Magistratura democratica
Corti europee e Corti internazionali

Il primo rinvio pregiudiziale
del Conseil constitutionnel

La storica decisione del Conseil Constitutionnel francese che rimette alla CGUE l'interpretazione di una norma europea in materia di mandato di arresto
Il primo rinvio pregiudiziale<br>del Conseil constitutionnel

Introduzione

 

Nel 1958 la Costituzione della Quinta Repubblica consacra il passaggio di fase del costituzionalismo francese anche mediante l’introduzione di una giurisdizione costituzionale, ancorchè sui generis: il Conseil constitutionnel. Il Consiglio sostituisce il Comité constitutionnel,previsto dal precedente assetto costituzionale e caratterizzato da funzioni, e composizione eminentemente politica.

Il Conseil è un organo sostanzialmente diverso rispetto agli omologhi della tradizione sia anglosassone, secondo il modello della Corte suprema americana, sia continentale,  secondo lostereotipo del modello austriaco o tedesco, tributario dell’elaborazione giuridica kelsesiana.

Il Conseil constitutionnel viene ideato come organo deputato al controllo ed alla garanzia del rispetto delle previsioni costituzionali in materia di riparto della competenza legislativa tra Governo e Parlamento, in un sistema, come quello francese, caratterizzato da una rilevante partecipazione dell’esecutivo alla funzione legislativa e dalla forte diffidenza verso la possibilità di affidare ad un organo giudiziario funzioni di controllo rispetto all’operato del Parlamento o comunque rispetto  ad organi partecipanti del circuito della ‘sovranità politica’. Ed è anche sulla base di questa diffidenza rispetto a un controllo giudiziario del potere politico che viene mantenuta una composizionesostanzialmente di provenienza politica per il Consiglio costituzionale.

Ne fanno parte, infatti, nove membri, che rimangono in carica per nove anni: tre di nominapresidenziale, tre in capo al presidente dell’Assemblea nazionale e tre nominati dal presidente del Senato; in più sono membri di diritto del Conseil gli ex presidenti della Repubblica, che però per prassi mantengono un ruolo defilato nella vita dell’istituzione.

I membri del Conseil, secondo una  regola più prossima alla tradizione anglosassone che a quella continentale, non devono avere una formazione giuridica, potendo entrare a farne parte ciascun cittadino, senza particolari restrizioni d’età o di formazione culturale.

Questo originale organo costituzionale  ha visto progressivamente espandersi, secondo una dinamica propria a molti organi di giustizia costituzionale, il proprio ambito di competenza; ciònonostante il fatto che in origine fosse attribuita al Conseil solo la possibilità di un controllo diretto sugli atti del Parlamento (tant’è che nella originaria interpretazione dei costituenti francesi avrebbe dovuto svolgere il compito di “cane da guardia dell’esecutivo”, impedendo sconfinamenti del Parlamento in materie attribuite al Governo) attraverso forme di controllo obbligatorio per le leggi organiche ed i regolamenti parlamentari ed invece facoltativo per le leggi ordinarie; in quest’ultimo caso il procedimento di controllo può essere attivato solo da ricorrenti istituzionali, partecipanti, appunto, del circuito politico.

E’ dal 1 marzo 2010, grazie alla innovazione determinata dalla Loi organique n° 2009-1523 del 2009, che anche la Francia si è dotata di un procedimento incidentale di controllo di costituzionalità che consente a tous les justiciables di contestare dinanzi ai tribunali francesi, sia a quelli ordinari che alla potente giustizia amministrativa, attraverso il filtro della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, la legittimità costituzionale di norme già promulgate, determinando nel caso la rimessione alla Corte di “questioni  prioritarie di costituzionalità”.

