Magistratura democratica

Pluralismo giurisdizionale e situazioni soggettive sostanziali

di Margherita Ramajoli

Nel problematico articolarsi del pluralismo giurisdizionale, di fronte alla natura e alla consistenza delle situazioni giuridiche soggettive da tutelare, assistiamo alla perdita della correlazione tra il bisogno di tutela sostanziale e gli strumenti di garanzia giurisdizionale. L’equilibrio del sistema dualistico è messo in crisi, da un lato, dal superamento del carattere eccezionale della giurisdizione esclusiva; dall’altro, dalla progressiva estensione operata dalla Cassazione dei confini del difetto di giurisdizione. Per offrire risposte certe, coerenti e prevedibili a tutti coloro che domandano giustizia e, al tempo stesso, per non perdere la ricchezza insita nel pluralismo giurisdizionale occorre che i criteri per selezionare e discriminare gli interessi meritevoli di tutela siano il più possibile condivisi tra le diverse giurisdizioni.

1. Pluralismo istituzionale, pluralismo normativo e pluralismo giurisdizionale / 2. Il giudice amministrativo e gli equilibri incerti nel riparto della giurisdizione / 3. Il giudice amministrativo e gli equilibri incerti nei confini della giurisdizione / 4. Pluralismo istituzionale, pluralismo normativo e pluralismo giurisdizionale e situazioni giuridiche soggettive nei confronti dell’amministrazione

 

1. Pluralismo istituzionale, pluralismo normativo e pluralismo giurisdizionale

Lo scritto di Montedoro e Scoditti[1] sollecita una riflessione su alcune questioni nevralgiche della giustizia amministrativa. Questioni tecniche, ma al tempo stesso dotate di valenza costituzionale, come precisano gli Autori. Questioni da affrontare in una prospettiva non nichilisticamente post-moderna, bensì ri-fondativa del moderno, sempre seguendo la traiettoria suggerita dagli Autori.

L’attuale contesto giuridico è contrassegnato dal pluralismo giurisdizionale. Posto che la funzione giurisdizionale è unica ma gli ordini giurisdizionali possono essere multipli, il pluralismo rappresenta sempre una ricchezza in quanto consente di fornire adeguate e variegate risposte di giustizia[2]

Tuttavia, non possono essere trascurate le problematicità generate da un assetto pluralistico delle giurisdizioni. La pluralità dei plessi giurisdizionali funziona quando a ciascuna giurisdizione è riservato uno specifico e preciso ambito di intervento, sia pure accompagnato da fisiologiche, ma marginali, aree di sovrapposizione. Il pluralismo diviene invece problematico quando le diverse giurisdizioni operano su uno stesso potenziale terreno, costellato da zone grigie. Una potenziale concorrenza di ambiti contrappone corti nazionali e corti sovranazionali, ma anche corti nazionali tra loro, se e quando esse esercitano la loro giurisdizione tra gli stessi soggetti e nello stesso spazio[3]

Siffatto contesto produce frizioni, con conseguenti rischi di nomofilachie «parallele e non comunicanti, dissonanti l’una rispetto all’altra»[4] su questioni analoghe o addirittura simili. A cascata, ciò genera incertezza in ordine alla natura e alla consistenza delle situazioni giuridiche soggettive da tutelare.

Invero, qualsiasi tipologia di pluralismo, non solo quella concernente le tutele giurisdizionali, presenta criticità intrinseche. La madre di tutti gli attuali pluralismi, e cioè l’incessante e controverso pluralismo delle fonti del diritto, lo sta a dimostrare. L’esplodere di fonti, anche nazionali, dalla natura e forza giuridica dubbie (come, ad esempio, gli atti di soft law delle autorità di regolazione), la necessità di continui adattamenti agli stimoli e alle indicazioni sovranazionali, il ricorrere sempre più a quelle norme senza fattispecie che sono le clausole generali, sono tutti fenomeni che recano in dote un portato di ricchezza e vivacità, ma al tempo stesso d’incertezza e incoerenza. 

Tra l’altro, non è neppure possibile considerare isolatamente pluralismo dei centri di sovranità, pluralismo delle fonti del diritto e pluralismo delle giurisdizioni. I rapporti tra l’ordinamento nazionale, l’ordinamento dell’Unione europea e l’ordinamento della Cedu vanno letti, oltre che nell’ottica tradizionale delle fonti del diritto, soprattutto nella loro dimensione dinamica o giurisdizionale, per la quale rilevano le sentenze delle varie corti più che il rango delle disposizioni normative. Infatti, attualmente gli ordinamenti giuridici non offrono sistemi ordinati di norme, ma si ergono a entità complesse e stratificate, in cui assume importanza centrale il diritto in quanto applicato[5]

Conseguentemente pluralismo istituzionale, pluralismo normativo e pluralismo giurisdizionale procedono di pari passo, con una giurisprudenza che «attinge continuamente a varie fonti (legislazioni, principi e trattati internazionali, precedenti giudiziari, convenzioni, ma anche spunti dottrinali di vario tipo)», espressione di «diverse razionalità giuridiche», che possono collidere l’una con l’altra[6].

Di qui un problema di coerenza dell’intero sistema e di raccordo tra le sue diverse componenti, che reclama un’opera di razionalizzazione, pena la sua disfunzionalità a danno dei cittadini. Il pluralismo giurisdizionale rischia di far perdere di vista la correlazione, che ogni sistema processuale dovrebbe sempre assicurare, tra il bisogno di tutela sostanziale e gli strumenti di garanzia giurisdizionale, o, se si preferisce, rischia di far perdere di vista la centralità del diritto a un ricorso effettivo, garantito dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ma, ancor prima e in maniera limpida ed esemplare, dall’art. 24 della Costituzione.

L’attuale epoca si contraddistingue per nuovi, complessi tipi di pluralismo giurisdizionale che rivestono dimensioni sovranazionali. Tuttavia, l’aspirazione a un intero ordinamento giuridico il più possibile sistemico, unitario, certo e prevedibile passa anzitutto attraverso la considerazione dei caratteri della prima tipologia di pluralismo giurisdizionale da noi conosciuta, quella che spezza in due il nostro modello di giustizia amministrativa devolvendo le controversie tra cittadino e pubblica amministrazione vuoi al giudice amministrativo vuoi al giudice ordinario. 

