Magistratura democratica

Le nuove procedure accelerate di frontiera. Quali prospettive in un’ottica di genere?

di Anna Brambilla

L’art. 7-bis dl n. 20/2023 interviene, fra l’altro, sulle procedure accelerate di frontiera e in particolare sui presupposti e i termini per la loro applicazione, prevedendo anche una nuova ipotesi di trattenimento, direttamente ricollegata allo svolgimento delle procedure accelerate di frontiera, a cui consegue una specifica procedura di impugnazione del provvedimento adottato dalla commissione territoriale.
Il presente contributo intende soffermarsi su alcuni profili di criticità delle nuove norme e offrire altresì una riflessione in un’ottica di genere che, abbracciando con lo sguardo non solo le donne ma anche gli uomini migranti, aiuti a riflettere sulle conseguenze di un approccio del legislatore stereotipato e categorizzante.

1. Trilogia della frontiera. Hotspot, zone di transito e trattenimento durante le procedure di frontiera / 2. Dentro o fuori dal margine? Le nuove ipotesi di procedura accelerata di frontiera / 3. Lo «sguardo di confine». Quali applicazioni delle procedure accelerate di frontiera? 

 

1. Trilogia della frontiera. Hotspot, zone di transito e trattenimento durante le procedure di frontiera 

In principio fu l’hotspot, un «modello organizzativo preposto alla gestione di grandi arrivi di persone che può operare  in  qualsiasi area territoriale prescelta»[1], introdotto dopo l’adozione dell’Agenda europea per le migrazioni[2], allo scopo di identificare, registrare e foto-segnalare rapidamente i migranti in ingresso. Poi vennero le zone di transito e di frontiera, istituite con decreto del Ministero dell’interno del 5 agosto 2019[3] allo scopo di svolgervi le procedure accelerate di frontiera. Da ultimo – almeno ad oggi –, il trattenimento del richiedente protezione internazionale durante lo svolgimento delle procedure di frontiera, al solo scopo di accertare il diritto a entrare nel territorio dello Stato, e la proliferazione dei luoghi di detenzione, con lo scivolamento della frontiera all’interno del territorio nazionale[4].

Rimandando ad altri approfondimenti l’analisi delle nuove ipotesi di trattenimento[5], appare utile soffermarsi, seppur brevemente, sulle criticità delle zone di transito e di frontiera, come delineate dal citato decreto, anche al fine di meglio inquadrare alcuni dei profili di criticità delle norme di nuova introduzione.

L’art. 2 del dm 5 agosto 2019 stabilisce che le zone di transito e di frontiera sono individuate in quelle esistenti nelle seguenti Province: Trieste e Gorizia; Crotone, Cosenza, Matera, Taranto, Lecce e Brindisi; Caltanissetta, Ragusa, Siracusa, Catania, Messina; Trapani, Agrigento; Città metropolitana di Cagliari e Sud Sardegna. Il testo omette di fornire una definizione di «zone di frontiera e di transito», né tantomeno individua presupposti normativi utili a meglio comprenderne la disciplina.

In particolare, due sono le criticità di immediata evidenza: l’incerta estensione territoriale o delimitazione delle zone di frontiera e di transito e l’individuazione di alcuni territori, quali quelli di Trieste e Gorizia, situati in prossimità non di confini esterni bensì di confini interni.

Riguardo a quest’ultimo profilo, dalla lettura delle disposizioni del regolamento 2016/399/UE del 9 marzo 2016 (cd. “codice frontiere Schengen”) e di altre disposizioni del diritto dell’Unione europea, sembra potersi affermare che, nel riferirsi ai valichi di frontiera, il diritto unionale faccia sempre riferimento a valichi di frontiera esterni, tenuto anche conto del regime di libero attraversamento delle frontiere interne[6]. Sebbene altri Stati membri prevedano speciali procedure di esame della domanda di asilo applicabili alla frontiera anche in aree situate in prossimità dei confini interni, i dubbi circa la possibilità di utilizzare le procedure accelerate di frontiera a chi fa ingresso nel territorio nazionale da un altro Stato membro permangono anche in ragione delle possibili frizioni con il regolamento (UE) n. 604/2013. In tal senso, per le analogie con il caso italiano e per i profili di incompatibilità con il diritto UE rilevati dai tribunali nazionali, è di particolare interesse quanto accade in Germania dove, in forza di specifici accordi bilaterali, si applica una procedura di frontiera – simile a quella aeroportuale – alle persone che attraversano i confini interni terrestri e che hanno già presentato una domanda d’asilo in un altro Stato membro dell’Unione europea, ricorrendo anche alla finzione di non ingresso[7]

