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Niente è facile nei Balcani. La difficile "gestione" dei processi per crimini di guerra in Bosnia

di CF
Esperto in crimini di guerra
I procedimenti penali per crimini di guerra in Bosnia Herzegovina hanno avuto un ruolo riconciliatorio?
Niente è facile nei Balcani. La difficile "gestione" dei processi per crimini di guerra in Bosnia

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I procedimenti penali per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio in Bosnia Erzegovina (crimini di guerra), hanno una storia lunga e travagliata, che si intreccia con la storia ed le conseguenze del conflitto non solo per quanto riguarda i fatti, ma anche la complessa geografia istituzionale, giudiziaria e di polizia, in un assetto costituzionale basato sulla diffidenza, derivata dai trattati di Washington e Dayton, che hanno  posto fine al conflitto.

In Bosnia Erzegovina, parole come genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità sono pronunciate, scritte, e commentate ogni giorno, sono familiari a coloro i quali se ne occupano per lavoro, così come, forse con un diverso significato, a coloro i quali a queste parole associano una vivida immagine del proprio passato.

La Bosnia Erzegovina ha oggi, per parafrasare le parole usate della Commissione di Venezia nell’opinione n. 648/2011 20 del 18 Giugno 2012 “On legal Certainty and the Independence of the Judiciary in Bosnia and Herzegovina” il sistema legale e  giudiziario piu’ complesso e decentralizzato in Europa.

Infatti, la Bosnia Erzegovina è uno stato Federale, che include al suo interno due Entità – la Federazione e la Republica Srpska- ed un distretto autonomo – Brcko -. La Federazione è a sua volta divisa in 10 cantoni, mentre la Republika Srpska in 5 distretti. Questa frammentazione politica si riflette nel complesso sistema giudiziario, che a fronte di un unico consiglio della magistratura, include 10 corti cantonali, 5 distrettuali, una corte a Brcko, ed una corte statale, nonché’ 3 corti di ultima istanza, tutte competenti per crimini di guerra.

La divisione della competenza tra le varie corti a livello di entità è su base territoriale, e le due corti supreme, una nella Federazione ed una nella Republika Srpska, fungono da corti di ultima istanza nelle due entità. La sezione di appello della corte statale decide in ultima istanza sui casi decisi dalla Corte Statale; e questo implica che non una, ma tre istituzioni hanno responsabilità nomofilattica con alcuna tra le tre sovraordinata e conseguenti disparità nell’interpretazione del diritto sostanziale e procedurale tra le Entità e la corte statale.

La giurisdizione della corte statale copre invece tutto il territorio della Bosnia Erzegovina ed è esclusiva per i reati iscritti dal 2003 – data di entrata in vigore del codice penale statale- e prevalente per tutti gli altri, poiché la corte di stato può, ex officio o su mozione delle parti, sussumere la competenza per qualunque procedimento penale per crimini di guerra pendente in qualunque corte o procura della Bosnia Erzegovina.  In pratica, un doppio binario che conferisce alle istituzioni statali anche una funzione di controllo, indiretta, sul lavoro delle corti operanti a livello di Entità, tramite la possibilità di sussumere la giurisdizione dei casi singoli.

Per parlare dei procedimenti penali per crimini di guerra in BiH, è opportuno tracciare una succinta, e come tale approssimativa, descrizione di quanto avvenuto dal 1993 ad oggi. In quell’anno, le Nazioni Unite stabilirono il Tribunale Penale Internazionale per la ex-Jugoslavia, conferendogli giurisdizione concorrente e prevalente sulle strutture giudiziarie di quel paese in relazione ai procedimenti qualificabili come crimini contro l’umanità, crimini di guerra, e genocidio.

Dall’istituzione dell’ICTY, i procedimenti per crimini di guerra hanno continuato parallelamente all’Aia e in BiH – a livello di Entità. Ed il meccanismo preposto a garantire sia il coordinamento tra l’Aia e la Bosnia Erzegovina, sia che i processi fossero giusti, fu istituito dal trattato di Roma nel 1996, a seguito del quale l’unità della procura dell’Aia, conosciuta anche come “rules of the road”-legge della strada-, fu istituita ed assunse funzioni di controllo sull’operato delle procure locali.

I processi sono continuati con alterni risultati fino al 2005, quando con l’istituzione della procura di stato – dipartimento speciale per crimini di guerra -, il Tribunale dell’Aia restituisce alla Bosnia Erzegovina un numero notevole di procedimenti penali – si parla di oltre 10.000 fascicoli -, i quali vengono prima valutati dalla procura di stato, e poi in parte restituiti alle procure territorialmente competenti, ed in parte sussunti dalla Corte di stato su mozione della procura in base dell’articolo 449 del Codice di Procedura Penale della Bosnia Erzegovina.

Nel 2008, il Consiglio dei Ministri della Bosnia Erzegovina, approva la “Strategia Nazionale per i procedimenti penali per crimini di guerra”. Si tratta di un documento programmatico, che definisce i criteri orientativi per la distribuzione dei procedimenti tra i diversi livelli di giurisdizione e introduce due scadenze per la finalizzazione dei procedimenti pendenti: dicembre 2015 per i casi più gravi, 2023 per i rimanenti. E’ opportuno notare tuttavia che la Strategia non prevede alcuna sanzione per il mancato rispetto delle scadenze e conferisce alle procure stesse la competenza nella definizione del livello di gravità dei procedimenti pendenti. 

