Magistratura democratica

La chimera e il pubblico ministero: considerazioni relative alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di indipendenza del pm

di Alessandro Rosanò

Nello scritto viene proposto un excursus relativo agli orientamenti della Corte di giustizia dell’Unione e della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di indipendenza del potere giudiziario e, in particolare, del pubblico ministero. Al riguardo, si sottolinea che entrambe le Corti sono giunte a riconoscere l’esigenza che il pubblico ministero sia indipendente per svolgere specifiche funzioni, pur non richiedendo in generale che esso veda sempre garantita la sua indipendenza.

1. Introduzione / 2. Una breve panoramica sull’indipendenza del potere giudiziario nella giurisprudenza della Cgue / 3. L’indipendenza del pubblico ministero nella giurisprudenza della Cgue / 4. La giurisprudenza della Corte Edu sull’indipendenza (e l’imparzialità) del potere giudiziario e sulla particolare posizione del pubblico ministero / 5. Alcune considerazioni sull’orientamento della Cgue / 6. Alcune considerazioni sull’orientamento della Corte Edu / 7. Conclusioni

 

1. Introduzione

La figura del pubblico ministero ha tradizionalmente sollevato dubbi interpretativi con riferimento al suo esatto inquadramento giuridico. Vi è stato chi l’ha definito «avvocato senza passione, giudice senza imparzialità»[1] e chi ha evidenziato come il ruolo dell’accusa possa essere interpretato in modi completamente diversi a seconda di chi sia chiamato di volta in volta a impersonarlo, con le conseguenti incertezze che possono derivare sul piano dell’attività processuale, in concreto, e sui profili classificatori, in generale[2].

Alla luce di queste considerazioni, non sembra esagerato avvicinare il pubblico ministero alla chimera, essere presente nella mitologia greca, romana ed etrusca, di origine divina e con la testa di leone, il corpo di capra e la coda di drago. Proprio come per la chimera, anche nel caso del pubblico ministero, appartenente al potere giudiziario e parte processuale al tempo stesso, sorgono dei dubbi legittimi quando ci si interroghi con riferimento alla sua natura, al suo ruolo e, tra l’altro, alla sua indipendenza.

Per quel che riguarda l’ordinamento giuridico italiano, non è in dubbio che questi goda delle garanzie di indipendenza che sono riconosciute in generale a ogni magistrato[3]. Tuttavia, non lo stesso può affermarsi se si considera quanto accade in altri sistemi giuridici[4]. Come riconosciuto dalla Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, i sistemi di giustizia penale variano in Europa e nel mondo, ravvisando essi il loro fondamento in culture giuridiche diverse; non esiste pertanto un modello uniforme per tutti gli Stati, con la conseguenza, tra l’altro, che l’indipendenza del pubblico ministero non è sempre affermata in modo netto come accade con gli organi giudicanti[5].

La questione che si intende affrontare nel presente scritto riguarda l’eventuale riconoscimento di uno statuto di indipendenza in favore del pubblico ministero nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue) e della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu). A tal fine, si intende offrire una panoramica quanto al tema dell’indipendenza del potere giudiziario nella giurisprudenza di Lussemburgo (par. 2) e un approfondimento sull’indipendenza del pubblico ministero relativo alla legittimazione a proporre rinvii pregiudiziali e alla nozione di autorità giudiziaria di emissione di mandati d’arresto europei (MAE) e di ordini europei di indagine (OEI) (par. 3). Viene poi preso in considerazione l’orientamento della Corte Edu circa l’indipendenza (e l’imparzialità) del potere giudiziario, in generale, e la peculiare posizione occupata dal pubblico ministero nella vicenda processuale (par. 4). In seguito, si svolge una riflessione con riferimento all’orientamento della Cgue, alla luce del principio di fiducia reciproca (par. 5). Successivamente, si forniscono delle indicazioni per quel che attiene a possibili sviluppi della giurisprudenza della Corte Edu in materia (par. 6). Infine, si sottolinea la relazione intercorrente tra indipendenza del pubblico ministero e tutela della libertà personale (par. 7).

 

2. Una breve panoramica sull’indipendenza del potere giudiziario nella giurisprudenza della Cgue

Nel corso del tempo, la Cgue ha messo in evidenza che l’indipendenza del potere giudiziario assume rilievo nell’ordinamento dell’Unione europea sotto tre punti di vista. Questa caratteristica, infatti, rientra nell’ambito del principio dello Stato di diritto, uno dei valori fondativi dell’Unione ai sensi dell’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea (Tue)[6], e risulta altresì riconducibile all’articolo 19 Tue, che concretizza tale valore per quel che riguarda la tutela giurisdizionale effettiva[7]. Inoltre, si tratta di uno dei requisiti necessari al fine di assicurare il diritto a un giudice indipendente e imparziale ex articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali[8]. Infine, l’indipendenza è una delle caratteristiche che devono presentare gli organi giurisdizionali nazionali per poter formulare rinvii pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue)[9].

In realtà, a prescindere dall’ordine espositivo cui fa ricorso la Corte nelle sue pronunce, le prime indicazioni quanto all’indipendenza del potere giudiziario nella giurisprudenza di Lussemburgo si ravvisano proprio in relazione all’orientamento emerso con riferimento al rinvio pregiudiziale. Infatti, per determinare se l’autorità rimettente sia legittimata al rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 Tfue e dunque per chiarire la nozione (autonoma[10]) di organo giurisdizionale nazionale ai fini del rinvio pregiudiziale, la Corte di giustizia ha fatto ricorso a una serie di criteri quali l’origine legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l’organo applichi norme giuridiche e il fatto che sia indipendente[11].

Con riferimento al requisito dell’indipendenza, la Cgue ha avuto modo di chiarire che essa si configura come intrinseca alla funzione giurisdizionale e implica che l’autorità rimettente si trovi in posizione di terzietà rispetto alle parti della controversia[12].

Propriamente, il concetto in parola presenta due caratteri[13]. L’uno, esterno, è relativo alla tutela che deve essere assicurata nei confronti dell’autorità rimettente rispetto a pressioni o interventi provenienti da altri e che andrebbero a inficiare la soluzione delle controversie sottoposte a quella stessa autorità, con l’esigenza pertanto che siano definite idonee garanzie in favore dei membri del potere giudiziario[14], come per esempio l’inamovibilità[15]. L’altro, interno, attiene all’imparzialità dell’organo giudicante e dunque all’equidistanza rispetto alle parti della controversia e ai loro interessi, con la consequenziale esigenza che tale organo sia obiettivo nello svolgimento delle sue funzioni[16].

Alla luce di ciò, l’ordinamento interno deve prevedere disposizioni relative a profili quali la composizione dell’organo e la nomina dei suoi componenti, la durata delle funzioni e le cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri[17].

In seguito, a partire dalla sentenza ASJP, la Corte ha evidenziato che la garanzia di indipendenza, propria della funzione giurisdizionale, è intrinseca alla nozione di Stato di diritto e di primaria importanza per il buon funzionamento del meccanismo del rinvio pregiudiziale. Pertanto, alla luce dell’art. 19, par. 1, comma 2, Tue e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, questa garanzia si impone nei confronti sia dei giudici dell’Unione sia dei giudici nazionali[18].

In pronunce recenti, infine, si è assistito a una valorizzazione dell’indipendenza del potere giudiziario sul piano della tutela dei diritti fondamentali nell’ambito dell’esecuzione di MAE[19] e della valutazione quanto alla conformità con il diritto dell’Unione – e, in particolar modo, con il valore dello Stato di diritto[20] – di riforme del sistema giudiziario approvate in Polonia[21].