Quanto all’assenza di una precisa delimitazione territoriale, risulta evidente la necessità di interpretare la previsione ministeriale in modo tale da renderla compatibile con quanto previsto dall’art. 43 direttiva 2013/32/UE, la quale, nel disciplinare proprio le procedure di frontiera, compie un espresso riferimento ai luoghi di accoglienza specifici in cui le procedure di frontiera possono essere applicate in ipotesi eccezionali. Tenuto conto di tale previsione, dovrebbe potersi escludere l’applicabilità della procedura di frontiera alle domande di protezione presentate nei territori delle intere Province individuate, quindi anche presso le questure o i Cpr eventualmente presenti, dovendosi limitare tale possibilità a quelle presentate nelle zone di transito e di frontiera – porti e aeroporti – esistenti su tali territori[8].

Le circolari adottate successivamente alla pubblicazione del decreto, aventi la finalità di rendere più rapidi i meccanismi amministrativi e dare puntuale applicazione alle norme[9], non hanno sciolto tutti i dubbi interpretativi e, anzi, hanno portato – o, quanto meno, hanno contribuito a portare – a un’applicazione confusa e controversa delle nuove norme[10]. Ciò detto, su alcune delle previsioni contenute nelle richiamate circolari e in particolare su quelle relative alla non applicabilità di tali procedure alle persone richiedenti asilo che siano state recuperate attraverso operazioni SAR, e a coloro che spontaneamente si sono presentati per formalizzare la richiesta di protezione internazionale, si tornerà successivamente, anche in ragione della loro attuale rilevanza.

 

2. Dentro o fuori dal margine? Le nuove ipotesi di procedura accelerata di frontiera

L’art. 28-bis, comma 2, d.lgs n. 25/2008, come modificato dalla l. n. 50/2023, prevede due ipotesi di procedura accelerata, che può essere svolta direttamente alla frontiera o nelle zone di transito: quella della domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente direttamente alla frontiera o nelle zone di transito dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i relativi controlli (lett. b), e quella della domanda di protezione internazionale presentata direttamente alla frontiera o nelle zone di transito da un richiedente proveniente da un Paese designato di origine sicuro (lett. b-bis).

Fermo restando che deve essere il presidente della commissione territoriale, e non la questura, a stabilire se applicare la procedura accelerata, con onere di informare tempestivamente il richiedente circa le determinazioni procedurali assunte (art. 28 d.lgs n. 25/08), in tali casi la commissione territoriale decide nel termine di sette giorni dalla ricezione della domanda.

Ancora prima di esaminare le due ipotesi applicative, il primo rilievo che può essere fatto riguarda il termine previsto dal legislatore per lo svolgimento della procedura amministrativa. Se, infatti, nelle altre ipotesi di procedura accelerata previste dall’art. 28-bis, comma 2, d.lgs n. 25/2008 il termine complessivo per l’esame e l’adozione della decisione è di nove giorni dalla trasmissione degli atti dalla questura alla commissione territoriale, ovvero sette giorni per l’audizione e due giorni per la decisione, nelle ipotesi di procedura accelerata di frontiera il termine per la decisione da parte della commissione si contrae a soli sette giorni dalla ricezione della domanda. Della riduzione del termine per la definizione della procedura amministrativa fornisce conferma anche la circolare della Commissione nazionale per il diritto di asilo n. 4390 del 6 giugno 2023, in cui viene specificato che il Collegio deve decidere entro sette giorni complessivi. 

La norma non contiene alcun riferimento espresso allo svolgimento dell’audizione; tuttavia, una lettura attenta dell’art. 43 della direttiva 2013/32/UE e di altre disposizioni della medesima consente di ritenere necessario lo svolgimento del colloquio personale, atteso che lo stesso può essere omesso solo in caso di domanda reiterata (art. 34, par. 1, e art. 42, par. 2, lett. b, direttiva 2013/32/UE) o nei casi in cui l’autorità accertante è in grado di prendere una decisione positiva riguardo allo status di rifugiato basandosi sulle prove acquisite, o il richiedente sia incapace o non sia in grado di sostenere un colloquio personale a causa di circostanze persistenti che sfuggono al suo controllo (art. 14, par. 2, direttiva 2013/32/UE).