 

2. Il giudice amministrativo e gli equilibri incerti nel riparto della giurisdizione

Storicamente, a una previa giurisdizione ordinaria a carattere generale (1865) è stata affiancata una giurisdizione amministrativa parimenti generale (1889)[7]. Sia pure a seguito di un vivace dibattito in seno all’Assemblea costituente[8], il quadro pluralista è stato confermato dalla Costituzione, la quale ha suggellato il dualismo delle giurisdizioni e il relativo criterio di riparto: il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, «in particolari materie indicate dalla legge», anche dei diritti soggettivi (art. 103, comma 1)[9]

La Costituzione, nel ribadire il pregresso sistema dualista, infonde però in esso uno spirito nuovo, superando qualsiasi dubbio in ordine alla sub-valenza degli interessi legittimi e dei giudici che ne conoscono. Diritto soggettivo e interesse legittimo sono pari ordinati nella mente del Costituente (art. 24, comma 1), la giurisdizione è equamente divisa tra giudici amministrativi e giudici ordinari e all’interno dei due ordini di giudici nessuno ha prevalenza o tendenziale capacità generale, né posizione marginale o funzioni sostanzialmente eccezionali[10]

Quanto al rapporto con il principio di separazione dei poteri dello Stato, il dualismo giurisdizionale, da un lato, è stato reputato in contrasto con la versione tradizionale del principio, perché una parte della giurisdizione sfugge ai tribunali ordinari; dall’altro lato, è stato però ritenuto rispondente a una concezione nuova di separazione dei poteri, in base alla quale le autorità giurisdizionali devono essere specializzate e indipendenti, anche al fine di potersi limitare a vicenda[11]

Del resto, già un secolo fa Cammeo metteva in guardia dalle “aberrazioni” del principio di divisione dei poteri, da non intendere con un ossequio “feticistico”: se infatti, procedendo per deduzione dalle premesse della teoria della divisione dei poteri, «è più corretto concludere per l’unità della giurisdizione, che per la specialità dei tribunali amministrativi», nondimeno, «allo spirito, fondamentalmente esatto, di quella teoria risponde sufficientemente una giurisdizione speciale, in modo netto distinta dall’amministrazione attiva e dotata di tale indipendenza, che le permetta esercitare un controllo efficace, sia o no poi questa giurisdizione coincidente con quella ordinaria»[12].

Ma le questioni sollevate dal dualismo degli ordini giurisdizionali non sono poche. Qui ci si limita ad accennare ad alcune, rilevanti nell’ottica della garanzia di una protezione giurisdizionale adeguata e certa.

La prima criticità deriva dal criterio di riparto della giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario. In tutti i sistemi si pone la questione dell’individuazione di un criterio di riparto della giurisdizione per le controversie che contrappongono il cittadino alla pubblica amministrazione. Infatti, anche nei modelli monistici, le liti amministrative non sono tutte concentrate presso un solo giudice, ordinario o speciale che sia. Dal momento che nei modelli monistici il giudice che costituisce il maggior polo di attrazione per le liti pubblicistiche convive comunque con altri giudici, pure tali modelli devono fare i conti con il pluralismo giurisdizionale[13]

Gli studi di diritto comparato insegnano disincanto e sdrammatizzazione, nel senso che qualsiasi criterio di ripartizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario presenta alcune spinosità[14]. Nondimeno, il nostro specifico meccanismo di riparto basato sulla situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio risulta più problematico di ogni altro. Alla prova dei fatti, esso si è dimostrato di così difficile funzionamento da mettere a repentaglio l’efficienza complessiva del sistema, con un cittadino che fatica a individuare con immediatezza a quale giudice rivolgere la sua richiesta di giustizia.

La qualificazione di una situazione giuridica soggettiva come interesse legittimo oppure come diritto soggettivo è operata non dal legislatore, bensì dalla giurisprudenza. O, meglio, gli interessi legittimi e i diritti soggettivi nei confronti dell’amministrazione, pur affondando le loro radici nel diritto sostanziale, prendono forma precisa nel processo. Nel riconoscere una situazione giuridica soggettiva il giudice utilizza le disposizioni normative reputate rilevanti e da lui interpretate, ma, al tempo stesso, ricorre a schemi teorici di carattere generale[15]. Del resto, manca una tipizzazione legislativa delle situazioni soggettive spettanti ai singoli nei confronti dell’amministrazione e conseguentemente la loro identificazione avviene necessariamente caso per caso, «senza l’ausilio di quelle definizioni e di quelle clausole generali che conferiscono alle situazioni soggettive di diritto civile la loro caratteristica evidenza a priori»[16].

Il più importante schema concettuale utilizzato dal giudice è quello secondo cui la giurisdizione del giudice amministrativo richiede la sussistenza del potere amministrativo. Ciò è stato affermato dapprima dalle sezioni unite della Cassazione, che a partire dal 1949 hanno introdotto il criterio della carenza o del cattivo uso del potere per ripartire la giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo[17], è stato ribadito successivamente dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 204 del 2004 e 191 del 2006[18] e ora sancito anche normativamente dall’art. 7 del codice di rito, che pertanto dal punto di vista lessicale si discosta sotto questo profilo dal dettato costituzionale incarnato dall’art. 103[19]. Icasticamente il Consiglio di Stato è solito affermare che la «condizione primaria richiesta» per la sussistenza della giurisdizione amministrativa è che «l’oggetto della controversia abbia un collegamento, sia pure indiretto o mediato, con l’esercizio del potere»[20].

Solo che l’individuazione delle condizioni di esistenza del potere amministrativo è un’operazione interpretativa che presenta elevati margini di opinabilità[21] e genera incertezze giurisprudenziali, anche all’insegna dell’imprevedibilità[22]

Inoltre, si richiede la sussistenza del potere amministrativo sempre e in ogni caso, anche quando il giudice esercita la giurisdizione speciale esclusiva. Evenienza quest’ultima che traghetta direttamente verso la seconda criticità del pluralismo giurisdizionale declinato in termini di dualismo.

Questa criticità non è di tipo strutturale come la prima, bensì emerge a seguito di un fenomeno contingente, e cioè del progressivo ampliamento della giurisdizione esclusiva. Dagli anni novanta del secolo scorso fino ai giorni nostri, il legislatore ha rimesso in discussione l’impianto costituzionale che configura il giudice ordinario come il giudice naturale dei diritti soggettivi vantati nei confronti della pubblica amministrazione. 

