Magistratura democratica
Prassi e orientamenti

Tolleranza mille. Soluzioni e proposte da realizzare per ridurre il fenomeno della devianza minorile

di Maria de Luzenberger
Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli
Da un convegno romano, l'occasione per approfondire la problematica della recidiva minorile e pensare a nuove prospettive di intervento
Tolleranza mille. Soluzioni e proposte da realizzare per ridurre il fenomeno della devianza minorile

Il 14 maggio si è tenuto a Roma il convegno “Tolleranza mille. Buone prassi di inclusione sociale per i minorenni autori di reato”, organizzato dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali e dal Dipartimento per la Giustizia Minorile, insieme con l'Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, il Dipartimento per le Politiche della Famiglia presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e la Camera Nazionale Avvocati per la Famiglia e i Minorenni (CamMiNo).

L’iniziativa ha avuto come momento fondamentale la presentazione della ricerca su “La recidiva nei percorsi penali dei minori autori di reato”, studio condotto dall’Ufficio Studi, ricerche e attività internazionali e dal Servizio Statistica del  Dipartimento per la Giustizia Minorile e dall’Università degli Studi di Perugia (Dipartimento di Economia, Finanza e Statistica), pubblicato da Gangemi Editore nella collana “I NUMERI pensati”.

Si tratta di una prima innovativa ricerca a carattere nazionale e longitudinale, impostata su dati individuali rilevati dai fascicoli dei minori in carico agli Uffici di servizio sociale per i minorenni che seguono in tutte le fasi del procedimento sia i ragazzi dell’area penale esterna che quelli presenti nelle varie strutture.

Il lavoro, infatti, è partito dalle storie dei ragazzi, dalla ricostruzione dei loro vissuti e percorsi giudiziari  giungendo così all’acquisizione di molteplici dati che forniscono un’approfondita analisi del fenomeno della devianza minorile in generale,  individuandone i fattori di rischio e quelli che, invece, assumono valenza protettiva.

La ricerca, poi, approfondendo il tema della recidiva, valutata in un’accezione più ampia di quella del codice penale, e cioè come semplice reiterazione di un reato dopo il primo, indipendentemente dall’esito del procedimento, costituisce valida prospettiva per una valutazione del sistema giudiziario penale minorile in termini di reale efficacia dei diversi istituti e delle varie modalità di intervento.

Individua, inoltre, le aree di criticità sulle quali occorre concentrare l’attenzione per migliorare i risultati ottenuti.

La finalità del convegno è stata, quindi, quella di stimolare un confronto fra i diversi attori politici e istituzionali che a vario titolo intervengono nel settore partendo dai risultati della ricerca al fine di delineare, infrangendo il muro del “non ci sono fondi”, nuove possibili strategie legislative  nell’organizzazione dei servizi.

Il rigore imposto dalla crisi economica in atto, infatti, impone un’attenta analisi dell’utilità e reale efficacia dei diversi strumenti messi in campo per contrastare la devianza dei soggetti di minore età, al fine di individuare le migliori risposte del sistema giudiziario e di concentrare su di esse gli sforzi anche in termini economici.

I RISULTATI DELLA RICERCA: RECIDIVA, FATTORI DI RISCHIO E FATTORI PROTETTIVI

Analizzando i dati raccolti c’è da dire, innanzitutto, che nessuno di essi sorprende chi come noi opera nel settore ma, certamente, l’impostazione scientifica dell’analisi e il rigore dei risultati danno concretezza numerica alle nostre impressioni e possono, quindi, costituire valida base per indirizzare strategie di intervento e impostare il lavoro futuro.

La ricerca, valutata complessivamente, evidenzia la validità del sistema giudiziario minorile, posto che indica che il  69% dei ragazzi del campione esaminato non ha più fatto rientro nel circuito penale.

Questo certamente è un dato che conforta, ma volendo approfondire l’analisi del profilo di quel 31% dei minori che invece reitera condotte criminose, nell’ottica di migliorare i risultati, è subito evidente la condizione di svantaggio degli stranieri (in particolare non accompagnati, minori stranieri di prima e di seconda generazione) per i quali il tasso di recidiva è decisamente più elevato di quello degli italiani (46%).

Per le ragazze straniere, poi, la possibilità di commissione di un ulteriore reato dopo il primo è ancora più alta posto che supera non solo quella delle ragazze italiane ma anche quella dei ragazzi stranieri (55%).

