Magistratura democratica

Gli amici curiae

di Marilisa D’Amico

L’Autrice si sofferma sulle recenti modifiche alle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale. In questo contesto, il tema degli amici curiae è inserito nel più vasto argomento della partecipazione al giudizio costituzionale, e in particolare dell’intervento dei terzi, oggetto di riflessioni anche sul piano del diritto comparato.

1. Amici curiae e terzi: un nuovo contraddittorio dinanzi al Giudice costituzionale? / 2. Gli amici curiae: chi sono, cosa fanno, cosa non sono / 3. Parti e intervenienti nella giurisprudenza della Corte / 4. Gli amici curiae davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo / 5. Qualche riflessione dall’analisi dell’ordinamento tedesco / 6. Le prime decisioni dopo la modifica delle norme integrative: una significativa pronuncia che illumina il significato della riforma / 7. L’intervento di terzi nei giudizi in via incidentale successivi all’ord. n. 202 del 2020 / 8. L’intervento di terzi nei giudizi in via principale in seguito all’approvazione della riforma / 9. Il significativo utilizzo dell’istituto degli amici curiae e la sua valorizzazione nel giudizio costituzionale / 10. Alcuni recenti decreti di ammissibilità delle opinioni scritte dagli amici curiae / 11. Conclusioni

 

1. Amici curiae e terzi: un nuovo contraddittorio dinanzi al Giudice costituzionale?

La recente modifica del gennaio 2020 delle «Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale» è stata presentata come una “novità” e un’apertura alla società civile, una vera svolta rispetto al passato, e, come tale, è stata commentata entusiasticamente o criticata aspramente dalla dottrina[1]

Nelle mie riflessioni, vorrei tentare di inquadrare il tema non tanto come “apertura”, inedita rispetto al passato, quanto piuttosto come elemento di razionalizzazione e di maggiore strutturazione e valorizzazione del processo costituzionale. 

Non è privo di rilievo, in queste premesse introduttive, sottolineare che tali modifiche alle norme integrative, grazie al rinvio operato dall’art. 23 delle stesse, si rendono applicabili non solo al giudizio in via incidentale, ma anche a quello in via principale.

Questa considerazione consente di tornare a ragionare sul “processo costituzionale”[2] nel suo complesso e sulla sua natura intrinsecamente ambigua (o forse, più correttamente, sui «più “processi costituzionali”»[3]).

A tale proposito, si è già in altra sede sottolineato questo carattere ambiguo, determinato dalla dicotomia fra un processo indipendente dalla Corte costituzionale e schiacciato sul giudizio a quo oppure un processo prodotto e disponibile da parte della stessa Corte, dicotomia comunque stemperata nel riconoscimento di una autonomia del Giudice costituzionale nel determinare in parte le regole processuali[4].

Proprio tali recenti modifiche delle norme integrative non fanno che confermare, in fondo, l’impostazione secondo cui, se è la Corte stessa a scrivere le regole del proprio processo, quello costituzionale è qualcosa di ben differente rispetto a tutti gli altri processi, nonostante se ne possano individuare indubbie affinità terminologiche e concettuali.

Queste modifiche, per il tema che in questa sede specificamente interessa, ossia quello relativo al ruolo degli amici curiae, offrono allora anche l’occasione per tornare nuovamente a riflettere su profili più generali, che pongono in stretta connessione le considerazioni sul ruolo delle parti e dei terzi con la sopra citata natura intrinsecamente ambigua del processo costituzionale. Occorre, infatti, pur sempre tenere conto delle indubbie differenze che rispettivamente caratterizzano il giudizio in via incidentale e quello in via principale, innanzitutto se si considera la natura di “giudizio di parti” del secondo, che pone ulteriori e differenti profili problematici rispetto al possibile ingresso di terzi nel contraddittorio[5].

Devo preliminarmente chiarire che nelle mie riflessioni non ritengo separabile un ragionamento sul ruolo e sulla disciplina dei cd. amici curiae, oggi introdotta nel nuovo art. 4-ter delle norme integrative, da considerazioni anche sulle novità in tema di intervento di terzi, soprattutto dal punto di vista procedurale, contenute nel novellato art. 4 delle stesse. Le due norme, insieme al nuovo art. 14-bis, che prevede la possibilità, per la Corte, di farsi aiutare da «esperti di chiara fama», contribuiscono a costruire un processo costituzionale più articolato, nel quale si definiscono meglio i ruoli e i confini dei soggetti ammessi al contraddittorio (gli intervenienti) e di quelli che possono soltanto portare alla Corte un contributo di ragionamento e di idee (gli amici curiae). 

Ragionando sull’insieme della riforma, può meglio riconoscersi, a mio parere, il percorso di maturazione del processo costituzionale, soprattutto di quello “in via incidentale”: da processo “senza parti” e soprattutto chiuso all’intervento di qualsiasi altro soggetto, a processo che comincia ad aprirsi con molte contraddizioni a interventi di terzi “legati al processo”, come sinteticamente esporrò fra breve e nel quale, in modo netto, emergono figure di “amici curiae” che, pur venendo sistematicamente espulsi, come interventori inammissibili, dal contraddittorio, si presentano per offrire un apporto al Giudice costituzionale, alle nuove norme che finalmente distinguono sia sostanzialmente che proceduralmente tali soggetti. Norme che introducono anche la possibilità, con l’art. 14-bis, che sia la stessa Corte a chiamare soggetti «esperti», in una camera di consiglio aperta alle parti, per approfondire questioni complesse con strumenti nuovi e ulteriori rispetto alla disciplina dell’istruttoria. 

Questa riforma esprime certamente un’esigenza, ma anche un cambiamento profondo nel ruolo e nella posizione del Giudice costituzionale nella società: un Giudice costituzionale che, sempre più spesso, è chiamato a risolvere problemi complessi, non di rado legati anche alla scienza, dove è importante cogliere tutti i profili; problemi legati anche alla trasformazione profonda del ruolo del giurista, in una realtà dove la legge non basta più da sola, un mondo giuridico, per dirla con le bellissime parole di Paolo Grossi, «oltre la legalità»[6]

 

2. Gli amici curiae: chi sono, cosa fanno, cosa non sono

La novità più significativa e più apprezzabile di tale modifica attiene, a mio avviso, alla separazione netta, nel processo costituzionale, della fase dell’ammissibilità degli interventi e dell’ammissibilità del deposito delle “opinioni” degli amici curiae, dall’udienza. 

Mentre fino a gennaio 2020 il “contraddittorio” si completava in udienza con la discussione dell’ammissibilità degli interventi di chi non fosse parte del giudizio a quo e l’ordinanza di ammissione o di esclusione del Giudice costituzionale prima della discussione nel merito in udienza, dopo questa modifica vengono temporalmente separati dall’udienza i momenti di “formazione” del contraddittorio, riservati a una camera di consiglio precedente l’udienza, per gli interventi, e a una decisione del presidente, sentito il giudice relatore, per le opinioni scritte degli “amici curiae”.

Tutto questo contribuisce a creare un ordine e un peso del “contraddittorio”: possono «intervenire i titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio» (art. 4, comma 7), i quali, se ammessi, acquistano la qualità di “parte” del giudizio. 

Tutt’altra posizione quella degli “amici curiae”. 

L’art. 4-ter li definisce in positivo e in negativo. 

Essi sono «formazioni sociali senza scopo di lucro e i soggetti istituzionali, portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di costituzionalità». Si tratta quindi dei soggetti che, come vedremo, già intervenivano nel giudizio costituzionale, in modo sempre più frequente, ma del cui intervento la Corte aveva sempre dichiarato l’inammissibilità. 

Significativa anche la circostanza che la Corte non parli di “atto di intervento”, ma di deposito di un’opinione. Opinione che «non può superare la lunghezza di 25.000 caratteri, spazi inclusi», e che, sulla scia del modello della Corte europea dei diritti dell’uomo, come vedremo, deve offrire per essere ammessa «elementi utili alla conoscenza e alla valutazione del caso, anche in ragione della sua complessità» (commi 2 e 3). 

Decisivo il comma 5 dell’art. 4-ter, che crea una separazione netta fra terzi intervenienti e amici curiae, delimitando in modo preciso i confini del contraddittorio costituzionale: i soggetti le cui opinioni sono state ammesse «non assumono la qualità di parte del giudizio, non possono ottenere copia degli atti, non partecipano all’udienza». 

Rispetto al passato, gli amici curiae rimangono quindi totalmente estranei al contraddittorio costituzionale.

Per questo motivo, ritengo che la riforma irrobustisca il processo costituzionale, ma non sia affatto un’apertura a soggetti sconosciuti nel passato, che anzi avevano accesso agli atti e spazio nell’udienza pubblica, sia pure solo ai fini di sostenere l’ammissibilità del loro intervento, quanto piuttosto una vera razionalizzazione che valorizza chi interviene, che acquisisce la qualità di “parte” e ridimensiona, almeno per quello che riguarda la presenza “scenica”, chi vuole portare un proprio punto di vista, che rimane totalmente estraneo all’udienza e quindi al contraddittorio costituzionale. 

Per comprendere meglio questo decisivo passaggio nella costruzione del processo costituzionale, ritengo necessario ripercorrere la storia del contraddittorio dinanzi alla Corte costituzionale, evidenziandone il percorso di ampliamento, ma anche le numerose contraddizioni. 

 

3. Parti e intervenienti nella giurisprudenza della Corte

Come è noto, in Assemblea costituente, con la bocciatura dell’azione diretta e la successiva scelta per il sistema incidentale, il ruolo del cittadino come portatore di una visione generale, di idee e principi utili a tutti viene fortemente ridotto. 

