Magistratura democratica
ordinamento giudiziario

Un sistema disciplinare
da correggere, liberiamo
i magistrati dalla paura

di Claudio Castelli
presidente della Corte di appello di Brescia
Il sistema disciplinare funziona male e rischia di spingere verso una crescente burocratizzazione. Dobbiamo ricostruire la realtà dei fatti e mettere in campo interventi per evitare una possibile deriva
Un sistema disciplinare<br>da correggere, liberiamo<br>i magistrati dalla paura

UNA PREMESSA

Un sistema disciplinare è necessario ed è fondamentale per la stessa tenuta e credibilità della magistratura. E’ l’inevitabile contrappeso dell’indipendenza e del potere. A fronte della pericolosità ed impraticabilità di qualsiasi estensione della responsabilità civile è inevitabile che la responsabilità disciplinare sia lo strumento fondamentale di controllo di comportamenti patologici. E’ vero che in altri paesi Europei la responsabilità disciplinare esiste solo sulla carta o viene esercitata in pochissimi casi, ma è altrettanto vero che fortunatamente godiamo di un’indipendenza che i magistrati di altri paesi sognano.

 

I DATI

I dati della Procura generale della Cassazione e del Consiglio Superiore della Magistratura sui procedimenti disciplinari evidenziano come stiamo attraversando una fase di assestamento dopo le oscillazioni avutesi a seguito dell’introduzione del nuovo ordinamento giudiziario.

Le notizie di illecito sopravvenute hanno avuto un picco nel 2011 per poi rapidamente diminuire ed anche i procedimenti pendenti hanno avuto un aumento nel 2011 per poi decrescere.

 

Anno20082009201020112012
Notizie sopravvenute 1423 1413 1382 1780 1316
Notizie Definite 799 487 522 861 769

 

La percentuale di notizie che danno luogo ad un’azione disciplinare è costantemente bassa, dimostrando il ruolo di filtro che, al di là di tutto, la Procura Generale riesce a svolgere:

Anno20082009201020112012
Inizio azione disciplinare 7,24 % 5,91 % 7,50 % 7,00 % 8,50 %
Archiviazione 92,76 % 94,09 % 92,50 % 93,00 % 91,50 %

 

Il numero di azioni disciplinari promosse si sta assestando sulle 150 annue con una netta maggioranza di azioni promosse dalla Procura generale, con qualche picco sotto il Ministero Alfano. Va anche tenuto conto che incidono in modo significativo le azioni disciplinari pendenti e sospese per pregiudizialità penale (alla fine del 2012 ben 54 su 196).

Anno20082009201020112012
Azioni sopravvenute 150 185 157 142 151
Azioni del Ministro 24,0 % 44,9 % 34,4 % 29,6 % 21,2 %

 

Di queste azioni una quota significativa è relativa al ritardo nel deposito dei provvedimenti, anche se si tratta di una percentuale in discesa.

Illecito disciplinare201020112012
Ritardi nel deposito dei provvedimenti 62 45 42
Ingiuria, diffamazione o altri reati 39 23 20
Provvedimenti abnormi o contenenti errori inescusabili 4 9 16
Ritardi e negligenze nell’attività dell’ufficio 7 16 15
Tardiva o mancata scarcerazione N.D. 6 12
Violazione di norme processuali civili e penali 26 26 10
Abuso della qualità o della funzione 3 9 8
Rapporti dei magistrati con altri magistrati
dello stesso ufficio o di altri uffici
13 8 10
Astensione o omissione di atti dovuti 7 2 6
Altro 25 25 23
TOTALE 186 169 191

 

Le azioni disciplinari per ritardi calano in percentuale dal 33 % del 2010 al 26,6 % del 2011 al 22 % del 2012.

A queste azioni conseguono da parte della Procura Generale richieste di discussione orale (il c.d. rinvio a giudizio) o di non luogo a procedere.

I dati sono molto meno severi di quanto si possa immaginare sia quanto alle determinazioni della Procura Generale, sia quanto alle sentenze emesse dal C.S.M.

Procedimenti trasmessi dalla Procura Generale della Cassazione (dall’1.9.2010 al 31 .12.2012)

Con richiesta di discussione oraleCon richiesta di non luogo a procedere
200 130

 

Statistica della sezione disciplinare (dall’1.9.2010 al 31.12.2012)

CondanneAssoluzioniSentenze non doversi procedereOrdinanze non doversi procedereProcedimenti definiti
116 92 19 115 342

 

Di queste decisioni in relazione all’illecito disciplinare del ritardo nel deposito delle sentenze si sono avute 28 ordinanze di non luogo a procedere, 47 condanne e 40 assoluzioni.

In sostanza tenendo conto che si tratta di un periodo di 27 mesi circa 20 sentenze di condanna in un anno.

I dati ridimensionano un problema che comunque esiste e va affrontato.

 

IL SISTEMA DISCIPLINARE

A fronte delle 20 sentenze disciplinari di condanna l’anno la questione in apparenza pare ridimensionarsi.

E’ così, ma solo in parte, da un lato perché questo dato è il frutto finale di un’attività ben più ampia che spande insicurezza e timori e che spinge verso la burocratizzazione: - ispezioni capaci solo di riscontrare matematicamente ritardi nelle sentenze e nelle scarcerazioni, - capi degli uffici capaci solo di segnalare burocraticamente i ritardi senza far nulla per aiutare i propri magistrati, - magistrati costretti a ricostruire vicende personali e professionali di anni prima per verificare la sussistenza di giustificazioni.