Vero è che la Corte costituzionale ha cercato di porre un argine al potere discrezionale del legislatore nel ripartire concretamente le funzioni giurisdizionali tra giudice amministrativo e giudice ordinario, precisando che l’art. 103 Cost. non ha conferito al legislatore ordinario «una assoluta ed incondizionata discrezionalità» nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, essendo sempre necessario «considerare la natura delle situazioni soggettive coinvolte»[23].

Nondimeno, il monito autorevole non ha evitato un’anomala esplosione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, plasticamente resa evidente dal lunghissimo elenco delle relative materie contenuto all’art. 133 cpa (dalla lettera a alla lettera z-sexies)[24].

Nell’ottica del pluralismo giurisdizionale, l’espansione della giurisdizione esclusiva da parte del legislatore ha prodotto il superamento del carattere eccezionale della giurisdizione esclusiva, la rottura dell’equilibrio dualistico e la conseguente prevalenza del giudice amministrativo anche nella cognizione di diritti che fronteggiano l’agire della pubblica amministrazione. Tra l’altro, la giurisdizione esclusiva è arrivata a riguardare controversie concernenti anche soli diritti soggettivi, talvolta addirittura soli diritti soggettivi costituzionalmente tutelati, come avviene nel caso del contenzioso elettorale[25].

Di qui l’ambivalenza, per un verso, di richiedere che le controversie relative a diritti partecipino della medesima natura di quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità e sottendano l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo; per l’altro, di prevedere contestualmente che la cognizione del giudice amministrativo possa estendersi su liti relative unicamente a diritti soggettivi. 

Così l’attuale assetto della giurisdizione esclusiva amplifica ulteriormente le incertezze nel riparto della giurisdizione[26]. Effetto paradossale per una giurisdizione, come quella esclusiva, che nasce proprio con l’intento semplificatore di risolvere alla radice questioni di giurisdizione, concentrando eccezionalmente davanti a un solo giudice la tutela giurisdizionale di diritti soggettivi e interessi legittimi quando le due situazioni giuridiche si presentino tra loro intrecciate[27]

La sottrazione di una buona parte dei diritti soggettivi al sindacato del giudice ordinario, con conseguente perdita della garanzia offerta dal giudizio in Cassazione, ha suscitato una duplice reazione: a livello dottrinale, una parte della dottrina, specie processual-civilistica, ha ritenuto che, in considerazione del fatto che il giudice amministrativo sia oggi «un giudice che si occupa abbondantemente di diritti», «la specialità della giurisdizione amministrativa (…) non abbia più ragion d’essere e sarebbe più opportuno devolvere le controversie su cui essa oggi si pronuncia, a sezioni specializzate del giudice ordinario, cioè del giudice che per definizione è il giudice generale dei diritti»[28]; a livello giurisprudenziale, la Cassazione ha tentato di recuperare maggiori margini di intervento, secondo un meccanismo che impatta direttamente sull’impianto pluralistico delle giurisdizioni, sia a livello nazionale, sia a livello sovranazionale[29].

 

3. Il giudice amministrativo e gli equilibri incerti nei confini della giurisdizione

Nel pluralismo giurisdizionale declinato come dualismo è la Cassazione, e quindi il giudice ordinario, ad essere l’arbitro dei confini della giurisdizione stessa. Soluzione niente affatto scontata, se si pensa che in un sistema di giustizia amministrativa sotto molti aspetti simile all’italiano, e cioè in quello francese, non è ammesso alcun ricorso, neppure da parte della Corte di cassazione, contro le decisioni del Conseil d’État[30].

La nostra Costituzione disegna e, al tempo stesso, circoscrive le funzioni delle sezioni unite della Cassazione (ma pure in questo caso, come nella già ricordata conferma del previgente sistema dualista, a seguito di un vivace dibattito in Assemblea costituente[31]): le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti sono impugnabili in Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione (art. 111, comma 8, ora ribadito dall’art. 110 del codice del processo amministrativo e dall’art. 207 del codice del processo contabile), mentre, in via generale, tutte le sentenze pronunciate da qualsiasi giudice ordinario o speciale sono sottoposte al sindacato della Cassazione anche per violazione di legge (art. 111, comma 7)[32]

Ciò significa che la Cassazione, da un lato, è titolare del potere di assicurare il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; dall’altro, non vanta il potere di sovrapporsi al giudice amministrativo nell’interpretare le leggi applicate da quest’ultimo e, quindi, non assolve nei confronti di tale giudice la funzione di nomofilachia volta allo «scopo di mantenere nell’attività dei magistrati giusdicenti la osservanza della legge»[33]. Nel nostro sistema pluralistico non esiste in capo ad alcun giudice un monopolio della funzione nomofilattica[34], e per la giurisdizione amministrativa organo nomofilattico è l’adunanza plenaria, come risulta chiaramente dall’art. 99 cpa[35]

Quindi, alla luce del dato costituzionale, l’ambito delle questioni di giurisdizione non comprende al suo interno le questioni relative a violazioni di legge dipendenti da erronea o falsa applicazione di norme giuridiche. In altri termini, la Cassazione conosce solo di questioni attinenti all’esistenza della funzione giurisdizionale e non di quelle relative al suo esercizio. 

Ma il diritto vivente ha movimentato il panorama, similmente a quanto si è già visto accadere con riferimento ai criteri di riparto della giurisdizione. Infatti, la Cassazione ha progressivamente esteso il difetto di giurisdizione al di là dei suoi confini propri. 

Il primo germe di quest’orientamento si ritrova in una decisione degli inizi del secolo emanata dalle sezioni unite della Cassazione in sede di regolamento di giurisdizione prima dell’avvento del codice. In essa si è sostenuto che il rifiuto da parte del giudice amministrativo di esaminare una domanda di risarcimento del danno causato da un provvedimento illegittimo in mancanza della previa impugnativa del provvedimento lesivo costituisce un rifiuto di esercizio della giurisdizione, impedendo il pieno accesso alla relativa tutela[36]

A ben vedere, la questione della pregiudizialità amministrativa, potenzialmente criticabile quanto a conclusioni accolte all’epoca dal Consiglio di Stato e in effetti superate dall’attuale assetto codicistico (art. 30), non riguarda un problema di riparto, ma attiene all’individuazione dei presupposti della tutela e quindi a una violazione di legge sotto il profilo degli errores in procedendo. Nonostante ciò, essa viene trasformata dalla Cassazione in una questione di giurisdizione, come se «alla forzatura di un giudice» si possa porre rimedio «con la forzatura di un altro giudice»[37].