Passando all’esame delle ipotesi applicative, preme in primo luogo ricordare come, ai fini della valutazione di legittimità delle stesse, debba essere fatto riferimento all’art. 31, par. 8 della direttiva 2013/32/UE, che individua una serie di ipotesi tassative in cui la procedura accelerata di frontiera può essere applicata; poiché l’ipotesi del richiedente che ha presentato domanda «dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i relativi controlli» non è ricompresa in tale elenco, «la previsione dello svolgimento di una procedura di frontiera in conseguenza del comportamento del richiedente volto ad eludere o a tentare di eludere i controlli nelle zone di transito o in quelle di frontiera deve considerarsi illegittima, per contrarietà alle norme unionali, e pertanto censurabile nell’ambito dell’eventuale fase giurisdizionale avviata a seguito dell’adozione della decisione che conclude la fase amministrativa»[11]

Fatta tale premessa, si osserva come l’intento del legislatore appare essere non tanto quello di estendere i casi di applicazione delle procedure accelerate tout court, quanto più quello di fare in modo che tali procedure vengano svolte nell’immediatezza dell’arrivo, in spazi più o meno chiusi e più o meno inaccessibili ed entro un lasso di tempo ancora più breve, per un elevato numero di persone, atteso anche l’aggiornamento dell’elenco dei Paesi d’origine sicuri[12].

A bene vedere infatti, da una parte, le procedure accelerate di frontiera si applicavano già ai richiedenti protezione internazionale che avevano presentato domanda di protezione internazionale dopo essere stati fermati per aver eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera (art. 28-bis, comma 2, lett. b); dall’altra, anche prima di questa riforma, per i richiedenti protezione internazionale provenienti da un Paese d’origine sicuro era previsto – e continua a essere previsto – l’esame della domanda di protezione attraverso una procedura accelerata da esaurirsi in nove giorni dalla ricezione della domanda (sette giorni per l’audizione e due per l’adozione della decisione), a prescindere dal luogo e dal momento di presentazione della stessa (art. 28-bis, comma 2, lett. c).

La differenza sta, quindi, nel fatto che oggi queste procedure possono essere svolte direttamente alla frontiera, anche per i richiedenti asilo che provengono da un Paese d’origine sicuro e non solo per quelli che sono stati fermati per aver eluso o tentato di eludere i relativi controlli, in un breve lasso temporale e, laddove il richiedente non abbia presentato il passaporto o idonea garanzia finanziaria, in condizioni di trattenimento, con un assottigliamento ulteriore delle garanzie.

Tale tendenza diviene ancor più evidente se si esaminano le disposizioni di nuova introduzione relative alla fase giudiziale. Infatti, se da una parte l’art. 35-bis continua a prevedere un termine di impugnazione breve, di soli quindici giorni, in tutte le ipotesi di procedura accelerata, dall’altra amplia i casi in cui la presentazione del ricorso non ha effetto automaticamente sospensivo, includendovi tutti quelli per i quali è disposta l’applicazione della procedura accelerata di frontiera.

Viene, altresì, prevista una disciplina specifica per l’impugnazione e la sospensione della decisione in materia di protezione internazionale nella procedura di frontiera laddove sia stato disposto il trattenimento del richiedente asilo. 

In tali casi, il nuovo art. 35-ter d.lgs n. 25/2008 dispone, al comma 1, che è ammesso ricorso nel termine di quattordici giorni dalla notifica del provvedimento e si applica l’articolo 35-bis, comma 3, del presente decreto, e che l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato dev’essere proposta, a pena di inammissibilità, con il ricorso introduttivo. Il comma successivo scandisce in modo puntuale i termini per il deposito di note difensive da parte della commissione territoriale che ha adottato la decisione e del pubblico ministero (due giorni dalla notifica a cura della cancelleria del ricorso alla ct e al pm) e per la decisione, con decreto motivato non impugnabile, sull’istanza di sospensiva da parte del giudice in composizione monocratica (nei cinque giorni successivi alla scadenza del termine). Il medesimo comma 2 stabilisce altresì che, sempre nei due giorni successivi alla notifica del ricorso alla commissione territoriale e al pubblico ministero, la commissione che ha adottato l’atto impugnato è tenuta a rendere disponibili il verbale di audizione o, ove possibile, il verbale di trascrizione della videoregistrazione, nonché copia della domanda di protezione internazionale e di tutta la documentazione acquisita nel corso della procedura di esame.

Durante lo svolgimento della fase amministrativa e fino all’adozione del provvedimento sull’istanza di sospensiva, il ricorrente non può essere espulso o allontanato dal luogo nel quale è trattenuto (art. 35-ter, comma 3, d.lgs n. 25/08). 