A complicare ulteriormente il sistema, sussiste l’incertezza sulla legge applicabile ai procedimenti per crimini di guerra, perdurante anche per l’assenza di una corte di ultima istanza comune ai diversi livelli di giurisdizione – stato, Federazione, Republika Srpska -. I fatti, come noto, risalgono al periodo 1992-1995, ed a quel tempo in vigore era il Codice Repubblica Federale Iugoslava (codice SFRY), che penalizza, tra altri, anche i reati di crimini di guerra e genocidio. Nel 2003 in Bosnia Erzegovina entra in vigore un nuovo codice penale (Codice BiH), il quale include le stesse fattispecie criminose previste dal codice SFRY, e la fattispecie criminosa di crimini contro l’umanità. A prescindere dalle diverse formulazioni delle fattispecie criminose contenute in ambedue i codici, differenza di rilievo è la pena edittale, che nel codice SFRY oscilla tra un minimo di cinque ad un massimo di quindici anni di reclusione, ovvero pena di morte convertibile in venti anni di reclusione, mentre nel codice BiH, tra un minimo edittale di dieci anni fino ad un massimo di oltre quaranta anni di reclusione.

La co-esistenza dei due codici, ha imposto al giudice a quo di determinare caso per caso quale legge sia più favorevole, e decidere se il nuovo codice fosse applicabile alle fattispecie criminose pregresse, in particolare se il reato di Crimini contro l’Umanità fosse ascrivibile per fatti avvenuti oltre diciotto anni prima dell’entrata in vigore del codice. Il primo procedimento penale tenutosi davanti alla Corte di Stato, contro Maktouf, si è concluso con la condanna dell’imputato per crimini di guerra come previsto dal codice BiH. A seguire, numerosi casi si sono conclusi con condanne per crimini contro l’umanità e genocidio, con il risultato che, su un totale di circa 246 procedimenti penali chiusi dal 2004 ad ottobre 2013, circa 97 sono stati aggiudicati con il codice BiH- tutti a livello statale-, mentre i rimanenti sulla base del codice SFRY.

Avendo esaurito tutti i rimedi processuali previsti in Bosnia Erzegovina, incluso il ricorso alla corte Costituzionale di Bosnia Erzegovina, che garantisce l’aderenza del diritto statale alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo recependola direttamente sotto l’articolo 2h), Maktouf ha presentato il suo ricorso alla Corte Europea. Il 18 luglio 2013, in composizione plenaria, la Corte ha deciso sul caso Maktouf, insieme ad un caso analogo riguardante Damjanovic (anche lui condannato per crimini di guerra come previsto dal codice BiH), indicando che, poiché il reato di crimini contro l’umanità non è esplicitamente previsto dal codice SFRY, seppur esistente nel diritto internazionale, il codice BiH e’ l’unico utilizzabile nei procedimenti penali riguardanti questa fattispecie criminale. Il reato di crimini di guerra, previsto da ambedue i codici con pene diverse,  richiede una valutazione caso per caso del giudice a  quo. Nel caso in ispecie, la Corte di Strasburgo ha rilevato che l’applicazione del codice BiH contro gli imputati Maktouf e Damianovic, è contrario all’articolo 7 della convenzione Europea dei Diritti Dell’Uomo.

La Corte Costituzionale, a questo punto, decide di cassare il verdetto di primo e secondo grado emessi nei due procedimenti restituendo gli atti alla corte di stato per un nuovo procedimento. Al contempo, applicando una interpretazione estensiva, cassa anche i verdetti di secondo grado contro 10 imputati condannati definitivamente per crimini di guerra e genocidio, ordinando anche per loro un nuovo procedimento e restituendo gli atti alla sezione d’appello della corte statale. La corte statale, mancando la condanna, e nell’assenza di una richiesta di misure cautelari della procura, libera i dieci imputati, condannati per genocidio e crimini di guerra fino a 34 anni di reclusione.

Con oltre 1300 procedimenti penali pendenti, l’effetto della decisione nel caso Maktouf e Damjanovic, pone un peso addizionale sulle vittime, sui testimoni, sulle istituzioni, con altri 38 procedimenti potenzialmente soggetti a riapertura, in linea con l’interpretazione estensiva data dalla Corte Costituzionale di BiH ai principi espressi dalla Corte di Strasburgo.  

Niente è facile nei Balcani, ma diventa sempre più difficile per la gente vedere l’impatto riconciliatorio dei procedimenti penali per crimini di guerra, specialmente quando l’aspetto punitivo, al momento, è l’unica misura di giustizia transizionale esistente in un paese, dove le divisioni sono nella costituzione. Tra l’altro, anche la costituzione è stata considerata discriminatoria dalla Corte di Strasburgo con la decisione nel caso Sejdic e Finci vs Bosnia Erzegovina, ma questa è un’altra storia.

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26/11/2013
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