Vero è che la parte del giudizio a quo, intervenendo nel giudizio costituzionale, dovrebbe rappresentare anche interessi più ampi e il “caso” oggetto del giudizio divenire emblema e veicolo di una decisione dagli effetti e dai riflessi generali[7]

Tuttavia, in concreto, il ruolo delle parti è sempre stato ridimensionato dalla Corte, sia per la loro ininfluenza nel modificare il contenuto dell’ordinanza di rimessione[8], sia per la totale chiusura, almeno fino alla nota sentenza n. 20 del 1982, a qualsiasi intervento di soggetti che non fossero parti formali del giudizio a quo

Nella decisione n. 20 del 1982 la Corte costituzionale, infatti, ha ammesso per la prima volta l’intervento nel suo processo di soggetti non formalmente parti del giudizio a quo, allo scopo di tutelarne il diritto di difesa ex art. 24 Cost., perché titolari di un «interesse a difendere» la propria posizione processuale incisa dall’autorimessione di una nuova e diversa questione di costituzionalità sollevata dalla Corte costituzionale dinanzi a se stessa.

Pur a fronte di tale apertura, dal 1982 inizia però al tempo stesso una giurisprudenza altalenante e contraddittoria, dove si riscontrano alcune aperture e molte chiusure e dove è sostanzialmente la Corte a decidere i criteri di ammissibilità, spesso contraddicendosi.

Fino alla seconda “apertura”, infatti, la Corte ribadisce per tutti gli anni ottanta la propria chiusura in tema di intervento, nonostante alcuni richiami effettuati dai terzi che chiedevano di intervenire alla decisione n. 20 del 1982, che la Corte definisce alla stregua di un’«eccezione che conferma la regola»[9]

In quel periodo, la Corte non ha, così, mancato di dichiarare inammissibili interventi di soggetti privati, perché non parti costituite del giudizio a quo[10], nonché di soggetti pubblici portatori di un interesse qualificato alla questione di costituzionalità da un punto di vista oggettivo[11]. La Corte ha, invece, dichiarato ammissibile l’intervento dispiegato da un partito politico, perché interventore non estromesso nel giudizio a quo, accogliendo un’impostazione di fondo favorevole all’ammissibilità di interventi nel giudizio di costituzionalità dispiegati da parte soggetti titolari di una posizione processuale già definita nel giudizio principale. 

Una seconda importante apertura si innesta, poi, in occasione della decisione n. 429 del 1991. 

In quella pronuncia, la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile l’intervento del padre naturale che non era parte del processo a quo e che non vi aveva dispiegato un proprio intervento, essendo precluso per legge, in quanto la questione di costituzionalità verteva proprio sulla mancata legittimazione e dall’eventuale accoglimento sarebbe derivato il diritto per il padre naturale di partecipare al processo a quo.

Riprendendo, sebbene non esplicitamente, l’impostazione della sentenza n. 20 del 1982, la Corte costituzionale conferma la propria giurisprudenza in senso ostativo all’ammissibilità di interventi dispiegati da soggetti che non siano parti del giudizio a quo, ma, allo stesso tempo, chiarisce che «il preteso padre naturale, in quanto privo di legittimazione ad agire in un giudizio di disconoscimento della paternità, non aveva diritto di intervenire nel giudizio di reclamo proposto dai genitori legittimi contro il decreto di nomina del curatore speciale»[12] e che, quindi, «avendo il giudice del reclamo sollevato d’ufficio questione di costituzionalità dell’art. 244 c.p.c. anche nella parte in cui non prevede la legittimazione del preteso padre naturale, è sorto in questi un interesse diretto a intervenire nel giudizio incidentale perché dall’esito di tale giudizio dipende il suo diritto di intervento nel giudizio a quo»[13].

Se, quindi, il criterio di ammissibilità dell’intervento nel giudizio di costituzionalità rimane quello della qualifica formale di parte processuale nel giudizio a quo, la Corte introduce però una nuova eccezione sulla scorta della già citata sentenza n. 20 del 1982. La regola vale a meno che l’oggetto del giudizio costituzionale non sia costituito da una norma che riguardi direttamente lo stesso “essere parte” nel giudizio a quo del soggetto privato che avanza la propria richiesta di intervento.

Ne discendono due conseguenze importanti. 

La prima è che, per la Corte, vi sono dei casi nei quali è possibile e, anzi, doveroso dare spazio anche nel suo giudizio a interessi specifici e che su questi stessi interessi può radicarsi e, dunque, ammettersi l’intervento di soggetti privati che non siano parti del giudizio a quo

La seconda, più generale, che si può essere parti del giudizio di costituzionalità anche senza essere formalmente parti del giudizio principale, ma nei limiti tracciati dalla sentenza n. 429 del 1991. Il contraddittorio viene, quindi, a costruirsi in chiave “residuale”, come sede che non può tollerare che posizioni soggettive rimangano sguarnite di tutela.

In una sentenza di poco successiva, la n. 314 del 1992, la Corte compie un ulteriore passo in avanti. Questa volta, l’intervento dichiarato ammissibile riguardava la cd. “parte necessaria” del giudizio principale e, cioè, un soggetto non costituitosi nel giudizio a quo perché non posto nelle condizioni di conoscere l’atto introduttivo. 

Si tratta di un caso che segna un’importante svolta nella storia del processo costituzionale, in cui la Corte apre la strada non solo alle parti “storiche”, ma anche a quelle “giuridiche”. La Corte mostra di volersi far carico dei vizi processuali che possono sorgere nell’ambito del giudizio principale, attenuando quell’impostazione che voleva il giudizio costituzionale necessariamente separato e distinto dal giudizio a quo

La Corte, quindi, giunge ad ammettere che nel suo processo vi sono parti; che le vicende del processo costituzionale toccano “diritti”, che non possono essere ignorati; che questi “diritti” sono anche quelli del giudizio a quo e che al Giudice costituzionale può essere assegnato il compito di riparare a errori del processo a quo.

A queste importanti novità si alternano, però, nella giurisprudenza costituzionale degli anni novanta anche numerose decisioni di inammissibilità.

Si tratta di pronunce in cui la Corte ribadisce il principio generale della necessaria corrispondenza tra parti del giudizio a quo e parti del processo costituzionale[14] fino alla decisione n. 456 del 1993, con cui la Corte costituzionale ammette, per la prima volta, l’intervento di un soggetto pubblico nel proprio giudizio. 

Nella sentenza n. 456 del 1993, infatti, la Corte dichiara ammissibile l’intervento della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri perché, a suo avviso, le norme oggetto della questione di costituzionalità interessano anche la sfera di competenza degli Ordini professionali, poiché attengono all’oggetto della professione medica e della relativa attività. 

Pure presentata come una novità sul piano dell’interpretazione delle regole che presiedono alla formazione del contraddittorio costituzionale, la decisione n. 456 del 1993, poi ripresa dalla successiva sentenza n. 171 del 1996, non è stata però sempre confermata nelle decisioni degli anni seguenti.

Anzi, come premesso, la giurisprudenza costituzionale successiva ha continuato a oscillare tra chiusure – improntate alla regola della rigorosa corrispondenza tra parti del giudizio a quo e parti del giudizio di costituzionalità[15] – e aperture. 

Si pensi alla decisione n. 108 del 1995, in cui, valutando direttamente il rapporto fra l’interesse di cui è titolare il soggetto che chiede di intervenire e l’oggetto del giudizio di costituzionalità, la Corte apre il contraddittorio a un soggetto che non era parte del giudizio a quo. Ancora, può richiamarsi la sentenza n. 248 del 1997 in cui, a dimostrazione di quanto siano ancora poco rigorosi i criteri di selezione impiegati dalla Corte in sede di valutazione dell’ammissibilità dell’intervento, vengono dichiarati, inspiegabilmente, inammissibili numerosi interventi di associazioni di categoria. 

Se la giurisprudenza costituzionale inizia, quindi, a valorizzare i “diritti” del soggetto privato quale terzo interveniente nel processo costituzionale, non così può dirsi invece per i soggetti pubblici, estranei alla posizione giuridica specifica del giudizio a quo.

L’ingresso dei soggetti pubblici, portatori di un interesse generale e collettivo, nel giudizio di costituzionalità continua così a essere prevalentemente ostacolato dalla giurisprudenza costituzionale maggioritaria o comunque rimesso alla discrezionale sindacabilità del Giudice costituzionale.

Tale impostazione viene codificata con la modifica delle norme integrative del 2004.

Queste introducono, infatti, un riferimento esplicito alla eventualità che soggetti terzi, diversi dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal presidente della Giunta, possano richiedere di dispiegare un intervento nell’ambito del giudizio di costituzionalità e rimettono alla Corte costituzionale la competenza a deciderne l’ammissibilità.

Il novellato art. 4, comma 3, stabiliva che: «[e]ventuali interventi di altri soggetti, ferma la competenza della Corte a decidere sulla loro ammissibilità, devono aver luogo con le modalità di cui al comma precedente».

La riforma, quindi, assegna discrezionalità alla Corte nel selezionare gli interventi, codificando la prassi inauguratasi a partire dal 1982. 

Oltre agli elementi di diritto positivo, un dato, però, nella giurisprudenza successiva, va chiarendosi: le associazioni portatrici di interessi generali, quelle che sarebbero gli “amici curiae” della recente riforma, intervengono in modo sempre più intenso e “visibile”, pur venendo sistematicamente dichiarate inammissibili. 

Si crea così una situazione di fatto nella quale questi soggetti rivestono un ruolo nel processo costituzionale, essendo loro consentito di depositare atti di costituzione e memorie scritte che spesso entrano a far parte degli argomenti della decisione costituzionale. 

In linea pratica, in molte situazioni l’apporto degli interventi poi dichiarati inammissibili in udienza è più significativo di quello delle parti formalmente costituite[16]

Addirittura, in molti casi, in assenza di parti regolarmente costituite, erano solo tali associazioni a “difendere” la questione e a supportare i profili di illegittimità costituzionale. 

Prima di questa riforma, dunque, i cd. “amici curiae” facevano già parte di fatto del processo costituzionale ed erano tenuti in considerazione dalla Corte: si costituivano formalmente, osservando i termini, avevano accesso agli atti delle parti costituite, partecipavano all’udienza pubblica solo per difendere l’ammissibilità del loro intervento e, una volta dichiarati inammissibili, rimanevano, volendo, nella stessa aula d’udienza. 

