Tortura: una norma scritta male al banco di prova della prassi applicativa
Due recenti pronunce di merito sono l’occasione per soffermarsi sugli elementi costitutivi e circostanziali della fattispecie di tortura. Una norma scritta male, densa di problemi interpretativi e non priva di qualche disallineamento rispetto alla normativa sovranazionale.
Un dialogo con i passaggi più significativi di G. Fiandaca, Punizione, Bologna, 2024. Un “piccolo libro” prezioso, un itinerario dialettico e mai dogmatico attraverso le forme e le ideologie della pena, che giunge sino alla contemporanea crisi di legittimità del diritto penale e alle domande suscitate dai modelli alternativi alla punizione
La sentenza del Tribunale di Siena, relativa a fatti verificatisi nel carcere di San Gimignano, costituisce un importante contributo giurisprudenziale sul reato di tortura, sotto il duplice profilo della puntuale ricostruzione di una concretezza dei fatti verificatisi che mostra l’altrettanto concreta possibilità di applicare la norma incriminatrice; e della conferma di necessità della tutela penale che la previsione di quella specifica figura di reato garantisce.
Le conseguenze di un’inattesa interpretazione delle norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro
Nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 577, comma 3, c.p., nella parte in cui condizionava – con previsione generale e astratta – l’esito del giudizio di bilanciamento tra alcune aggravanti e alcune attenuanti, la Corte costituzionale ha sviluppato interessanti notazioni sul tema della discrezionalità giudiziale e sul suo responsabile esercizio.