Magistratura democratica

Un Paese che punisce

di Jerzy Iwanicki

La legge sul pubblico ministero approvata dal Parlamento polacco nel gennaio 2016 ha permesso di giungere a un controllo assoluto sull’esercizio dell’azione penale da parte del procuratore generale-Ministro della giustizia, in aperto conflitto con il principio dell’autonomia e indipendenza del pubblico ministero che si è andato progressivamente affermando in Europa.

Il 28 gennaio 2016 è stata approvata la legge sul pubblico ministero, il cui disegno era stato proposto presso il Sejm, la camera bassa del Parlamento polacco, il 24 dicembre 2014, su iniziativa di parlamentari del partito “Diritto e Giustizia”[1].

La proposta del disegno di legge sul pubblico ministero come disegno di legge parlamentare ha comportato l’esclusione della via governativa alla proposizione di un disegno di legge, come anche della consultazione fra i ministri interessati. La legge è entrata in vigore il 4 marzo 2016. 

L’introduzione della nuova legge è stata preceduta da numerose affermazioni da parte degli esponenti politici di Diritto e Giustizia e dello stesso Ministro della giustizia-procuratore generale, riguardanti la necessità di migliorare il funzionamento e l’efficacia di azione dell’ufficio del pubblico ministero[2]. Ad ogni modo, il reale obiettivo di questa legge, rivelatosi nei successivi anni della sua vigenza, era quello di prendere il controllo assoluto sull’esercizio dell’azione penale, a favore del procuratore generale-Ministro della giustizia, al fine di influenzare le decisioni all’interno dell’ufficio del pubblico ministero e di coprire le posizioni apicali in tali uffici con persone allineate con il potere. 

I più pericolosi cambiamenti introdotti dalla legge del 2016 sul pubblico ministero – dal punto di vista dell’indipendenza di quest’ultimo, dell’efficacia della sua azione e dell’esercizio della sua funzione fondamentale, perseguire il crimine – includono: 

 

I. Concentrazione di potere nelle mani del procuratore generale-Ministro della giustizia

L’attuale legge afferma direttamente che è il procuratore generale a decidere sui meccanismi premiali e sulla promozione dei magistrati, nonché sulle relative procedure. Inoltre, le attuali previsioni della legge sul pubblico ministero consentono al procuratore generale (o al pubblico ministero nazionale, che esercita le proprie prerogative in qualità di vice-procuratore generale) di trasferire un pubblico ministero presso un diverso ufficio senza il consenso di quest’ultimo. 

Il potere assoluto del procuratore generale si estende, soprattutto, alla politica del personale, ovvero, a tutte le decisioni che riguardino promozione, “degradazione” e collocazione temporanea di procuratori a uffici superiori o inferiori, decisioni trattate come sanzioni disciplinari aggiuntive non previste dalla legge. La legge del 2016 sul pubblico ministero ha dato ai procuratori superiori la possibilità di creare liberamente un sistema di riconoscimenti e promozioni in modo da poter ricompensare chi obbedisce e punire coloro che prendano le proprie decisioni indipendenti nel corso dei procedimenti, senza necessariamente opporsi al partito attualmente al potere. 

 

II. “Degradazione” e trasferimento a procure di livello inferiore

Nel 2016, la legge sul pubblico ministero e le sue norme introduttive consentivano il trasferimento una tantum di un pubblico ministero dagli uffici di vertice, principalmente dall’ex Procura generale, a uffici di livello inferiore. Nel prendere queste decisioni, che rappresentavano sanzioni per i pubblici ministeri interessati, il procuratore generale non era guidato da considerazioni sostanziali (qualifiche ed esperienza professionale). 

L’idea era quella di rimuovere dai propri incarichi quei procuratori che avrebbero potuto rivelarsi contrari alla nuova maggioranza al governo. Al loro posto, erano promossi, spesso da uffici dei livelli inferiori, altri procuratori. In tal modo, sono stati retrocessi circa 1/3 dei procuratori dell’ex Procura generale e delle procure d’appello. 

Il trasferimento ad altra posizione ufficiale è una delle sanzioni disciplinari specificate nell’art. 142, par. 1 della legge sul pubblico ministero. Tuttavia, le “degradazioni” e i trasferimenti decisi dal procuratore generale, a seguito della dissoluzione della Procura generale e della trasformazione delle procure d’appello in procure regionali, non erano conseguenza di procedimenti disciplinari nei confronti di procuratori retrocessi. 