Di fatto, dunque, gli interventi delle associazioni dispiegavano effetti e la presenza stessa delle associazioni in udienza consentiva loro di veicolare attraverso la comunicazione anche i principi e i valori che stavano rappresentando davanti al Giudice costituzionale. 

La Corte costituzionale, quindi, nei fatti si era già “aperta” alla società civile: la presenza fisica delle associazioni in udienza e la loro possibilità di accedere al contraddittorio, sia pure attraverso gli atti scritti, poneva già la Corte a contatto con visioni e argomenti più generali ed esterni rispetto a quelli delle parti formalmente costituite. 

In questa direzione, per esempio, si possono ricordare le decisioni nn. 151 del 2009, 138 del 2010, 162 del 2014, rese in materie cd. eticamente sensibili, relative rispettivamente alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e al riconoscimento del matrimonio fra persone dello stesso sesso.

La Corte costituzionale, in queste occasioni, ritiene inammissibili i diversi interventi spiegati nei giudizi dei soggetti che non fossero parti dei giudizi a quibus, in ragione della mancanza di titolarità di un interesse qualificato suscettibile di essere inciso dalle decisioni della Corte stessa e della sussistenza di un interesse di mero fatto: tuttavia, nella motivazione delle decisioni, è stato dedicato spazio ad argomentazioni introdotte dalle associazioni, anche sottolineandone l’analogia con profili dedotti dai giudici remittenti, che avevano potuto depositarie atti e memorie scritte, ma il cui intervento era stato dichiarato inammissibile in udienza.

È importante sottolineare al riguardo che, anche laddove la Corte renda conto “solo” dell’identità o analogia dei profili posti in evidenza nei relativi atti e memorie di intervento, con ciò essa mostri esplicitamente di aver conferito, evidentemente, rilievo agli stessi. In particolare, infatti, tale ulteriore documentazione, pur proveniente da soggetti terzi non parti dei giudizi principali, è confluita e confluisce nei lavori preparatori e istruttori informali interni della Corte. 

Merita di essere segnalata, a conferma dell’eccezionalità delle aperture da parte del Giudice costituzionale, la sentenza n. 180 del 2018[17]. In quella occasione sono intervenute nel giudizio le Camere penali italiane che, oltre all’ammissibilità del proprio intervento, chiedevano la dichiarazione di inammissibilità o infondatezza delle questioni sollevate in materia di astensione dalle udienze degli avvocati in caso di imputato in stato di custodia cautelare o di detenzione. La Corte, in modo significativo, pur rilevando che le Camere penali non erano parti in nessuno dei giudizi a quibus, dichiara ammissibile il relativo intervento, sottolineando la natura di «soggetti terzi (…) titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di censura». 

Da ultimo, sebbene la decisione sia resa in un giudizio per conflitto di attribuzione fra enti, che condivide con il giudizio in via principale la natura di giudizio di e fra parti[18], deve essere segnalata la sentenza n. 230 del 2017, dove la Corte, ribadendo che, «di regola, non è ammesso l’intervento di soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il conflitto o a resistervi», afferma che «non può escludersi che l’oggetto del conflitto sia tale da coinvolgere, in modo immediato e diretto, situazioni soggettive di terzi, il cui pregiudizio o la cui salvaguardia dipendono dall’esito dello stesso». Poiché, nel caso, la società interveniente è stata parte del giudizio amministrativo avente a oggetto il provvedimento di autorizzazione e poiché con il giudizio costituzionale instaurato la Regione Puglia mira «in definitiva a incidere su tale provvedimento», «l’esito dell’odierno giudizio è suscettibile di ripercuotersi sulla posizione giuridica soggettiva della società, la quale si fonda proprio su quel provvedimento». In tal modo, quindi, si permette alla società di «far valere le sue ragioni davanti» alla Corte.

Come si è cercato di mostrare, dunque, è proprio la giustificazione che la Corte individua per sostenere l’ammissibilità (pure sporadica) a confluire in modo diretto e sostanzialmente identico nell’attuale previsione del riformulato art. 4 delle norme integrative, senza per nulla scardinare la natura del processo costituzionale[19].

 

4. Gli amici curiae davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo

Il processo dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu) offre spunti interessanti di confronto con il modello italiano.

La nostra dottrina[20], infatti, aveva evidenziato in varie occasioni la necessità di una razionalizzazione del contraddittorio dinanzi alla Corte costituzionale seguendo anche altri modelli, come quello della Corte Edu, che prevede una codificazione molto dettagliata delle norme che regolano l’intervento dei terzi e degli amici curiae.

È infatti la stessa Convenzione europea dei diritti dell’uomo a guardare con particolare favore agli interventi dispiegati dai terzi e dagli amici curiae[21]

La disciplina è contenuta innanzitutto nell’art. 36 («Intervento di terzi»): il primo paragrafo regola l’intervento dello Stato contraente il cui cittadino sia ricorso in giudizio dinanzi alla Corte Edu, ammettendolo sia a presentare osservazioni scritte sia a prendere parte al contraddittorio.

Diversa è, invece, la regolamentazione dell’intervento di altre parti che siano interessate alla causa pendente dinanzi alla Corte europea. 

Il secondo paragrafo dell’art. 36 dispone, infatti, che «[n]ell’interesse di una corretta amministrazione della giustizia, il presidente della Corte può invitare ogni Alta Parte contraente che non sia parte in causa od ogni persona interessata diversa dal ricorrente, a presentare osservazioni per iscritto o a partecipare alle udienze».

Il presidente della Corte, quindi, può ammettere l’intervento di terze parti, la cui partecipazione al processo può assumere una gradazione differenziata a seconda che l’intervento si risolva nel mero deposito di osservazioni scritte oppure, anche, nella vera e propria partecipazione al contraddittorio tra le parti in sede di udienza pubblica.

Da ultimo, l’art. 36 riconosce il diritto al deposito di atti scritti e alla partecipazione al contraddittorio al Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa, il quale è ammesso quindi a intervenire in tutti i procedimenti che si svolgono dinanzi alla Corte Edu e in tutte le udienze, sia davanti alle camere che alla Grande Camera.

Infine, l’art. 38 della Cedu («Esame in contraddittorio della causa») precisa che «[l]a Corte esamina la causa in contraddittorio con i rappresentanti delle parti e, se del caso, procede a un’inchiesta per il cui efficace svolgimento le Alte Parti contraenti interessate forniranno tutte le facilitazioni necessarie».

La disciplina relativa alle modalità di intervento dei terzi nell’ambito del processo che si svolge dinanzi alla Corte Edu è, poi, completato dall’art. 44 del regolamento della Corte, che dettaglia termini e modalità di intervento dei terzi interessati.

Oltre ai primi due paragrafi che specificatamente interessano, rispettivamente, l’intervento in giudizio dello Stato contraente nei cui confronti sia stato depositato il ricorso e quello del Commissario per i diritti dell’uomo, maggiore interesse riveste il terzo paragrafo. In esso si chiarisce anche che l’intervento non costituisce soltanto una forma di integrazione del contraddittorio su richiesta del giudice, ma esso può riguardare richieste autonome da parte di soggetti “terzi”, che devono quindi essere “autorizzate”.

A norma dell’art. 44, paragrafo terzo, il regolamento dispone infatti che il presidente della camera possa «invitare o autorizzare qualsiasi Parte contraente che non sia parte della procedura o qualsiasi persona interessata diversa dal ricorrente a presentare osservazioni scritte o, in circostanze eccezionali, a prendere parte all’udienza».

È, poi, sempre il regolamento, a norma dell’art. 44, par. 3, lett. b, a occuparsi delle richieste di intervento. 

Si stabilisce, infatti, che le richieste di autorizzazione a dispiegare un intervento devono essere formulate per iscritto, devono essere appositamente motivate e devono rispettare il termine di dodici settimane «dalla data in cui il ricorso è stato portato a conoscenza della Parte contraente convenuta», fatta salva la fissazione di un termine differente, in via eccezionale, per opera del presidente.

L’omessa osservanza di dette condizioni e, in particolare, del termine di dodici settimane comporta, come stabilisce il par. 5 dell’art. 44 del regolamento, la possibilità che il presidente decida «di non acquisire le osservazioni al fascicolo o di limitare la partecipazione all’udienza nella misura che ritiene appropriata».

L’art. 44 del regolamento si occupa, poi, anche della lingua in cui dovrà essere formulata la richiesta di autorizzazione all’intervento, richiedendone la redazione in una delle lingue ufficiali.

Interessante la norma di cui al par. 6 del regolamento, che pone in capo al cancelliere l’obbligo di trasmissione delle osservazioni scritte alle parti, che «(…) sono autorizzate a rispondervi per iscritto o, all’occorrenza, in udienza».

A chiusura del quadro normativo che disciplina l’intervento dei terzi nell’ambito del processo dinanzi alla Corte Edu, si collocano le norme che regolano i poteri istruttori, l’acquisizione delle prove, le indagini sul territorio, la produzione di documenti dalle parti e il coinvolgimento di esperti o di istituzioni al fine di ottenere pareri o per redigere rapporti scritti.

L’allegato al regolamento è, in particolare, molto dettagliato.

Nella prospettiva della partecipazione dei terzi e degli amici curiae ai provvedimenti istruttori, può richiamarsi quanto disposto ai sensi del par. 6 dell’art. A1, ove espressamente si stabilisce che «[i]l presidente della camera può, quando lo ritiene appropriato, invitare o autorizzare i terzi intervenienti a partecipare a un provvedimento istruttorio», fissandone le relative condizioni.

Il presidente, quindi, non soltanto invita o autorizza l’ingresso nel processo dei terzi, ma può anche deciderne il diretto coinvolgimento nel corso dell’espletamento dei provvedimenti istruttori.

