Magistratura democratica
giurisprudenza di legittimità

Le Sezioni Unite si pronunciano sul preliminare di preliminare

di Francesco Toschi Vespasiani
Avvocato del Foro di Firenze
Commento a Corte di Cassazione, SU n. 4628 del 2015
Le Sezioni Unite si pronunciano sul preliminare di preliminare

1. Le questioni affrontate.

La prassi immobiliare, da molto tempo, conosce una tipica procedimentalizzazione di formazione del consenso delle parti che non trova riscontro nella logica “dualistica” del codice civile. Se questo, infatti, struttura la contrattazione nelle due fasi contratto preliminare/definitivo, il mercato immobiliare registra usualmente una tripartizione negoziale che passa attraverso l’accettazione da parte del venditore di una proposta d’acquisto spesso veicolata dal mediatore; la stipula di un preliminare, con esborso di un’ulteriore somma a titolo di caparra confirmatoria; il contratto definitivo.

Chi scrive questa nota ha avuto modo di occuparsi a più riprese di questa fenomenologia contrattuale e dei numerosi problemi di inquadramento dogmatico (e conseguentemente anche operativo) che essa ha determinato quanto meno da un ventennio a questa parte.

La questione centrale ha, da sempre, riguardato il valore giuridico da riconoscersi alla proposta d’acquisto accettata ed in particolare se essa, superata poi com’è (se non altro temporalmente), da un ulteriore momento negoziale (il preliminare), non debba ritenersi superflua od addirittura nulla per difetto di causa. In altri termini, ed è poi questo il problema su cui si concentrano le S.U., si tratta di capire se a questa frammentazione della volontà negoziale possa riconoscersi qualche valenza funzionale che la renda meritevole di tutela o meno: un contratto che obblighi le parti ad obbligarsi ulteriormente alla stipula finale del definitivo è sempre stato in odore di nullità, ancora prima della sentenza di Cassazione 8038/2009, che ciò ha affermato in modo chiaro.

Chi scrive ha più volte richiamato l’attenzione sul fatto che la prassi immobiliare ha da tempo abbandonato lo schema della proposta accettata che obbliga a concludere il preliminare, per spostarsi su proposte del tutto complete e chiare, come contenuti ed espressione della volontà dei contraenti, da costituire esse stesse dei preliminari, che non rinviano più alla conclusione di un preliminare successivo.

Già App. Firenze 22.11.2002, non pubblicata si era pronunciata in riferimento ad una “promessa di compravendita”, ritenendo che: «è evidente che il primo impegno che le parti intendono cristallizzare in forma scritta, redatto prima che abbiano potuto munirsi di tutte le informazioni e di svolgere tutti gli accertamenti opportuni, è necessariamente più sommario e a volte i contraenti hanno interesse, prima ancora di addivenire alla stipulazione del rogito notarile, a trasfondere la loro volontà traslativa in una scrittura privata più dettagliata e quindi più precisa. Ma ciò non toglie che già il primo negozio – contenendo tutti gli elementi necessari, ossia la determinazione della res, il prezzo di vendita, il consenso alla stipula del successivo contratto di vendita e la data di stipula – è già atto perfetto, qualificabile come contratto preliminare di compravendita e le parti hanno rimesso alla successiva formalizzazione di una atto più completo la sola regolamentazione degli elementi accessori non ancora precisati».