La ridefinizione dei termini da parte del legislatore risponde evidentemente alla necessità che la fase amministrativa di valutazione della domanda (sette giorni) e parte della fase giudiziale (quattordici giorni per la presentazione del ricorso avverso la decisione della commissione e dell’istanza di sospensiva, più due giorni per le note difensive e per la presentazione del verbale di audizione, nonché di tutta la documentazione acquisita dalla Commissione, più cinque giorni per la decisione sull’istanza di sospensione) possano concludersi entro quattro settimane, coincidenti con il periodo massimo di trattenimento durante la procedura accelerata di frontiera (art. 6-bis, comma 3, d.lgs n. 142/15).

Sebbene la giurisprudenza nazionale abbia fissato importanti principi in ordine alla non applicabilità di tali procedure non solo a coloro che hanno fatto ingresso in Italia a seguito di operazioni di ricerca e soccorso, ma anche a chi si è presentato spontaneamente per la formalizzazione della domanda di asilo o è stato sottoposto a rilievi fotodattiloscopici, nonché rispetto alla conseguenze del superamento dei termini per lo svolgimento della procedura[13], la contrazione dei termini per lo svolgimento della procedura accelerata di frontiera, tra i più brevi del panorama europeo[14], solleva preoccupazioni e dubbi di legittimità.

In particolare, appare pressoché impossibile, entro tale termine, raccogliere e presentare gli elementi necessari a suffragare la domanda di protezione «permettendo così all’autorità accertante di compiere un esame equo e completo di tali domande nonché di garantire che i richiedenti non siano esposti a pericoli nel loro paese d’origine»[15] soprattutto nei casi di detenzione di fatto o di trattenimento ex art. 6-bis d.lgs n. 142/2015.

Ulteriori perplessità derivano dal riferimento al trattenimento disposto allo scopo di accertare il diritto a entrare nel territorio nazionale. Tale previsione, contenuta nell’art. 6-bis d.lgs n. 142/2015 ma richiamata anche dall’art. 35-ter d.lgs n. 25/2008, riprende quanto previsto dall’art. 43 dir. 2013/32/UE, in base al quale gli Stati membri possono prevedere procedure per decidere, alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro, sia sull’ammissibilità di una domanda ai sensi dell’art. 33, sia sul merito di una domanda nell’ambito di una procedura a norma dell’art. 31, par. 8.

Circa l’applicabilità di tale disposizione da parte degli Stati membri, con specifico riferimento alla durata del trattenimento, ha già avuto modo di pronunciarsi la Corte di giustizia dell’Unione europea nell’ambito di un procedimento relativo ad alcuni richiedenti asilo che avevano presentato domanda di protezione internazionale nella zona di transito di Röszke (Ungheria)[16]. La Corte arriva a concludere che «l’articolo 43 della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che non autorizza il trattenimento di un richiedente protezione internazionale in una zona di transito per una durata superiore a quattro settimane», precisando che tale termine inizia «a decorrere a partire dalla data di presentazione della sua domanda, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2013/32» (parr. 240 e 241). 

La decisione della Corte non offre, tuttavia, molti spunti riguardo alla previsione della finzione giuridica di non ingresso, per la quale risultano invece rilevanti la relazione della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo, del 20 febbraio 2021, sull’attuazione dell’art. 43 dir. 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale[17], e la risoluzione del Parlamento europeo riguardante sempre l’implementazione dell’art. 43 della direttiva[18].

Nella relazione, la Commissione LIBE osserva come, sebbene le procedure accelerate debbano essere considerate come un’eccezione, «nella pratica, tuttavia, la direttiva sulle procedure di asilo lascia agli Stati membri un margine di manovra troppo ampio per applicare le procedure di frontiera “à la carte”, spesso ben oltre i limiti fissati dalla stessa direttiva»; inoltre, «[l]e procedure di frontiera spesso si basano sulla finzione giuridica di non ingresso, presumendo così che la procedura di frontiera abbia luogo prima o nel contesto di una decisione sul diritto di un richiedente di entrare nel territorio di uno Stato membro. Ciò ha gravi conseguenze per i richiedenti asilo. In tutti i casi esaminati nella valutazione dell’attuazione dell’EPRS, i richiedenti asilo nelle procedure di frontiera sono di fatto trattenuti». 

Tenuto conto di tali rischi, il Parlamento, nella relazione adottata, sottolinea tra le altre cose che «il fatto che un richiedente non sia entrato legalmente nel territorio dello Stato membro pur rimanendo effettivamente in tale territorio costituisce una finzione giuridica», e che «tale finzione giuridica incide unicamente sul diritto di ingresso e di soggiorno, ma non significa che il richiedente non sia soggetto alla giurisdizione dello Stato membro interessato».