Oltre le norme, nella sua giurisprudenza, la Corte Edu ha avuto più volte occasione di precisare che gli interventi dei terzi sono e saranno ammessi soltanto alla condizione che siano portatori di un punto di vista diverso rispetto a quello presentato nel ricorso introduttivo dalla parte ricorrente e soltanto nei limiti in cui mettano a disposizione della Corte informazioni aggiuntive, spesso di carattere tecnico-scientifico, a integrazione di quelle prodotte dal ricorrente. 

Sul ruolo e sull’impatto dispiegato dai terzi nell’ambito del processo dinanzi alla Corte Edu, possono portarsi alcuni casi emblematici.

La Corte ha dimostrato di guardare con particolare favore a interventi di terzi che le hanno messo a disposizione dati statistici oppure anche elementi ulteriori di carattere tecnico e scientifico utili ai fini della definizione del caso.

Si pensi, quale esempio del primo tipo, alla sentenza della Grande Camera sul caso D.H. e altri c. Repubblica Ceca[22] del 2007, in cui il ruolo dell’interveniente si è tradotto nella produzione in giudizio dei dati statistici su cui si è successivamente fondato l’accertamento della discriminazione indiretta, lesiva dell’art. 14 Cedu, subita dalla minoranza di etnia rom nell’esercizio del suo diritto all’istruzione di cui all’art. 2, Protocollo n. 1 alla Convenzione.

Tra i secondi, a S. e Marper c. Regno Unito[23] del 2008, in cui il terzo interveniente aveva fornito alla Corte europea alcuni dati scientifici concernenti l’utilità di database contenenti samples di DNA, determinanti ai fini dell’esito del giudizio.

In termini generali, la prassi evidenzia un elevato numero di richieste di autorizzazione all’intervento nel giudizio dinanzi alla Corte Edu da parte di altri Stati contraenti interessati alla vicenda oggetto del giudizio – si pensi, a titolo di esempio, all’intervento dello Stato italiano nel caso S.H. e altri c. Austria[24] in tema di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo –, di organizzazioni internazionali che operano nel settore dei diritti umani, di organizzazioni non governative e, più di recente, di centri di ricerca universitari.

Le richieste di autorizzazione all’intervento, sebbene accolte, come detto, con favore dalla Corte, solo raramente si risolvono in una vera e propria partecipazione del terzo interveniente al contraddittorio, limitandosi piuttosto la Corte a dare conto più o meno sinteticamente dell’intervento e degli argomenti prodotti nella sentenza che definisce il giudizio.

Tra i giudizi che hanno conosciuto un numero significativo di richieste di intervento ammesse dalla Corte europea, può ricordarsi il caso Lautsi c. Italia[25], definito dalla Grande Camera nel 2011. 

Si tratta di un caso che offre una panoramica piuttosto interessante della eterogenea caratterizzazione del “terzo interveniente”. In quell’occasione avevano, infatti, dispiegato un intervento autorizzato dalla Corte: alcuni Stati contraenti (in particolare: Armenia, Bulgaria, Cipro, la Federazione Russa, Grecia, Lituania, Malta e la Repubblica di San Marino), ben dieci ong e 33 membri del Parlamento europeo.

Un altro esempio interessante in cui, più del precedente, il ruolo dell’amicus curiae si è tradotto nella messa a disposizione della Corte europea di dati di carattere tecnico-scientifico è offerto da Parrillo c. Italia[26], del 2015. Nel giudizio si contano interventi di dieci ong e di 46 membri del Parlamento italiano.

In termini generali e per concludere sul punto, può rilevarsi che il modello processuale accolto dal sistema della Corte Edu sicuramente valorizza il ruolo del terzo nella fase dell’ammissibilità del suo intervento in giudizio e, per ciò che riguarda la necessità di produrre argomenti nuovi per essere ammissibile, esso sembra aver ispirato il nuovo art. 4-ter delle norme integrative.

 

5. Qualche riflessione dall’analisi dell’ordinamento tedesco

Molto utile può rivelarsi un confronto con il modello tedesco, che presenta un contraddittorio più articolato, dove le più importanti decisioni sono di solito accompagnate dall’opinione di esperti, chiamati a vario titolo a rendere le proprie opinioni. Ebbene, analizzando le norme e la prassi del BVerfG, ci rendiamo conto che non esiste formalmente la figura dell’amicus curiae in senso proprio, come ha avuto modo di affermare la dottrina[27].

Ai sensi dell’art. 27, lett. a del BVerfGG[28], infatti, «Il Tribunale costituzionale federale può dare a terzi esperti l’opportunità di esprimere il proprio parere»[29]: l’introduzione di tale disposizione nel complesso normativo che disciplina il funzionamento del Tribunale costituzionale federale tedesco ha contribuito e continua a contribuire all’arricchimento del processo costituzionale, rendendolo, di fatto, maggiormente “pluralistico”[30].

A tal proposito, la previsione normativa in esame non solo consente di aprire il processo costituzionale alla società civile, ma garantisce un “maggior consenso” intorno alla sentenza che, in seguito all’ausilio di terzi esperti, verrà verosimilmente adottata dal Tribunale costituzionale[31]

L’articolo in questione non deve essere confuso con quanto previsto dall’art. 26 del BVerfGG, il quale, al primo comma, sancisce che: «La Corte costituzionale federale assume le prove necessarie per indagare sulla verità», così postulando l’Untersuchungsgrundsatz, il principio dell’indagine istruttoria, il quale è finalizzato al raggiungimento del benessere comune[32].

Infatti, la partecipazione di soggetti «terzi» dipende da un invito esplicito del BVerfG: la procedura di intervento pare pertanto collocarsi «alla frontiera con i poteri istruttori»[33].

Non è un caso che la dottrina tedesca si riferisca ai terzi di cui all’art. 27, lett a del BVerfGG nel senso di individui che forniscono, solo ed esclusivamente in modo “passivo”, il proprio sostegno alla Corte costituzionale[34]

Nella prassi, però, numerose sono le opinioni scritte di terzi inoltrate al Tribunale costituzionale federale «al fine di influenzare una determinata decisione»: esse vengono depositate nel registro generale (art. 63 regolamento del BVerfG)[35] e non rientrano nel novero degli atti[36]

Inoltre, secondo la dottrina, il concetto di “terzo” deve interpretarsi in senso ampio[37]: «terzi» sono non solo le persone fisiche e giuridiche, ma anche le associazioni e le «unità funzionali di diritto pubblico»[38].

Infine, il termine «esperto» implica il fatto che colui il quale venga chiamato a esprimere il proprio parere dinanzi al BVerfG debba avere, necessariamente, competenze di natura oggettiva[39]; tuttavia, tali competenze non precludono l’eventuale esistenza di interessi concreti in capo al terzo. 

Alla luce della effettiva prassi, è forse possibile individuare un nodo problematico ben evidenziato dalla letteratura tedesca: la garanzia dell’intervento di terzi solo su istanza del Giudice costituzionale potrebbe fortemente incidere sulla “direzione” della stessa acquisizione del parere[40]: scegliere l’esperto significa selezionare il parere o l’opinione, in tal modo incidendo sul consolidamento di una “nuova” cultura del diritto[41]

Non solo, vi sarebbero ulteriori ragioni che si potrebbero porre alla base della necessità di procedere all’introduzione nell’ordinamento tedesco dell’istituto degli amici curiae: è stata posta in evidenza l’importanza di rafforzare il principio dell’indagine istruttoria di cui all’art. 26 del BVerfGG, così come la necessità di assicurare la funzione oggettiva della Verfassungsbeschwerde, nonché la garanzia di una tutela effettiva[42]

Significativa, dunque, la circostanza che in un sistema di giustizia costituzionale molto simile al nostro, ma nel quale si sono da tempo sperimentate regole processuali più articolate, si pongano esigenze analoghe a quelle che hanno condotto alle nuove regole del processo costituzionale: assicurare un “contraddittorio” del Giudice costituzionale, che garantisca la possibilità di cogliere elementi tecnici, scientifici, sociali di questioni complesse. Anche in Germania, tuttavia, il quadro normativo non è da freno alla necessità di apporti volontari, pur in assenza di un istituto dell’amicus curiae, ma rimanendo in quella che efficacemente è stata definita una “zona grigia”[43]

 

6. Le prime decisioni dopo la modifica delle norme integrative: una significativa pronuncia che illumina il significato della riforma

Tornando al processo costituzionale, la riforma dello scorso gennaio solo apparentemente offre maggiori effettivi ed efficaci strumenti alla società civile: come abbiamo affermato all’inizio di queste riflessioni, essa costituisce una razionalizzazione del processo, dove i terzi intervenienti acquisiscono, come è giusto, la qualifica di “parti” se ritenuti ammissibili dalla Corte e solo in questo caso possono avere accesso al contraddittorio[44], mentre i cd. amici curiae, che prima avevano accesso fino all’udienza, rimangono totalmente estranei al contraddittorio e possono ora depositare memorie scritte, che entreranno negli argomenti della decisione solo se ritenute utili[45]

Sembra muoversi in questa direzione anche il Giudice costituzionale nell’ord. n. 202 del 2020, resa in un giudizio in via incidentale.

In quella occasione diversi soggetti, intervenuti nel giudizio costituzionale ad adiuvandum, lamentavano che nei propri giudizi comuni i rispettivi giudici, pur ritenendo la rilevanza e la non manifesta infondatezza di analoghe questioni di legittimità costituzionale, avevano sospeso i relativi giudizi a fronte della pendenza davanti alla Corte costituzionale proprio di quelle omogenee questioni, mentre sempre ad adiuvandum interveniva anche un’associazione di categoria, quale soggetto rappresentativo dei relativi interessi.

La Corte, nel richiamare le ordinanze nn. 37 e 111 del 2020, sottolinea come l’art. 4, comma 7 delle norme integrative abbia recepito la costante giurisprudenza costituzionale sull’ammissibilità degli interventi dei terzi. Con ciò, ribadisce che «i soggetti che non sono parti del giudizio a quo possono intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale solo ove siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, e non di un interesse semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di censura»[46].