E’ proprio nell’ambito di una procedura relativa ad un controllo di costituzionalità sollecitato da Cour de cassation (chambre criminelle), con l’arret n. 1087, che il Consiglio costituzionale ha sollevato, con decisione storica, mediante rinvio pregiudiziale, ai sensi dell’art. 267 TFUE, una questione di interpretazione delle norme UE, chiedendo altresì l’applicazione della speciale procedura d’urgenza recentemente introdotta dalla Corte lussemburghese per fornire risposte più celeri alle questioni poste dalle Corti nazionali in quelle ipotesi riguardanti procedimenti penali in cui risultino in atto misure restrittive della libertà personale (oltre che in ragione del termine ristretto che la legge concede al Conseil per rispondere alle questioni propostegli).

La vicenda giudiziaria

La vicenda, che ha interessato le cronache francesi e britanniche nell’ultimo anno, riguarda uninsegnante inglese di circa 30 anni, tale Jeremy Forrest, fuggito in Francia con una allieva al tempoquindicenne.

I due sono fuggiti oltre Manica imbarcandosi su un traghetto laddove sono stati ripresi da una telecamera di sorveglianza mano nella mano.

Dopo giorni senza notizie, nonostante gli appelli dei rispettivi genitori, le autorità giudiziarie britanniche avevano spiccato un mandato d'arresto europeo a carico di Forrest per sospetto rapimento di minore; ciò pur non essendo in alcun modo apparso che Megan fosse stata costretta alla fuga.

I due sono stati intercettati su suolo francese, nei pressi di Bordeaux, ove si è proceduto all’arresto del Forrest, sulla base di un mandato di arresto europeo emesso dalle autorità britanniche, procedendo altresì al rimpatrio della minore.

In  sede di convalida dell’arresto Forrest acconsentiva alla consegna alle autorità britanniche, senza tuttavia rinunciare alla garanzia derivante dal principio di specialità (come previsto dall’art. 13 della decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato di arresto europeo).

Il principio di specialità è una regola tradizionale, vigente nell’ambito della cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale, per cui l’attività di cooperazione non può avvenire per fatti anteriori e diversi rispetto a quelli per cui vi è stata la decisione di assenso alla cooperazione /consegna ad opera dello Stato richiesto.

Successivamente alla consegna il Regno Unito, avendo nel frattempo appurato la consumazione di rapporti sessuali tra l’imputato e la minorenne, chiedeva alla Francia (non avendo quest’ultima effettuato la dichiarazione relativa alla non applicazione del principio di specialità, ai sensi del par. 1 dell’art. 27 della decisione quadro, che avrebbe reso presunto l’assenso statale) di poter procedere anche per il diverso reato di violenza sessuale.

Sul punto è opportuno ricordare come gli ordinamenti giuridici dei due paesi abbiano una visionesensibilmente diversa in merito alla c.d. “età del consenso”.

La Francia, infatti, stabilisce la soglia del consenso a 15 anni, mentre per il Regno Unito la soglia che fa divenire legalmente rilevante il consenso della parte di un rapporto sessuale è fissata a 16 anni. Per tale ragione l’ipotesi di violenza sessuale risultava integrata per la legislazione britannica ma non per quella francese.

La difesa del Forrest avrebbe voluto utilizzare tale circostanza per evitare all’insegnante britannico di doversi difendere altresì dalla imputazione di violenza sessuale.

La violenza sessuale è però reato iscritto nella lista dell’art. 2, par. 2 della decisione quadro 2002/584/GAI, non comportando dunque, almeno prima face, tampoco l’applicazione del principio della doppia incriminazione (la non punibilità del fatto contestato nello stato richiesto della consegna è, infatti, in via generale, una causa di non esecuzione del mandato, oltreché di diniego dell’assenso all’azione penale per reati diversi da quelli che hanno determinato la consegna).

Sulla questione del “consenso” va inoltre ricordato come in Francia il dibattito in materia di minore età e consenso sia assai ricco sin dagli anni ’70, allorquando pensatori come Foucault, Althusser e Derrida si espressero pubblicamente contro la previsione normativa di una età del consenso.