Il contrasto alle prassi e alle violazioni dei diritti che potranno determinarsi quando il trattenimento durante la procedura accelerata di frontiera verrà implementato[19], che potrà e dovrà partire dall’art. 10 della nostra Costituzione e prendere spunto dall’esperienza maturata in Italia e in altri Stati membri con riferimento alle zone di transito aeroportuali[20], sarà determinante per arginare la tendenza a «spingere il confine verso l’interno, nel profondo (…) e a creare un territorio liminale dell’UE o zone “anomale” dove la legge non si applica o in alcuni casi si applica»[21] e dove le persone sono, al tempo stesso, dentro e fuori dal margine[22].

 

3. Lo «sguardo di confine». Quali applicazioni delle procedure accelerate di frontiera?

Nel suo saggio Io sono confine, Shahram Khosravi osserva che «[l]e frontiere non sono soltanto luoghi di pregiudizio razziale, ma anche e soprattutto di discriminazione sessuale e di genere. (…) Oltre a riprodurre le categorie razziali, lo “sguardo di confine” riproduce anche quelle di genere. Ma sono le frontiere stesse a riprodurre gli stereotipi di genere predominanti: se le donne sono ricondotte alla loro sessualità, gli uomini sono ricondotti alla loro religione ed etnia»[23].

A conclusione di tale analisi sulle procedure accelerate di frontiera, rifletterò su come tanto l’applicazione di tali procedure quanto le modalità con cui si opererà la scelta di coloro a cui le stesse non dovranno essere applicate rischi di accentuare ulteriormente uno «sguardo di confine» escludente e categorizzante.

Come noto, l’art. 28-bis del d.lgs n. 25/2008 stabilisce, al comma 6, che le procedure accelerate – incluse ovviamente quelle di frontiera – non si applicano ai minori non accompagnati e agli stranieri portatori di esigenze particolari ai sensi dell’art. 17 d.lgs n. 142/2015, ovvero: i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le vittime della tratta di esseri umani, le persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali, le persone per le quali è stato accertato che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale o legata all’orientamento sessuale o all’identità di genere, le vittime di mutilazioni genitali; la non applicabilità delle procedure accelerate alle persone portatrici di esigenze particolari è stata richiamata anche da circolari adottate dal Ministero dell’interno sia dopo la pubblicazione del dm 5 agosto 2019, sia dopo l’entrata in vigore della l. n. 50/2023[24].

Emerge dunque con chiarezza l’estrema importanza che le eventuali vulnerabilità del richiedente o della richiedente emergano subito, già in fase di compilazione del mod. C3, in modo che l’applicazione delle procedure accelerate possa essere esclusa.

Ciò detto, dall’analisi del mod. C3 in uso, compreso quello utilizzato per i richiedenti protezione internazionale provenienti da un Paese di origine sicuro[25], non sembra esserci un’attenzione specifica per le esigenze particolari di cui il richiedente o la richiedente possono essere portatori, risultando un generico riferimento agli indicatori di vulnerabilità eventualmente emersi durante il colloquio.

Se a ciò si aggiungono i termini ristretti previsti per lo svolgimento della procedura, il sistematico sovraffollamento delle strutture presso cui tali procedure si svolgono[26] e, più in generale, le caratteristiche di tali luoghi[27], risulta chiaro come la possibilità di far emergere veramente tutte le ipotesi specifiche di esigenze particolari sia pressoché inesistente.

Ad essere individuate saranno quindi solo alcune vulnerabilità, quali quelle connesse all’età della persona o altre che, seguendo generalmente un’ottica di genere, risulteranno più immediatamente riconoscibili, con il rischio di una lettura stereotipata ed escludente. Un’operazione che riflette «una certa concezione della politica migratoria vista come un modo di “salvare le donne”», rispetto alla quale ci si può tuttavia «legittimamente chiedere cosa possa mai essere una politica bendisposta in termini di genere in un contesto di potenziamento delle frontiere, se non un’operazione di facciata»[28].

Se quindi le donne, o almeno alcune donne e in particolare quelle provenienti da Paesi d’origine considerati sicuri, come Nigeria e Costa d’Avorio[29], verranno «ricondotte alla loro sessualità», escluse dall’applicazione delle procedure accelerate in quanto vittime di tratta o di violenza[30], gli uomini verranno invece, con tutta probabilità, del tutto ignorati.