In un primo momento, l’orientamento della Cassazione si basa sull’esigenza di riconoscere una propria funzione di nomofilachia nel caso d’interpretazione di norme relative a diritti soggettivi, a tutela dei principi di uguaglianza e di certezza del diritto, e include all’interno delle norme sulla giurisdizione non solo quelle che individuano i presupposti dell’attribuzione del potere giurisdizionale, ma anche quelle che «danno un contenuto a quel potere stabilendo le forme di tutela attraverso le quali esso si estrinseca»[38]. La presa di posizioni costituisce una reazione all’estensione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ben oltre i confini eccezionali tracciati dalla Costituzione, con conseguente perdita della garanzia derivante dal giudizio di cassazione per i diritti soggettivi sottratti alla cognizione del giudice ordinario, ed è una sorta di rimedio al rischio, tutt’altro che potenziale, che, in assenza di una funzione nomofilattica della Cassazione, gli orientamenti del giudice amministrativo nell’interpretare norme di diritto privato siano divergenti rispetto a quelli del giudice ordinario[39].

Successivamente, però, l’orientamento favorevole a un’interpretazione estesa dell’art. 111, comma 8, Cost. (orientamento comunque non monoliticamente accolto[40]), si emancipa dall’impianto originario facente leva sulla tutela dei diritti soggettivi. Via via, l’espansione del sindacato delle sezioni unite s’innesta su una diversa dinamica, relativa alla dimensione sovranazionale del pluralismo giurisdizionale: il sindacato sulle sentenze del Consiglio di Stato viene a includere le scelte ermeneutiche del giudice amministrativo che si traducono in un’interpretazione delle norme europee in contrasto con quelle fornite dalla Corte di giustizia, tali da precludere l’accesso alla tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo[41]

Viene così abbracciata una nozione funzionale di giurisdizione dal perimetro potenzialmente enorme, comprensivo di tutti i casi di reputato stravolgimento radicale delle norme processuali[42]

Tuttavia, un’accezione così ampia del sindacato in Cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato, che delinea quasi un terzo grado di giudizio amministrativo, risulta in contrasto con l’impianto pluralistico dato dalla Costituzione alla giurisdizione e stravolge radicalmente l’equilibrio del sistema dualistico[43]

Tant’è che la Consulta è intervenuta a precisare come il ricorso in Cassazione per i “soli” motivi inerenti alla giurisdizione non comprenda anche il sindacato su errores in procedendo o in iudicando, in quanto «non è compatibile con la lettera e lo spirito della norma costituzionale»: unico motivo per proporre ricorso in Cassazione contro le sentenze del Consiglio di Stato è il difetto di giurisdizione e non lo sono invece altre ipotesi eccentriche, come «lo stravolgimento, a volte definito radicale, delle norme di riferimento»[44].

Ma, dopo un’apparente raggiunta armonia tra i diversi plessi giurisdizionali[45], le sezioni unite, con una nota e assai commentata ordinanza, hanno coinvolto nella diatriba anche la Corte di giustizia. Ad essa è stato chiesto di pronunciarsi in via pregiudiziale, tra l’altro, sulla compatibilità con il diritto dell’Unione europea della mancata utilizzabilità del ricorso in Cassazione per sindacare sentenze del Consiglio di Stato che abbiano erroneamente interpretato il diritto europeo, oppure che abbiano omesso di effettuare il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia nel decidere di controversie su questioni concernenti l’applicazione del diritto dell’Unione europea[46]

In altri termini, la Corte di giustizia è ora chiamata a stabilire se il Consiglio di Stato, nell’applicare una disciplina in senso difforme dalle indicazioni della Corte stessa e nel non rimettere gli atti a quest’ultima, commetta una violazione di legge, non sindacabile dalla Cassazione, oppure uno sconfinamento dai poteri attribuitigli dalla legge, censurabile in quanto motivo inerente alla giurisdizione[47].

La presa di posizione della Cassazione tocca tutti i punti dell’odierno e complesso pluralismo giurisdizionale: dal livello delle fonti del diritto al giudice chiamato a garantirne il rispetto, dai rapporti tra ordinamento nazionale e ordinamento dell’Unione europea agli equilibri o squilibri tra plessi giurisdizionali interni.

Di qui una serie di domande (retoriche). L’adesione all’Unione europea ha trasformato lo Stato italiano in uno Stato federale[48]? La Corte di giustizia ha il potere di valutare la compatibilità della Costituzione, così come interpretata dalla Consulta, con il diritto europeo[49]? La Corte di giustizia ha istituzionalmente un ruolo di arbitro tra la Corte costituzionale e la Cassazione fornendo l’interpretazione vincolante delle disposizioni costituzionali[50]? Spetta alla Cassazione modificare la portata delle norme sulla giurisdizione[51]? La Cassazione è giudice di ultima istanza del diritto Ue in luogo del Consiglio di Stato nell’ambito di giurisdizione riservato a quest’ultimo[52]? Ogni questione di rito è trasformabile in questione di giurisdizione[53]? L’individuazione degli strumenti processuali per assicurare la tutela dei diritti riconosciuti dall’Ue è sottratta agli Stati membri, nonostante il principio della loro autonomia procedurale[54]? Il singolo giudice è privo del potere di valutare in autonomia se ricorra o meno un’ipotesi di dubbio interpretativo sulla portata delle norme del diritto dell’Unione europea, diversamente da quanto si ritiene per la rimessione alla Consulta delle questioni di legittimità costituzionale[55]?

La risposta a tutte queste domande è necessariamente negativa ed evidenzia l’utilizzo indebito e strumentale di istituti processuali ad altri fini concepiti: da un lato, la nozione di questione di giurisdizione viene dilatata al punto da essere «grimaldello atto a scardinare il sistema dualistico» a Costituzione invariata[56]; dall’altro, la tecnica del rinvio alle Corti europee diviene una «valvola di sfogo» per rimettere in discussione orientamenti non condivisi delle giurisdizioni superiori[57].