In ogni caso, considerando che sono state prese dal procuratore generale, senza che il pubblico ministero interessato potesse appellarle, tali decisioni possono essere considerate quasi come sanzioni disciplinari nascoste.

La maggioranza parlamentare, guidata dal partito di governo Diritto e Giustizia, ha riorganizzato l’ufficio di pubblico ministero in maniera evidente. Così sono state istituite le seguenti articolazioni dell’ufficio del pubblico ministero: la Procura generale e la Procura d’appello (che sono andate a sostituire gli Uffici del procuratore d’appello) e la Procura nazionale (in luogo della Procura generale), con il procuratore nazionale che esercita la maggioranza dei poteri del procuratore generale-Ministro della giustizia. 

A parte la “degradazione”, una “sanzione” comunemente utilizzata dal procuratore generale o dal suo sottoposto, il procuratore nazionale, nei confronti dei pubblici ministeri che mostrino segnali di indipendenza, ad esempio nelle indagini di interesse per il Ministro della giustizia, è quella del distaccamento presso procure spesso distanti dal luogo nel quale essi risiedono e, di regola, di livello inferiore. In realtà, si tratta di una sanzione disciplinare nascosta[3]; in termini giuridici, la legge definisce quest’azione come la possibilità per il procuratore generale e il procuratore nazionale di prendere provvedimenti per far fronte alle necessità di personale in altre procure. Il pubblico ministero distaccato non può esprimersi su tale decisione, né proporre appello né impugnarla di fronte a un tribunale. Inoltre, le decisioni relative al distaccamento di un pubblico ministero non contengono alcuna motivazione. In molti casi, un ricollocamento formale di questo tipo significa una degradazione temporanea a una posizione inferiore e complicazioni nella vita quotidiana consistenti nell’essere assegnati a un posto di lavoro, ad esempio, a varie centinaia di chilometri di distanza dal luogo di residenza.

Il procuratore generale o il procuratore nazionale possono anche ricollocare senza il suo consenso un pubblico ministero per un periodo di 12 mesi all’anno, il che significa in pratica un ricollocamento infinito, estensibile di anno in anno. In ragione del turnover successivo all’ascesa al potere del governo della destra unita guidato da Diritto e Giustizia, sono stati sostituiti 6 dei 7 vice del procuratore generale, quasi tutti procuratori a capo degli uffici e dei dipartimenti principali nell’attuale Procura nazionale, tutti i capi e i loro vice nelle procure regionali e nelle procure distrettuali, e il 90 per cento dei procuratori all’interno delle procure distrettuali. 

Lo stesso meccanismo di ricollocamento dei procuratori da parte del procuratore generale o del procuratore nazionale funziona anche in direzione opposta: non come sanzione, ma come riconoscimento per quei procuratori considerati dalle attuali autorità dell’ufficio del pubblico ministero come favorevoli al governo. Oggi, dunque, è possibile promuovere un procuratore dai ranghi inferiori a quelli superiori dell’ufficio del pubblico ministero. 

Dal 4 marzo 2016, ovvero dall’entrata in vigore della legge sull’ufficio del pubblico ministero, il procuratore generale determina le tipologie di riconoscimenti e menzioni di merito e la procedura per il loro conferimento. Per le posizioni direttive all’interno delle procure, la durata delle cariche è stata inoltre abolita. Sono stati eliminati i concorsi per la posizione di procuratore distrettuale e, a questo riguardo, il ruolo dell’autogoverno per i pubblici ministeri è praticamente scomparso. La legge permette inoltre di eliminare il concorso «in casi particolari giustificati» cosicché, a essere nominato per una determinata posizione, possa essere il candidato segnalato dal procuratore nazionale. In tal modo, il procuratore generale può liberamente controllare la politica del personale all’interno delle procure. 

Su richiesta del procuratore nazionale, il procuratore generale nomina e rimuove i vertici delle procure regionali e distrettuali. 

 

III. Affievolimento della responsabilità del pubblico ministero

Un altro mutamento introdotto dalla legge sul pubblico ministero del 2016 è l’utilizzo discrezionale delle norme sulla responsabilità disciplinare dei procuratori. 