Un esempio in tal senso viene proprio da una delle prime applicazioni, dopo l’entrata in vigore della l. n. 50/2023, della procedura accelerata di frontiera a un cittadino bengalese fermato il 20 giugno 2023 nei pressi di Trieste, subito dopo l’attraversamento confine italo-sloveno, a bordo di un pulmino sul quale, secondo quanto riportato dalla polizia nel mod. C3, viaggiava anche il suo “passeur”. 

Ascoltato dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Trieste il 26 giugno 2023, quattro giorni dopo la formalizzazione della domanda di asilo, il richiedente, lasciato privo di ogni forma di accoglienza, si è visto notificare un provvedimento negativo in data 17 luglio 2023, formalmente adottato dalla Commissione territoriale lo stesso 26 giugno.

Focalizzando l’analisi sul provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale, è possibile osservare come nello stesso non venga dato atto in modo specifico delle ragioni per le quali è stata applicata la procedura accelerata di frontiera, risultando esservi un generico riferimento all’art. 28-bis d.lgs n. 25/2008 – senza menzione del comma o della lettera di riferimento –, peraltro con un erroneo richiamo alla necessità di considerare la domanda come manifestamente infondata, quale conseguenza dell’applicazione della procedura di frontiera; nessuna valutazione appare essere stata effettuata in ordine alla sussistenza di eventuali esigenze particolari.

A un esame più approfondito della situazione individuale del richiedente, svolto dal difensore[31] in sede di colloquio per la stesura del ricorso avverso il provvedimento della commissione territoriale, è al contrario emerso un profilo molto specifico, che ben avrebbe potuto condurre non solo alla decisione di non applicare la procedura accelerata ma, con tutta probabilità, anche a un esito diverso rispetto alla domanda presentata. Il richiedente è stato infatti vittima di sfruttamento lavorativo in Romania, dove è stato costretto a lavorare in condizioni inumane e degradanti per alcuni mesi.

Ma vi è di più. A tale circostanza si aggiunge una vulnerabilità, per così dire, “non categorizzata”, atteso che lo stesso richiedente proviene dal distretto di Habiganj, nella divisione di Sylhet, una zona del Bangladesh esposta ai cambiamenti climatici[32], e che tra i motivi dell’allontanamento dal Paese d’origine vi è anche una contesa relativa a un terreno che, come in altri casi simili, appare connessa alla scarsità dei terreni dovuta anche al degrado ambientale.

Lontana anni luce dalle riflessioni sulla necessità di tenere in considerazione il nesso esistente tra la vulnerabilità di alcuni individui o gruppi sociali e la maggiore esposizione ai cambiamenti climatici[33], la Commissione territoriale di Trieste perde di vista anche l’essenziale, sottraendosi quasi del tutto, se non per qualche richiamo alle fonti, ai propri doveri di cooperazione istruttoria, finendo per guardare al richiedente come a un giovane maschio del subcontinente indiano, evidentemente migrato per ragioni meramente economiche, un “dar poste gosfand” ovvero una “persona camuffata da pecora”[34], visibile solo quando viola la sacralità del confine.

 

 

1. “Procedure operative standard” – SOP (www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/it/hotspot).

2. Commissione europea, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni. Agenda europea sulla migrazione, Bruxelles, 13 maggio 2015, COM(2015) 240 final (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52015DC0240&from=es).

3. Decreto del Ministero dell’interno, 5 agosto 2019, «Individuazione delle zone di frontiera o di transito ai fini dell’attuazione della procedura accelerata di esame della richiesta di protezione internazionale».

4. Si fa qui riferimento, in particolare, alla previsione di cui all’art. 10-ter, comma 1-bis, d.lgs n. 286/1998 (Tui), in base alla quale, per lo svolgimento delle procedure di identificazione ma anche, apparentemente, di quelle di frontiera, gli stranieri ospitati presso i punti di crisi possono essere trasferiti in strutture analoghe sul territorio nazionale.

5. M. Veglio, La bestia tentacolare. Forme, tempi e luoghi del trattenimento degli stranieri in Italia, in questo fascicolo.

6. Per un’analisi più approfondita dei profili di contrasto con la normativa eurounitaria, vds. Asgi, Le zone di transito e di frontiera. Commento al decreto del Ministero dell’Interno del 5 agosto 2019 (G.U. del 7 settembre 2019, n. 210), settembre 2019 (www.asgi.it/wp-content/uploads/2019/10/2019_scheda_ASGI_decreto_zone_frontiera.pdf).