Non va però dimenticato che sullo sfondo si gioca un’altra partita, relativa all’individuazione della natura delle situazioni giuridiche soggettive vantate dal privato di fronte all’amministrazione[58]. Infatti, il casus belli attiene alle condizioni di ammissibilità del ricorso in materia di contratti pubblici, essendo controverso se sia meritevole d’accesso alla tutela giurisdizionale l’interesse strumentale al corretto esercizio del potere nello svolgimento di una procedura d’appalto. Così, alla Corte di giustizia è stato anche rivolto il quesito pregiudiziale volto a stabilire se un’impresa esclusa, a suo dire illegittimamente, dalla procedura d’aggiudicazione di un appalto pubblico, in ragione della valutazione non positiva della sua offerta tecnica, abbia titolo a contestare la gara sotto ogni profilo, sul presupposto che sia sufficiente la mera eventualità del rinnovo della gara stessa a radicare l’interesse a censurare l’aggiudicazione. 

Qualche breve riflessione conclusiva su questo profilo s’impone.

 

4. Pluralismo istituzionale, pluralismo normativo e pluralismo giurisdizionale e situazioni giuridiche soggettive nei confronti dell’amministrazione

Come in un cerchio perfetto, il sistema pluralistico si chiude nel punto dove era partito, relativo alle situazioni giuridiche soggettive e alla loro problematica individuazione. In concreto, l’interesse legittimo è riconosciuto caso per caso dalla giurisprudenza attraverso la concessione dell’azione in ragione, non solo di una non sempre agevole qualificazione e/o differenziazione normativa, ma anche di schemi logici che influiscono ex ante[59]

Il territorio degli interessi legittimi confina, da una parte, con il territorio degli interessi di fatto e, dall’altra, con quello degli interessi protetti come diritti soggettivi. Si tratta di un territorio «destinato ad ampliarsi e a restringersi continuamente a seconda che interessi di fatto acquistino protezione, interessi protetti la perdano, interessi protetti come interessi legittimi vengano protetti come diritti soggettivi e viceversa»[60]

A questa continua linea di trapasso tra situazioni giuridiche sostanziali si affianca un’altra continua linea di trapasso, tra sostanza e processo. Secondo la teoria generale del processo, l’azione è il diritto a una pronuncia sul merito, autonomo rispetto situazione giuridica sostanziale che si fa valere con essa, pur essendo strumentale rispetto a quest’ultima[61]. Per lungo tempo si è dibattuto se l’azione fosse da concepire anche come diritto a un provvedimento favorevole, tesi sostenuta da coloro che configuravano l’azione in senso concreto, affermando che non avrebbe avuto senso chiedere la tutela di una situazione giuridica soggettiva inesistente e, quindi, non avrebbe avuto senso astrarre l’azione dall’esistenza della situazione sostanziale che ne costituisce la materia e la ragione d’essere[62]. Ma a questa tesi è stato ribattuto che l’esistenza dell’azione prescinde dall’esistenza dell’interesse sostanziale, visto che di tale esistenza si può avere certezza solo alla fine del processo. Di conseguenza, l’azione è diritto a un provvedimento sul merito, che si presenta favorevole solo nell’aspirazione di chi propone l’azione stessa[63]. Più precisamente, l’azione è un diritto processuale parzialmente astratto, in quanto agganciata al diritto sostanziale: l’esistenza dell’azione è condizionata dal fatto che la situazione sostanziale sia affermata nella domanda e affermata come esistente, come necessitante di tutela e come spettante a colui che propone la domanda[64]

Mentre il dibattito su caratteri e natura dell’azione è stato fervido nel processo civile, non altrettanto può dirsi con riferimento al processo amministrativo. Quest’ultimo sconta la già sottolineata difficoltà concreta di inquadramento della situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio, aggravata dalla circostanza che l’interesse legittimo ha tardato ad affermarsi come situazione di natura sostanziale, protetta in via diretta e specifica. Così la teoria dell’azione ha avuto una storia particolare nel giudizio amministrativo, perché in esso dapprima fu configurato un rimedio esperibile contro i provvedimenti amministrativi illegittimi e solo successivamente venne costruita una situazione giuridica soggettiva ad esso correlata, con un meccanismo d’inversione logica[65].

Attualmente, anche se la tutela piena ed effettiva della situazione giuridica soggettiva è divenuto il fulcro sistematico dell’intera disciplina, grazie anche al cpa (artt. 1 ss.), nondimeno l’ipoteca della nozione dell’azione in senso concreto condiziona ancora il processo amministrativo, a differenza di quanto si è notato accadere nel processo civile. Si tende a riconoscere legittimazione nel giudizio amministrativo non a colui che afferma di essere titolare di una situazione giuridica soggettiva, bensì a colui che è effettivamente titolare di tale situazione, rischiando di confondere il piano sostanziale con il piano processuale e le questioni di merito con le questioni di rito[66]

Dal momento che la situazione giuridica fatta valere nei riguardi dell’amministrazione «ha una consistenza indeterminata, non appartenendo a catalogazioni legislative specifiche (…) la conseguenza è che processo amministrativo e diritto sostanziale risultano solo relativamente autonomi tra loro», con la sede processuale che svolge una funzione di autentica individuazione degli interessi sostanziali meritevoli di tutela[67].

Quindi, non solo sono poco chiari i confini tra l’interesse legittimo e il diritto soggettivo o l’interesse di fatto, ma anche tra l’interesse legittimo e la legittimazione a ricorrere.

In questo contesto si inserisce la questione concreta relativa al se la domanda di partecipazione alla gara sia sufficiente a fondare la legittimazione processuale e se l’utilità strumentale connessa alla rinnovazione della gara sia altrettanto sufficiente a fondare l’interesse al ricorso. In altri termini, non è chiaro se sia riconosciuta la titolarità di un interesse legittimo unicamente nel caso in cui il bene della vita risulterà spettante al relativo titolare, configurando così l’interesse legittimo come pretesa all’emissione o non emissione di un determinato provvedimento (azione in senso concreto), oppure sia dato allargare il perimetro dell’interesse del cittadino all’esercizio legittimo del potere amministrativo.

Non è questa la sede per operare i tanti distinguo che la questione richiederebbe[68]. Invece preme qui evidenziare come l’approdo attuale di una vivace e travagliata giurisprudenza amministrativa sul punto sia la tendenza ad appiattire l’interesse legittimo sul diritto soggettivo, legandolo sempre e in ogni caso alla garanzia di un’utilità finale[69], mentre di diverso avviso sono la Corte di giustizia[70] e la Cassazione[71], che reputano meritevoli di tutela anche gli interessi cd. strumentali, dando rilevanza alla possibilità, anche remota, che la riedizione del potere produca un vantaggio per il ricorrente e mostrando, così, che l’interesse legittimo non consista necessariamente nella protezione di un interesse finale[72].