 

3. L’indipendenza del pubblico ministero nella giurisprudenza della Cgue

Questioni attinenti all’indipendenza del pubblico ministero sono emerse nella giurisprudenza Cgue, in passato, con riferimento alla legittimazione di tale organo a investire la Corte di questioni pregiudiziali e, in tempi più recenti, in relazione all’emissione di MAE e OEI.

Quanto al primo profilo, è stato riconosciuto che il pubblico ministero non può adire la Corte tramite il rinvio pregiudiziale. Ciò spetta infatti solo ad autorità chiamate a «pronunciarsi con assoluta indipendenza nell’ambito di un procedimento destinato a concludersi con una decisione di carattere giurisdizionale», mentre il pubblico ministero, «in quanto parte che esercita l’azione penale nel processo», ha il compito di sottoporre una causa a un’istanza giurisdizionale[22].

Per quel che riguarda l’emissione di MAE, indicazioni significative possono ricavarsi da alcune sentenze con le quali la Corte di giustizia ha chiarito il significato della nozione di autorità giudiziaria emittente ex art. 6, par. 1 della decisione quadro sul mandato d’arresto europeo[23].

Come tale viene individuata l’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente che, in base alla legge di quello Stato, è competente a emettere un MAE. Risulta evidente che questa disposizione non ha una vera e propria portata definitoria, data l’assenza di un criterio sostanziale che permetta di individuare la natura dell’autorità in questione e, di conseguenza, di stabilire se l’autorità che abbia emesso il MAE nel caso concreto presenti quella natura o meno[24].

L’ossequio qui prestato all’autonomia procedurale degli Stati membri lascia spazio a dubbi interpretativi, che hanno condotto alla formulazione di quesiti pregiudiziali a partire dal 2016[25]. Adita da parte del Tribunale di Amsterdam al fine di chiarire se un MAE potesse essere emesso da parte di un Ministero della giustizia (causa Poltorak), di un servizio di polizia (causa Kovalkovas) o di un tribunale sulla base di un mandato d’arresto nazionale adottato da un servizio di polizia e convalidato da un pubblico ministero (causa Özcelik), la Corte ha in primo luogo riconosciuto che la previsione dell’art. 6, par. 1 della decisione quadro non attribuisce agli Stati membri il compito di definire il concetto di autorità giudiziaria emittente, ma solo quello di designare tali autorità, e che il senso e la portata della disposizione considerata impongono di non lasciare la determinazione del concetto in parola ai singoli Stati. Pertanto, quella di autorità giudiziaria emittente ha natura di nozione autonoma di diritto dell’Unione[26]

Posto ciò, la Corte afferma che per “autorità giudiziaria” deve intendersi un’autorità chiamata a partecipare all’amministrazione della giustizia nell’ordinamento nazionale, la quale svolga un controllo giudiziario adeguato anteriormente all’emissione del MAE, al fine di giustificare l’elevato livello di fiducia reciproca tra gli Stati membri[27].

In ragione di questo, la Corte esclude che possano essere autorità emittenti il Ministero della giustizia e il servizio di polizia, in quanto facenti parte del potere esecutivo e inidonei a effettuare il controllo giudiziario richiesto, mentre ammette che un MAE possa essere emesso da un tribunale sul fondamento di un mandato nazionale adottato dalla polizia e convalidato da un pubblico ministero, in quanto quest’ultimo svolge una verifica non meramente formale con riferimento al mandato nazionale e, a seguito della convalida, ne diviene il responsabile[28].

A distanza di alcuni anni, è stato chiesto alla Corte se potessero essere considerate autorità giudiziarie emittenti due procure tedesche, dato che l’ordinamento nazionale riconosce ai ministri della giustizia dei singoli Länder il potere di impartire ordini o istruzioni individuali al pubblico ministero. Nella sentenza OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau), la Cgue ribadisce quanto già sostenuto nelle pronunce ora ricordate, dunque che per autorità giudiziaria emittente deve intendersi un’autorità che partecipi all’amministrazione della giustizia e che svolga un controllo giudiziario adeguato quanto all’emissione del MAE, al fine di assicurare l’elevato livello di fiducia reciproca tra gli Stati membri[29].

La Cgue prosegue poi nel proprio ragionamento, rilevando che tale controllo deve riguardare il rispetto delle condizioni necessarie per l’emissione e la proporzionalità di quest’ultima. Affinché ciò possa verificarsi, l’autorità giudiziaria emittente deve poter svolgere la propria funzione in maniera obiettiva, tenendo conto di tutti gli elementi a carico e a discarico, e senza essere esposta a ordini o istruzioni esterni, in particolare provenienti dal potere esecutivo; quindi, quell’autorità deve essere indipendente e, perché ciò avvenga, è necessario che nell’ordinamento nazionale esistano regole statutarie e organizzative idonee a garantire l’autorità giudiziaria emittente contro il rischio di essere soggetta, in particolare, a istruzioni individuali da parte del potere esecutivo[30].

Applicando questa ricostruzione al caso concreto, la Cgue conclude nel senso che le due procure tedesche non siano adeguatamente tutelate rispetto a possibili ingerenze da parte dell’esecutivo ed esclude che possano essere considerate autorità giudiziarie emittenti[31].

Seguendo lo stesso percorso interpretativo e, pertanto, ponendo l’attenzione sulle regole statutarie e organizzative che tutelano l’indipendenza del potere giudiziario, la Corte di giustizia ha in seguito riconosciuto come autorità giudiziarie emittenti il Procuratore generale di Lituania[32] e due procure francesi, rilevando in questo secondo caso che, nell’ordinamento francese, il Ministro della giustizia può rivolgere ai magistrati della procura soltanto istruzioni generali di politica penale, così da assicurare la coerenza di questa politica su tutto il territorio, ma senza che ciò impedisca a detti magistrati di esercitare il loro potere discrezionale quanto alla proporzionalità dell’emissione di un mandato d’arresto europeo[33].

Ulteriormente, la Cgue ha escluso che potesse essere considerata sufficientemente indipendente la procura di Vienna, in quanto nell’ordinamento austriaco le procure sono direttamente subordinate alle procure generali e vincolate alle loro istruzioni e le procure generali, a loro volta, sono direttamente subordinate e vincolate al Ministro federale della giustizia. Tuttavia, il sistema austriaco di emissione dei MAE è fatto salvo in quanto il mandato, prima di essere emesso, deve essere convalidato da parte di un tribunale, il quale risulta pienamente indipendente rispetto al potere esecutivo[34].

Dunque, secondo la Cgue, per autorità giudiziaria emittente si intende un’autorità che partecipi all’amministrazione della giustizia, pur non svolgendo necessariamente funzioni di carattere strettamente giurisdizionale, la quale assicuri un controllo giudiziario quanto all’emissione del MAE che permetta di vedere assicurate le esigenze di tutela giurisdizionale effettiva a ciò connesse. A tal fine, è necessario che l’autorità giudiziaria sia indipendente, ossia che veda garantita la sua posizione rispetto a pressioni provenienti dall’esterno e, in particolare, dal potere esecutivo, mediante idonee regole statutarie e organizzative[35].

La medesima linea interpretativa è stata seguita da parte della Cgue per chiarire la nozione di autorità giudiziaria di esecuzione di cui all’art. 6, par. 2 della decisione quadro sul MAE[36]. Riconosciuto che anche in questa ipotesi si è in presenza di una nozione autonoma di diritto dell’Unione, la Corte afferma che l’autorità giudiziaria di esecuzione va identificata in un giudice, un organo giurisdizionale o un’autorità giudiziaria come la procura di uno Stato membro che partecipa all’amministrazione della giustizia e che gode dell’indipendenza richiesta rispetto al potere esecutivo. Ove l’ordinamento interno attribuisca la competenza a eseguire un MAE a questa autorità, essa deve esercitare la sua funzione nell’ambito di una procedura che rispetti i requisiti derivanti da una tutela giurisdizionale effettiva: quindi, deve essere assicurato il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo[37].