Avendo la Corte francese (competente la Chambre d’instruction) concesso la consegna anche per il nuovo e diverso reato, la parte (in assenza di un ricorso esperibile avverso detta decisione di assenso) utilizzando la nuova procedura costituzionale, si rivolgeva alla Cour del cassation contestando, sulla base di una presunta violazione del principio costituzionale di eguaglianza e del diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo, la mancata previsione da parte della norma interna della possibilità di ricorrere contro la decisione di consegna ulteriore presa dalla Camera di istruzione (ipotizzando dunque una incostituzionalità della legge francese).

Sulla base di tali allegazioni la Corte di cassazione transalpina, trovandosi dinanzi ad una delicata questione concernente la legalità costituzionale di alcune norme di procedura penale interna, pur adottate in applicazione di strumenti europei, decideva di sottoporre “la questione prioritaria di costituzionalità” al Consiglio costituzionale.

A sua volta il Conseil constitutionnel, rilevato che la questione concerneva una norma interna adottata in attuazione di una norma UE, ancorchè contenuta in uno strumento di già terzo pilastro, decideva di rivolgersi alla Corte di giustizia affinchè la stessa potesse fornire un’interpretazione della norma europea in grado di orientare la stessa risoluzione della questione interna; ciò anche per comprendere se l’eventuale previsione di una possibilità di ricorso interno, riconosciuta al di là dei limiti temporali stabiliti dalla decisione quadro (30 giorni), potesse in effetti essere assunta dall’ordinamento nazionale o se, l’eventuale previsione di un ricorso di tal fatta si ponesse in contrasto con il diritto di provenienza europea.

La questione giuridica

Dunque la questione di fondo è relativa alla interpretazione della norma riguardante le ipotesi di consegna per fatti antecedenti alla emissione del mandato di arresto europeo.

Va innanzitutto ricordato come in Francia l’implementazione del mandato di arresto europeo goda di copertura costituzionale, essendo la stessa Costituzione francese, all’art. 88-2, a demandare alla legge ordinaria l’attuazione delle disposizioni europee in materia di MAE:

 

La legge stabilisce le norme relative al mandato d’arresto europeo in applicazione degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione europea. 

 

Conseguentemente le norme di implementazione del MAE hanno un vincolo di conformità europeaimposto direttamente dalla Costituzione che in tal modo intende superare ogni problema di compatibilità costituzionale posto dalle richieste europee in materia di MAE.

Dunque il controllo di adeguatezza costituzionale non può prescindere da una opera di definizione compiuta del dettato europeo in materia. L’adempimento del dettato normativo UE diviene, in tal modo, obbligo costituzionale e ciò nonostante che la Francia adotti una ricostruzione monista dei rapporti tra livello europeo e livello interno.

Tale circostanza ha reso necessario il rinvio alla Corte UE per conoscere la portata piena delle disposizioni europee che costituiscono, a loro volta, anche vincolo costituzionale per le norme interne.

Il Conseil ha ritenuto di dover adire la Corte di giustizia senza in alcun modo pronunciarsi, come del resto era stato fatto dalla Chambre d’instruction della Corte di appello e dalla Corte di cassazione, sulla possibilità di una interpretazione alternativa delle disposizioni UE, interpretazione che compete in via definitiva alla sola corte lussemburghese.

Il Consiglio costituzionale procede al rinvio pregiudiziale non senza aver però prima ricordato (fors’anche con una certa malizia) come sia la stessa decisione quadro a stabilire che le norme sul MAE non possono in alcun modo porsi in contrasto con i principi del diritto UE e con i diritti fondamentali riconosciuti dall’Unione (art. 3 decisione quadro 2002/5847GAI).

Venendo specificamente al dettato della norma interna, appare utile riportare uno stralcio dell’articolo 695-46:

La chambre de l'instruction, devant laquelle la personne recherchée avait comparu, est saisie de toute demande émanant des autorités compétentes de l'Etat membre d'émission en vue de consentir à des poursuites pour d'autres infractions que celles ayant motivé la remise et commises antérieurement à celles-ci.

