Magistratura democratica
cinema e letteratura

Lampaduza

di Anna Canepa
sostituto procuratore Direzione Nazionale antimafia
Una recensione di "Lampaduza" di Davide Camarrone, Sellerio editore, Palermo
Lampaduza

Lampaduza.

Gli arabi la chiamano così.

E un giornalista siciliano la racconta per quella che è: Isola e terraferma.

Mare e morte.

Confine ed inizio.

L'isola dell'italiano dell'anno che con la sua barca ha salvato 12 persone.

L'isola della vita, l'isola della morte.

Isola della speranza , isola senza futuro.

Appunti sentimenti sensazioni di chi l'isola l'ha vissuta per lavoro.

Cronaca di un dramma che si ripete senza sosta e nella indifferenza.

Appunti sentimenti e sensazioni per liberarsi del dolore, del troppo dolore per quanto visto e del disgusto per l'indifferenza di molti.

Diario, racconto, reportage scritto col cuore dell'uomo e con l'occhio del cronista che tutto ha visto e che nulla dimentica di un'isola e della sua gente che ci costringe a guardare ad una realtà tragica che non dovrebbe essere.

Memoria e tributo ad un'isola, alla sua gente sola, davanti ad una emergenza umanitaria che non ha fine e che segna il futuro della europa.

Terra di passaggio dove si gioca il destino degli individui.

Una terra antica, spoglia, senza alberi perché un tempo sono stati tagliati e l'equilibrio è saltato.

Terra assolata così diversa e così unica.

Terra promessa per i disperati della terra e di disperazione per i suoi pochi abitanti.

Racconto di dolore, ma anche di speranza, asciutto secco come solo un cronista sa fare.

Disperazione e speranza in un alternarsi di ombre e luci.

In cui giorni di dolore si susseguono a giorni di dolore. Immagini di uomini, di donne e di bambini.

Migranti in fuga che hanno attraversato il deserto, messo le loro vite in mano ai trafficanti di uomini.

Che hanno affrontato pestaggi e stupri.

Sfidato sete, fame.

Sfidato il destino e la morte.

Un racconto che come la lama di un coltello ferisce.

Colpisce al cuore.

Moltiplichiamo le violenze di ognuno per tutti quegli uomini stipati sui barconi e ancora non riusciamo ad immaginare la paura negli occhi di chi arriva dopo avere attraversato il Mediterraneo.

Questi sopravvissuti si porteranno per sempre il terrore negli occhi.

Ed immagini di morte.

Nell'anno della primavera araba le strade di Lampedusa hanno visto camminare migliaia di migranti in fuga.

E prima della rabbia e della sfiducia la regola dei lampedusani e' il soccorso dei migranti.

La pietà più che l'egoismo.

Lampedusa dice il suo sindaco è l'isola che conta i morti e salva le vite, unisce il suo destino al loro.

Lampedusa e 'il mondo intero è Africa ed Europa.

Terra perduta e ritrovata.

E con lei le nostre coscienze.

Immagini di cadaveri gonfi e di corpi smembrati .

Immagini di morte, di ricordi di cui non ci si può liberare e che si ha l'obbligo morale di condividere.

Una folla di sensazioni che solo la condivisione aiuta a sopportare per vincere rassegnazione e disperazione.

La memoria e la cronaca aiutano chi legge a ricostruire una trama di solidarietà.

A restituire speranza, a voltare pagina, a guardare avanti ad avere, nonostante tutto, fiducia nel futuro.

L'autore sostiene di avere scritto il libro  per rendere omaggio a quelli che trovano il coraggio di partire, a quelli che sfidano il mare per salvarli, a quelli che li accolgono,d a quelli che li accolgono con amore ed a quelli che sanno dire tutto questo.

Aggiungo che lo ha scritto per ricordarci che Lampaduza è una speranza per i migranti ma che deve esserlo anche per noi.

Perché Lampaduza siamo noi.

 

02/05/2014
Altri articoli di Anna Canepa
Se ti piace questo articolo e trovi interessante la nostra rivista, iscriviti alla newsletter per ricevere gli aggiornamenti sulle nuove pubblicazioni.