Pur rilevando le problematicità della cd. sospensione impropria da parte dei giudici a quibus, la Corte sottolinea che, «ai fini dell’ammissibilità dell’intervento, non rileva che il giudizio di cui è parte l’interveniente sia stato sospeso in attesa dell’esito dell’incidente di costituzionalità scaturito da altro indipendente giudizio, poiché, ove si ritenesse altrimenti, verrebbe sostanzialmente soppresso il carattere incidentale del giudizio di legittimità costituzionale», indicando che essa, quale «questione di natura squisitamente endoprocessuale, trova rimedio nei mezzi di impugnazione che consentono alla parte di riattivare il corso del processo erroneamente sospeso e non può ridondare in un titolo di legittimazione di quella stessa parte agli effetti dell’intervento in un giudizio incidentale di legittimità costituzionale promosso altrove».

Rispetto agli interventi dei soggetti rappresentativi di interessi collettivi o di categoria, nel dichiararne parimente l’inammissibilità, la Corte invece richiama espressamente il nuovo art. 4-ter, che permette alle formazioni sociali senza scopo di lucro e ai soggetti istituzionali portatori di interessi collettivi o diffusi, comunque attinenti ai profili sottesi alle questioni sollevate, di depositare opinioni scritte in qualità di amici curiae. L’inammissibilità, pertanto, nel caso di specie deriva dalla circostanza che l’associazione interveniente vanta «un interesse solo indiretto, connesso in via generale agli scopi statutari».

Similmente, in occasione dell’ord. n. 37 del 2020, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile l’intervento del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti (Cnog)[47] nell’ambito di un giudizio di legittimità costituzionale, promosso dal Tribunale ordinario di Salerno, dell’art. 13 l. 8 febbraio 1948, n. 47 («Disposizioni sulla stampa») e dell’art. 595, comma 3, cp, è stato tuttavia affermato che, ai fini della «ammissibilità dell’intervento nei giudizi in via incidentale di soggetti diversi dalle parti del giudizio a quo, dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Presidente della Giunta regionale (…), l’incidenza sulla posizione soggettiva dell’interveniente deve derivare dall’immediato effetto che tale pronuncia produce sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo» e che tale soluzione deve essere ribadita «tanto più a fronte della recente introduzione dell’art. 4-ter delle Norme integrative, che consente alle formazioni sociali senza scopo di lucro e ai soggetti istituzionali “portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di costituzionalità” di presentare alla Corte un’opinione scritta in qualità di amici curiae».

La pronuncia in questione, peraltro, rileva in quanto costituisce la prima decisione con cui il Giudice delle leggi applica l’art. 4-bis delle norme integrative[48].

Ecco che proprio alla luce delle sopra citate modifiche alle norme integrative e considerando le prime decisioni, e in particolare l’ord. n. 202 del 2020, si coglie non solo un elemento di indubbia novità nell’approccio che la Corte intende riservare all’ingresso di documenti e atti esterni alle parti dei suoi giudizi (che in parte conferma la consolidata giurisprudenza costituzionale in punto di requisiti di ammissibilità dell’intervento di soggetti terzi; in parte innova profondamente introducendo nuovi strumenti quali le opinioni scritte degli amici curiae e le audizioni degli esperti), ma un profondo ancoramento delle stesse nuove disposizioni alla natura più profonda del processo costituzionale, in particolare di quello in via incidentale.

 

7. L’intervento di terzi nei giudizi in via incidentale successivi all’ord. n. 202 del 2020

Nel paragrafo in questione si analizzeranno quei casi giurisprudenziali in cui la Corte costituzionale dichiara l’inammissibilità dell’intervento dei terzi senza rilevare che gli stessi avrebbero potuto depositare opinioni scritte in qualità di amici curiae, così come accaduto con riferimento alle pronunce nn. 37 del 2020 (pur avendo la Corte costituzionale ammesso, come si è visto, l’intervento del Cnog) e 202 del 2020. 

Pare interessante ricordare che l’ord. n. 202 del 2020 è stata espressamente richiamata nell’ordinanza letta all’udienza del 20 ottobre 2020 e allegata alla sent. n. 234 del 2020, adottata nell’ambito di un giudizio in via incidentale in tema di bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, con la quale è stato dichiarato inammissibile l’intervento ad adiuvandum spiegato da G.B.[49]

Più precisamente, secondo la Corte costituzionale, chi chiedeva di intervenire non era parte del giudizio a quo e la sola circostanza che, in qualità di titolare di pensione, avesse promosso un altro giudizio concernente le stesse disposizioni di legge, non sarebbe stata sufficiente a qualificarne l’interesse; inoltre, ricorda il Giudice delle leggi, «questa Corte, con ordinanza n. 202 del 2020, ha dichiarato inammissibili gli interventi adesivi spiegati da altri pensionati in un ulteriore e analogo giudizio incidentale (reg. ord. n. 46 del 2020)». 

Del tutto analogamente, in occasione dell’ordinanza letta all’udienza del 3 novembre 2020, allegata alla sent. n. 246 del 2020, la Corte ha affermato non solo che la Open Fiber Spa non era titolare di un interesse direttamente riconducibile all’oggetto del giudizio principale, ma anche che, ai fini dell’ammissibilità dell’intervento, «non rileva che il giudizio di cui è parte l’interveniente sia stato sospeso in attesa dell’esito dell’incidente di costituzionalità scaturito da altro indipendente giudizio, poiché, ove si ritenesse altrimenti, verrebbe sostanzialmente soppresso il carattere incidentale del giudizio di legittimità costituzionale e non sarebbe consentito alla Corte di verificare la rilevanza della questione (ordinanza n. 202 del 2020)».

Sempre con riferimento al giudizio in via incidentale, in occasione dell’ord. n. 271 del 2020, pronunciata nell’ambito di un giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 6, l. 19 febbraio 2004, n. 40 («Norme in materia di procreazione medicalmente assistita»), dell’art. 64, comma 1, lett. g, l. 31 maggio 1995, n. 218 («Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato») e dell’art. 18 dPR 3 novembre 2000, n. 396 («Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127»), la Corte costituzionale ha dichiarato l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum della “madre surrogata” alla luce dell’assenza di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato il rapporto sostanziale dedotto in giudizio, in quanto la “madre gestazionale” non era «mai stata designata come genitore del minore, né nell’atto di nascita formato dalle autorità canadesi e rettificato a seguito dell’order della Supreme Court of British Columbia, né nei registri di stato civile italiani»[50]; d’altra parte, afferma la Corte, «J.E. N. si è limitata a prospettare il mero rischio di essere in futuro considerata titolare di diritti e doveri nei confronti del minore “in termini di alimenti, mantenimento e successioni”»[51]

Da ultimo, in occasione della sent. n. 278 del 2020[52] in tema di sospensione della prescrizione prevista dalla legislazione anti Covid-19[53], la Corte costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi sull’art. 4, comma 7 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, dichiarando l’inammissibilità dell’intervento di terzi in quanto non titolari di un interesse qualificato e immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in quel giudizio, bensì «portatori di un interesse semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalle norme oggetto di censura»[54].

 

8. L’intervento di terzi nei giudizi in via principale in seguito all’approvazione della riforma

Con riguardo al giudizio in via principale, invece, la Corte ha avuto occasione di pronunciarsi sull’ammissibilità degli interventi dei soggetti terzi nella sentenza n. 56 del 2020 e nella relativa ordinanza allegata in calce alla stessa.

In quella occasione, che aveva ad oggetto il ricorso regionale proposto nei confronti del decreto-legge n. 135 del 2018 («Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione»), gli interventi dispiegati sia ad adiuvandum sia ad opponendum di diverse associazioni vengono dichiarati inammissibili. Viene richiamata la costante giurisprudenza costituzionale della Corte, che valorizza la natura di giudizio di parti del giudizio in via principale, che si svolge «esclusivamente tra soggetti titolari di potestà legislativa e non ammette l’intervento di soggetti che ne siano privi, fermi restando per costoro, ove ne ricorrano i presupposti, gli altri mezzi di tutela giurisdizionale eventualmente esperibili».

Ancora, in occasione della sent. n. 134 del 2020, adottata nell’ambito di un giudizio in via principale promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri sulla legge della Regione Liguria 19 aprile 2019, n. 3, in materia di riordino delle aree protette e della legge regionale 10 luglio 2009, n. 28, in materia di tutela e valorizzazione della biodiversità, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile l’intervento nel processo costituzionale dell’associazione Verdi Ambiente e Società in quanto sguarnita della potestà legislativa[55].

È significativo, per segnare ancora una volta le indubbie differenze rispetto al giudizio in via incidentale da questo punto di vista, che la Corte tenga a sottolineare che simile “chiusura” all’ingresso di soggetti terzi resta ferma anche a fronte delle modifiche del gennaio 2020, poiché, precisa la Corte stessa, esse non incidono sui requisiti di ammissibilità degli interventi nei giudizi in via principale[56].

Come si è detto in apertura, l’art. 23 delle norme integrative provvede a riformulare il richiamo all’art. 4, rendendo applicabili al giudizio in via principale i commi dal primo al sesto, con ciò escludendo espressamente il comma settimo[57], che ha recepito il costante orientamento della Corte in punto di ammissibilità degli interventi di terzi nel giudizio in via incidentale, laddove portatori di un «interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio».

Ecco che in tale mancato completo rinvio si coglie la profonda differenza che continua a segnare le due tipologie di giudizio, sebbene resti ferma l’applicabilità del terzo comma dell’art. 4 che riconosce, in ogni caso, la possibilità di eventuali interventi di “altri soggetti”, sulla cui ammissibilità decide la Corte (comma quinto).