La chambre de l'instruction est également compétente pour statuer, après la remise de la personne recherchée, sur toute demande des autorités compétentes de l'Etat membre d'émission en vue de consentir à la remise de la personne recherchée à un autre Etat membre en vue de l'exécution d'une peine ou d'une mesure de sûreté privatives de liberté pour un fait quelconque antérieur à la remise et différent de l'infraction qui a motivé cette mesure.

[…]

La chambre de l'instruction statue sans recours après s'être assurée que la demande comporte aussi les renseignements prévus à l'article 695-13 et avoir, le cas échéant, obtenu des garanties au regard des dispositions de l'article 695-32, dans le délai de trente jours à compter de la réception de la demande.

Le consentement est donné lorsque les agissements pour lesquels il est demandé constituent l'une des infractions visées à l'article 695-23, et entrent dans le champ d'application de l'article 695-12.

Le consentement est refusé pour l'un des motifs visés aux articles 695-22 et 695-23 et peut l'être pour l'un de ceux mentionnés à l'article 695-24.

La norma francese, dunque, aderendo allo spirito ed alla lettera della disciplina UE, prevede un procedimento abbastanza semplice e celere di decisione sulla nuova domanda proveniente dallo Stato richiedente, stabilendo che la decisione venga adottata nel termine di trenta giorni ed espressamente escludendo (esclusione espressa che manca invece nel testo della decisione quadro)ogni ipotesi di ricorso avverso la decisione della Camera di istruzione.

La Camera di istruzione aveva del resto ritenuto che nel caso di specie, trattandosi di ipotesiprevista dalla lista positiva dei reati che prevedono la non applicazione del principio di doppia incriminazione, la consegna potesse essere disposta anche per il nuovo reato contestato e, dunque, a prescindere dalla verifica della doppia punibilità.

Nel testo della decisione quadro la questione affrontata dal citato articolo del codice di rito francese è invece disciplinata dagli artt. 27 e 28, che sono appunto quelli presi in considerazione dal rinvio dei  membri del Consiglio :

Articolo 27 - Eventuali azioni penali per altri reati

1. Ogni Stato membro può notificare al Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea che nei suoi rapporti con altri Stati membri che hanno effettuato la stessa notifica si presume che sia stato accordato l'assenso all'azione penale, alla condanna o alla detenzione ai fini dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà per eventuali reati anteriori alla consegna diversi da quello per cui è stato consegnato salvo che in un caso specifico l'autorità giudiziaria dell'esecuzione faccia una diversa dichiarazione nella sua decisione relativa alla consegna.

2. Salvi i casi previsti ai paragrafi 1 e 3, la persona non è sottoposta a un procedimento penale, condannata o altrimenti privata della libertà per eventuali reati anteriori alla consegna diversi da quello per cui è stata consegnata.

[…]

4. La richiesta di assenso è presentata dall'autorità giudiziaria dell'esecuzione, corredata delle informazioni di cui all'articolo 8, paragrafo 1, nonché di una traduzione, come previsto all'articolo 8, paragrafo 2. L'assenso è accordato qualora il reato per cui è richiesto dia esso stesso luogo a consegna conformemente al disposto della presente decisione quadro. L'assenso è rifiutato per i motivi di cui all'articolo 3 e, altrimenti, può essere rifiutato soltanto per i motivi di cui all'articolo 4. La decisione interviene entro i trenta giorni dal ricevimento della richiesta.

[…]

Articolo 28 - Consegna o estradizione successiva

1. Ogni Stato membro può notificare al Segretariato generale del Consiglio che, nei suoi rapporti con altri Stati membri che hanno effettuato la stessa notifica, si presume che sia stato accordato l'assenso per la consegna della persona ad uno Stato membro, diverso dallo Stato membro di esecuzione, a seguito di un mandato d'arresto europeo emesso per un reato anteriore alla sua consegna, salvo che in un caso specifico l'autorità giudiziaria dell'esecuzione faccia una diversa dichiarazione nella sua decisione relativa alla consegna.