Operando, invece, una distinzione per tipologia di reato la maggiore incidenza della recidiva si ha per i minori che hanno commesso reati contro il patrimonio, mentre è inferiore  per quelli che hanno commesso reati contro la persona.

I dati ci forniscono anche indicazioni su quelli che costituiscono fattori di rischio e fattori protettivi per la reiterazione del reato: certamente significativo in senso negativo è l’uso di sostanze stupefacenti, che raddoppia la probabilità di commissione di un ulteriore reato, mentre lo studio, e quindi l’istruzione, costituisce forte fattore protettivo (-37%).

Il percorso di studi travagliato rispetto al percorso di studi normale può aumentare la probabilità di recidiva (46%), mentre non sono significative le differenze tra il lavoro saltuario e quello stabile.

Altri importanti fattori protettivi sono sia lo svolgimento di attività nel gruppo dei pari che attività organizzate, sportive o ricreative con una diminuzione del rischio che va dal 40% al 70% rispetto a minori che hanno uno scarso livello di socialità e che non svolgono nessuna attività.

Ovviamente significativa è la connivenza con reti di criminalità organizzata, che aumenta di 3,48 volte la probabilità di commettere più di un reato.

Determinante per il buon esito dei percorsi di riabilitazione è la condizione familiare   del minore: rispetto ai ragazzi che vivono in una famiglia con rapporto funzionale, quelli con rapporto travagliato fra i genitori hanno una probabilità di reiterare il reato del 70% superiore.

Molto evidente è l’effetto della presenza di genitori o componenti della famiglia con precedenti penali: la probabilità di recidivare aumenta di 2,20 volte nel caso di un componente implicato e fino a 4,49 volte in caso di due o più componenti autori di reato.

LE RISPOSTE ISTITUZIONALI: LA MESSA ALLA PROVA

Per quanto attiene alle risposte istituzionali la ricerca evidenzia innanzitutto che più tempestiva è la presa in carico da parte dell’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni,  tanto più si abbassa il rischio di recidiva. Pertanto più sono lunghi i tempi tra la commissione del reato e la segnalazione del minore al Servizio Sociale da parte della Magistratura tanto più perde di significato la presa in carico quale risposta all’evento criminoso.

Molto significativi i dati relativi alla messa alla prova, soprattutto adesso che questo istituto, introdotto per i minorenni col D.P.R. 448/88, è stato adottato anche per i maggiorenni.

I risultati della ricerca, infatti, evidenziano che un minore condannato recidiva di più (63%) di un minore che abbia fruito di questa misura (22%).

L’analisi, poi, approfondisce gli elementi che incidono sulla riuscita della messa alla prova.

Il primo dato che emerge con evidenza è che la condizione di straniero determina un tasso di recidiva più alto rispetto a quello dei ragazzi italiani, indipendentemente dal tipo di misura riabilitativa adottata.

Altro significativo risultato è quello relativo alla diretta incidenza delle condizioni della famiglia di origine sulla riuscita della messa alla prova, nel senso che questa misura dà i migliori esiti per i minori che hanno alle spalle una solida rete parentale.

Significativi punti di partenza per un buon esito del percorso sono l’avere commesso il reato da soli e l’avere alle spalle iter scolastici meno travagliati.

Abbastanza elevati, invece, appaiono i tassi di recidiva per chi fruisce, all’esito del processo, del perdono giudiziale. Il valore medio, che si attesta intorno al 34%, conferma che l’assenza di una risposta educativa, più che venire recepita come un’opportunità, incoraggia la commissione di ulteriori reati. 

I COSTI DEI DIVERSI INTERVENTI

Al confronto fra l’efficacia dei diversi possibili percorsi penali dei minori, la ricerca affianca poi una interessante stima dei costi dei diversi interventi che possono essere attuati, con l’obiettivo di formulare una valutazione complessiva dell’economicità ed efficacia delle azioni rieducative.

Evidenzia, quindi, che a fronte del minor costo dei percorsi penali esterni (il costo medio giornaliero per ogni singolo operatore di Servizio Sociale di un Ufficio di servizio sociale per i minorenni è di euro 222,39), la permanenza in un Istituto penale per i minorenni ha un costo medio giornaliero più elevato (euro 284,00). Ancora più elevate le spese per i collocamenti in Comunità gestita dal Dipartimento Giustizia Minorile (costo medio giornaliero euro 310,62) mentre più economiche risultano essere le comunità gestite da privati (costo medio giornaliero euro 81,31).