 

9. Il significativo utilizzo dell’istituto degli amici curiae e la sua valorizzazione nel giudizio costituzionale

Quanto alle novità successive alla sent. n. 202 del 2020 in punto di utilizzo dell’istituto degli amici curiae, non pare di secondario rilievo la già richiamata sent. n. 234 del 2020.

In quell’occasione, la Corte costituzionale ha affermato che, nel giudizio di cui al registro ordinanze n. 46 del 2020, la Federazione sanitari pensionati e vedove (Federspev) aveva presentato un’opinione scritta di amicus curiae, nella quale veniva illustrata la «perdita economica dei rappresentanti e la lesione del loro affidamento, conseguenti all’interazione delle misure disposte dalle norme censurate e di quelle analoghe succedutesi a partire dall’anno 2000»[58].

Ebbene, il Giudice delle leggi ha inserito nella costruzione delle proprie argomentazioni le considerazioni degli amici curiae, di cui si è quindi servito in punto di analisi del prelievo di solidarietà[59].

Ancora, con la sent. n. 260 del 2020[60] in tema di inapplicabilità del giudizio abbreviato ai reati punibili con la pena dell’ergastolo, il Giudice delle leggi ha ampiamente dimostrato di avere tenuto in considerazione le prospettazioni e i molti argomenti offerti dall’amicus curiae rappresentato dall’Unione delle camere penali italiane, volti al sostegno delle censure presentate dal rimettente[61], decidendo, infine, in senso opposto rispetto a quanto argomentato dallo stesso.

In occasione della già ricordata sent. n. 278 del 2020, le opinioni scritte degli amici curiae, nel caso di specie rappresentati dall’associazione “Italiastatodidiritto” e dall’associazione forense Unione camere penali italiane, sono state ammesse con decreto del presidente della Corte costituzionale del 12 ottobre 2020 «per la loro idoneità ad offrire elementi utili alla conoscenza e alla valutazione del caso sottoposto a questa Corte, anche in ragione della sua complessità»[62].

Ciononostante, nella struttura argomentativa del Giudice delle leggi non risultano rintracciabili le prospettazioni di cui si sono resi autori gli amici curiae

In occasione della recentissima sent. n. 3 del 2021, adottata nell’ambito del giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Toscana 3 gennaio 2020, n. 2 («Disposizioni sul circuito automobilistico e motociclistico situato nel Comune di Scarperia e San Piero. Modifiche alla l.r. 48/1994 e alla l.r. 89/1998»), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, la Corte costituzionale, ancora una volta, ha tenuto in considerazione le argomentazioni sviluppate dalle società sportive dilettantistiche a responsabilità limitata Ufficiali di gara di Firenze e Ufficiali di percorso di Firenze[63], dall’associazione Impresa Mugello e dalla Federazione motociclistica italiana a sostegno della non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale prospettate.

Le opinioni delle associazioni in questione sono state ammesse con provvedimento presidenziale del 30 ottobre 2020 ai sensi dell’art. 4-ter delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; al contrario, l’opinione presentata dal Comune di Scarperia e San Piero non è stata ammessa, non potendo quest’ultimo essere considerato soggetto portatore di interessi di natura omogenea «attinenti alla questione di costituzionalità qui all’esame»[64]

 

10. Alcuni recenti decreti di ammissibilità delle opinioni scritte dagli amici curiae

Pare degno di nota segnalare, infine, che recentemente il presidente della Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili diverse opinioni scritte a cura di amici curiae[65].

Nel presente paragrafo se ne darà conto, premettendo che non si sono ancora tenute tutte le udienze pubbliche delle cause considerate e che quindi, conseguentemente, non è ancora possibile valutare se il Giudice delle leggi si sia servito delle prospettazioni degli amici curiae, facendole confluire nelle proprie argomentazioni. 

Si consideri, anzitutto, il decreto di ammissibilità del 28 ottobre 2020 con cui è stata ammessa l’opinione scritta dell’Associazione nazionale tributaristi italiani, sezione Lombardia, nell’ambito del giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale iscritto al n. 62 del registro ordinanze del 2020, alla luce della conformità dell’opinione ai criteri di cui all’art. 4-ter, commi 1, 2 e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale[66]

Successivamente, nel mese di dicembre è stato adottato un decreto di ammissione di opinioni scritte a cura di diverse associazioni in punto di riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero attestante il legame di filiazione dal genitore intenzionale non biologico, legato al genitore biologico da matrimonio celebrato all’estero, di un minore nato all’estero con le modalità della gestazione per altri[67]

L’udienza pubblica del giudizio in questione si è tenuta il 27 gennaio 2021. 

Con decreto del 3 dicembre 2020, il giorno successivo a quello dell’adozione del decreto poc’anzi menzionato, il presidente ha ammesso, nell’ambito di un giudizio promosso in via incidentale in tema di Stato giuridico del nato (in Italia) a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo praticate all’estero nell’ambito di un rapporto procreativo di una coppia formata da due donne, le opinioni scritte del Centro studi “Rosario Livatino” e di Avvocatura per i diritti LGBTI Aps[68]

Anche in questo caso, l’udienza pubblica del giudizio si è tenuta il 27 gennaio 2021. 

Ancora, nell’ambito di un giudizio in via principale, in tema di edilizia residenziale pubblica, e di cui si è tenuta udienza pubblica il 12 gennaio 2021, è stata ammessa l’opinione scritta dell’associazione Unione inquilini[69]

Il 22 dicembre, infine, nell’ambito di un giudizio in via principale, il presidente della Corte costituzionale ha ammesso con decreto l’opinione scritta di numerose associazioni attive nel settore dell’energia[70]

 

11. Conclusioni

Sembra dunque potersi confermare – quantomeno in questa fase iniziale – il tentativo di “aprire” certamente il processo costituzionale al contributo esterno sia in relazione alla formazione del contraddittorio sia in rapporto alle modalità di gestione e di ricorso all’istruttoria formalizzata (terzi, amici curiae e anche esperti), ma pur sempre entro i ristretti limiti di una sua ferma razionalizzazione e strutturazione. Sarà ovviamente anche la giurisprudenza successiva a confermare un giudizio che non può che essere provvisorio, e cioè che dopo circa un anno dalla sua approvazione la riforma costituisce un arricchimento del contraddittorio[71] e non la trasformazione del giudizio in uno spazio “politico” pericoloso per la legittimazione della Corte costituzionale[72]

 

 

1. Sulla modifica delle «Norme integrative» si esprime, in senso molto critico, M. Luciani, L’incognita delle nuove norme integrative, in Rivista AIC, n. 2/2020, pp. 402 ss. Vds. anche A. Pugiotto, Le nuove norme integrative della Corte costituzionale allo stato nascente, ivi, pp. 426 ss.; T. Groppi, Nuovo corso della Consulta sotto il segno della trasparenza, in Lavoce.info, 17 gennaio 2020; A. Ruggeri, La “democratizzazione” del processo costituzionale: una novità di pregio non priva però di rischi, in Giustizia insieme, 24 gennaio 2020; M.C. Grisolia, Le modifiche alle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, in Oss. fonti, n. 1/2020, pp. 5 ss.; oltre che A. Vuolo, Il contraddittorio nei giudizi costituzionali alla luce delle recenti modifiche alle Norme integrative, in Federalismi, n. 16/2020, pp. 407 ss.; P. Ridola, La Corte si apre all’ascolto della società civile, ivi, n. 2/2020, pp. iv ss.; A. D’Atena, Sul radicamento della Corte costituzionale e sull’apertura agli “amici curiae, in Aa. Vv., Liber amicorum per Pasquale Costanzo, in Consulta online, numero speciale, 2020, pp. 1 ss., e, per quanto attiene più specificamente al giudizio costituzionale in via principale, B. Liberali, Stato e Regioni davanti alla Corte costituzionale, atti del Convegno annuale dell’associazione Gruppo di Pisa «Il regionalismo italiano alla prova delle differenziazioni», Trento, 18-19 settembre 2020, pp. 59 ss, www.gruppodipisa.it/images/convegni/2020_Convegno_Trento/Benedetta_Liberali_-_Stato_e_Regioni_davanti_alla_Corte_costituzionale_-_Relazione.pdf.

2. In generale, sulla nozione di “processo costituzionale” sia consentito il rinvio a M. D’Amico, Dalla giustizia costituzionale al diritto processuale costituzionale: spunti introduttivi, in Giur. it., 1990, IV, pp. 480 ss., e Id., Diritto processuale costituzionale e giudizio in via principale, in Giur. cost., n. 5/1999, pp. 2969 ss., oltre che a G. Zagrebelsky, Processo costituzionale, Giuffrè, Milano, 1989, e C. Mezzanotte, Processo costituzionale e forma di governo, in Aa. Vv., Giudizio “a quo” e promovimento del processo costituzionale, atti del seminario tenutosi a Roma, Palazzo della Consulta, il 13-14 novembre 1989, Giuffrè, Milano, 1990, pp. 63 ss.

3. M. D’Amico, Dalla giustizia costituzionale, op. cit., p. 490.

4. A tale proposito si richiamano le considerazioni già svolte in M. D’Amico, Le parti del processo a quo costituite e non costituite, in V. Angiolini (a cura di), Il contraddittorio nel giudizio sulle leggi, Giappichelli, Torino, 1998, pp. 27 ss., e Id., I soggetti del processo costituzionale nella giurisprudenza della Corte costituzionale: una rilettura, in R. Balduzzi - M. Cavino - J. Luther (a cura di), La Corte costituzionale vent’anni dopo la svolta, Giappichelli, Torino, 2011, pp. 223 ss.

5. In generale, oltre ai precedenti riferimenti, sul contraddittorio davanti alla Corte costituzionale si vedano C. Mezzanotte, Appunti sul contraddittorio nei giudizi dinanzi alla Corte costituzionale (commento a Corte cost., 26 gennaio 1972, n. 10), in Giur. cost., 1972, pp. 954 ss., e R. Romboli, Il giudizio costituzionale incidentale come processo senza parti, Giuffrè, Milano, 1985.

