Magistratura democratica
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Competenza del giudice amministrativo su decisioni dell'AGCM

di Alice Pisapia
Avvocato in Milano, Dottore di ricerca Diritto Europeo
Osservazioni alla sentenza CEDU Menarini Diagnostic c. Italia: il controllo del giudice amministrativo sull'autorità, limitato alla razionalità e coerenza dell'esercizio, non viola l'art. 6 CEDU sull'accesso alla giustizia
Competenza del giudice amministrativo su decisioni dell'AGCM

1. Considerazioni preliminari sulla ricevibilità

Il 27 settembre 2011 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si è espressa sul ricorso n. 43509/08 proposto dalla società Menarini Diagnostics contro l’Italia per supposta violazione dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in materia di accesso alla giustizia ed in particolare con riferimento al tribunale amministrativo. Prima di analizzare il merito della decisione della Corte si reputa opportuno svolgere qualche considerazione circa la ricevibilità della domanda.

L’eccezione sollevata dal governo italiano muove dalla differenza nel diritto italiano tra le sanzioni amministrative e quelle penali. Le decisioni dell’AGCM e le conseguenti multe applicate come sanzioni per condotte anticoncorrenziali sarebbero ascrivibili alla sola categoria delle sanzioni amministrative. Inoltre, lo scopo principale della sanzione è quello di impedire la prosecuzione dell’attività anticoncorrenziale nonché il ripristino della concorrenza non falsata. Tuttavia, sulla base di consolidata giurisprudenza, la Corte di Strasburgo ritiene che le sanzioni applicate dall’AGCM siano equivalenti da interpretarsi come ascrivibili alla materia penale ai sensi dell’art.6 della Convenzione. Si precisa che tale interpretazione deve essere preferita avendo riguardo ai tre criteri alternativi di elaborazione giurisprudenziale: la qualificazione giuridica del provvedimento, la natura del diritto applicabile e la gravità della sanzione (Engel, 8 giugno 1976, § 81). In base ai criteri sviluppati possono rientrare nella definizione “criminal charges” tanto le sanzioni disciplinari quanto quelle amministrative poiché la violazione deve riguardare una norma di carattere generale e lo scopo della sanzione deve essere punitivo.

Nel caso di specie benché le pratiche anticoncorrenziali non costituiscano reato secondo il diritto italiano, tuttavia l’art. 6 della Convenzione trova applicazione in virtù della gravità della sanzione applicata di sei milioni di euro. Infatti, il riferimento al diritto interno non può avere valore assoluto preferendo la Corte analizzare la tipologia di sanzione comminata ed il suo scopo rispetto al nomeniuris (Öztürk, 21 febbraio 1984, § 52. In dottrina si v. P. Van Dijk, en G.J.H. Van Hoof, Theory and practice of the European Convention of Human Rights, comment on art. 6 ECHR, ed. 2006, p. 539-556). Il criterio della gravità della sanzione costituisce quindi l’elemento chiave per la qualificazione del pagamento della sanzione alla materia penale, quest’ultima definita non con riferimento agli ordinamenti nazionali quanto piuttosto come nozione autonoma di diritto europeo (Deweer, 27 febbraio 1980, § 44; Adolf, Sentenza 26 marzo 1982, § 30).

Il ruolo dell’AGCM è nel sistema economico italiano equivalente a quello svolto dalla Commissione Europea per l’ordinamento giuridico dell’Unione. Le sanzioni comminate da tali autorità a tutela della concorrenza hanno una natura tanto preventiva quanto repressiva.Conformemente alla propria consolidata giurisprudenza la Corte dichiara la non manifesta infondatezza della questione sottoposta dalla società Menarini.

 

2. La competenza del giudice amministrativo: controllo parallelo all’AGCM ma distinto.

Nel 2003 l’AGCM inflisse alla società ricorrente una sanzione pecuniaria di sei milioni di euro per pratiche anticoncorrenziali nel mercato dei test per la diagnosi del diabete. La Menarini dopo aver pagato la multa presentò ricorso avverso la decisione dinanzi al TAR del Lazio e, successivamente, impugnando la decisione di primo grado avanti al Consiglio di Stato ed infine alla Cassazione, esperendo quindi tutti i rimedi previsti dal diritto interno.

Il controllo effettuato dal giudice amministrativo attiene la logica e la ragionevolezza del provvedimento dell’AGCM rimanendo nei limiti del controllo dell’eccesso di potere che non può quindi estendersi alla valutazione sulla fondatezza del provvedimento impugnato. L’AGCM ha come scopo istitutivo garantire la libera concorrenza nel mercato e in quanto autorità indipendente non indaga le possibili infrazioni al mero fine di comminare sanzioni; al contrario le prove che acquisisce sono sia a carico che a favore delle società indagate. La Corte Suprema ha ritenuto che il controllo esercitato dai giudici amministrativi fosse un controllo di piena giurisdizione poiché in tal sede poteva essere accertata la veridicità dei fatti alla base della decisione. Tuttavia, il controllo del giudice amministrativo non ha il potere di sostituirsi all’autorità amministrativa indipendente, ma può controllare la razionalità e la coerenza del potere esercitato dall’amministrazione.