I dati, quindi, indicano in maniera evidente come gli interventi educativi nell’area esterna siano sicuramente i migliori sia in termini di costi economici che di risultati educativi.

PROSPETTIVE DA REALIZZARE

I risultati dell’indagine, dei quali sono stati qui riportati solo quelli più significativi, sono tutti di grande interesse e sollecitano molteplici considerazioni.

Le strade per ridurre in generale il fenomeno della devianza minorile appaiono infatti obbligate e ovvie (ma tanto ovvie non sono, se si sente la necessità di ribadirle): l’assoluta necessità che i servizi sociali, il vero esercito del quale sentiamo il bisogno, vengano potenziati.

Questo vale sia per quelli che dipendono dagli enti territoriali che per quelli del ministero, che sono in evidente sofferenza e non riescono a sostenere il carico che è loro devoluto. 

Occorre assolutamente predisporre tutti gli strumenti possibili per combattere la dispersione scolastica: nello scenario europeo, infatti, l'Italia occupa ancora in questo campo una posizione di ritardo, collocandosi al quart'ultimo posto nella graduatoria dei ventisette Paesi dell'Unione europea.

D’altra parte se è vero che la messa alla prova è un istituto che riduce il tasso di recidiva, occorre creare le condizioni perché vi possano avere accesso sempre più ragazzi, anche quelli che partono da situazioni di particolare svantaggio come i minori italiani privi di validi supporti familiari e gli stranieri.

Per questi ultimi occorre assolutamente incrementare le politiche di accoglienza, favorendone la regolarizzazione e l’istruzione, perché questo è l’unico modo per evitare che tutti quelli che giungono nel nostro paese col solo progetto di migliorare le proprie condizioni di vita si trovino nelle condizioni di dover intraprendere carriere criminali.

A queste considerazioni generali che attengono alle politiche sociali se ne aggiungono altre che riguardano in particolare l’ambito giudiziario.

La ricerca, infatti, evidenzia la diretta e rilevante incidenza delle problematiche relative alla famiglia sui percorsi devianti dei minori.

L’azione di supporto alle famiglie o, se necessario, il controllo sull’esercizio della responsabilità dei genitori, deve poter essere contestuale all’azione rieducativa del minore, e la contestualità degli interventi può essere garantita solo mantenendo l’unicità delle competenze delle azioni penali, civili ed amministrative che riguardino soggetti minorenni.

Il passaggio dalla predisposizione di un percorso rieducativo per il minore a quello della presa in carico dell’intero nucleo familiare al fine di facilitarne il reinserimento e rimuovere le cause delle scelte devianti, infatti, può essere realizzato solo in presenza di un unico giudice specializzato che accentri tutte le competenze, civili, penali ed amministrative  riguardanti le persone, i minori e le relazioni familiari.

Sarebbe auspicabile, quindi, l'istituzione di un Tribunale per la persona, i minorenni e le relazioni familiari anche alla luce delle indicazioni provenienti dalle Linee Guida del Consiglio d’Europa del 17 novembre 2010 per una giustizia “a misura di minore”.

La buona riuscita dei percorsi rieducativi realizzati attraverso la messa alla prova ci porta anche ad evidenziare la necessità che il sistema penale minorile sia finalmente completato.

L’introduzione del D.P.R. 448/88 ha realizzato infatti solo una riforma della procedura penale minorile e mancano ancora una revisione delle pene e dell’ordinamento penitenziario minorile.

Per andare oltre i risultati già ottenuti e abbassare quel dato che indica una percentuale di recidiva per i minorenni pari al 31%, occorre infatti realizzare una generale riforma sostanziale delle pene che introduca nuovi modelli di trattamento sanzionatorio nel processo penale minorile: bisogna identificare nuove sanzioni sostitutive alla detenzione che consentano una maggiore individualizzazione del trattamento sanzionatorio e aumentino la concreta fruibilità delle misure extracarcerarie.

Anche l’elaborazione di un nuovo modello di Ordinamento Penitenziario Minorile, che ormai è atteso da quaranta anni, è indispensabile per introdurre misure non detentive e basate sulla comunità quale alternativa alla detenzione, per realizzare l’obiettivo di rendere realmente la detenzione una misura estrema.

10/07/2014
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