6. Cfr. P. Grossi, Oltre la legalità, Laterza, Bari-Roma, 2020, il quale ritiene che nel diritto «pos-moderno» si sia ampiamente superato il dogma della “stretta legalità”, facendosi ampiamente spazio un “diritto giurisprudenziale” affidato non solo ai giudici, ma anche alla comunità degli interpreti.

7. Per considerazioni più approfondite si vedano necessariamente M. D’Amico, Parti e processo nella giustizia costituzionale, Giappichelli, Torino, 1991, oltre che Id., Parti e terzi nel giudizio costituzionale incidentale, in Foro it., 1997, pp. 310 ss., e, ancora, Id., Le parti del processo a quo, op. cit., e Id., I soggetti del processo costituzionale, op. cit.

8. Si veda la consolidata giurisprudenza costituzionale che ribadisce che l’oggetto del giudizio è limitato alle disposizioni e ai parametri indicati nell’ordinanza di rimessione, non potendosi prendere in considerazione ulteriori questioni dedotte dalle parti: fra le molte, Corte cost., ord. n. 24/2015, sentt. nn. 37/2015, 35/2017 e 96/2019.

9. Corte cost., sent. n. 1/1984.

10. Si vedano Corte cost., sent. n. 191/1983, ma, anche, sent. n. 412/1988.

11. Per fare qualche esempio, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile l’intervento dispiegato dall’Associazione nazionale magistrati (sentt. nn. 230/1987 e 119/1991), dall’Associazione generale italiana dello spettacolo (ord. n. 298/1985), così come dall’Ordine degli avvocati e procuratori legali di Roma (sent. n. 272/1987).

12. Considerato in diritto, punto 2. 

13. Ibid.

14. Corte cost., sent. n. 90/1992; ord. n. 98/1992; sent. n. 226/1993.

15. Corte cost., ord. n. 95/1995; sent. n. 421/1995.

16. Come si vedrà poco oltre, si possono richiamare i casi relativi alle sentenze nn. 151/2009, 138/2010 e 162/2014, laddove in alcuni casi, nella parte del ritenuto in fatto, i contenuti delle memorie dei terzi sono richiamate anche per quanto attiene ai profili di merito e non solo per quelli attinenti all’ammissibilità degli interventi (a volte anche sottolineandone l’analogia con i profili prospettati nelle ordinanze di rimessione). Viene in rilievo anche la sent. n. 286/2016, in materia di attribuzione del cognome ai figli, dove la Corte richiama gli argomenti spesi dalla difesa dell’associazione intervenuta, sottolineandone l’analogia con quelli prospettati dal giudice rimettente.

17. A commento della decisione, si vedano le osservazioni di T.F. Giupponi, L’interpretazione “costituzionalmente orientata” dell’incidentalità: la Corte e il Codice di autoregolamentazione dell’astensione collettiva degli avvocati, tra riserva di legge e disapplicazione, in Forum di Quad. cost., 30 maggio 2019. 

18. Sul fermo orientamento della Corte costituzionale nell’escludere l’intervento di terzi nel giudizio in via principale, vds. F. Dal Canto ed E. Rossi, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via principale, in R. Romboli (a cura di), Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (2014-2016), Giappichelli, Torino, 2017, pp. 227 ss.

19. Quanto appena scritto è confermato dalla dottrina di Romboli, secondo cui la «previsione secondo la quale “nei giudizi in via incidentale possono intervenire i titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio”, esprime infatti una giurisprudenza costituzionale assolutamente consolidata»: così R. Romboli, I contenuti “non rivoluzionari” della riforma delle norme integrative, in Giur. cost., n. 1/2020, p. 518.

20. Si vedano, in generale, innanzitutto T. Groppi, L’istruttoria e l’udienza innanzi alla Corte, in V. Angiolini (a cura di), Il contraddittorio nel giudizio sulle leggi, Giappichelli, Torino, 1998, pp. 151 ss., e V. Angiolini, Il contraddittorio nel giudizio sulle leggi, ivi, pp. 3 ss. Volendo, più di recente, M. D’Amico, La Corte costituzionale e i fatti: istruttoria ed effetti delle decisioni, in Rivista del Gruppo di Pisa, n. 1/2017, pp. 1 ss.; T. Groppi, Verso un giudizio costituzionale «aperto»? Riflettendo su interventi di terzi e amici curiae di fronte alle sfide per la giustizia costituzionale nel XXI secolo, in Quad. cost., n. 2/2019, pp. 371 ss., e A. Pugiotto, Per un’autentica dialettica a Corte. Note a margine del seminario promosso a Palazzo della Consulta, ivi, pp. 361 ss.

21. In letteratura, sul ruolo dispiegato dai terzi intervenienti nell’ambito del processo che si svolge dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, si veda N. Bürli, Third-party interventions before the European Court of Human Rights, Intersentia, Cambridge, 2017.

22. Corte Edu [GC], D.H. e altri c. Repubblica Ceca, 13 novembre 2007. A commento della pronuncia, si rinvia a J. Devroye, The Case of D.H. and Others v. the Czech Republic, in Northwestern Journal of International Human Rights, vol. 7, n. 1/2009, pp. 81 ss.

23. Corte Edu [GC], S. e Marper c. Regno Unito, 4 dicembre 2008.

24. Corte Edu [GC], S.H. e altri c. Austria, 3 novembre 2011, con note di B. Liberali, Il margine di apprezzamento riservato agli Stati e il cd. time factor. Osservazioni a margine della decisione della Grande Camera resa contro l’Austria, in M. D’Amico e B. Liberali (a cura di), La legge n. 40 del 2004 ancora a giudizio. La parola alla Corte costituzionale, Franco Angeli, Milano, 2012, pp. 113 ss.; C. Nardocci, La centralità dei Parlamenti nazionali e un giudice europeo lontano dal ruolo di garante dei diritti fondamentali (a commento della sentenza della Grande Camera S.H. e altri v. Austria), in Forum di Quad. cost., 3 febbraio 2012, pp. 1 ss.

25. Corte Edu [GC], Lautsi c. Italia, 18 marzo 2011, con osservazioni di L. Carlassare, Crocifisso: una sentenza per l’Europa “non laica”, in Nuova giur. civ. comm., n. 6/2011, II, pp. 291 ss.; S. Mancini, Lautsi II: la rivincita della tolleranza preferenzialista, in Forum di Quaderni costituzionali, 7 maggio 2011; L.P. Vanoni, Il crocifisso e la neutralità: brevi considerazioni a margine della sentenza Lautsi and Others v. Italy, in Forum di Quaderni costituzionali, 5 aprile 2011

26. Corte Edu [GC], Parrillo c. Italia, 27 agosto 2015, su cui si consenta il rinvio a M. D’Amico, La Corte europea come giudice “unico” dei diritti fondamentali? Note a margine della sentenza, 27 agosto 2015, Parrillo c. Italia, in Forum di Quaderni costituzionali, 29 settembre 2015; a commento della sentenza, vds. anche V. Tigano, Divieto di sperimentazione sugli embrioni umani e Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Diritto penale contemporaneo, 30 settembre 2015.

27. H. Lechner, Bundesverfassungsgerichtsgesetz Kommentar, C.H. Beck, Monaco, 2019, p. 300 (§ 27a). 
L’istituto in esame non è stato particolarmente studiato dalla letteratura tedesca. Così W. Blanquett e C. Casser, Amicus Curiae in Deutschland. Drittbeteiligung von Verbänden durch Amicus-Curiae-Stellungnahmen in Gerichtsverfahren der unteren Instanzen, in Kritische Justiz, vol. 50, n. 1/2017, p. 95. 
Vds. il lavoro di U. Kühne, Amicus Curiae: Richterliche Informationsbeschaffung durch Beteiligung Dritter, Mohr Siebeck, Tubinga, 2015.

28. Ci si riferisce al «Bundesverfassungsgerichtsgesetz», la legge sul Tribunale costituzionale federale.

29. «Das Bundesverfassungsgericht kann sachkundigen Dritten Gelegenheit zur Stellungnahme geben». 

30. Cfr. P. Häberle, Verfassung als öffentlicher Prozeß, Duncker & Humblot, Berlino, 1998. 

31. T. Bethge, Bundesverfassungsgerichtsgesetz Kommentar, C.H. Beck, Monaco, 2014, p. 1 (§ 27a).

32. Di senso contrario l’opinione di U. Kühne, Post von Freunden, in Legal tribune online, 25 novembre 2018, www.lto.de/recht/justiz/j/amicus-curiae-gericht-stellungnahme-dritter-einfluss-us-supreme-court/.

33. Così T. Groppi, Interventi di terzi e amici curiae: dalla prospettiva comparata uno sguardo sulla giustizia costituzionale in Italia, in Consulta on line, n. 1/2019, p. 134. 

34. Cfr. W. Blanquett e C. Casser, Amicus Curiae in Deutschland, op. cit.
Un esempio di intervento di terzo del tutto significativo è quello dell’audizione che è stata svolta in occasione dell’udienza pubblica dinnanzi al BVerfG al fine di acquisire maggiori informazioni in tema di clausola di sbarramento del 5% nell’elezione dei parlamentari europei. Cfr. BVerfGE 129, 300 (316).
Altresì significativo è l’intervento dell’Unhcr richiesto dal BVerfG nel marzo 2011, nell’ambito di un ricorso diretto. Cfr. «UNHCR letter to the Federal Constitutional Court of Germany relating to the case 1 BvL 3/11 - Schreiben an das Bundesverfassungsgericht», 20 maggio 2011 (www.refworld.org/docid/4dde74f42.html).

35. T. Rörig, Germania, in P. Passaglia (a cura di), L’intervento di terzi nei giudizi di legittimità costituzionale, Corte costituzionale, Servizio studi (area di Diritto comparato), novembre 2018, p. 56, www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/Internet_Comp_244.pdf. 