Posto il parallelismo tra il ruolo dell’AGCM nel contesto nazionale e quello della Commissione per il mercato interno europeo, si reputa opportuno analizzare la sentenza in calce alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di concorrenza e, in particolare, di quella nel settore degli aiuti di Stato. La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha ripetutamente confermato che sia i giudici nazionali che la Commissione svolgono ruoli essenziali, ma distinti, nel contesto dell’applicazione delle norme in materia di aiuti (Corte di Giustizia, sentenza 21 ottobre 2003, cause riunite C-261/01 e 262/ 01, Van Claster e Cleeren, in Racc. p. I- 12249, punto 74; Corte di Giustizia, sentenza 5 ottobre 2006, causa C-368/04, Transalpine Olleitung inOsterreich, in Racc. p. I-9957, punto 37). La Commissione detiene ex art. 108 TFUE la competenza pressoché esclusiva per statuire sulla compatibilità di un aiuto con il mercato anche in considerazione del fatto che tale valutazione implica scelte d’indirizzo politico, poiché afferisce al potere di statuire circa l’allocazione delle risorse statali che assumono la forma di aiuti di Stato[1]. La Commissione è responsabile dell’attuazione e dell’orientamento della politica comunitaria della concorrenza, detiene un ruolo predominante nell’accertamento delle infrazioni (Nicolaides P., Control of State aid in theEuropean Union: compliance, sanctions and rational behaviour, in World competition n. 3/2005, vol. 25, p. 249-262; Nicolaides P., Kekelekis M.,buyskes P., State aid policy in the European Community: a guide for practitioners, Kluwer Law International, 2005). Come rilevato da conforme giurisprudenza europea, la Corte di giustizia non è competente a statuire circa la compatibilità di una misura nazionale con il diritto europeo; tale valutazione è di esclusiva valutazione della Commissione (Corte di Giustizia, sentenza 10 giugno 2010, causa C-140/09, Fallimento traghetti del mediterraneo, in Racc., punti 22-24). Il controllo operato dalla Corte di giustizia non può spingersi oltre il controllo che viene configurato nell’ordinamento italiano dal giudice amministrativo.

 

3. Considerazioni conclusive

A sommesso parere dello scrivente, la pronuncia in calce è rilevante per interpretare il futuro sviluppo dei rapporti tra le due corti europee, Strasburgo e Lussemburgo, nelle rispettive funzioni di corti di vertice dell’ordinamento dell’Unione. Il Trattato di Lisbona e l’adesione dell’Unione alla Convenzione hanno apportato modifiche strutturali al sistema europeo in cui il dialogo e il rapporto tra le due corti s’inquadra (R. Conti, Gerarchia fra Corte di Giustizia e Carta di Nizza-Strasburgo? Il giudice nazionale (doganiere e ariete) alla ricerca dei “confini” fra le Carte dei diritti dopo la sentenza Åklagaren (Corte Giust., Grande Sezione, 26 febbraio 2013, causa C – 617/10), in www.diritticomparati.it, 6 marzo 2013). Per il momento la Corte di giustizia dell’Unione ha preferito un atteggiamento cauto nel pronunciarsi sulla tutela dei diritti fondamentali con riferimento alla gerarchia delle fonti e ha optato per sottolineare l’importante della primazia del diritto europeo attraverso cui diviene possibile anche la tutela dei diritti fondamentali: “resta consentito alle autorità e ai giudici nazionali applicare gli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali, a patto che tale applicazione non comprometta il livello di tutela previsto dalla Carta, come interpretata dalla Corte, né il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione” (Corte di Giustizia, sentenza 26 febbraio 2013, causa C-399/11, Melloni c. Ministerio Fiscal, punto 60).

La decisione negativa della Corte di Strasburgo circa la supposta violazione da parte della Repubblica Italiana con riferimento all’accesso ad una piena giurisdizione del giudice amministrativo s’iscrive armoniosamente nel solco della giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di concorrenza.

[1] Proprio da tale considerazione scaturiscono le critiche di alcuni autori circa l’impossibilità per la Commissione di operare una valutazione rigorosamente economica. La valutazione circa l’opportunità dell’aiuto è insindacabile, la comparazione di una forma di aiuto con un’altra molto difficoltosa. Proprio perché la normativa sugli aiuti di Stato implica un ampio potere di controllo degli obiettivi di politica economica di un Paese, la Commissione generalmente esita ad esercitarli. In proposito v. Buendia Sierra J.-L., Exlusive rights and State monopolies under EC law, Oxford University Press, Oxford 2000; Nicolaides P., Distortion of competition in the field of State aid: from unnecessary aid to unnecessary distortion, inECLRev. n. 10/2010, vol. 31, p. 402-409; Osti C., Di alcuni problemi degli aiuti di Stato, in Mercato concorrenza regole, 2006, p. 429.

 

 

 

09/07/2013
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