Il cambiamento consiste nell’esclusione della responsabilità disciplinare nel caso di azioni compiute dal procuratore «unicamente nell’interesse pubblico»[4].

Una formulazione così poco chiara lascia spazio ad abusi e consente di trattare attività svolte nell’interesse delle autorità come attività condotte nell’interesse pubblico. L’effettivo interesse pubblico potrebbe non rilevare, e il caso del procuratore che commetta un abuso del genere potrebbe non essere neppure portato all’attenzione di un tribunale disciplinare. 

La riforma della legge non ha contribuito a correggere i difetti relativi al sistema disciplinare del pubblico ministero. La nuova legge non ha risolto, anzi ha ulteriormente aggravato il problema della mancanza di responsabilità dei procuratori per azioni commesse a danno della società. Decisioni sbagliate, specialmente quelle prese su pressione dei superiori, che influenzano negativamente, ad esempio, le vite di persone accusate o danneggiate ingiustamente, non comportano la perseguibilità di quei procuratori che le adottano. Tali decisioni possono sempre essere considerate, da parte dei loro superiori disciplinari, come adottate unicamente nell’interesse pubblico. 

I mutamenti ricordati sopra hanno condotto alla creazione di un sistema di incentivi nelle mani dell’esecutivo. La forte influenza delle autorità sulle decisioni dei procuratori porta a prendere decisioni che siano vantaggiose e appropriate dal punto di vista di chi governa. 

 

IV. Il sistema di responsabilità disciplinare del pubblico ministero

Oltre al sistema disciplinare informale descritto sopra, secondo il quale le autorità della pubblica accusa puniscono e ricompensano specifici procuratori, esiste anche un sistema formale di procedimenti disciplinari. Questo è anche utilizzato per perseguire i procuratori che esercitino la propria libertà di espressione e associazione. 

L’entrata in vigore delle nuove norme non ha mutato i presupposti per avviare un procedimento disciplinare e non ha eliminato le ambiguità che consentono adesso al procuratore generale e al procuratore nazionale di perseguire i pubblici ministeri disobbedienti. Le ampie interpretazioni dei presupposti per dare avvio a questi procedimenti rimangono immutate. 

I presupposti per dare avvio a un procedimento disciplinare nei confronti di un pubblico ministero sono:

1. grave ed evidente violazione di legge;

2. azione od omissione che possa ostacolare il funzionamento di un’autorità giudiziaria o di una procura;

2. azione che rilevi aspetti critici nel rapporto di servizio di un giudice o di un pubblico ministero, in ordine alla regolarità della nomina di un giudice o di un pubblico ministero o ai poteri di un organo costituzionale della Repubblica di Polonia;

3. attività pubblica incompatibile con il principio di indipendenza del pubblico ministero;

4. violazione della dignità del ruolo;

5. abuso della libertà di espressione nell’esercizio di funzioni ufficiali, consistente nell’insulto a una parte, al suo difensore, al funzionario addetto alla sorveglianza, al testimone, al consulente tecnico o all’interprete, perseguito su istanza di un privato;

6. commissione di un reato da parte del pubblico ministero[5].

La violazione di legge da parte del pubblico ministero è strettamente correlata allo svolgimento delle sue funzioni ufficiali. Riguarda «l’oltraggio alle norme che riguardano il procuratore in qualità di organo del procedimento preliminare svolto o in qualità di parte di un procedimento presso una corte». 

In maniera simile, l’abuso della libertà di espressione è strettamente collegato allo svolgimento di funzioni ufficiali. La responsabilità disciplinare conseguente a reato è ugualmente chiara, poiché il catalogo dei reati è definito dalla legge. 

Il problema sorge quando si tenti di definire cosa sia un’azione od omissione che possa ostacolare il funzionamento di un’autorità giudiziaria o di una procura, un’azione che comprometta il rapporto di servizio di un giudice o di un pubblico ministero, la regolarità della nomina di un giudice o di un pubblico ministero o il potere di un organo costituzionale della Repubblica di Polonia, oppure un’attività pubblica incompatibile con il principio di indipendenza del pubblico ministero[6].

