Magistratura democratica
giurisprudenza di merito

Thyssen, ma la sentenza d'appello non è un arretramento

Dopo il commento di Roberto Lamacchia un'altra riflessione sul giudizio di secondo grado nel processo alla multinazionale tedesca
Thyssen, ma la sentenza d'appello non è un arretramento

L’affermazione secondo cui il mancato riconoscimento del dolo eventuale a carico dei vertici della ThyssenKrupp (qui la sentenza della Corte d'Appello), indebolirebbe il contrasto alle violazioni sulla sicurezza nei luoghi di lavori ha natura speculare a quella secondo cui la condanna inflitta con la sentenza di primo grado avrebbe definitivamente scoraggiato gli investimenti dei grandi gruppi in Italia.

Si tratta, a nostro avviso, in entrambi i  casi di affermazioni ideologiche che distorcono il senso dello strumento penale. Quasi che la sentenza del Tribunale di Torino avesse finalmente introdotto nel sistema italiano una risposta penale efficace alle morti e alle malattie legate al lavoro e che adesso, dopo la sentenza di appello, si sia ritornati al nulla, con gioia degli imprenditori e disastrose situazioni per i lavoratori e i cittadini.

Abbiamo scritto più volte che nel nostro Paese il vero problema è dato dall’assenza di controlli adeguati e di interventi efficaci diffusi sul territorio; che la dimensione del lavoro nero e non garantito costituisce una fonte costante di pericolo; che solo in poche realtà le strutture pubbliche e le procure hanno messo in pratica prassi virtuose; che scarsa è la consapevolezza di una parte dei giudicanti; che mancano politiche complessive all’altezza delle necessità.

Discuteremo ancora a lungo del rapporto fra colpa cosciente e dolo eventuale, così come ne abbiamo discusso in tanti altri settori.

Ma non crediamo si possa affermare che la sentenza del Tribunale è una dimostrazione di civiltà e quella di appello un arretramento, perché questo potremmo dire solo se la seconda avesse imboccato una strada di evidente timidezza e si rivelasse tecnicamente troppo debole. Cosa che non è.

La soluzione ai problemi posti dai singoli processi, per quanto rilevanti e caricati di valore simbolico, non sta nel decidere prima quale sia la soluzione giusta, ma nel confrontarsi con la complessità evitando che pre-giudizi oppure interessi di risultato condizionino le decisioni e la loro lettura.

 

17/06/2013
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