Articoli di Francesco Spaccasassi
La sentenza n. 131 del 2022 della Corte Costituzionale ha posto fine all’inerzia del legislatore espungendo definitivamente dall’ordinamento giuridico l’automatismo del patronimico e dunque introducendo la regola dell’assunzione da parte del figlio dei cognomi dei genitori nell’ordine dai medesimi concordato e fatto salvo l’accordo per attribuire il cognome di uno di loro soltanto. Le pur fondamentali e rivoluzionarie statuizioni della Corte necessitano tuttavia di essere completate da un intervento legislativo (in parte suggerito dallo stesso giudice delle leggi) per colmare vuoti (disciplinare le modalità dell’accordo dei genitori; indicare i rimedi in caso di disaccordo), evitare conseguenze abnormi (la crescita esponenziale dei cognomi nel succedersi delle generazioni), garantire l’unitarietà del cognome dei fratelli e delle sorelle, prevedere eventuali meritevoli rimedi rimessi alla volontà di chi non sente come proprio il cognome attribuitogli.
Pubblichiamo oggi la prima riflessione su un tema di cui la Rivista già si è occupata e continuerà ad occuparsi.
La legge c.d. Scelba che fa divieto sia dell’apologia che di manifestazioni usuali del partito fascista è in gran parte ineffettiva poiché è di estrema difficoltà fornire la prova del pericolo concreto di riorganizzazione del partito fascista, requisito quest’ultimo richiesto dalle due sentenze della Corte Costituzionale n. 1 del 1957 e n. 74 del 1958. Si registra sempre più un orientamento giurisprudenziale che per le manifestazioni usuali (quali il saluto romano e la chiamata del presente) ritiene applicabile, ove difetti o non è provato il pericolo di riorganizzazione, la legge c.d. Mancino. Significative due recenti sentenze della Cassazione: l’una, Cassazione n. 11576 del 2021, che ha reso ulteriormente evidente come il requisito del pericolo concreto sia così indefinito e sfuggente per cui è stata esclusa l’apologia anche nel caso della realizzazione di un mausoleo dedicato ad una figura di spicco del regime fascista come il generale Graziani; l’altra, Cassazione n. 3806 del 2022, che in base al principio di specialità ha ritenuto applicabile, per le manifestazioni usuali, la legge c.d. Mancino e per il rigore e l’ampiezza della motivazione può costituire un punto di riferimento per la futura giurisprudenza di merito e di legittimità.
L’articolo 5 del decreto legge n. 1 del 5 gennaio 2021 disciplina la manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid-19 per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite. Si tratta di verificare se la complessa e minuziosa normativa sia riuscita a coniugare le esigenze di celerità nella somministrazione del vaccino con le garanzie per i ricoverati sotto il profilo della tutela della loro salute e dell’espressione del consenso.