Magistratura democratica
Prassi e orientamenti

L’organizzazione informatica del ruolo e delle cause in un tribunale con funzioni promiscue: il modello Sulmona

di Massimo Marasca
giudice Tribunale di Civitavecchia
"Se impari a fare questo mestiere nuoti, altrimenti affoghi"
L’organizzazione informatica del ruolo e delle cause in un tribunale con funzioni promiscue: il modello Sulmona

Premessa.

Attualmente sono in corso di trasferimento presso il Tribunale di Civitavecchia, ma lascio una gran parte di me, sia come uomo sia come magistrato, nel Tribunale di Sulmona.

Il Tribunale di Sulmona è tra quelli accorpati ad altre sedi, ma il legislatore ha prorogato la sopravvivenza dell’ufficio fino al 2015. Quando la rivisione della circoscrizione diverrà definitiva, è altamente probabile che si perderà un’importante risposta organizzativa alla crescente domanda di giustizia.

Presso il tribunale abbruzzese sono titolare di un ruolo civile, un ruolo penale monocratico, un ruolo GIP/GUP, compongo collegi civili e collegi penali. Redigo verbali civili, sentenze civili e penali con l’uso “estremo” delle applicazioni infomatiche. Mi sto impegnando per introdurre la verbalizzazione informatica dell’udienza penale. In ogni materia calendarizzo le attività processuale dalla prima udienza fino alla sentenza. Durante l’udienza civile adopero due schermi, consentendo agli utenti di visionare quanto viene scritto. Durante l’udienza penale il cancelliere (GUP) redige il verbale adoperando il pc. Sono stato uno dei primi magistrati, se non il primo, a usare gli applicativi Consolle del magistrato e Mago nel distretto abbruzzese. Sono anche referente informatico e, con il fondamentale contributo dell’attuale Presidente e dei colleghi, il Tribunale di Sulmona è divenuto un ufficio hi-tech in poco tempo e con una produttività più che significativi (v. articolo Italia Oggi in data 07-2-13). I rinvii tra un’udienza e l’altra non superano i tre mesi e i processi si chiudono nei tempi di ragionevole durata.

Questo esito, che considero un successo, affonda le sue radici nel passato. Ricordo che, durante il tirocinio, tutti gli affidatari mi avvisavano sulla necessità di prestare attenzione a quante cause prendere a decisione. A ognuno di loro chiedevo come avrei dovuto organizzare il ruolo, come avrei saputo quante e quali cause fissare a decisione, come disporre i rinvii e di quante ore, giorni, mesi o anni intervallarle. Tutte domande che, a prescindere dall’allerta generale, si traducevano in tanto affettuose quanto vaghe risposte. Rammento di come un affidatario mi avesse terrorizzato a tal punto da farmi profondamente analizzare criticamente la mia scelta professionale. Di fatti, adoperando un monito, che mi intrise di puro panico e che solo un magistrato di navigata e pluriennale esperienza aveva la capacità di trasmetterti mi disse: "Guarda, che se impari a fare questo mestiere 'nuoti', altrimenti 'affoghi'". 

Udita questa frase, mi assalì un’ansia incredibile. In modo petulante mi rivolsi a ciascuno dei miei affidatari per ottenere delucidazioni o anche per sbirciare all’interno dell’agenda ogni volta che veniva disposto un rinvio, ma senza avere soddisfazione alcuna. Da questa breve esperienza pratica capii che non esisteva un modello di gestione al quale ispirarsi e che ogni collega aveva quello personale: dalle ”X” sull’agenda  alle righe in stile “gioco dell’impiccato”, dalle crocette alle stempe dei ruoli eseguite dalla cancelleria, dal calendario come quello dell’estetista alle fasce orarie ecc.. Ebbi modo di intuire, inoltre, come vi fosse una stretta dipendenza tra la tenuta dei fascicoli in udienza, la modalità di redazione del verbale e le tecniche di gestione del ruolo: dal mucchio selvaggio dei fascicoli posto nel corridoio del tribunale a quello posizionato nell’aula (in alcuni casi all’interno di una stanza condivisa con altro magistrato di 2 mq x 3 mq), dal verbale volante al fascicolo inesistente o ricostruito, dai fascicoli d’ufficio migranti tra lo studio degli avvocati e le cancellerie del tribunale ai fascicoli in stato di “limbo” (nel quale non si sapeva quale fosse il giudice assegnatario e quale lo stato della causa), ecc.

Sono sconvolgenti realtà affrontate da ogni magistrato, che ha esercitato le proprie funzioni in tribunali soprattutto del centro-sud della nostra penisola e che ricordano alcune scene del film “Così parlo Bellavista”.