7. Sul punto, Asgi, Frontiera interna Germania/Austria: accordi bilaterali, 22 luglio 2020 (https://medea.asgi.it/wp-content/uploads/2020/11/all-2-Analisi-accordi-bilaterali-Germania-22.7.2020-FINALE.pdf). Si rimanda altresì, per un’analisi dei profili di illegittimità riferibili a un caso concreto, all’intervento terzo proposto dallo «European Center for Constitutional and Human Rights» nel caso H.T. c. Germania e Grecia, pendente davanti alla Corte Edu (www.ecchr.eu/en/case/seehofer-deal-forced-returns-germany-greece/).

8. N. Morandi, Le procedure accelerate per l’esame della domanda di protezione internazionale: analisi dell’art. 28-bis, D.Lgs. 25/2008, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, n. 3/2020, pp. 145 ss. (www.dirittoimmigrazionecittadinanza.it/archivio-saggi-commenti/saggi/fascicolo-n-3-2020-1/652-le-procedure-accelerate-per-l-esame-della-domanda-di-protezione-internazionale-analisi-dell-art-28-bis-d-lgs-n-25-2008/file).

9. Per approfondimenti, si rimanda alla scheda elaborata da Asgi, “Le zone di transito e di frontiera”. Commento alle circolari del decreto del Ministero dell’Interno del 5 agosto 2019 (G.U. del 7 settembre 2019, n. 210) e analisi delle prime applicazioni della procedura di frontiera (https://medea.asgi.it/wp-content/uploads/2020/12/all-4-scheda-DM-5-agosto_def.pdf).

10. Progetto “In Limine” di Asgi e A Buon Diritto Onlus (a cura di), «Le nuove ipotesi di procedure accelerate e di frontiera», in Questione giustizia online, 9 gennaio 2020 (www.questionegiustizia.it/articolo/le-nuove-ipotesi-di-procedure-accelerate-e-di-frontiera_09-01-2020.php).

11. N. Morandi, Le procedure accelerate, op. cit., pp. 169 ss.

12. M. Flamini, La protezione dei cittadini stranieri provenienti da cd. «Paesi sicuri» in seguito alle modifiche introdotte dal dl n. 20 del 2023, in questo fascicolo.

13. Si rimanda, per i riferimenti giurisprudenziali, a M. Veglio, La bestia tentacolare, op. cit., e al commento dell’Asgi, Cassazione 2458/2021: quali sono le conseguenze in caso di mancato rispetto dei termini delle procedure accelerate di valutazione della domanda di asilo?, 30 marzo 2021 (www.asgi.it/wp-content/uploads/2021/04/2021330_cassazione_2458_commento.pdf).

14. Ufficio europeo di supporto per l’asilo (EASO), Border Procedures for Asylum Applications in EU+ Countries, 2020 (https://euaa.europa.eu/sites/default/files/publications/Border-procedures-asylum-applications-2020.pdf).

15. Cgue, sez. II, C‑175/11, sentenza 31 gennaio 2013, par. 75 (https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=133247&doclang=IT).

16. Cgue [GS], cause riunite C-924/19 PPU e C-925/19 PPU, sentenza 14 maggio 2020 (https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=226495&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=5617431).

17. Parlamento europeo, Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE), «Relazione sull’attuazione dell’articolo 43 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale», a cura di E. Marquardt, 21 gennaio 2021 (www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-9-2021-0005_IT.html#_section1).

18. Risoluzione del Parlamento europeo sull’attuazione dell’art. 43 dir. 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (2020/2047(INI)), 10 febbraio 2021 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52021IP0042&from=EN).

19. Come previsto dalla circolare del Ministero dell’interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, 1° giugno 2023, n. 50432 (www.piemonteimmigrazione.it/images/news_materiali/Circolare_n._0050432_del_1_giugno_2023.pdf), la nuova ipotesi di trattenimento non può ancora essere implementata perché devono ancora essere determinate le garanzie finanziare da prestare in luogo della presentazione di un passaporto o di un documento equipollente.

20. A. Ammirati - V. Capezio - G. Crescini - A. Massimi, Le zone di transito aeroportuali: definizione, funzionamento e criticità alla luce delle prassi, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, n. 3/2021 (www.dirittoimmigrazionecittadinanza.it/archivio-saggi-commenti/saggi/fascicolo-n-2-2021-2/826-le-zone-di-transito-aeroportuali-definizione-funzionamento-e-criticita-alla-luce-della-prassi/file).

21. V. Apatzidou, The Normalization of Denial of Legal Safeguards in the proposed Asylum and Migration Legislation, in European Law Blog, 2 marzo 2023 (https://europeanlawblog.eu/2023/03/02/the-normalization-of-denial-of-legal-safeguards-in-the-proposed-asylum-and-migration-legislation/).