Infine, può farsi riferimento a una causa nella quale è stato richiesto alla Cgue se il pubblico ministero rientri tra le autorità di emissione, ai sensi della direttiva sull’OEI[38]. Come noto, l’OEI è una decisione giudiziaria emessa o convalidata da un’autorità competente di uno Stato membro per compiere uno o più atti di indagine specifici in un altro Stato membro al fine di acquisire prove[39]. L’art. 2, lett. c) della direttiva individua come autorità di emissione un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero competente nel singolo caso e qualsiasi altra autorità competente, definita dallo Stato di emissione, che agisca in qualità di autorità inquirente nel procedimento penale e sia competente a disporre l’acquisizione di prove in conformità del diritto nazionale. In quest’ultima ipotesi, però, l’OEI deve essere convalidato da un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero nello Stato di emissione. La questione interpretativa viene posta alla Cgue in ragione della sentenza OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau) e del fatto che con essa la Corte ha escluso che siano qualificabili come autorità giudiziarie emittenti delle procure che siano esposte al rischio di essere soggette, direttamente o indirettamente, a ordini o istruzioni individuali da parte dell’esecutivo. La Cgue sottolinea la chiarezza del dato letterale: il pubblico ministero è espressamente contemplato tra le autorità legittimate a emettere un OEI. Inoltre, la Corte rileva che l’OEI persegue una finalità diversa rispetto al MAE, consistente nello svolgimento di attività di indagine e, dunque, di acquisizione di prove; pertanto, esso non è atto a ledere il diritto alla libertà della persona, come avviene nel caso del MAE. Di conseguenza, la nozione di autorità giudiziaria emittente sviluppata con riferimento alla decisione quadro sul MAE e che porta a escludere dalle autorità di emissione le procure che non siano sufficientemente indipendenti non è applicabile al contesto della direttiva sull’OEI. Dunque, per quel che riguarda l’interpretazione di quest’ultima, rientra tra le autorità giudiziarie emittenti il pubblico ministero di uno Stato membro o, più in generale, la procura di uno Stato membro, indipendentemente dal rapporto di subordinazione legale che potrebbe esistere tra tale pubblico ministero o tale procura e il potere esecutivo[40].

 

4. La giurisprudenza della Corte Edu sull’indipendenza (e l’imparzialità) del potere giudiziario e sulla particolare posizione del pubblico ministero

L’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) riconosce, inter alia, il diritto a essere giudicati da un tribunale indipendente e imparziale. La portata di questi due elementi è stata definita da parte della Corte Edu in un orientamento ormai consolidato[41]. L’indipendenza viene intesa come capacità dell’organo giudicante di resistere a pressioni o influenze provenienti dall’esterno, principalmente dai poteri legislativo ed esecutivo[42]. Non esiste un divieto generale e assoluto quanto al fatto che i membri del potere giudiziario siano scelti a opera del legislatore o del governo, ma comunque deve essere assicurato lo svolgimento della funzione propria del primo con modalità che lo pongano al riparo da interventi del secondo e del terzo[43]. Al riguardo, si richiede la predisposizione nell’ambito dell’ordinamento nazionale di una serie di cautele funzionali a ciò, inerenti tra l’altro alle modalità di selezione dei giudici, alla loro inamovibilità e alla durata in carica degli stessi[44].

L’imparzialità attiene invece all’equidistanza dell’organo giudicante in rapporto alle parti della controversia e può assumere, a seconda dei casi, una dimensione soggettiva, relativa all’assenza di pregiudizi personali da parte di chi giudica, o una dimensione oggettiva, concernente l’apparenza di terzietà dell’organo giudicante[45].

Gli orientamenti ora riassunti sono stati sviluppati da parte della Corte Edu con riferimento a tribunali, intesi quali organi chiamati a svolgere una funzione giudiziale[46], dunque a risolvere controversie che rientrino nell’ambito delle loro competenze, applicando norme di legge e secondo una procedura predeterminata[47]. Pertanto, si fa riferimento ad autorità che godono del «power of decision», ossia del potere di adottare decisioni vincolanti[48], e alle quali è riconosciuta «full jurisdiction» con riferimento alla causa portata alla loro attenzione[49].

Con riferimento ai pubblici ministeri, va ricordato preliminarmente che la Corte Edu ha avuto modo di affermare che essi sono «civil servants whose task it is to contribute to the proper administration of justice. In this respect they form part of the judicial machinery in the broader sense of this term»[50].

Alla luce di ciò, un problema che si può porre sul piano ermeneutico è se l’interpretazione della Corte Edu quanto alle garanzie di indipendenza e imparzialità si applichi anche a queste figure.

Una prima indicazione al riguardo si ravvisa in una decisione di irricevibilità parziale resa nella causa Priebke c. Italia, la quale si inserisce nell’ambito della complessa vicenda giudiziaria che ha portato a riconoscere la responsabilità del ricorrente per aver partecipato alla pianificazione e all’esecuzione dell’eccidio delle Fosse Ardeatine[51]. Due delle contestazioni formulate da questi riguardavano il fatto che, in occasione di un’udienza, il pubblico ministero aveva manifestato la propria adesione ai valori della Resistenza, esprimendo forte disprezzo per chi combatteva contro i partigiani, e che, a seguito di una pronuncia di non luogo a procedere resa da parte di un tribunale militare nei confronti del ricorrente, il Ministro della giustizia italiano era intervenuto di persona per calmare la folla che protestava. Ciò avrebbe dovuto essere inteso come violazione del diritto a un giudice indipendente e imparziale.

Al riguardo, la Corte considera che le garanzie di indipendenza e imparzialità di cui all’art. 6 della Cedu si applicano esclusivamente agli organi incaricati di decidere della controversia, dunque ad autorità che svolgono una funzione giurisdizionale. Pertanto, esse non assumono rilievo con riferimento né al Ministro della giustizia, né al pubblico ministero, «ce dernier étant notamment l’une des parties d’une procédure judiciaire contradictoire»[52].

Quest’ultimo aspetto viene confermato da parte della Corte in relazione alla posizione del Procuratore del Fisco nell’ordinamento giudiziario sammarinese e a una possibile violazione del principio della parità delle armi e del diritto a un giudice imparziale con riferimento al fatto che, in un procedimento penale italiano, il pubblico ministero avrebbe fatto una requisitoria introduttiva troppo lunga e avrebbe richiamato dichiarazioni rese da coaccusati durante le indagini preliminari. In entrambi i casi, nel rilevare come queste contestazioni fossero del tutto prive di pregio, la Corte ribadisce che le garanzie di indipendenza e di imparzialità non si applicano al pubblico ministero[53].

Un’ulteriore affermazione in questo senso si ravvisa nella causa Previti c. Italia. Valutando una questione relativa alla compatibilità tra le funzioni di giudici per le indagini preliminari e giudice dell’udienza preliminare, la Corte conferma che le garanzie di indipendenza e imparzialità non trovano applicazione nei confronti di organi non incaricati di giudicare il merito della controversia, con l’esclusione dunque sia dell’organo incaricato di disporre l’eventuale rinvio a giudizio, dato che non si tratta di una pronuncia sulla colpevolezza o meno dell’accusato, sia del pubblico ministero[54].