In questa direzione si è orientata la giurisprudenza successiva, secondo la quale: «qualora la proposta di acquisto accettata presenti il carattere della sostanziale completezza, contenendo essa gli elementi essenziali dell'identificazione dell'immobile costruendo e, in allegato, planimetria e piantina dell'edificio, prezzo e relative modalità e tempi di pagamento, data della stipula del definitivo, garanzie relative alla libertà dell'immobile da ipoteche ed altri pesi di modo che, al di là della questione se possa addirittura parlarsi di un vero e proprio accordo in senso tecnico (l'accordo con il quale le parti s'impegnano rispettivamente a vendere e ad acquistare un immobile, prevedendo tutti gli elementi essenziali della futura vendita, deve qualificarsi come contratto preliminare "formale" o "chiuso", non rilevando in contrario che sia anche prevista la necessità di sottoscrivere un successivo preliminare notarile, dovendosi ritenere che quest'ultimo ha natura meramente riproduttiva di un accordo già completo) e della riserva di meglio specificare nel contratto preliminare il termine di consegna del bene e gli estremi delle concessioni edilizie, è inevitabile concludere che l'affare è stato concluso, nel senso che fra le parti contraenti si era costituito un vincolo giuridico che legittimava ciascuna delle stesse ad agire se non per l'adempimento, quanto meno, per il risarcimento danni (il promittente la vendita è stato condannato al pagamento della provvigione a favore dell'agenzia immobiliare pur in difetto della effettiva conclusione del successivo contratto preliminare e della vendita definitiva)» (App. Firenze, 14.4.2004, GI,2005, 730, con mia nota adesiva).

Così, infine, anche Cass. 14.7.2004, n. 13067, secondo cui: «…mentre un contratto preliminare di compravendita deve considerarsi atto conclusivo dell'affare, idoneo, per l'effetto, a far sorgere in capo al mediatore il diritto alla provvigione, non così avviene per la puntuazione. L'accertamento relativo alla natura dell'accordo stipulato, che si traduce nella interpretazione della volontà negoziale delle parti secondo i criteri di cui agli art. 1362 ss. c.c., implica un apprezzamento demandato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione immune da vizi logici. (Nella specie la S.C., ha confermato la sentenza di merito che aveva ravvisato l'avvenuta conclusione dell'affare in una proposta d'acquisto, accettata dalla controparte, contenente l'indicazione del prezzo, delle modalità di pagamento, della data di stipula del definitivo e della consegna dell'immobile all'acquirente, ancorché l'accordo stabilisse la data della stipula del "contratto preliminare" davanti al notaio, previsione ritenuta mirante soltanto a riprodurre in forma più sicura un preliminare già concluso».

Tornando al tema, le Sezioni Unite tornano ora ad occuparsi di tutte quelle intese contrattuali che possano rientrare nel concetto di preliminare di preliminare, per stabilirne se sia da condividersi l’orientamento già espresso dalla Cass., 8038/2009 (conformi anche Trib. Napoli 23.11.1982; App. Napoli 1.10. 2003), che ne sanciva la nullità assoluta, o piuttosto quello, promosso da altra parte della giurisprudenza e della dottrina, per cui le parti ben possono rimettere alla successiva formalizzazione di una atto più completo la sola regolamentazione degli elementi accessori non ancora precisati. Per questo secondo orientamento, la nullità del preliminare di preliminare appare una petizione di principio in contrasto con le esigenze della prassi: quando le parti articolano in modo non del tutto completo il contenuto economico e giuridico del loro consenso e fanno passare una somma di danaro nella prima fase negoziale, lasciando alla seconda il mero completamento dei contenuti dell’operazione, il preliminare di preliminare è voluto per perseguire precise esigenze che variano di caso in caso; quando invece la riserva di concludere altro negozio si presenti a fronte di una intesa già completa e definita nei suo contenuti essenziali, non si può parlare nemmeno di preliminare di preliminare, essendo l’intesa stessa già un preliminare pieno e vincolante, e rimanendo invece il secondo negozio una mera ripetizione del primo, finalizzata per disporre di un momento formale per la trascrizione, o di un momento di appoggio, funzionale al passaggio di una più consistente somma di danaro tra le parti (cfr. fra le varie sentenze in tal senso anche App. Napoli 11 ottobre 1967; Trib. Napoli 28 febbraio 1995).