Emerge qui con nettezza come la pluralità degli ordinamenti giuridici, nazionali e sovranazionali, e la pluralità delle giurisdizioni, ordinaria e amministrativa, comportino un carico d’incertezza su un punto fondamentale del sistema, e cioè sul modo di intendere le situazioni legittimanti la tutela giurisdizionale. 

Forse allora è proprio la storia delle situazioni giuridiche soggettive nei confronti della pubblica amministrazione che attende di essere (ri)scritta. 

Dal momento che le diverse nomofilachie esprimono razionalità giuridiche differenti, con una propria ratio e propri schemi concettuali, per non perdere la ricchezza insita nel pluralismo giurisdizionale ed evitare una sorta di «compartimentalizzazione del sistema, che non milita a favore di un indirizzo unitario»[73] è oltremodo opportuna l’aspirazione a «un’osmosi di nomofilachie di carattere bidirezionale»[74].

Alcune delle misure di coordinamento suggerite dal Memorandum sulle tre giurisdizioni superiori (Cassazione, Consiglio di Stato e Corte dei conti)[75], come pure strutturali dialoghi verticali dei giudici nazionali con le Corti europee e, in particolare, con la Corte di giustizia[76], potrebbero costituire la base per una funzione selettiva e discriminatrice degli interessi meritevoli di tutela che sia il più possibile condivisa. Ciò al fine di offrire risposte certe, coerenti e prevedibili a tutti coloro che domandano giustizia.

 


1. G. Montedoro ed E. Scoditti, Il giudice amministrativo come risorsa, in questo fascicolo.

2. A. Pajno, Un Memorandum “virtuoso”, in Italiadecide (a cura di), La nomofilachia nelle tre giurisdizioni. Corte Suprema di cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei conti, Il Mulino, Bologna, 2018, pp. 37 ss., part. p. 40.

3. F. Patroni Griffi, Corti nazionali e Corti europee: un problema di confini?, in Federalismi, n. 3/2021, pp. 30 ss., part. p. 33, https://federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?Artid=44830.

4. R. Rordorf, Le giurisdizioni superiori, in Italiadecide (a cura di), La nomofilachia, op. cit., p. 108.

5. S. Cassese, I tribunali di Babele, Donzelli, Roma, 2009; M.R. Ferrarese, La governance tra politica e diritto, Il Mulino, Bologna, 2010.

6. M.R. Ferrarese, Nomofilachia e complessità del contesto giuridico odierno, in Italiadecide (a cura di), La nomofilachia, op. cit., pp. 182, 185-186.

7. S. Battini, La giustizia amministrativa in Italia: un dualismo a trazione monista, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 1/2013, pp. 47 ss.

8. Da ultimo, G. Tropea, La specialità del giudice amministrativo, tra antiche criticità e persistenti insidie, in Dir. proc. amm., n. 3/2018, pp. 889 ss.

9. M. Mazzamuto, Per una doverosità costituzionale del diritto amministrativo e del suo giudice naturale, in Dir. proc. amm., n. 1/2010, pp. 143 ss.

10. V. Bachelet, La giustizia amministrativa nella Costituzione italiana, Giuffrè, Milano, 1966, pp. 3 ss.; M. Nigro, Giustizia amministrativa, Il Mulino, Bologna, 2002 (VI ed.), pp. 33 ss.

11. M. Troper, Le nuove separazioni dei poteri, Editoriale Scientifica, Napoli, 2007, pp. 9, 23.

12. F. Cammeo, Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, vol. I, Vallardi, Milano, 1911, pp. 58-60, 322.

13. S. Cassese, Monismo e dualismo giudiziario. Storia e prospettive, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 3/2017, pp. 583 ss.

14. G. Napolitano, Introduzione al diritto amministrativo comparato, Il Mulino, Bologna, 2020, pp. 299 ss.

15. B. Tonoletti, Commento all’art. 7 c.p.a. – Sezione II, in G. Falcon - F. Cortese - B. Marchetti (a cura di), Commentario breve al Codice del processo amministrativo, Cedam, Padova, 2021, p. 5.

16. B. Tonoletti, Le situazioni soggettive nel diritto amministrativo, in Quaderni del Seminario di studi e ricerche parlamentari S. Tosi, n. 20/2010, p. 122, (www.digies.unirc.it/documentazione/materiale_didattico/1465_2013_352_19221.pdf, p. 2).

17. Cass., sez. unite, 4 luglio 1949, n. 1657, in Foro it., 1949, I, 926 e anche in Giur. it., 1950, I, 170, e ivi, 518, con nota di C. Vitta, Competenza giudiziaria su diniego di potere discrezionale in atti amministrativi.

18. Corte cost., 6 luglio 2004, in Dir. proc. amm., 2005, 214 ss., con nota di L. Mazzarolli, Sui caratteri e i limiti della giurisdizione esclusiva: la Corte Costituzionale ne ridisegna l’ambito; Corte cost., 11 maggio 2006, n. 191, ivi, 2006, 1005, con note di S. Malinconico, Risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi: riparto di giurisdizione e rapporto tra tutela demolitoria e risarcitoria. In particolare il caso dell’occupazione illegittima, e di M. Allena, La questione della pregiudizialità amministrativa: riparto di giurisdizione o nomofilachia.

19. Recita infatti l’art. 7, comma 1, cpa, che «sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni» (corsivo aggiunto).

20. Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2017, n. 382.

21. B. Tonoletti, Commento, op. cit.

22. Quale esempio di questa imprevedibilità si pensi al fatto che, mentre il giudice amministrativo ha negato la propria giurisdizione nel caso di impugnazione di alcuni provvedimenti di graduazione degli sfratti da parte di un’associazione di categoria, ritenendo che tali atti incidano sul diritto del proprietario locatore e abbiano carattere meramente strumentale rispetto al processo esecutivo (Cons. Stato, sez. III, 27 marzo 2015, n. 1629), le sezioni unite hanno reputato sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo, inquadrando gli atti in questione tra quelli «volti al fine pubblico di prevenzione e controllo del territorio (…) espressione di attività pubblicistica provvedimentale» (Cass., sez. unite, 17 luglio 2017, n. 17620).

23. Corte cost., n. 204/2004, cit.

24. Se si vuole, M. Ramajoli, Le forme della giurisdizione: legittimità, esclusiva, merito, in B. Sassani e R. Villata (a cura di), Il codice del processo amministrativo. Dalla giustizia amministrativa al diritto processuale amministrativo, Giappichelli, Torino, 2012, pp. 141 ss.