Dunque, in generale, la Corte Edu sembra escludere che il pubblico ministero debba essere indipendente e imparziale. Tuttavia, deve ricordarsi una serie di pronunce rese da parte della Corte Edu con riferimento all’art. 5, par. 3, Cedu, in materia di diritto alla libertà e alla sicurezza. Tale previsione impone, inter alia, di tradurre al più presto ogni persona arrestata o detenuta di fronte a un giudice o a un altro magistrato autorizzato dalla legge a esercitare funzioni giudiziarie. 

Al riguardo, la Corte Edu sottolinea che il controllo giudiziario quanto all’esercizio da parte dell’esecutivo del potere di privare il singolo della propria libertà personale è essenziale al fine di garantire la tutela dell’individuo[55]. Nel chiarire la nozione di «altro magistrato autorizzato dalla legge a esercitare funzioni giudiziarie», i giudici di Strasburgo affermano che come tale deve essere considerate l’organo che gode di adeguate garanzie di indipendenza rispetto al potere esecutivo e alle parti della controversia[56]. Pertanto, solo il pubblico ministero che veda assicurata la propria indipendenza dall’ordinamento nazionale può svolgere la funzione prevista dalla previsione da ultimo ricordata.

 

5. Alcune considerazioni sull’orientamento della Cgue

Lo sviluppo della giurisprudenza delle due Corti qui considerato sembra essere sostanzialmente analogo. Partendo da quanto sostenuto da parte della Cgue, può notarsi che, in generale, si riconosce la centralità dell’indipendenza del potere giudiziario, intesa, nella sua dimensione esterna, come capacità dell’autorità giudicante di resistere a influenze indebite provenienti da terzi e, nella sua dimensione interna, come equidistanza della stessa rispetto alle parti della controversia.

La peculiarità delle funzioni svolte da parte del pubblico ministero porta la Corte a due affermazioni: da un lato, che questi non è un’autorità giurisdizionale in senso stretto, ossia un’autorità chiamata a decidere delle controversie con piena indipendenza, e dunque non può essere legittimata a sollevare rinvio pregiudiziale; dall’altro, che al fine dello svolgimento delle funzioni di indagine che gli sono tipiche (come per quel che riguarda l’emissione di OEI), le garanzie di indipendenza non assumono rilievo.

Nel caso in cui sia competente a emettere MAE, però, il pubblico ministero deve essere necessariamente indipendente, ossia deve vedere tutelata la propria posizione rispetto al potere esecutivo da regole statutarie e organizzative idonee a permettergli di svolgere un controllo giudiziario quanto all’emissione del mandato e, di conseguenza, ad assicurare l’elevato livello di fiducia reciproca intercorrente tra gli Stati membri.

La ragione di ciò è da identificarsi nell’incidenza che il MAE può avere sulla libertà personale. Data la pervasività che può ricondursi a tale strumento di cooperazione giudiziaria sotto questo punto di vista, è necessario che ciò venga controbilanciato da una tutela giurisdizionale effettiva, della quale sia responsabile un’autorità indipendente.

In uno scritto di recente pubblicazione, una delle voci più autorevoli nell’ambito delle competenze penali dell’Unione europea ha affermato che la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel contesto dell’Unione avrebbe dovuto permettere di arrivare a sviluppare uno spazio giuridico comune in cui la cooperazione tra gli Stati membri sarebbe migliorata, permettendo di realizzare, da un lato, la libera circolazione delle decisioni giudiziarie e la lotta all’impunità, dall’altro, il rafforzamento dei diritti individuali. Secondo questo Autore, la recente giurisprudenza della Cgue in materia di autorità giudiziaria emittente contrasta con quegli scopi. L’innalzamento della soglia necessaria affinché la cooperazione possa operare comporterebbe un aumento delle formalità a tal fine necessarie, con conseguenti effetti negativi sul piano dell’efficienza dei MAE[57].

L’osservazione è senza dubbio corretta, ma mentre l’Autore ritiene che l’approccio della Cgue dovrebbe mutare in modo da permettere alla cooperazione giudiziaria in materia penale di operare appieno, si ritiene che vi siano ragioni per esprimersi a favore dell’interpretazione resa da parte della Cgue nelle cause menzionate nel presente scritto.

Come noto, la cooperazione giudiziaria in materia penale si fonda sul principio del reciproco riconoscimento[58], che a sua volta è basato sul principio della fiducia reciproca[59]. Risaputamente, il principio della fiducia reciproca impone agli Stati membri, segnatamente per quanto riguarda lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, di ritenere, tranne in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da questo[60].

Il problema di fondo che è stato ravvisato fin da subito dalla dottrina quanto al principio in parola è che esso opera come una sorta di presunzione quanto al fatto che in tutti gli Stati membri dell’Unione sia stato conseguito un livello adeguato di tutela dei diritti fondamentali e che quel livello venga mantenuto nel corso del tempo[61].

L’adozione di un pacchetto di direttive dirette a garantire il rispetto di diritti minimi nell’ambito della procedura penale[62] e le vicende relative alla crisi dello Stato di diritto in alcuni Stati membri di (relativamente) recente adesione pongono, però, in dubbio sia il conseguimento che il mantenimento del livello adeguato di tutela richiesto.

Allora, lo sviluppo giurisprudenziale di cui si è detto quanto alla nozione di autorità giudiziaria emittente appare coerente con questi dati. I diritti fondamentali appartengono indubbiamente al patrimonio culturale – prima ancora che politico e giuridico – dell’Unione e dei suoi Stati membri, ma molto deve essere ancora fatto, anche in Stati di democrazia consolidata, per garantire a quelli la protezione che meritano. Quindi, le sentenze della Cgue possono essere lette come interventi funzionali a rafforzare il livello di tutela richiesto.

Indubbiamente ciò va a incidere sull’efficienza dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia e, in particolare, della cooperazione giudiziaria in materia penale e del MAE. Tuttavia, rileggendo l’articolo 2 e l’articolo 6 del Tue, si scoprirà facilmente che i diritti fondamentali figurano tra i valori fondativi dell’Unione, che hanno natura di principi generali di diritto dell’Unione e che la Carta dei diritti fondamentali ha lo stesso valore giuridico dei trattati, mentre non lo stesso accade per quel che riguarda le pur legittime ragioni di efficienza ora ricordate.

 

6. Alcune considerazioni sull’orientamento della Corte Edu

Anche nel caso della Corte Edu sembra potersi identificare un percorso interpretativo che procede da una medesima interpretazione del requisito di indipendenza (e di quello di imparzialità) del potere giudiziario e da una generale esclusione dell’esigenza di indipendenza del pubblico ministero per approdare, nello specifico, a riconoscere che il pubblico ministero deve essere indipendente per poter svolgere determinate funzioni[63].

Infatti, la Corte Edu ha più volte riconosciuto che la garanzia di indipendenza (e quella di imparzialità) si applica(no) solo ed esclusivamente nei confronti di autorità incaricate di svolgere una funzione giurisdizionale in senso stretto, non nei confronti dell’organo dell’accusa che ha natura di parte nella vicenda processuale. 