Anche a me accadde una vicenda simile, allorquando assunsi le funzioni. Nell’occasione capitò – un po’ per la maturata inesperienza, un po’ per la mia totale ignoranza nell’utilizzo dello strumento informatico e un po’ per una discutibile ripartizione tabellare “provvisoria e immediatamente esecutiva” degli affari giudiziari - che mi trovai a gestire ruoli di udienza con 70-75 fascicoli, concernenti tutto lo scibile giuridico esistente: civile, penale, esecuzioni civili ed esecuzioni penali, rito locatizio, cautelari civili e cautelari penali, ecc. Mi sentii come Nabucodonosor nel momento del crollo della torre  di Babele.

In preda dalla disperazione, vedendomi come il protagonista indiscusso dell’icastica scena tramandatami dal mio caro affidatario, decisi di “prendere il toro per le corna”. Nel giro di un fine settimana, che ancora ricordo con terrore, andai nelle varie cancellerie, mi feci stampare i ruoli dalla prima udienza all’ultima, disposi, con l’assenso del Presidente - il trasferimento di tutti i fascicoli (circa 1600- 1700) nell’aula d’udienza n.3 (che all’epoca non era mai utilizzata) e ottenni la consegna delle chiavi. Il giorno seguente alle 5 ero in tribunale all’interno dell’aula, dove iniziai a studiare tutte le cause cercando di capire alemeno a che punto fosse la trattazione. Cercai di leggere una marea di verbali scritti a penna, dove si riscontravano mille grafie diverse, tutte incomprensibili, riconducibili sia dei giudici sia degli avvocati, che si erano succeduti, e un pari numero di rinvii “per trattative”, “per stessi incombenti”, “per mancato esito positivo della notificazione”, “per proroga (o mancato deposito) CTU”, ecc . Dopo questi quattro giorni di studio “matto e disperatissimo” avevo i ruoli in pugno,  avevo calendarizzato per fasce orarie, per oggetto, per fase processuale e perfino per adempimento.

Avevo appuntato tutto su dei fogli in stile “calendario dell’estetista” (espressione coniata di mia moglie), dove avevo scritto numero della causa, adempimenti e appunti (es 1^ udienza, numero testi da sentire, CTU da conferire, discussione, ecc). Per ovviare al problema della grafia, decisi di scrivere i verbali di mio pugno, e per accelerare la definzione calcolai un numero di 6-7 sentenze a settimana. Quest’ultima scelta si rivelò “croce e delizia”: essa mi impegnava tutti i giorni, compresi sabati e domeniche (poi ho scoperto trattarsi di una condizione comune alla categoria), e fino a tarda sera; tuttavia, mi consentiva di risolvere moltissime e complicate questioni. Conservando la soluzione in appositi raccoglitori (ancora ne ho qualcuno: quello degli appunti, quello delle sentenze, ecc). Il computer lo utilizzavo come se fosse una macchina per scrivere.

Ben presto mi resi conto di come non avrei potuto reggere quei ritmi e così pensai di assumere meno cause in decisione e di dilatare i tempi di rinvio (da 3 passai a 6 mesi; da 35 fascicoli passai a 30). C’era qualcosa che ancora non funzionava, perché non avevo ricevuto i benefici sperati soprattutto nella fase decisionale.

Tra l’altro mi rendevo conto di decidere spesso le medesime questioni di fatto e di diritto, mentre cambiavano solo i nomi delle parti (si pensi alla caduta per strada alla questione sull’applicabilità degli artt. 2043- 2051 cc). Utilizzavo il terribile sistema del copia-incolla, che comportava numerosi errori e, quindi, numerose procedimenti per correzione.

Nel frattempo, frequentando i corsi organizzati dal CSM, avevo sentito parlare di colleghi (Ciriello, Ciocca, Fichera, Gatto [1], ecc) soprattutto della materia lavoro, che realizzavano meraviglie inenarrabili con il computer e che avevano ruoli organizzati tali da spaccare il secondo. Durante queste frequentazioni una collega mi disse: "Massimo, non puoi capire! Questi (riferito ai colleghi) scrivono la sentenza pigiando un tasto del computer".

Ascoltate queste parole, pensai: "Se riuscissi a scrivere le sentenze pigiando un tasto, avrei più tempo per me e la mia famiglia".

Da allora ho raccolto numerose pubblicazioni informatiche (e non) sull’utilizzo degli applicativi di office e alla fine, provando e riprovando- ottenendo, a fatica, Consolle e Mago, ma non ho avuto l’agenda del magistrato -, sono giunto a una quasi totale organizzazione informatica delle cause, che vi voglio illustrare in modo pratico attraverso una serie spiegata di stampe su files (realizzabili con software gratuiti: easy capture e/o mwsnap).


[1] Antonio Gatto ha pubblicato con Aracne editrice il seguente volume: "La redazione rapida degli atti giudiziari. Word, Dragon e gli altri strumenti informatici per velocizzare l’elaborazione documentale", libro fondamentale per chi è a digiuno di informatica. Il collega è davvero disponibile e mi ha spiegato molte delle tecniche che vi propongo. Non finirò mai di ringraziarlo.

01/04/2014
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