Articoli di Questione Giustizia su 41-bis
Umanamente drammatico e giuridicamente molto problematico, il caso Cospito interroga insieme i principi e le coscienze. E per questo può dividere anche persone che condividono gli stessi ideali di giustizia e hanno comuni impostazioni culturali. Ne è riprova la diversità di opinioni e di soluzioni maturata sul caso Cospito anche all’interno della magistratura, diversità solo in parte dovuta ai differenti ruoli degli attori in campo e alla natura giuridica degli atti. Per parte sua Questione Giustizia ritiene suo dovere rispecchiare in tutta la sua asprezza la pluralità di visioni e di valutazioni esistente nel mondo della magistratura e dei giuristi Con questo spirito la Rivista ospita oggi un articolo di Luigi Ferraioli, che contiene, tra l’altro, un giudizio fortemente critico sulla decisione della Cassazione emesso prima della conoscenza della motivazione e il testo della requisitoria del Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Ciò mentre resta pronta ad ospitare punti di vista diversi e contrastanti sulla vicenda e in attesa di leggere, pubblicare e commentare le motivazioni della decisione della Corte di cassazione. Non senza sottolineare con forza che, nella drammatica vicenda di Cospito, c’è un convitato di pietra - il Ministro della Giustizia - che potrebbe mettere in campo le preziose risorse di iniziativa e di responsabilità proprie della politica e che sino ad ora non lo ha fatto
Questione Giustizia
In attesa di leggere e di pubblicare le motivazioni della decisione sul caso Cospito, Questione Giustizia pubblica la requisitoria del Procuratore Generale presso la Corte di cassazione
La necessità di rafforzare la funzione custodiale del carcere nei confronti dei soggetti appartenenti ad organizzazioni criminali di speciale pericolosità ha prodotto uno strumento di estremo rigore che determina una forte compressione di fondamentali diritti della persona, essendo imperniato sulla drastica riduzione dei contatti con il mondo esterno. Vanno pertanto evidenziati gli aspetti di maggiore contrasto tra le antitetiche esigenze preventive e quelle di tutela dei diritti individuali. Il provvedimento sospensivo è disposto, per i delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell’art. 4-bis o.p., in relazione ai condannati per i quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica od eversiva: non è sufficiente il mero titolo di reato ma è necessaria la prova della persistenza di collegamenti. Il provvedimento ministeriale comporta la sospensione in tutto o in parte delle regole del trattamento e degli istituti previsti dalla legge penitenziaria che possono porsi in concreto in contrasto con le esigenze di ordine e sicurezza. La disciplina normativa, introdotta nel 1992, ha subito rilevanti modifiche sostanziali con le leggi n. 279/02 e 94/09 ed è specificamente regolata da Circolari amministrative. L’importanza degli interessi coinvolti ha impedito un dibattito sereno sull’utilità di questa misura e sulla sua compatibilità con i principi costituzionali, essendo difficile parlare del regime ex art. 41-bis o.p. senza schierarsi “a favore” o “contro”, ma il punto di partenza non può che essere che tale regime rappresenta un quid pluris rispetto alla detenzione ordinaria che ne modifica in senso sostanziale la natura
Sommario: 1. L'ordinanza della Corte d'assise d'appello di Torino - 2. La disposizione impugnata - 3. Il processo - 4. I precedenti della Corte costituzionale
Con la sentenza n. 18 del 2022 la Corte costituzionale afferma che la corrispondenza del detenuto in regime derogatorio ex art. 41 bis comma II O.P. con il proprio difensore non è assoggettabile a visto di censura