Sotto questo punto di vista, la posizione espressa dalla Corte appare giustificata alla luce della pluralità di modelli esistenti nei diversi Stati europei quanto agli organi incaricati di svolgere la funzione dell’accusa e al legame eventualmente intercorrente tra questi e l’esecutivo. Non è questa la sede adeguata per procedere a una ricognizione di carattere comparatistico, ma si rileva comunque che, allo stato attuale, la tesi fatta propria dalla Corte Edu in materia sembra essere la più adeguata a garantire la convivenza tra i diversi sistemi, senza precludere la possibilità che nei singoli ordinamenti si adottino normative che tutelino l’indipendenza anche del pubblico ministero[64]

Tuttavia, va detto che questi sono gli esiti a cui la Corte di Strasburgo è giunta con riferimento all’interpretazione dell’art. 6, par. 1, Cedu. Ove si volga lo sguardo all’elaborazione relativa all’art. 5, par. 3 della stessa Convenzione, si nota che la Corte Edu è chiara nel richiedere che il soggetto privato della libertà personale sia tradotto al più presto davanti a un’autorità giudiziaria indipendente, ossia un’autorità che può anche configurarsi come pubblico ministero ma che deve essere garantita in maniera adeguata contro le ingerenze di terzi.

Evidentemente, ciò non si pone in contraddizione con quanto affermato in precedenza. Infatti la Corte Edu non si spinge fino all’estremo di imporre agli Stati un modello di pubblico ministero indipendente sempre e comunque, ma si limita ad affermare che, per quel che riguarda lo svolgimento di quella particolare funzione e nell’ottica di un’effettiva tutela del diritto alla libertà, se gli Stati scelgono di investire di quel compito il pubblico ministero, questi non può che essere indipendente. Dunque, sembra possibile escludere una lettura totalizzante dell’orientamento relativo all’art. 5, par. 3.

Lo stesso sembra potersi dire per quel che riguarda l’imparzialità del pubblico ministero. La Corte Edu non impone che esso sia imparziale, rimettendo la scelta agli Stati.

Tuttavia, en passant, ci si può chiedere, al riguardo, se non sia possibile giungere a un livello di tutela più alto. Infatti, può notarsi che, nella sentenza Vera Fernández-Huidobro c. Spagna, la Corte Edu ha riconosciuto che, per quanto un giudice incaricato di svolgere funzioni d’istruzione non rientri nella nozione di “tribunale”, perché non incaricato di assumere una decisione di merito, comunque l’attività istruttoria influenza in maniera diretta e ineluttabile lo svolgimento del processo e, dunque, la sua correttezza; pertanto, si impone il rispetto del requisito dell’imparzialità[65]

Al di là dell’evidente contrasto con quanto affermato nella sentenza Previti c. Italia, si rileva che questa impostazione potrebbe validamente trovare applicazione con riferimento al pubblico ministero, date le funzioni da esso svolte nella fase di indagine. 

Come rilevato dalla Commissione di Venezia, «il pubblico ministero deve agire in modo equo e imparziale. Anche nei sistemi in cui non appartiene alla magistratura, il pubblico ministero deve agire come un’autorità giudiziaria. Il suo ruolo non è di ottenere ad ogni costo una sentenza di condanna, bensì quello di mettere a disposizione del tribunale tutti gli elementi di prova attendibili acquisiti e non di scegliere solo quelli che convengono. Il pubblico ministero ha l’obbligo di comunicare tutti gli elementi probatori rilevanti per l’imputato e non unicamente quelli favorevoli all’accusa»[66].

Dunque, sembra legittimo parlare di un pubblico ministero che operi conformemente a un dovere di imparzialità durante le indagini. Più complicato è invece immaginare un pubblico ministero imparziale in sede processuale, data la sua natura di parte che farà di tutto – ovviamente, nei limiti di legge – per vedere accolte le proprie ragioni.

 

7. Conclusioni

Si è iniziato a svolgere queste considerazioni individuando un parallelismo tra la figura del pubblico ministero e quella della chimera.

A seguito dell’excursus relativo alle sentenze della Cgue e della Corte Edu non sembra possibile discostarsi da quell’indicazione di partenza. Infatti, sia secondo i giudici di Lussemburgo sia secondo i giudici di Strasburgo, il pubblico ministero è un membro del potere giudiziario, dalla cui posizione di parte processuale, però, derivano delle conseguenze che impediscono di procedere a una sua piena assimilazione con i magistrati incaricati di svolgere funzioni giudicanti. Ciò ha una ricaduta anche per quel che riguarda il riconoscimento in suo favore del carattere dell’indipendenza (oltre che quello dell’imparzialità).

Consapevoli di tale dato e delle differenti culture giuridiche degli Stati europei, le due Corti si sono dimostrate rispettose delle competenze di questi ultimi e non hanno mai inteso imporre un modello di pubblico ministero la cui indipendenza rispetto, in primis, al potere esecutivo sia tutelata in ogni caso. Le scelte al riguardo sono rimesse agli ordinamenti nazionali.

Tuttavia, entrambe le Corti riconoscono che il pubblico ministero deve essere necessariamente indipendente con riferimento al caso in cui si tratti di emettere MAE o di decidere del soggetto arrestato o detenuto tradotto dinanzi ad esso. 

La ragione di ciò è da identificarsi nella particolare incidenza che simili decisioni potrebbero avere sulla libertà personale dell’individuo. Dunque, per evitare che la scelta di privare il singolo della propria libertà sia influenzata da pressioni provenienti da terzi – in particolare, dall’esecutivo – il pubblico ministero deve essere indipendente. 

Si delinea, dunque, nella giurisprudenza di entrambe le Corti uno standard relativo alla tutela giurisdizionale effettiva sicuramente alto, che risulta idoneo ad assicurare una migliore protezione dei diritti fondamentali e che, perciò, non può che essere accolto con favore.

 

 

*   L’Autore desidera ringraziare Alberto Miglio per i preziosi consigli ricevuti. Eventuali errori e/o omissioni sono da attribuirsi alla sola responsabilità dell’Autore.

1. P. Calamandrei, Elogio dei giudici scritto da un avvocato, Ponte alle Grazie, Firenze, 1989, p. 56.

2. A. Pizzorusso, Problemi costituzionali di una riforma del Pubblico Ministero, in Giurisprudenza italiana, 1966, p. 81.

3. Per un’introduzione al riguardo, G. Micali, L’indipendenza del pubblico ministero e l’esegesi dell’art. 107 comma 4 della Costituzione, in Cass. pen., n. 1/1993, pp. 794 ss.; N. Zanon, Pubblico ministero e Costituzione, Cedam, Padova, 1996; G. Corso, Il pubblico ministero nel sistema costituzionale, in Diritto pubblico, n. 3/1997, pp. 885 ss.; A. Molari, Il P.M. tra gerarchia e autonomia, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 2/2006, pp. 422 ss.

4. Per una prima ricognizione in chiave comparatistica, M. Delmas-Marty e J.R. Spencer (a cura di), European Criminal Procedures, Cambridge University Press, Cambridge, 2002, e G. Gillieron, Public Prosecutors in the United States and Europe. A comparative Analysis with Special Focus on Switzerland, France, and Germany, Springer, Dordrecht, 2014.

5. Commissione di Venezia, Rapporto sulle norme europee in materia di indipendenza del potere giudiziario: Parte II – Il pubblico ministero, 17-18 dicembre 2010, CDL-AD(2010)040, punti 1 e 28.

6. Come noto, l’art. 2 Tue elenca i valori di natura politica su cui si basa il processo di integrazione europea, tra i quali si colloca anche lo Stato di diritto. In generale, su quest’articolo e sui valori dell’Unione, C. Tomuschat, Common Values and the Place of the Charter in Europe, in Revue européenne de droit public, n. 1/2002, pp. 159 ss. ; V. Constantinesco, Les valeurs de l’Union, quelques précisions et mises à jour complémentaires, in L. Potvin-Solis (a cura di), Les valeurs communes dans l’Union européenne, Bruylant, Bruxelles, 2014, pp. 47 ss.; M. Klamert e D. Kochenov, Article 2 TEU, in M. Kellerbauer - M. Klamert - J. Tomkin (a cura di), The Treaties and the Charter of Fundamental Rights – A Commentary, Oxford University Press, Oxford, 2019, pp. 22 ss.; J. Wouters, Revisiting Art. 2 TEU: A True Union of Values?, in European Papers, vol. 5, n. 1/2020, pp. 255 ss.  