Né la Legge sul pubblico ministero né altri atti normativi elencano il relativo catalogo di condotte. Inoltre, nessun atto definisce questi termini. Per tale ragione, in questo campo si aprono le porte al perseguimento dei procuratori per azioni non gradite ai propri superiori, guidati dal procuratore generale. Ciò rappresenta una seria minaccia nei loro confronti, specialmente in situazioni in cui l’attività del pubblico ministero diviene uno strumento potente nelle mani di una singola persona, ed esso è adoperato dal Ministro della giustizia, il procuratore generale, per perseguire obiettivi di partito. Questo consente che tali presupposti siano utilizzati per esercitare pressioni sui procuratori disobbedienti e per tentare di intimidirli, come in effetti oggi avviene. 

In ragione delle nuove norme, il solo agire nel “pubblico interesse” non è un presupposto per poter instaurare un procedimento disciplinare, anche qualora si verifichi una delle condizioni descritte sopra. 

Questo meccanismo può funzionare in entrambe le direzioni, ovvero consente di proteggere quei procuratori che abbiano contributo alla gestione attuale delle strutture del pubblico ministero e, mediante la non applicazione del principio dell’azione nell’interesse pubblico, di perseguire i procuratori disobbedienti. In un sistema nel quale le procure divengono uno strumento nelle mani dell’esecutivo, questi due meccanismi – perseguire i procuratori disobbedienti e proteggere quelli accondiscendenti – conferiscono un raggio d’azione illimitato[7].

 

V. I tribunali disciplinari

a) In prima istanza:

Il Tribunale disciplinare presso la Procura. I giudici dei procedimenti disciplinari sono procuratori eletti nelle unità organizzative della Procura, il presidente del Tribunale disciplinare è nominato dal procuratore generale. La composizione del collegio del Tribunale disciplinare presso il procuratore generale è definita per nomina del presidente in base alla lista di tutti i membri di tale tribunale, secondo l’ordine di ricezione dei singoli casi, atteso che il collegio giudicante consiste di almeno un procuratore di un’unità organizzativa della Procura equivalente a quella presso la quale la persona sottoposta a procedimento ha servito o ha svolto incarichi ufficiali al tempo in cui il fatto è stato commesso. Per i casi di illeciti disciplinari che abbiano le caratteristiche di illeciti intenzionali o nei casi in cui la richiesta sia stata inoltrata dalla Corte suprema, il Tribunale supremo è composto da un giudice della sezione disciplinare della Corte suprema.

b) In seconda istanza:

a decidere è la Corte suprema, composta da tre giudici della sua sezione disciplinare. La nuova sezione disciplinare della Corte suprema è stata istituita dalla legge 8 dicembre 2017 sulla Corte suprema, entrata in vigore il 3 aprile 2018. Il problema essenziale era ed è ancora la selezione dei nuovi giudici della Corte suprema, che sono valutati dal nuovo Consiglio nazionale della magistratura, controllato da coloro che sono nominati dal partito al governo. Ciò solleva preoccupazioni relativamente all’indipendenza di questi giudici. La sezione disciplinare della Corte suprema è attualmente composta da membri appena nominati, per la maggior parte procuratori beneficiati dal nuovo governo. Pertanto, è difficile parlare della sua indipendenza, ed è persino difficile affermare che la sezione disciplinare sia una vera corte[8].

 

VI. Poteri del procuratore generale (Ministro della giustizia)

Il Ministro della giustizia, in qualità di procuratore generale, è l’organo supremo dell’ufficio del pubblico ministero. La legge sul pubblico ministero indica le sue numerose competenze nell’ambito del funzionamento di tale ufficio, tuttavia occorre riservare particolare attenzione a quelle che gli hanno consentito di influenzare i procedimenti disciplinari nei confronti dei procuratori:

1. il procuratore generale è il superiore disciplinare dei procuratori delle singole unità organizzative dell’ufficio del pubblico ministero (può dare avvio a “procedimenti di verifica” nei confronti di qualsiasi procuratore);

2. il procuratore generale nomina il presidente e il vice-presidente del Tribunale disciplinare presso il procuratore generale;

3. il procuratore generale nomina i “commissari disciplinari” (procuratori presso i tribunali disciplinari);

4. su richiesta del procuratore nazionale, il procuratore generale può rimuovere un pubblico ministero qualora questi, sebbene sanzionato due volte da un tribunale disciplinare con una pena disciplinare diversa dall’ammonizione, abbia commesso un’ulteriore infrazione, inclusa una evidente offesa contro la dignità della legge.