22. Secondo Camille Schmoll, «il margine è essenziale al processo di costruzione e di estensione della frontiera. Il margine è un laboratorio, un luogo di sperimentazione politica e di messa in scena della sovranità dell’UE», in Id., Le dannate del mare. Donne e frontiere nel Mediterraneo, Astarte, Pisa, 2022, p. 47.

23. S. Khosravi, Io sono confine, Elèuthera, Milano, 2019, pp. 79 e 137.

24. Si vedano, in particolare: Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia di frontiera (Dipartimento della pubblica sicurezza), in tema di attuazione delle procedure accelerate (art. 28-bis d.lgs 28 gennaio 2008, n. 25), circolari 18 ottobre 2019, n. 138656, e 20 novembre 2019, n. 150380; Ministero dell’interno, Commissione nazionale per il diritto di asilo relativa alla l. n. 50/2023, circ. 7 giugno 2023, n. 42883.

25. Vds. la circ. 20 novembre 2019, n. 150380, richiamata alla nota precedente.

26. Asgi (Progetto “In Limine”), Una prospettiva di genere sull’Hotspot di Lampedusa: la sistematica e colposa violazione dei diritti delle donne, 15 ottobre 2021 (https://inlimine.asgi.it/una-prospettiva-di-genere-sullhotspot-di-lampedusa-la-sistematica-e-colposa-violazione-dei-diritti-delle-donne/).

27. Vds. A. Lici e A. Brambilla, Donne e frontiere. Per un viaggio senza mappe, in A. Brambilla - P. Degani - M. Paggi - N. Zorzella (a cura di), Donne straniere, diritti umani, questioni di genere. Riflessioni su legislazione e prassi, Cooperativa Libraria Editrice Università di Padova (CLEUP), Padova, p. 67 (www.asgi.it/wp-content/uploads/2022/10/Volume-Completo-Donne-straniere-del-17-10-22-CON-COPERTINA.pdf).

28. C. Schmoll, Le dannate del mare, op. cit., p. 221.

29. Il numero delle donne nigeriane arrivate in Italia è notevolmente diminuito, mentre è aumentato quello delle donne ivoriane (2393 nel corso dei primi sei mesi del 2023) e guineane (1121 nel corso dei primi sei mesi del 2023) provenienti per lo più dalla Tunisia. I dati disaggregati relativi agli arrivi via mare sono disponibili sul sito dell’Unhcr (https://data2.unhcr.org/en/situations/mediterranean/location/5205); quelli per genere sono elaborati sempre da Unhcr a cadenza mensile (voce: “ITALY Sea arrivals dashboard”), sulla base dei dati del Ministero dell’interno.

30. Sulla tratta a scopo di sfruttamento delle donne ivoriane si rimanda a We World, Inter-rotte. Storie di donne e famiglie al confine di Ventimiglia, luglio 2023 (www.weworld.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/inter-rotte) e a L. Rondi, L’ombra della tratta di esseri umani sulle donne in viaggio dalla Costa d’Avorio, in Altreconomia, 26 aprile 2023 (https://altreconomia.it/lombra-della-tratta-di-esseri-umani-sulle-donne-in-viaggio-dalla-costa-davorio/).

31. Si ringrazia Caterina Bove, Avvocata del Foro di Trieste, per le informazioni sul caso e per la condivisione del provvedimento della Commissione oscurato.

32. Vds., ad esempio, O. Zahid, Living with Floods and Reducing Vulnerability in Sylhet, The Global Policy Institute, 10 agosto 2022 (https://gpilondon.com/publications/living-with-floods-and-reducing-vulnerability-in-sylhet).

33. M. Castiglione, Oltre l’hazard paradigm: la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati e il fondato timore di essere perseguitato a seguito dei cambiamenti climatici, disastri naturali e degradazione ambientale, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, n. 1/2023, pp. 73 ss. (www.dirittoimmigrazionecittadinanza.it/archivio-saggi-commenti/saggi/fascicolo-n-1-2023-1/1096-oltre-l-hazard-paradigm-la-convenzione-di-ginevra-sullo-status-dei-rifugiati-e-il-fondato-timore-di-essere-perseguitato-a-seguito-dei-cambiamenti-climatici-disastri-naturali-e-degradazione-ambientale).

34. Secondo S. Khosravi, «Il lessico migratorio è zeppo di nomi di animali usati per identificare i trafficanti e i loro clienti» – Io sono confine, op. cit., p. 38.