7. In particolar modo, si tratta di considerare la seconda frase del paragrafo 1, ai sensi della quale «gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione». Al riguardo, M.E. Bartoloni, La natura poliedrica del principio della tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’art. 19, par.1, TUE, in Diritto dell’Unione europea, n. 2/2019, pp. 245 ss.

8. Al riguardo, M. Safjan e D. Düsterhaus, A Union of Effective Judicial Protection: Addressing a Multi-level Challenge through the Lens of Article 47 CFREU, in Yearbook of European Law, 2014, pp. 3 ss., e S. Prechal, The Court of Justice and Effective Judicial Protection: What Has the Charter Changed?, in C. Paulussen - T. Takacs - V. Lazić - B. Van Rompuy (a cura di), Fundamental Rights in International and European Law, Springer-Asser Press, L’Aia, pp. 143 ss.

9. Cgue, Land Hessen, C-272/19, 9 luglio 2020, punto 45 e giurisprudenza ivi citata.

10. Nel corso del tempo, al fine di evitare che l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione fosse rimesso alle scelte definitorie compiute a livello nazionale (sia sul piano legislativo/regolamentare, sia sul piano giurisprudenziale), la Corte di giustizia ha provveduto a chiarire il significato di alcuni concetti, in modo da conseguire «effectiveness by managing legal diversity» e creare un «level-playing field» comune – così V. Mitsilegas, Managing Legal Diversity in Europe’s Area of Criminal Justice: The Role of Autonomous Concepts, in R. Colson e S. Field (a cura di), EU Criminal Justice and the Challenges of Diversity. Legal Cultures in the Area of Freedom Security and Justice, Cambridge University Press, Cambridge, 2016, p. 127. In generale, sulle nozioni autonome nel diritto dell’Unione, L. Azoulai, The Europeanisation of Legal Concepts, in U. Neergaard e R. Nielsen (a cura di), European Legal Method in a Multi-Level Legal Order, Djøf Pub, Copenhagen, 2012, pp. 165 ss.; J. Engberg, Autonomous EU Concepts: Fact or Fiction?, in S. Šarčević (a cura di), Language and Culture in EU Law: Multidisciplinary Perspectives, Routledge, Abingdon/New York, 2016, pp. 169 ss.; A. Tizzano, Problemi “linguistici” nell’interpretazione e applicazione del diritto dell’Unione europea, in Diritto dell’Unione europea, n. 4/2017, pp. 861 ss.; V. Mitsilegas, Autonomous concepts, diversity management and mutual trust in Europe’s area of criminal justice, in Common Market Law Review, n. 1/2020, pp. 45 ss.

11. Cgue, Dorsch Consult Ingenieursgesellschaft c. Bundesbaugesellschaft Berlin, C-54/96, 17 settembre 1997, punto 23 e giurisprudenza ivi citata. Inoltre, si rinvia a Cgue, De Coster, C-17/00, 29 novembre 2001, punto 10; Standesamt Stadt Niebüll, C-96/04, 27 aprile 2006, punto 12; Umweltanwalt von Kärnten, C-205/08, 10 dicembre 2009, punti 34-39. La bibliografia sul rinvio pregiudiziale è sterminata. Per un’introduzione al tema, e comunque senza pretesa di esaustività, si rinvia a B. Nascimbene, Il giudice nazionale e il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, n. 6/2009, pp. 1675 ss.; A. Barav, Etudes sur le renvoi préjudiciel dans le droit de l’Union européenne, Bruylant, Bruxelles, 2011, M. Broberg, Le renvoi préjudiciel à la Cour de justice de l’Union européenne, Larcier, Bruxelles, 2013; A. Tizzano, Il rinvio pregiudiziale e la prassi dei giudici italiani, in Diritto dell’Unione europea, n. 2/2018, pp. 403 ss.

12. Cgue, Corbiau c. Administration des contributions, C-24/92, 30 marzo 1993, punto 15; Schmid, C-516/99, 30 maggio 2002, punto 36.

13. Cgue, RTL Belgium, C-517/09, 22 dicembre 2010, punti 39-40; Margarit Panicello, C-503/15, 16 febbraio 2017, punto 37.

14. Si rinvia, ex multis, a Cgue, Köllensperger e Atzwanger, C-103/97, 4 febbraio 1999, punto 21; Consorci Sanitari del Maresme, C-203/146, 6 ottobre 2015, punto 18.

15. Cgue, Jokela, cause riunite C-9/97 e C-118/97, 22 ottobre 1998, punto 20.

16. Cgue, Abrahamsson e Anderson, C-407/98, 6 luglio 2000, punto 32.

17. Ex multis, Cgue, Pilato, C-109/07, 14 maggio 2008, punto 24; TDC, C-222/13, 9 ottobre 2014, punto 32.

18. Cgue, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C-64/16, 27 febbraio 2018, punti 36, 41-44. Per un commento, si rinvia ad A. Miglio, Indipendenza del giudice, crisi dello stato di diritto e tutela giurisdizionale effettiva negli Stati membri dell’Unione europea, in Diritti umani e diritto internazionale, n. 2/2018, pp. 421 ss.; vds. anche L. Pech e S. Platon, Judicial independence under threat: The Court of Justice to the rescue in the ASJP case, in Common Market Law Review, n. 6/2018, pp. 1827 ss. Sul rapporto tra articolo 19 Tue e articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, J. Krommendijk, The independence of the judiciary. Article 19 TEU vs. Article 47 of the Charter, in A. Pahladsingh e R. Grimbergen (a cura di), The Charter and the Court of Justice of the European Union. Notable cases from 2016-2018, Wolf Legal Publishers, Tilburg, pp. 285 ss. 

19. Cgue, LM, C-216/18, 25 luglio 2018, ove la Corte ha riconosciuto che il test sviluppato nella sentenza Aranyosi e Căldăraru (Cgue, cause riunite C-404/15 e C-659/15 PPU, 5 aprile 2016) al fine di verificare se il destinatario del MAE, una volta consegnato, sia esposto al rischio effettivo di subire trattamenti inumani e degradanti in ragione dello stato delle carceri nello Stato membro di emissione, si applica anche alla tutela del diritto a un processo equo. Per un commento, T. Konstadinides, Judicial independence and the Rule of Law in the context of non-execution of a European Arrest Warrant: LM, in Common Market Law Review, n. 3/2019, pp. 743 ss., e D. Sarmiento, A comment on the CJEU’s judgment in LM, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, n. 4/2018, pp. 385 ss. In generale sul test Aranyosi e Căldăraru, M. Hong, Human Dignity, Identity Review of the European Arrest Warrant and the Court of Justice as a Listener in the Dialogue of Courts, in European Constitutional Law Review, n. 3/2016, pp. 549 ss.; L. Panella, Mandato di arresto europeo e protezione dei diritti umani: problemi irrisolti e “incoraggianti” sviluppi giurisprudenziali, in Freedom, Security & Justice: European Legal Studies, n. 3/2017, pp. 5 ss.; A. Łazowski, The Sky Is Not the Limit: Mutual Trust and Mutual Recognition après Aranyosi and Caldararu, in Croatian Yearbook of European Law & Policy, vol. 14, 2018, pp. 1 ss.

