pen., sez. 3, 11 marzo-28 agosto 2025, n. 29866 in www.lexambiente.it, 18 settembre 2025, Paolino.
[5] Cass. civ., sez. 1, sentenza n. 23950 del 2 ottobre 2018.
[6] Perché c’era la querela o atto equipollente.
[7] Cass. pen., sez. 3, 23 febbraio-22 marzo 2023, n. 12014, Reda, in www.lexambiente.it, 18 aprile 2023.
[8] ID., 20 dicembre 2023-17 gennaio 2024, n. 2071, Mastrovito, ivi 31 gennaio 2024.
[9] E quindi - aggiungiamo noi - sporga querela.
[10] ID. c.c. 4-27 febbraio 2025, n. 8076, ivi, 5 marzo 2025.
[11] I delitti contro la persona sono collocati nel libro secondo, titolo dodicesimo del codice penale.
[12] Ovvero, per dirla con la suprema Corte citata, «il numero di tali soggetti sia contenuto, raccolto in un ambito ristretto, e anche determinabile».
[13] Come avviene per il frequentissimo caso di rumori condominiali (in cui rientrano, peraltro, i due esempi della relazione).
[14] Cass civ., n. 23950, cit.
[15] Per approfondimenti, citazioni e richiami ci sia consentito rinviare al nostro Inquinamento acustico tra sanzioni amministrative e penali. Le conclusioni della Cassazione, in www.unaltroambiente.it, novembre 2022.
[16] Cfr., tra le prime, Cass. pen, Sez. 1, n. 45616 del 14/10/2013, Virgillito, Rv. 257345 in Diritto.it, 13 novembre 2013: «Ciò non toglie che possa trattarsi di soggetti annoverabili in un ambito ristretto, come avviene in un condominio costituito da più palazzine o da più appartamenti ubicati in uno stesso stabile, ma in tal caso è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio, configurandosi, altrimenti, soltanto un illecito civile foriero di un eventuale risarcimento del danno e non certamente una condotta penalmente rilevante ai sensi dell’art. 659 cod. pen.»; nello stesso senso, cfr. Cass. pen., sez. 3, 11 maggio – 15 giugno 2017, n. 30156 in Diritto e Giustizia 16 giugno 2017, la quale precisa altresì che «essendo invero l'interesse tutelato dal legislatore quello della pubblica quiete, la quale implica di per sé l'assenza di disturbo per la pluralità dei consociati, è necessario che i rumori abbiano una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo a turbare non già la tranquillità del singolo soggetto che si dolga della rumorosità prodotta da altri, bensì ad essere risentito dalla collettività, in tale accezione ricomprendendosi ovviamente il novero delle persone che si trovino nell'ambiente o comunque in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, atteso che la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica». (Nel caso di specie il disturbo era causato da «rumori di biglie che rotolano e in colpi ripetuti» provenienti da un appartamento, rispetto al quale la Cassazione precisa che «affinché la condotta possa considerarsi penalmente rilevante, debbono estendersi, se non all'intero stabile condominiale, comunque ad una parte consistente di esso che vada oltre i soli locali attigui alla fonte da cui dette emissioni provengono»). Nello stesso senso, cfr. da ultimo, la sentenza Mastrovito del 2024, sopra citata.