25. F.G. Scoca, Osservazioni eccentriche, forse stravaganti, sul processo amministrativo, in Dir. proc. amm., n. 3/2015, pp. 847 ss.

26. G. Greco, Metamorfosi e declino della giurisdizione esclusiva: dalla tutela dei diritti per materia a quella per connessione?, in Dir. proc. amm., n. 4/2006, pp. 884 ss., 896.; A. Moliterni, Il giudice dei servizi pubblici e l’«araba fenice» del criterio dell’interesse pubblico, in Giorn. dir. amm., n. 2/2014, pp. 148 ss.

27. V. Domenichelli, Giurisdizione esclusiva e processo amministrativo, Cedam, Padova, 1988, pp. 4 ss.

28. A. Proto Pisani, La giustizia amministrativa fra storia ed evoluzione anche recente. Dal giudice speciale alle sezioni specializzate?, in C. Cudia (a cura di), L’oggetto del giudizio amministrativo visto dal basso. Gli istituti processuali in evoluzione, Giappichelli, Torino, 2020, pp. 141 ss., 157.

29. E. Scoditti, Ricorribilità in Cassazione per violazione di legge delle sentenze del Consiglio di Stato su diritti soggettivi: una questione aperta, in Foro it., n. 6/2014, cc. 157 ss.; A. Proto Pisani, Sono davvero da approvare senza riserve le recenti trasformazioni della giustizia amministrativa?, ivi, n. 6/2017, cc. 250 ss.

30. A. Travi, I motivi inerenti alla giurisdizione e il diritto dell’Unione europea in una recente ordinanza delle sezioni unite, in Foro it., n. 11/2020, cc. 3415 ss.

31. G. Tesauro, La Corte costituzionale e l’art. 111, ult. comma: una preclusione impropria al rinvio pregiudiziale obbligatorio, in Federalismi, n. 34/2020, pp. 237 ss., www.federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?Artid=44586.

32. R. Villata, Sui “motivi inerenti alla giurisdizione”, in Riv. dir. proc., n. 3/2015, pp. 632 ss.

33. P. Calamandrei, La Cassazione civile, Fratelli Bocca, Milano-Torino-Roma, 1920, ora anche in M. Cappelletti (a cura di), Opere giuridiche, vol. VI, Morano, Napoli, 1976, p. 65.

34. M. Luciani, Memorandum delle giurisdizioni superiori e la discussione (mancata) sulla certezza del diritto – Parte V, in Foro it., n. 2/2018, cc. 100 ss., part. c. 101.

35. S. Spuntarelli, Tecniche di interpretazione dell’Adunanza Plenaria e valore del precedente, Editoriale Scientifica, Napoli, 2019.

36. «Il rifiuto della tutela risarcitoria autonoma (...) si rivelerà sindacabile attraverso il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione. Il giudice amministrativo avrà infatti rifiutato di esercitare una giurisdizione che gli appartiene»; così Cass., sez. unite, 13 giugno 2006, n. 13659, in Foro it., 2007, 3181 ss., con note di R. De Nictolis, In difesa della “pregiudizialità”, e di A. Lamorgese, Esercizio del potere e risarcimento del danno: le sezioni unite “creano” una nuova giurisdizione esclusiva.

37. A. Travi, Un intervento della Corte costituzionale sulla concezione “funzionale” delle questioni di giurisdizione accolta dalla Corte di cassazione, in Dir. proc. amm., n 3/2018, pp. 1111 ss.; in senso analogo G. Verde, La Corte di cassazione e i conflitti di giurisdizione (appunti per un dibattito), ivi, n. 2/2013, pp. 367 ss.

38. Così, ancora, Cass., sez. unite, 23 dicembre 2008, n. 30254, in Dir. proc. amm., 2009, 460 ss., con nota di G. Greco, La Cassazione conferma il risarcimento autonomo dell’interesse legittimo: progresso o regresso del sistema?, e in Foro it., 2009, I, 2721, con nota di I. Pagni, La responsabilità della pubblica amministrazione e l’assetto dei rapporti tra tutela specifica e tutela risarcitoria dopo l’intervento delle sezioni unite della Cassazione

39. Su questo rischio da ultimo si veda Cons. giust. amm. Reg. sic., 15 dicembre 2020, n. 1136, che ha rimesso all’adunanza plenaria la questione relativa a «se il paradigma normativo cui ancorare la responsabilità dell’Amministrazione da provvedimento (ovvero da inerzia e/o ritardo) sia costituito dalla responsabilità contrattuale piuttosto che da quella aquiliana». 

40. Cass., sez. unite, 14 gennaio 2015, n. 476; 29 dicembre 2017, n. 31226.

41. Cass., sez. unite, 6 febbraio 2015, n. 2242, in Foro it., 2016, 327. Su questa sentenza, cfr. R. Villata, Finale di partita?, in Dir. proc. amm., n. 2/2015, pp. 826 ss.; Cass., sez. unite, 29 dicembre 2017, n. 31226, in Foro it., 2018, I, 1709, con nota di G. Sigismondi, Questioni di giurisdizione “in senso dinamico” e nuovi limiti all’impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato con ricorso per Cassazione: una via percorribile?

42. C. Cudia, Appunti per un dibattito su Cassazione e Pubblica amministrazione, in Dir. pubbl., n. 1/2015, pp. 127 ss.; favorevoli a questo orientamento si mostrano P. Patrito, I “motivi inerenti alla giurisdizione” nell’impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, ESI, Napoli, 2016; A. Carratta - G. Costantino - G. Ruffini, Per la salvaguardia delle prerogative costituzionali della Corte di cassazione, in Foro it., n. 3/2018, V, cc. 71 ss.

43. R. Villata, “Lunga marcia” della Cassazione verso la giurisdizione unica (“dimenticando” l’art. 103 Cost.)?, in Dir. proc. amm., n. 1/2013, pp. 324 ss.; Id., Sui “motivi inerenti alla giurisdizione”, in Riv. dir. proc., n. 3/2015, pp. 632 ss.

44. Corte cost., 18 gennaio 2018, n. 6, in Giur. cost., 2018, 122, con nota di G. Sigismondi, Questioni di legittimità costituzionale per contrasto con le sentenze della Corte EDU e ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione contro le sentenze dei giudici speciali: la Corte costituzionale pone altri punti fermi.