20. Per un’introduzione ai temi della crisi dello Stato di diritto, R. Mastroianni, Stato di diritto o ragion di Stato? La difficile rotta verso un controllo europeo del rispetto dei valori dell’Unione negli Stati membri, in E. Triggiani - F. Cherubini - I. Ingravallo - E. Nalin - R. Virzo (a cura di), Dialoghi con Ugo Villani, Cacucci, Bari, 2017, pp. 605 ss.; O. Porchia, Le respect de l’État de droit dans les États membres: la complémentarité des initiatives politiques et le rôle de la Cour de justice, in Aa. Vv., Liber Amicorum Antonio Tizzano. De la Cour CECA à la Cour de l’Union: le long parcours de la justice européenne, Giappichelli, Torino, 2018, pp. 769 ss.; U. Villani, Sul controllo dello Stato di diritto nell’Unione europea, in Freedom, Security & Justice: European Legal Studies, n. 1/2020, pp. 10 ss.

21. Vds. Cgue, Commissione c. Polonia (indipendenza della Corte suprema), C-619/18, 24 giugno 2019; A.K. (indipendenza della sezione disciplinare della Corte suprema), cause riunite C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, 19 novembre 2019; Miasto Łowicz, cause riunite C-558/18 e C-563/18, 26 marzo 2020; Commissione c. Polonia (regime disciplinare dei giudici), C‑791/19 R, ord. 8 aprile 2020. Per una panoramica quanto al contesto polacco, W. Sadurski, Poland’s Constitutional Breakdown, Oxford University Press, Oxford, 2019.

22. Cgue, X, cause riunite C-74/95 e C-129/95, 12 dicembre 1996, punti 18-19.

23. Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002, «relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri – Dichiarazioni di alcuni Stati membri sull’adozione della decisione quadro» (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX%3A32002F0584). 

24. Va detto che, nella proposta originaria di decisione quadro formulata da parte della Commissione europea, l’art. 3 indicava quali autorità giudiziarie emittenti il giudice e il pubblico ministero – vds. la «Proposta di decisione quadro del Consiglio relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri», COM(2001) 522 def. (https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2001:0522:FIN:IT:PDF).

25. Quando si parla di autonomia procedurale, si intende fare riferimento al fatto che «in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, è l’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro che designa il giudice competente e stabilisce le modalità procedurali delle azioni giudiziali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme comunitarie aventi efficacia diretta» (come riconosciuto a partire da Cgue, Rewe c. Landwirtschaftskammer für das Saarland, causa 33-76, 16 dicembre 1976, punto 5). Per un’introduzione all’autonomia procedurale, C.M. Kakouris, Do the Member States Possess Judicial Procedural “autonomy”?, in Common Market Law Review, n. 6/1997, pp. 1389 ss.; J.S. Delicostopoulos, Towards European Procedural Primacy in National Legal Systems, in European Law Journal, n. 5/2003, pp. 599 ss.; D.U. Galetta, L’autonomia procedurale degli Stati membri dell’Unione Europea: «Paradise Lost?», Giappichelli, Torino, 2009; A. Wallerman, Towards an EU law doctrine on the exercise of discretion in national courts? The Member States’ self-imposed limits on national procedural autonomy, in Common Market Law Review, n. 2/2016, pp. 339 ss. 

26. Cgue, Poltorak, C-452/16 PPU, 10 novembre 2016, punti 30-32, e Kovalkovas, C-477/16 PPU, 10 novembre 2016, punti 31-33.

27. Poltorak, cit., punti 33, 44-45; Kovalkovas, cit., punti 34, 43-44; Cgue, Özçelik, C-453/16 PPU, 10 novembre 2016, punti 33 e 36. 

28. Poltorak, cit., punto 52; Kovalkovas, cit., punto 48; Özçelik, cit., punto 38.

29. Cgue, OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau), cause riunite C-508/18 e C-82/19 PPU, 27 maggio 2019, punti 50, 66-67. Su questa pronuncia, K. Ambos, The German Public Prosecutor as (no) judicial authority within the meaning of the European Arrest Warrant: a case note on the CJEU’s judgment in OG (C-508/18) and PI (C 82/19 PPU), in New Journal of European Criminal Law, n. 4/2019, pp. 399 ss., e M. Böse, The European arrest warrant and the independence of public prosecutors: OG & PI, PF, JR & YC, in Common Market Law Review, n. 4/2020, pp. 1259 ss.

30. OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau), cit., punti 73-74.

31. OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau), cit., punto 84. Si ritiene opportuno fare presente che l’avvocato generale ha sostenuto una tesi differente. L’avvocato generale parte dal presupposto che la tutela giurisdizionale effettiva sia la tutela fornita dal soggetto che esercita la giurisdizione, ossia dall’autorità che applica il diritto al caso concreto e garantisce che il procedimento sia svolto secondo quanto stabilito dall’ordinamento nazionale. Nello Stato di diritto, ciò è prerogativa dei giudici e dei tribunali e non di altre autorità, che pure partecipano all’amministrazione della giustizia, come i pubblici ministeri, dato che queste non sono soggette esclusivamente alla legge, non presentano il medesimo grado di indipendenza dei giudici e sono sempre soggette all’ultima parola degli organi giurisdizionali. Per questo, il pubblico ministero non dovrebbe mai essere incaricato dell’emissione di MAE (conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona presentate il 30 aprile 2019, punti 66-67, 100).
Si sottolinea, comunque, che, a seguito della pronuncia OG e PI, la Germania ha provveduto a riformare la propria disciplina e ora i MAE tedeschi vengono emessi da autorità giurisdizionali.

32. Cgue, PF (procuratore generale di Lituania), C-509/18, 27 maggio 2019, punti 52, 54, 56. Anche in questo caso l’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona ha affermato che un organo del pubblico ministero non possa configurarsi come autorità giudiziaria emittente, in quanto una misura privativa della libertà come quella prevista dalla procedura di cui alla decisione quadro può essere adottata soltanto da un organo giurisdizionale stricto sensu, ossia dall’unica autorità in grado di fornire la tutela giurisdizionale effettiva sancita dall’articolo 47 della Carta e che goda di uno status di indipendenza che ne salvaguardi l’assoggettamento esclusivo alla legge (conclusioni presentate il 30 aprile 2019, punti 18 e 25).

33. Cgue, Procura generale del Granducato di Lussemburgo e Openbaar Ministerie (procuratori della Repubblica di Lione e di Tours), cause riunite C‑566/19 PPU e C‑626/19 PPU, 12 dicembre 2019, punti 54-56. Anche in questo caso l’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona ha sostenuto la tesi secondo cui il pubblico ministero non può mai essere considerato autorità giudiziaria emittente (conclusioni presentate il 26 novembre 2019).

34. Cgue, NJ (Procura di Vienna), C-489/19 PPU, 9 ottobre 2019, punti 39-40, 43-46. L’analisi svolta dalla Corte è sostanzialmente analoga a quella che si può trovare nelle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston, presentate il 17 settembre 2019 (punti 49-50, 59, 92-98).

35. Conferme ulteriori quanto a questa impostazione si ravvisano in altre sentenze della Cgue, relative a questioni inerenti al controllo giudiziario che deve essere svolto al fine dell’emissione del MAE. Al riguardo, si vedano Cgue, Openbaar Ministerie (Procura, Svezia), C-625/19 PPU, 12 dicembre 2019, e Openbaar Ministerie (Procuratore del Re di Bruxelles), C-627/19 PPU, 12 dicembre 2019.

36. Anche in questo caso la decisione quadro si limita a rimettere la scelta dell’autorità competente agli Stati membri, senza definire il concetto.