I “commissari disciplinari” nominati dal procuratore generale perseguono i procuratori per disobbedienza alle autorità. Casi di “disobbedienza” possono essere ravvisati in comportamenti tenuti dai procuratori in attività ufficiali, pubbliche e di insegnamento, ma anche nelle affermazioni rilasciate ai mezzi d’informazione. La disobbedienza è anche sanzionata con la degradazione e il trasferimento, che non rappresentano provvedimenti disciplinari in sé, ma vi sono collegati, come sanzioni che possono essere applicate ai procuratori e che non richiedono neppure la conclusione del procedimento disciplinare. 

L’esempio più lampante di pressione e persecuzione nei confronti dei pubblici ministeri è rappresentato dai procedimenti disciplinari o procedimenti di chiarimento di affermazioni rilasciate da questi ultimi ai mezzi d’informazione. Ad esempio, un procuratore è stato accusato dal “commissario disciplinare” di aver «postato contributi e commenti che danneggiano la dignità dell’ufficio e compromettono la fiducia nella sua imparzialità». I post riguardavano l’ammontare speciale e straordinario della remunerazione mensile dei giudici nominati per la nuova sezione disciplinare della Corte suprema[9]

Un altro pubblico ministero è stato oggetto di indagini relative alla pubblicazione di articoli in un quotidiano. È stato, inoltre, avviato un procedimento disciplinare nei confronti di un pubblico ministero per aver partecipato a una manifestazione contro la cd. “riforma della magistratura”. 

Anche se in alcuni casi questo tipo di procedimento si conclude con l’archiviazione, l’obiettivo è quello di produrre un cd. “effetto dissuasivo” nel tentativo di intimidire i procuratori critici nei confronti del governo di Diritto e Giustizia[10]

Secondo la configurazione attuale dell’ufficio del pubblico ministero e secondo le disposizioni della legge sul pubblico ministero in vigore dal 2016, sono riscontrabili due minacce:

1. la concentrazione del potere del procuratore generale-Ministro della giustizia, con riferimento all’esercizio dell’azione penale, in una sola persona – un politico in attività – rende il destino professionale dei singoli procuratori completamente dipendente dalle decisioni di quest’ultimo. Li può influenzare con riconoscimenti e promozioni, ricollocamenti, o può intimidirli con l’avvio di procedimenti disciplinari;

2. il rischio di abuso delle disposizioni applicabili in materia di responsabilità disciplinare e il loro utilizzo al fine di punire i pubblici ministeri disobbedienti. Perseguire i procuratori per “decisioni sbagliate” e dichiarazioni è un fenomeno pericoloso, specialmente se combinato con l’influenza assoluta di quello stesso politico che decide sull’ufficio del pubblico ministero, sui magistrati e sui procedimenti disciplinari nei loro confronti, ovvero il Ministro della giustizia. Tali azioni sono intraprese al fine di indurre la piena obbedienza dei sottoposti, limitare la loro libertà di espressione, scoraggiarne l’associazionismo, instillare giustificabili preoccupazioni sulla loro affidabilità disciplinare e progressiva indipendenza, e produrre un effetto dissuasivo.

I cambiamenti successivi alle elezioni del 2015 in Polonia hanno mostrato molto chiaramente l’importanza dell’ufficio del pubblico ministero nella struttura dello Stato e, soprattutto, come esso possa essere utilizzato per gli interessi dei partiti politici che vi esercitano il potere. 

Al momento, un problema evidente è la politicizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, che concentra una parte significativa dei propri sforzi e delle proprie risorse su questioni importanti per i governanti o sulla conduzione di procedimenti penali nei confronti di oppositori politici o cittadini comuni che partecipino a varie forme di protesta sociale in difesa dello Stato di diritto in Polonia. Nell’esercizio dell’azione penale, l’obiettivo politico è diventato dominante rispetto a quanto disposto dalla legge, e i fatti e la loro valutazione sono adattati a interessi politici particolari. 