La remissione alle SU non rispondeva, quindi, all’esigenza di sanare un contrasto tra diversi giudicati delle sezioni semplici, quanto di dirimere il segnalato contrasto giurisprudenziale e superare la non condivisibile assolutezza della Cass. 8038/2009, soprattutto nella parte in cui stigmatizzava con la nullità anche intese che miravano a rinviare la stipula di un “regolare” contratto preliminare al sopravvenire di circostanze di fatto importanti per le parti (nella fattispecie il consenso a cancellazione di una ipoteca) e in cui non teneva conto che il preliminare di preliminare non solo obbliga ad obbligarsi, ma anche a stipulare il definitivo, quindi mantiene in ogni caso una sua rilevanza programmatica ed effettuale.   

1.2. La soluzione delle Sezioni Unite.

La soluzione prescelta dall’annotato provvedimento, che sviluppa le indicazioni dell’ordinanza di rimessione, mi trova pienamente in linea, in quanto accoglie le osservazioni che da tempo ero andato svolgendo (in senso critico rispetto alla più volte citata sentenza di Cassazione del 2009). Secondo le Sezioni Unite, in presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice del merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex artt. 1351 e 2932 cod. civ., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento. Riterrà produttivo di effetti l’accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell’interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dar luogo a responsabilità per la mancata conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase contrattuale.

Nella sostanza, la Cassazione conferma che, in linea tendenziale, la qualificazione giuridica del primo accordo potrà attestarsi sulla riconduzione ad un vero e proprio preliminare, salvo che da una sua disamina non emergano elementi che portino a configurare un interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto escludendo nella sostanza l’eseguibilità ex art. 2932 c.c. dell’accordo stesso.

Quindi: 1) si ribadisce l’orientamento ormai dominante per cui tendenzialmente il primo negozio ha nella sostanza natura di contratto preliminare; 2) va condotto un accertamento caso per caso sulla volontà delle parti di frammentare la formazione del consenso in due fasi obbligatorie prima del definitivo, e quali siano gli interessi sottesi; 3) il preliminare di preliminare non può essere ritenuto nullo in modo astratto ed aprioristico, dovendo il giudice valutare la meritevolezza di tutela del quadro di interessi (la c.d. causa in concreto) perseguito dalle parti.

In sintesi, il percorso argomentativo seguito dalle S.U. riprende la sentenza d’appello fiorentina del 2002 citata, ritenendo che la "scissione", in alcuni casi, dimostra che le parti sono incerte e intendono meglio orientarsi, cosicché essa risponde all'esigenza di "fermare l'affare", ossia di dare vincoli giuridici all'operazione economica condivisa negli elementi essenziali, restando però, per una delle parti (di regola il compratore) l'esigenza di verificare con certezza la praticabilità dell'operazione, prima ancora che di definirla in termini piö precisi e articolati.

In particolare, possono rimanere da farsi certe verifiche, quali: a) assumere elementi di conoscenza sulla persona delta controparte (es., se é imprenditore o comunque persona solvibile; escludere vicinanze "mafiose", etc); b) verificare con precisione lo stato delta cosa; c) verificare la situazione urbanistica e svolgere le altre visure e ricerche necessarie. Solo se vi sia identità assoluta tra i due momenti obbligatori, potrebbe restare il dubbio dell’effettiva non rispondenza di questa scissione a motivi meritevoli di tutela. Insomma, le posizioni di coloro che pongono l'alternativa "preliminare o definitivo" amputano le forme dell'autonomia privata, sia quando vogliono rintracciare ad ogni costo il contratto preliminare in qualunque accordo iniziale, sia quando ravvisano nel c.d. preliminare chiuso il contratto definitivo, passibile soltanto di riproduzione notarile. La procedimentalizzazione della fasi contrattuali non è di per sé connotata da disvalore, se corrisponde a un complesso di interessi che stanno realmente alla base dell'operazione negoziale.

E' evidente come questa linea interpretativa imponga di vagliare caso per caso l'emergere dell'interesse delle parti, di questa loro volontà di rinviare il momento in cui operano sia l'integrazione suppletiva ex art. 1374 c.c. sia la cogenza del meccanismo proprio del preliminare ex art. 1351 e 2932 c.c.

 

20/03/2015
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