[…]

3. L'autorità giudiziaria dell'esecuzione dà il suo assenso alla consegna ad un altro Stato membro secondo le seguenti regole:

a) la richiesta di assenso è presentata in conformità dell'articolo 9, corredata delle informazioni di cui all'articolo 8, paragrafo 1, nonché di una traduzione, come previsto all'articolo 8, paragrafo 2;

b) l'assenso è accordato qualora il reato per cui è richiesto dia esso stesso luogo a consegna conformemente al disposto della presente decisione quadro;

c) la decisione interviene entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta;

d) l'assenso è rifiutato per i motivi di cui all'articolo 3 e può essere altrimenti rifiutato soltanto per i motivi di cui all'articolo 4.

Per le situazioni di cui all'articolo 5 lo Stato membro emittente deve fornire le garanzie ivi previste.

[…]

Alla Corte di giustizia toccherà, dunque, interpretare la decisione quadro al fine di comprendere se dalla stessa possa desumersi l’inderogabilità del termine di 30 giorni per la decisione, come stabilito dall’art. 27, oltre che pronunciarsi circa la compatibilità con la norma europea della mancataprevisione, a livello nazionale, di un ricorso avverso la decisione di assenso all’azione penale, per un reato diverso da quello oggetto del mandato di arresto europeo, fornita dalla competente Autorità giudiziaria nazionale, per fatti comunque anteriori alla prima richiesta di consegna.

Il responso della Corte UE dovrà, nel rispondere al quesito posto dai membri del Conseilconstitutionnel, senza dubbio valutare anche l’adeguatezza “costituzionale” (ai sensi del “quadro costituzionale” UE) della interpretazione che andrà a fornire.

E’ chiaro, infatti, che la Corte di giustizia non potrà non porsi il problema relativo al rispetto dei principi fondamentali del diritto dell’Unione europea, oltre che preoccuparsi del rispetto della Carta di diritti fondamentali dell’UE, allorquando fornirà l’interpretazione delle norme contenute nella decisione quadro sul MAE.

Ed è questo l’aspetto più interessante della vicenda posta all’attenzione dei giudici UE.

In questa sede non può non essere ribadito come l’ambito di operatività della Corte lussemburghesesia delimitato dalla questione formulata dalla Corte remittente, rimanendo pertanto fermo il principio secondo cui l’esame di una norma di diritto comunitario e dell’Unione europea deve collocarsi «nell’ambito della questione pregiudiziale» sottoposta alla Corte e come, dunque, alla Corte spetterà, non tanto, esprimersi su validità e legalità delle norme UE oggetto del procedimento, quanto fornire l’interpretazione corretta delle stesse alla luce delle questioni di diritto formulate dalConseil constitutionnel.

E’ però altrettanto vero che nel provvedere all’interpretazione delle norme oggetto della questione la Corte non potrà sottrarsi al proprio dovere di fornire una interpretazione delle stesse che sia coerente e conforme con i principi  fondamentali dell’ordinamento UE, inclusi i diritti previsti dalla Carta dei diritti fondamentali che a Lisbona ha ricevuto sanzione “costituzionale”.

E’ giurisprudenza costante, infatti, che, qualora una norma di diritto derivato ammetta più di un’interpretazione, si deve dare la preferenza a quella che rende la norma stessa conforme ai Trattati, rispetto a quella che porta a constatare la sua incompatibilità .

Inoltre, occorre anche ricordare che i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce l’osservanza; a tal fine, la Corte si ispira alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito ed alla stessa Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Conseguentemente, il diritto a un equo processo, quello ad un ricorso effettivo ed il generale principio di non discriminazione, costituiscono diritti fondamentali che l’Unione europea deve garantire.

In definitiva, nel rispondere ai membri del Conseil, la Corte lussemburghese non potrà fare a meno di garantire, con l’interpretazione che renderà della decisione quadro sul mandato di arresto europeo, quei principi fondamentali che sono alla base della legittimità stessa della costruzione europea.

Portata storica della decisione e conclusioni

La decisione dei giudici di rue de Montpensier ha una portata storica per la giurisdizione costituzionale francese ma è rilevante anche per il resto d’Europa.