Dal 2016, la Polonia si è allontanata dal principio secondo il quale gli Stati dovrebbero agire in modo efficace per garantire l’indipendenza del pubblico ministero dall’esecutivo, dal legislativo e dalle autorità giudiziarie, istituire meccanismi efficaci e garanzie che ne assicurino l’indipendenza nell’esercizio delle proprie funzioni ufficiali, e secondo il quale la definizione del loro ruolo e dei loro compiti, nel settore del diritto penale e non solo, dovrebbe essere garantita da norme giuridiche del più alto rango e basata sui principi e valori democratici dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa. L’indipendenza e l’autonomia del pubblico ministero è una condizione necessaria per l’indipendenza del potere giudiziario. Tuttavia, essa non costituisce più un valore su cui si fonda la legge sul pubblico ministero. Inoltre, la prassi del procuratore generale-Ministro della giustizia non riconosce l’esistenza di tali regole, intendendo la funzione della pubblica accusa come uno strumento per combattere gli oppositori politici[11].

 

 

*  Traduzione di Sara Cocchi, avvocato in Firenze, dottore di ricerca in Diritto comparato.

1. Legge del 28 gennaio 2016, «Legge sul pubblico ministero», in Gazzetta ufficiale, 2019, posizione n. 740. 

2. Così M. Wójcik (Viceministro della giustizia): «Da questo punto di vista, voglio assicurare ai polacchi che abbiamo preparato una buona legge. Riguardo alle sfide di oggi: minacce di attacchi terroristici, criminalità organizzata, corruzione, che in effetti divora il nostro Paese, oggi ci deve essere una persona responsabile dell’ufficio del pubblico ministero polacco e questa persona sarà il Ministro della Giustizia-Procuratore Generale», Tvn24, 28 gennaio 2016, www.tvn24.pl/wiadomosci-z-kraju,3/nowa-ustawa-o-prokuraturze-w-punktach,614596.html.
Così B. Szydło (ex Primo ministro): «Vi è la convinzione che i più deboli debbano aspettare all’infinito per veder giudicato il proprio caso, costoro percepiscono che le decisioni prese riguardo ai loro casi siano sbagliate e ingiuste. Noi stiamo introducendo cambiamenti istituzionali per i quali ci siamo impegnati di fronte ai polacchi», wPolityce, 3 marzo 2016, https://wpolityce.pl/polityka/283802-zmiany-w-prokuraturze-wchodza-w-zycie-ziobro-to-przywroci-zaufanie-polakow-do-wymiaru-sprawiedliwosci-sprawdz-szczegoly.
Vds., similmente: «Il nostro obiettivo è cercare una soluzione (...) che migliorerà la sicurezza dei polacchi», www.youtube.com/watch?v=Plw3qf5MfIQ.
E, ancora: «Questo potere sarà sotto lo stretto controllo del parlamento. La legge sul cosiddetto pubblico ministero indipendente ha privato il Sejm della possibilità di controllare il potere esecutivo, che è l’ufficio del pubblico ministero, wPolityce, 3 marzo 2016, https://wpolityce.pl/polityka/283802-zmiany-w-prokuraturze-wchodza-w-zycie-ziobro-to-przywroci-zaufanie-polakow-do-wymiaru-sprawiedliwosci-sprawdz-szczegoly.

3. Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (Commissione di Venezia), Poland opinion on the Act on the Public Prosecutor’s Office as amended adopted by the Venice Commission at its 113th plenary session (Venezia, 8-9 dicembre 2017), parere n. 892/2017, CDL-AD(2017)028, Consiglio d’Europa.

4. Art. 137, § 2, «Legge sul pubblico ministero».

5. Art. 137, § 1, «Legge sul pubblico ministero».

6. Justice Defense Committee (Komitet Obrony Sprawiedliwości), A country that punishes. Pressure and repression of Polish judges and prosecutors, report, Varsavia, 2019, https://foreignpolicy.com/2019/10/11/poland-is-purging-its-prosecutors/.

7. Vds. la nota 6.

8. Ibid.

9. Helsinki Foundation for Human Rights, Disciplinary proceedings against judges and prosecutors, Varsavia, febbraio 2019.

10. https://4liberty.eu/law-and-justices-concentrated-power-over-polish-prosecutors/.

11. M. Matczak, 10 Facts on Poland for the Consideration of the European Court of Justice, in VerfBlog, 13 maggio 2018, https://verfassungsblog.de/10-facts-on-poland-for-the-consideration-of-the-european-court-of-justice/.