36. R. Zuck, Amicus curiae - der unaufgeforderte Schriftsatz im Verfassungsbeschwerdeverfahren beim BVerfG, in NVwZ, n. 17/2016, p. 1131.

37. Cfr. T. Rörig, Germania, op. cit., p. 52. 

38. Ibid. Sul punto, vds. anche H. Hirte, Der amicus-curiae-brief, in ZZP, n. 1/1991, p. 14. Il terzo, inoltre, non è obbligato a rendere il proprio parere: cfr. H. Lechner, Bundesverfassungsgerichtsgesetz Kommentar, op. cit., p. 301 (§ 27a). 

39. T. Bethge, Bundesverfassungsgerichtsgesetz Kommentar, op. cit., p. 4 (§ 27a). 

40. W. Blanquett e C. Casser, Amicus Curiae in Deutschland, op. cit., p. 16. 

41. Ivi, p. 106.

42. R. Zuck, Amicus curiae, op. cit., pp. 1132 ss. 

43. Così, molto significativamente, R. Zuck, ivi, p. 1132.

44. Cfr. in questo senso anche S. Di Palma, Esperti: un istituto (ancora) misterioso, in Giur. cost., n. 1/2020, p. 496.

45. La Corte costituzionale si è limitata a rilevare nel ritenuto in fatto la presentazione tardiva dell’opinione scritta dalla Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) in qualità di amicus curiae, in occasione della nota ord. n. 132 del 2020, in tema di pena detentiva per diffamazione, e in occasione dell’ord. n. 152/2020, ove il Giudice delle leggi, sempre nel ritenuto in fatto, ha rilevato la presentazione fuori termine dell’opinione a titolo di amici curiae della formazione sociale Ulces (Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale), della Fondazione promozione sociale onlus, della Federazione italiana Prader - Willi (Sezione Piemonte), di Scintilla - Associazione genitori ragazzi handicappati Collegno e Grugliasco e della redazione della rivista Prospettive assistenziali, edita dall’Associazione promozione sociale (Aps).

46. Allo stesso modo, in occasione della sent. n. 119/2020, adottata nell’ambito di un giudizio in via incidentale, la Corte costituzionale ha affermato che «poiché l’Anci Veneto-Associazione regionale dei Comuni del Veneto, l’Ance Veneto-Associazione regionale dei costruttori edili del Veneto e M. B. P. non sono parti del giudizio a quo, né titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto ivi dedotto, che ne possa legittimare l’intervento, questo va dichiarato inammissibile». Cfr. considerato in diritto, punto 2.1.

47. Nel caso di specie, la Corte costituzionale ha escluso che la legittimazione dell’intervento potesse derivare dalla posizione di rappresentanza istituzionale degli interessi della professione giornalistica rivestita dal Cnog; tuttavia, ha rilevato la sussistenza di un «nesso con lo specifico rapporto giuridico dedotto in giudizio» in quanto, in caso di condanna penale, sarebbero derivate «specifiche conseguenze in ordine all’avvio dell’azione disciplinare» di specifica competenza del Cnog. Cfr. sul punto, il breve commento di D. Chinni all’ord. n. 27/2020, in Nomos, n. 1/2020, www.nomos-leattualitaneldiritto.it/wp-content/uploads/2020/05/sentenza-37-2020.pdf.

48. Cfr. ancora www.nomos-leattualitaneldiritto.it/wp-content/uploads/2020/05/sentenza-37-2020.pdf.

49. È dello stesso giorno l’ordinanza allegata alla sentenza n. 230/2020 con cui è stato dichiarato inammissibile l’intervento di Avvocatura per i diritti LGBTI Aps nell’ambito di un giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 20, l. 20 maggio 2016, n. 76 («Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze») e dell’art. 29, comma 2, dPR 3 novembre 2000, n. 396 («Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127»). Secondo il Giudice delle leggi, «nel presente giudizio l’Avvocatura per i diritti LGBTI APS non è titolare di interessi direttamente riconducibili all’oggetto del giudizio stesso, sebbene di meri indiretti, e più generali, interessi, connessi ai suoi scopi statutari». 
Nella sent. n. 230/2020, la Corte costituzionale ha affermato che «[p]reliminarmente, va confermata l’allegata ordinanza, con la quale è stata esclusa l’ammissibilità dell’intervento dell’Avvocatura per i diritti LGBTI, poiché titolare di meri interessi indiretti e generali correlati ai suoi scopi statutari e non di un interesse direttamente riconducibile all’oggetto del giudizio principale». Cfr. considerato in diritto, punto 3.

50. Cfr. C. Cost., ord. n. 271/2020, considerato in diritto

51. Ivi.

52. La Corte costituzionale ha affermato la legittimità costituzionale della sospensione della prescrizione disposta dai ddll nn. 18 e 23 del 2020, emanati per contrastare l’emergenza Covid-19, alla luce del fatto che tale sospensione risulta ancorata alla sospensione dei processi. 

53. Per un commento alla decisione, vds. G.L. Gatta, Emergenza Covid e sospensione della prescrizione del reato: la Consulta fa leva sull’art. 159 c.p. per escludere la violazione del principio di irretroattività ribadendo al contempo la natura sostanziale della prescrizione, coperta dall’art. 25, co. 2, Cost., in Sistema penale, 26 dicembre 2020, www.sistemapenale.it/it/sentenza/corte-costituzionale-sentenza-278-del-2020-sospensione-prescrizione-art-83-dl-83-2020-irretroattivita-commento-gian-luigi-gatta.

54. Cfr. sent n. 278/2020, considerato in diritto, punto 3. 

55. Cfr. considerato in diritto, punto 2.

56. Non è un caso che le ragioni poste a fondamento della dichiarazione di inammissibilità degli interventi nei casi a cui si è appena fatto cenno si riscontrino anche nelle (meno recenti) pronunce nn. 170/2017, 81/2018 (nella relativa ordinanza allegata), 140/2018 e 213/2019.

57. Su tale specifica mancata estensione dell’applicabilità anche del settimo comma, vds. anche A. Vuolo, Il contraddittorio nei giudizi costituzionali alla luce delle recenti modifiche alle Norme integrative, in Federalismi, n. 16/2020, pp. 430 ss.

58. Cfr. ritenuto in fatto, punto 11. 

59. Afferma infatti la Corte costituzionale che «Restando operativo per tutto l’anno 2021, e cioè fino all’ultimazione del triennio iniziato nel 2019, il contributo di solidarietà impone ai titolari di assegni di elevato importo un ulteriore sacrificio, costituzionalmente legittimo e tuttavia personalmente gravoso, anche in ragione del succedersi di ripetuti prelievi nei due trascorsi decenni, circostanza indubbia sulla quale si sofferma, insieme alle parti private, anche l’amicus curiae». Cfr. considerato in diritto, punto 18.12.

60. Per un commento alla pronuncia vds. G. Leo, L’esclusione del giudizio abbreviato per i delitti puniti con l’ergastolo: infondate o inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, in Sistema penale, 7 dicembre 2020, https://sistemapenale.it/it/scheda/corte-costituzionale-260-2020-esclusione-abbreviato-reati-puniti-con-ergastolo?out=print. 

61. Cfr. considetaro in diritto, punti 7.1, 7.6 e 10.2.

62. Cfr. considetaro in diritto, punto 4. 

63. Al punto 5.3 del considerato in diritto, la Corte costituzionale afferma che «Eventuali divergenze interpretative – come quelle che traspaiono dalla lettura degli atti difensivi delle parti e dalle opinioni degli amici curiae – circa l’effettiva portata precettiva della normativa statale di riferimento, in particolare relativamente alle condizioni di legittimità delle “deroghe illimitate” previste dall’art. 3, comma 7, del d.P.R. n. 304 del 2001, potranno certo essere affrontate e risolte nelle sedi giurisdizionali opportune, nell’ipotesi in cui dovessero essere impugnati i singoli provvedimenti di deroga ai limiti di emissioni sonore in favore del circuito in questione».

64. Cfr. ritenuto in fatto, punto 4. 

65. Secondo parte della dottrina, peserebbe l’assenza di una «disposizione che assoggetti a verifica la legittimazione degli amici, lasciandola così alla mera allegazione assertiva dei medesimi, senza alcun onere probatorio», anche alla luce del fatto che la valutazione del caso è lasciata al presidente della Corte costituzionale, potendosi così paventare «il rischio di una eccessiva, inoppugnabile discrezionalità, con ricadute sull’equilibrio del contraddittorio». Cfr. M. Esposito, Note minime sulle ambiguità della figura dell’amicus curiae, in Giur. cost., n. 1/2020, p. 502. 
Ancora, la decisione sull’ammissibilità da parte del presidente della Corte delle opinioni scritte a cura degli amici curiae potrebbe determinare un’eccessiva esposizione della sua figura. Così M. Luciani, L’incognita delle nuove norme integrative, in Rivista AIC, n. 2/2020, p. 411.

66. Cfr. il giudizio di legittimità costituzionale iscritto al n. 62 del registro ordinanze 2020. 

67. Cfr. il giudizio di legittimità costituzionale iscritto al n. 99 del registro ordinanze 2020.

68. Cfr. il giudizio di legittimità costituzionale iscritto al n. 79 del registro ordinanze 2020. 

69. Cfr. il giudizio di legittimità costituzionale iscritto al n. 1 del registro ricorsi 2020. 

70. I giudizi di riferimento sono iscritti ai nn. 56-59 del registro ordinanze 2020. 

71. Secondo la dottrina di Onida, la linea di apertura in oggetto «si accompagna e si aggiunge all’orientamento a dare risposte in merito alla domanda di giustizia costituzionale che alla Corte si rivolge»: così V. Onida, La Corte si apre alle “voci” della società, in Giur. cost., n. 1/2020, p. 509.

72. Sui rischi connessi, nello specifico, al ricorso agli amici curiae, vds. M. Manetti, I “falsi amici” del Giudice costituzionale, in Giur. cost., n. 1/2020, pp. 505 ss.