45. Cass., sez. unite, 16 maggio 2019, n. 13243.

46. Cass., sez. unite, 18 settembre 2020, n. 19598.

47. G. Costantino - A. Carratta - G. Ruffini, Limiti esterni e giurisdizione: il contrasto fra Sezioni Unite e Corte Costituzionale arriva alla Corte UE. Note a prima lettura di Cass. SS.UU. 18 settembre 2020, n. 19598, in questa Rivista online, 19 ottobre 2020, www.questionegiustizia.it/articolo/limiti-esterni-e-giurisdizione-il-contrasto-fra-sezioni-unite-e-corte-costituzionale-arriva-alla-corte-ue-note-a-prima-lettura-di-cass-ss-uu-18-settembre-2020-n-19598.

48. P. Biavati, Il rilievo della questione pregiudiziale europea fra processo e giurisdizione (nota a Cass., S.U., 30 ottobre 2020, n. 24107), in Giustizia insieme, 14 gennaio 2021, www.giustiziainsieme.it/it/news/123-main/diritto-ue/1486-il-rilievo-della-questione-pregiudiziale-europea-fra-processo-e-giurisdizione-nota-a-cass-ss-uu-ord-13-30-ottobre-2020-n-24107.

49. B. Caravita, La Cassazione pone in discussione la Costituzione davanti al diritto europeo?, in Federalismi, paper (postilla), 4 novembre 2020, pp. 20-21, (https://iris.uniroma1.it/retrieve/handle/11573/1452282/1587845/Barbareschi-Caruso-Caravita_nota-ordinanza-n.19598_2020.pdf).

50. M. Clarich, I motivi inerenti alla giurisdizione nel “dialogo” tra le Corti supreme: nota all’ordinanza delle S.U. delle Corte di Cassazione 18 settembre 2020, n. 19598, in Corriere giuridico, n. 2/2021, pp. 172 ss.

51. G. Tropea, Il Golem europeo e i “motivi inerenti alla giurisdizione”, in Giustizia insieme, 7 ottobre 2020, www.giustiziainsieme.it/it/diritto-e-processo-amministrativo/1315-il-golem-europeo-e-i-motivi-inerenti-alla-giurisdizione-nota-a-cass-sez-un-ord-18-settembre-2020-n-19598. 

52. M. Mazzamuto, Le Sezioni Unite della Cassazione garanti del diritto UE?, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 5/2020, pp. 675 ss.

53. M. Santise, L’eccesso di potere giurisdizionale delle sezioni unite, in questa Rivista online, 14 gennaio 2021, www.questionegiustizia.it/articolo/l-eccesso-di-potere-giurisdizionale-delle-sezioni-unite.

54. Cass., sez. unite, 15 novembre 2018, n. 29391; 17 dicembre 2018, n. 32622.

55. M.A. Sandulli, Guida alla lettura dell’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 19598 del 2020, in Giustizia insieme, 30 novembre 2020, www.giustiziainsieme.it/it/diritto-e-processo-amministrativo/1422-guida-alla-lettura-dell-ordinanza-delle-sezioni-unite-della-corte-di-cassazione-n-19598-del-2020.

56. R. Villata, La giurisdizione amministrativa e il suo processo sopravviveranno ai “Cavalieri dell’apocalisse”?, in Riv. dir. proc., n. 1/2017, pp. 106 ss.

57. A. Travi, I motivi, op. cit.; S. Spuntarelli, Il ruolo del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE nella giurisdizione amministrativa, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 3/2018, pp. 985 ss.

58. F. Francario, Quel pasticciaccio brutto di piazza Cavour, piazza del Quirinale e piazza Capodiferro (la questione di giurisdizione), in Giustizia insieme, 11 novembre 2020.

59. B. Tonoletti, Le situazioni soggettive, op. cit., p. 125.

60. M. Nigro, Giustizia amministrativa, op. cit., p. 131.

61. R. Orestano, voce Azione in generale (storia del problema), in Enc. dir., vol. IV, Giuffrè, Milano, 1959, pp. 785 ss.

62. G. Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, vol. I, Jovene, Napoli, 1935, pp. 20 ss.; P. Calamadrei, Istituzioni di diritto processuale civile, Cedam, Padova, 1941, pp. 130-131.

63. A. Rocco, La sentenza civile. Studi, Fratelli Bocca, Torino, 1906, pp. 31 ss.; E.T. Liebman, L’azione nella teoria del processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., vol. II, 1950, pp. 47 ss.

64. C. Mandrioli, Diritto processuale civile, vol. I, Giappichelli, Torino, 2011 (XXI ed.), pp. 64 ss.

65. M. Clarich, Manuale di giustizia amministrativa, Il Mulino, Bologna, 2021, p. 65.

66. M. Clarich, op. ult. cit., pp. 161 ss.; A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2021 (XIV ed.), pp. 200 ss.

67. Cass., sez. unite, 2 agosto 2019, n. 20820. 

68. In merito alle quali si rinvia ad A. Travi, Lezioni, op. cit., pp. 314 ss.

69. F. Francario, op. cit., p. 16.

70. A far data da Cgue, X sez., Fastweb, C-100/12, 4 luglio 2013, per giungere a Cgue, X sez., Lombardi Srl c. Comune di Auletta, C-333/18, 5 settembre 2019.

71. Ben espressa dall’ordinanza delle sezioni unite n. 19598/2020, cit.

72. Ricostruita da ultimo da D. Capotorto, Le condizioni dell’azione nel contenzioso amministrativo in materia di appalti: “l’interesse meramente potenziale” nuovo paradigma dell’ordinamento processuale?, in Dir. proc. amm., n. 3/2020, pp. 665 ss.

73. M.R. Ferrarese, Nomofilachia, op. cit., p. 186.

74. G. Montedoro ed E. Scoditti, Il giudice amministrativo, op. cit.

75. Memorandum sulle tre giurisdizioni superiori, in Foro it., 2018, V, cc. 57 ss.

76. F. Patroni Griffi, Il ruolo delle Corti nella costruzione dell’ordinamento europeo (From judge-made law to judge-made Europe), in Federalismi (editoriale), 31 luglio 2019 (www.sipotra.it/wp-content/uploads/2019/09/Il-ruolo-delle-Corti-nella-costruzione-dell%E2%80%99ordinamento-europeo-From-judge-made-law-to-judge-made-Europe.pdf).