Magistratura democratica
giurisprudenza di merito

Famiglia nucleare e allargata: ricadute in materia di risarcimento danni

di Giuseppe Marseglia
Giudice Tribunale di Bari
Nel mutato contesto sociale, la convivenza tra componenti della famiglia non può porsi quale unico requisito per riconoscere il risarcimento del danno da perdita parentale
Famiglia nucleare e allargata: ricadute in materia di risarcimento danni

La recente sentenza del Tribunale di Roma, resa in un giudizio di responsabilità civile a seguito di un incidente stradale mortale, ha il merito di aver affrontato da un angolo visuale parzialmente innovativo la questione legata alla riconoscibilità o meno del danno non patrimoniale anche in capo a congiunti diversi da quelli appartenenti alla ristretta cerchia familiare costituita da coniuge, genitori e figli, per la quale l’intensità del vincolo parentale con la vittima è considerato già di per se indice presuntivo della perdurante ed irreversibile sofferenza cagionata dalla sua perdita.

Come ha giustamente premesso anche lo stesso giudice capitolino, la giurisprudenza di legittimità non ha ancora raggiunto un orientamento consolidato sul punto, e non può negarsi che, soprattutto nell’ambito della c.d. infortunistica stradale, una certa tendenza restrittiva emersa nella pratica sia stata influenzata anche dalla comprensibile necessità di limitare il proliferare di giudizi risarcitori da parte di parenti non dotati dei presupposti sui quali il riconoscimento del patema d’animo si fonda (del resto, la materia è come noto tra quelle che più si prestano a fenomeni di abuso del processo, si pensi ad es. al filone della c.d. parcellizzazione del credito risarcitorio su cui si rinvia a Cassazione, III sez. civile, sentenza n. 28286 del 22 novembre 2011).

Difatti, in relazione al rapporto reciproco nonni-nipoti, che ha costituito anche l’oggetto della sentenza in oggetto unitamente al rapporto zii-nipoti (ma la medesima questione potrebbe porsi in relazione alla posizione del genero o della nuora), l’ultimo arresto della Corte di Cassazione (III Sez. civile, sentenza n. 4253 del 16 marzo 2012) ha dato atto di una pronuncia abbastanza recente della III Sezione che non aveva differenziato la posizione del nipote rispetto agli altri stretti congiunti del nonno defunto (sentenza n. 15019 del 15 luglio 2005), ma si è attestato sull’orientamento più risalente che per la risarcibilità riteneva necessaria, oltre all’esistenza del rapporto parentale, la convivenza quale presupposto rivelatore della perdita di un valido e concreto sostegno morale (sentenza n. 6838 del 23 giugno 1993).

In particolare, i giudici della del Palazzaccio hanno chiarito che dai precetti costituzionali di cui agli artt. 29, 30 e 31 Cost. emergerebbe un modello di famiglia nucleare - anche di fatto - incentrata su coniuge, genitori e figli rispetto ai quali soltanto sarebbe delineata la trama dei diritti e doveri reciproci, mentre le disposizioni civilistiche che specificamente riguardano i nonni individuerebbero un rapporto con i nipoti non diretto bensì mediato dai genitori che solo una comprovata e stabile convivenza potrebbe rendere giuridicamente rilevante ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale in caso di perdita del congiunto, esteriorizzando l’intimità dei rapporti parentali allargati.

Proprio su tali ultime considerazioni si è innestato il ragionamento del Tribunale di Roma che, pur condividendo in linea di principio l’affermazione relativa al passaggio dalla famiglia allargata, legata ad un contesto rurale ormai non più esistente, alla famiglia nucleare, ha osservato come le mutate relazioni sociali abbiano ormai superato anche la famiglia nucleare e la casistica riguardante le dinamiche relazionali familiari presenti una forte evoluzione verso modalità di coniugio, genitorialità e parentela basate sulla distanza fisica anche tra diverse Nazioni, benché tali mutate modalità relazionali - grazie anche ai sempre più evoluti mezzi di comunicazione basati soprattutto sulla rete internet - non vadano comunque ad intaccare il vincolo di solidarietà e la comunione di vita e di affetti che governano le relazioni parentali e che rappresentano il valore fondante della tutela garantita dalla Costituzione e dalle fonti internazionali e comunitarie (Carta di Nizza, Trattato di Lisbona che l’ha recepita, C.E.D.U.).

Di conseguenza, la prova della convivenza non può costituire, ad avviso del giudice romano, l’unico parametro per accogliere o negare una richiesta risarcitoria proveniente da componenti della famiglia diversi da quelli più stretti.

Si tratta di una impostazione senza dubbio condivisibile e che si auspica possa presto essere presa in considerazione dalla giurisprudenza di legittimità, in particolare perché consente di lasciare al giudice di merito la giusta discrezionalità necessaria per valutare in base alle peculiarità ed alle emergenze probatorie del singolo caso l’atteggiarsi in concreto delle modalità di vita della famiglia e l’intensità della relazione esistente fra i congiunti e la vittima dell’illecito. Inoltre, una valorizzazione ed un ulteriore sviluppo delle considerazioni in commento non solo con riferimento alla ristretta sfera della responsabilità civile ma trasversalmente in tutte le questioni giuridiche in cui vengano in rilievo dinamiche familiari, consentirebbe probabilmente di ridurre un pò quel gap che da sempre esiste tra la lenta evoluzione del diritto e la sempre più rapida evoluzione delle relazioni sociali.

03/04/2013
Altri articoli di Giuseppe Marseglia
Se ti piace questo articolo e trovi interessante la nostra rivista, iscriviti alla newsletter per ricevere gli aggiornamenti sulle nuove pubblicazioni.