Sono ad oggi assai poche le giurisdizioni costituzionali europee ad operare rinvii pregiudiziali nel contesto di procedimento incidentali.

Tale ritrosia è determinata, oltre che dalla classica cautela dei giudici delle leggi a riconoscere un vincolo esterno all’interpretazione del diritto e, dunque, un decisore di ultima istanza estraneo all’ordinamento nazionale (pur con riferimento esclusivo alle norme di provenienza sovranazionale), anche dalla generale peculiarità delle stesse giurisdizioni costituzionali.

Del resto è la stessa lettera dei Trattati, integrata dalla giurisprudenza CILFIT, a ritenere obbligatorio alle Corti nazionali il rinvio pregiudiziale solo quando si tratta di giurisdizione di ultima istanza a meno che, come insegnato dalla citata dottrina CILFIT, la questione di diritto non sia stata già risolta in maniera stabile dalla Corte di giustizia.

Orbene, tale impostazione ha determinato che le Corti costituzionali alle quali si pongono questioni di diritto UE, nel corso di procedure incidentali, hanno generalmente ritenuto di non potere o dovere procedere alla formulazione di questioni pregiudiziali, spettando invece ai giudici remittenti l’eventuale elaborazione di quesiti alla Corte UE (non riconoscendosi nemmeno la posizione di decisori di ultima istanza).

Solo la Corte costituzionale austriaca e la Corte di arbitraggio belga, sino alla decisione del 4 aprilescorso della Corte francese, avevano provveduto a sollevare questioni pregiudiziali nel corso di procedure incidentali.

La stessa posizione guardinga verso l’utilizzazione del rinvio pregiudiziale è stata tradizionalmente assunta dalla Corte costituzionale italiana che, invece, solo nel 2008, con l’ordinanza 103, ha provveduto nel corso di un giudizio in via principale a rimettere delle questioni alla CGUE.

Dunque, la decisione della Corte francese, che segue però anche il primo rinvio pregiudiziale del Tribunale costituzionale spagnolo, in quel caso nell’ambito di un ricorso diretto (recurso de amparo), rappresenta un importante tappa di un processo di apertura sempre maggiore nonché unaconferma della possibile proficuità del dialogo tra le corti costituzionali e supreme di quello che si configura come un sistema o circuito dei giudici delle leggi, impegnati nella costruzione di un sistema pluralista caratterizzato da costante dialogo in un equilibrio che possiamo definire contrappuntistico, in quanto non caratterizzato da monocorde coralità, per riprendere la felice espressione coniata da Maduro; consapevoli che per avere un dialogo proficuo non è necessario essere sempre e comunque d’accordo, bensì accettare comuni premesse irrinunciabili.

Tali premesse non possono che essere quei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale europeo la cui operazione di definizione dei confini è ancora in fieri e la stessa idea di pluralismo e tolleranza costituzionale.

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Con sentenza 30maggio 2013 la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, decidendo la questione sottoposta gli dal CC, ha affermato il seguente principio di diritto:

"Gli articoli 27, par. 4, e 28' par. 3 sub c) della decisione quadro 2002/584GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sul mandato di arresto europeo e le procedure di consegna tra Stati Membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/gai del consiglio, del 26 febbraio 2009, devono essere interpretati nel senso che non precludono che gli SM prevedano un ricorso con effetto sospensivo della decisione dell'autorità giudiziaria emittente, in un termine di 30 giorni a decorrere dalla proposizione della domanda, al fine di dare il proprio consenso a che un soggetto sia perseguito, condannato o detenuto in vista dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà, per un reato commesso prima della messa in esecuzione di un MAE diverso da quello per cui è stato emesso, o per la consegna di un soggetto a uno SM diverso da quello di esecuzione, in forza di MAE emesso per un reato commesso in precedenza, purché la decisione definitiva sia adottata nel termine previsto all'articolo 17 della decisione quadro citata."

 

31/05/2013
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