Nessuno intende legittimare ritardi che costituiscono un danno per gli utenti e per la collettività, oltre che nel penale un consistente costo economico, ma riscontrare come l’attuale sistema non colpisca necessariamente i peggiori, ma i meno accorti e spesso i più generosi.

Personalmente ho visto alcuni dei migliori magistrati da me conosciuti condannati disciplinarmente o assolti dopo peripezie che lasciano il segno, perché, più ancora che per un cittadino, per un magistrato la prima pena è il processo.

La giurisprudenza formatasi da parte delle Sezioni unite della Cassazione, che inevitabilmente condiziona la sezione disciplinare del Consiglio e la Procura Generale della Cassazione, sostiene che un ritardo nel deposito di un provvedimento per più di un anno non può essere giustificato. E d’altro lato analoga automaticità nell’escludere possibili giustificazioni si ravvisa in alcune pronunce relative per i ritardi di scarcerazione. Giurisprudenza che personalmente trovo sbagliata perché va oltre il dato di legge (che parla di ritardo grave, reiterato e non giustificato, e di negligenza inescusabile), mette nel nulla i diversi contesti in cui i ritardi sono maturati (sia lavorativi, come carichi di lavoro, tipologia dei processi trattati, sia extra lavorativi, quali malattie e lutti familiari), non affronta in alcun modo i rapporti tra il magistrato ed il suo ufficio (quale era il contesto generale, cosa ha fatto il dirigente per affrontare i ritardi). In tal modo il magistrato viene ad essere solo e vulnerabile colpito da una sorta di responsabilità oggettiva.

Non solo, ma estendendo l’osservazione oltre i ritardi, si verifica come alcune norme del codice disciplinare siano incongrue, strutturate in modo da non poter essere rispettate, dando in tal modo la possibilità di vere e proprie iniquità ed arbitri. Mi riferisco in particolare all’art 2 lett. l ( provvedimenti privi di motivazione o con motivazione apparente) e all’art. 5 comme 3 del D. leg. 20 febbraio 2006 n.106 (divieto di rendere dichiarazioni non autorizzate su atti del proprio ufficio da parte del sostituto procuratore). E’ vero che sinora abbiamo avuto pochi casi, ma sufficienti per verificarne strumentalità e casualità, quando non arbitrarietà.

Davvero allarma la schizofrenia di un sistema disciplinare tanto severo in relazione alle mancanze formali, quanto inefficace nei confronti di comportamenti assai più gravi, che richiederebbero indagini e volontà di approfondire la realtà.

Quanto si legge in molte sentenze è la migliore dimostrazione di quanto l’organo decidente sia spesso lontano dagli uffici giudiziari e dalla loro realtà.

 

LE POSSIBILI PROPOSTE

Un quadro allarmante, nei cui confronti la risposta non può essere diffondere e sfruttare la paura per stimolare logiche di protezione, ma fare proposte concrete per impedire che la deriva burocratica vinca.

Non credo a proposte che incidano sulla struttura della sezione disciplinare. Anzi una struttura autonoma dal CSM rischia di essere ancora più lontana dai magistrati, quando una delle caratteristiche del giudice disciplinare deve essere proprio quella di essere al passo con lo stato dell’arte dei vari mestieri di magistrato e di capire contesti e situazioni. Non solo, ma pensare ad una struttura che si occupi solo di disciplinare è un inevitabile invito suicida a moltiplicare i procedimenti.

Credo invece si possano fare e chiedere alcune cose subito:

Un archivio giurisprudenziale trasparente e ragionato disponibile per tutti, perfezionando quello già reperibile sul sito della cassazione.

Aprire un confronto giurisprudenziale. Le decisioni della sezione disciplinare e delle sezioni unite sono giurisdizione pura, e come tali vanno rispettate, ma possono e debbono essere discusse e criticate.

Fornire da parte del C.S.M. in modo trasparente i dati sulle sentenze disciplinari, sulla tipologia di contestazioni, sul loro esito.

Rivedere alla luce della prima applicazione il codice disciplinare eliminando o meglio articolando alcune disposizioni.

Prevedere per i casi di ritardi a livello di circolari del Consiglio Superiore della Magistratura e di protocolli di indagine disciplinare per l’Ispettorato del Ministero della giustizia l’obbligo di accertare il complessivo carico di lavoro, le difficoltà segnalate dal magistrato, la produttività comparata, gli interventi del capo dell’ufficio per aiutare il magistrato. Perché i ritardi, che hanno costi per il cittadino, ma anche per il servizio, sono innanzitutto una sconfitta per l’ufficio di appartenenza e per il suo dirigente il cui primo ruolo è quello di aiutare i propri magistrati. Non solo, ma particolare attenzione dovrebbe essere riservata ai più giovani, onde verificare che, come spesso tuttora avviene, non siano rimasti vittima di fenomeni di nonnismo giudiziario.

Chiedere che il Ministero dia in dotazione a tutti gli uffici la Banca dati misure cautelari personali, banca dati già sperimentata anni fa e che eliminerebbe in radice il problema dei ritardi nelle scarcerazioni.

Liberiamo i magistrati dalla paura con iniziative concrete: il sistema disciplinare deve riguardare le patologie del sistema e non diventare uno strumento di governo della magistratura. La sua deriva ed il suo divenire un nemico dei magistrati è pericolosa per tutti.

17/05/2013
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