37. Cgue, Openbaar Ministerie (falso in atti), C-510/19, 24 novembre 2020, punto 54. 

38. Direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale.

39. Per un’introduzione quanto all’OEI, S. Monici, La direttiva 2014/41/UE relativa all’ordine europeo di indagine penale, in Eurojus, 29 giugno 2014, e F. Ruggieri, Le nuove frontiere dell’assistenza penale internazionale: l’ordine europeo di indagine penale, in Processo penale e giustizia, n. 1/2018, pp. 131 ss.

40. Cgue, Procura di Vienna (falsificazione di ordini di bonifico), C-584/19, 8 dicembre 2020, punti 50-52, 72-75.

41. Per un’introduzione, L.F. Müller, Judicial Independence as a Council of Europe Standard, in T. Giegerich e A. Proelss (a cura di), German Yearbook of International Law, vol. 52, 2009, pp. 461 ss.

42. Ex multis, Corte Edu, Campbell and Fell c. Regno Unito, ricc. nn. 7819/77 e 7878/77, 28 giugno 1984, punti 77-78 e Beaumartin c. Francia, ric. n. 15287/89, 24 novembre 1994, punto 38.

43. Ex multis, Corte Edu, Flux c. Moldavia (n. 2), ric. n. 31001/03, 3 luglio 2007, punto 27. Sulle modalità di nomina, ma con riferimento al parametro del tribunale costituito per legge, si è registrata una recente pronuncia di particolare importanza: Corte Edu, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda, ric. n. 26374/18, 1° dicembre 2020, alla quale si fa rinvio – per un primo commento, H.P. Graver, A New Nail in the Coffin for the 2017 Polish Judicial Reform. On the ECtHR judgment in the case of Guðmundur Andri Ástráðsson v. Iceland (Application no. 26374/18), in Verfassungsblog, 2 dicembre 2020.

44. Si vedano, per esempio, Corte Edu, Kleyn e altri c. Paesi Bassi, ricc. nn. 39343/98, 39651/98, 43147/98 e 46664/99, 6 maggio 2003, punto 190, e Grande Stevens e altri c. Italia, ricc. nn. 18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10 e 18698/10, 4 marzo 2014, punto 132.

45. Ex multis, Corte Edu, Kyprianou c. Cipro, ric. n. 73797/01, 15 dicembre 2005, punto 118, e Micallef c. Malta, ric. n. 17056/06, 15 ottobre 2009, punto 93.

46. Corte Edu, Belilos c. Svizzera, ric. n. 10328/83, 29 aprile 1988, punto 64.

47. Corte Edu, Sramek c. Austria, ric. n. 8790/79, 22 ottobre 1984, punto 36.

48. Corte Edu, Benthem c. Paesi Bassi, ric. n. 8848/80, 23 ottobre 1985, punti 40 e 43.

49. Corte Edu, Galina Kostova c. Bulgaria, ric. n. 36181/05, 12 novembre 2013, punto 59.

50. Corte Edu, Lesnik c. Repubblica slovacca, ric. n. 35640/97, 11 marzo 2003, punto 54.

51. Sul tema, si possono leggere M. Starita, La questione della prescrittibilità dei crimini contro l’umanità: in margine al caso Priebke, in Rivista di diritto internazionale, n. 1/1998, pp. 90 ss., e R. Cappitelli, In tema di reati contro le leggi e gli usi della guerra (osservazioni a Sez. I, 27/06/03, dep. 12/09/03, n.35488, Priebke), in Cass. pen., n. 9/2004, pp. 2873 ss.

52. Corte Edu, Priebke c. Italia, ric. n. 48799/99, 5 aprile 2001, punto 1, lett. b) della parte in diritto. 

53. Corte Edu, Forcellini c. San Marino, ric. n. 34657/97, 28 maggio 2002, punto 2 (ove la Corte sottolinea che, comunque, il procuratore del Fisco è un rappresentante della collettività che vigila sull’applicazione della legge e la corretta amministrazione della giustizia) e De Lorenzo c. Italia, ric. n. 69264/01, 12 febbraio 2004, punto 1, lett. c) della parte in diritto.

54. Corte Edu, Previti c. Italia, ric. n. 45291/06, 8 dicembre 2009, punto 255. 

55. Ex multis, Corte Edu, Assenov e altri c. Bulgaria, ric. n. 24760/94, 28 ottobre 1998, punto 146.

56. Corte Edu, Pantea c. Romania, ric. n. 33343/96, 3 giugno 2003, punto 236; Medvedyev c. Francia, ric. n. 3394/03, 29 marzo 2010, punto 122; Moulin c. Francia, ric. n. 37104/06, 23 novembre 2011, punto 58.

57. A. Klip, Eroding Mutual Trust in an European Criminal Justice Area without Added Value, in European Journal of Crime, Criminal Law and Criminal Justice, n. 2/2020, p. 109. L’Autore fa anche riferimento alla giurisprudenza in materia di tutela dei diritti fondamentali.

58. Sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie, senza pretese di completezza, C. Amalfitano, Conflitti di giurisdizione e riconoscimento delle decisioni penali nell’Unione Europea, Giuffrè, Milano, 2006; N. Parisi, Tecniche di costruzione di uno spazio penale europeo. In tema di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie e di armonizzazione delle garanzie procedurali, in Studi sull’integrazione europea, n. 7/2012, pp. 33 ss.; C. Janssens, The Principle of Mutual Recognition in EU Law, Oxford University Press, Oxford, 2013.

59. Sul principio di fiducia reciproca, senza pretese di completezza, B. Nascimbene, Le traité de Lisbonne et l’espace judiciaire européen: le principe de confiance réciproque et reconnaissance mutuelle, in Revue des affaires européennes, n. 4/2011, pp. 787 ss.; E. Regan, The role of the principles of mutual trust and mutual recognition in EU law, in Diritto dell’Unione europea, n. 2/2018, pp. 231 ss.; C. Rizcallah, The challenges to trust-based governance in the European Union: Assessing the use of mutual trust as a driver of EU integration, in European Law Journal, n. 1/2019, pp. 37 ss.

60. Il riferimento è al ben noto parere sull’adesione dell’Unione europea alla Cedu (Cgue, parere 2/13, 18 dicembre 2014, punto 191).

61. Per esempio, S. Peers, Mutual recognition and criminal law in the European Union: Has the Council got it wrong?, in Common Market Law Review, n. 1/2004, pp. 5 ss., e V. Mitsilegas, The constitutional implications of mutual recognition in criminal matters in the EU, ivi, n. 5/2006, pp. 1277 ss.

62. Al riguardo, A. Iermano, Garanzie minime nello spazio europeo di giustizia penale, Editoriale Scientifica, Napoli, 2014.

63. Da un punto di vista classificatorio, va comunque notato che, mentre la Corte Edu distingue tra indipendenza e imparzialità, la Cgue parla di aspetto esterno e aspetto interno dell’indipendenza. Inoltre, nella giurisprudenza della prima è da tempo acquisita la distinzione tra imparzialità soggettiva e oggettiva, che non pare essere ancora emersa negli orientamenti della seconda.

64. Oltre ai testi citati in precedenza, si rinvia ad A. Balsamo e L. Trizzino, Il rapporto tra indipendenza del pubblico ministero e tutela della libertà personale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, in Cass. pen., n. 3/2011, pp. 1226 ss.

65. Corte Edu, Vera Fernández-Huidobro c. Spagna, ric. n. 74181/01, 6 gennaio 2010, punto 111.

66. Commissione di Venezia, Rapporto, cit., punto 15.