Magistratura democratica
Leggi e istituzioni

Il reclutamento dei nuovi magistrati tributari *

di Roberto M. Palmieri
giudice del Tribunale amministrativo regionale Puglia e giudice tributario

Con la presente pubblicazione  si prosegue l’anticipazione degli studi sulla riforma della giustizia tributaria nell’ambito di un complessivo focus sulla giustizia tributaria (a cura di Francesco Buffa e Gianfranco Gilardi) che verrà pubblicato prossimamente su Questione giustizia. Sono già usciti i contributi di Guerra, Di Vizio,  Diotallevi, Gilardi, Buffa.  

Sommario: 1. I precedenti storici - 2. L’avvento della Costituzione repubblicana, e gli ulteriori sviluppi normativi - 3. La riforma operata con la l. 31 agosto 2022, n. 130 - 4. Il nuovo sistema di reclutamento mediante concorso. Le prove concorsuali - 5. Il trattamento economico e i profili organizzativi e di carriera dei giudici tributari - 6. Il nuovo sistema di riparto della giurisdizione per le controversie in tema di rapporto di lavoro - 7. Conclusioni

 

1. I precedenti storici

“La nomina a magistrato tributario si consegue mediante un concorso per esami bandito in relazione ai posti vacanti e a quelli che si renderanno vacanti nel quadriennio successivo, per i quali può essere attivata la procedura di reclutamento”. 

Tale previsione normativa – contenuta nel novellato art. 4 d. lgs. n. 545/92 – costituisce la vera “rivoluzione copernicana” introdotta dalla legge n. 130/22, di riforma del sistema tributario.

Invero, sin dagli albori della regolamentazione del contenzioso tributario, la selezione del giudice tributario è sempre avvenuta con modalità diverse da quella del concorso pubblico. La prima regolamentazione del contenzioso tributario si ebbe infatti con la legge 14 luglio 1864, n. 1830 che prevedeva all’articolo 21 l’istituzione in ogni comune o consorzio di una Commissione “incaricata di tutte le operazioni occorrenti per appurare e determinare in prima istanza le somme dei redditi e dell’imposta dovuta dai contribuenti del comune o consorzio”.

Ebbene, tali commissioni erano costituite da componenti eletti – ad eccezione del Presidente di nomina prefettizia – dal consiglio comunale o dalla rappresentanza consorziale. Nulla pertanto che si avvicinasse anche solo lontanamente ad una nomina conseguente al superamento di un pubblico concorso.

Le stesse decisioni emesse dalle Commissioni comunali/consorziali erano appellabili innanzi ad apposite Commissioni provinciali composte da 5 membri, nominati (sempre ad eccezione del Presidente, di designazione prefettizia), rispettivamente dal Consiglio provinciale e dalla Camera di commercio.

Si trattava in buona sostanza di una giurisdizione onoraria (non professionale) e di prossimità, espressione dello stato-comunità.

Il sistema conobbe un primo radicale sovvertimento per effetto della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, abolitiva del contenzioso amministrativo, che ferma restando la competenza delle commissioni di cui alla legge n. 1830/1864, prevedeva l’impugnabilità delle relative deliberazioni di fronte al Tribunale in primo grado e alla Corte d’appello in secondo grado. 

La natura professionale, togata – e non dunque onoraria – del giudice delle impugnazioni non era tuttavia tale da determinare un radicale sovvertimento del sistema di reclutamento della magistratura tributaria, in quanto il Tribunale ovvero la Corte d’Appello erano reclutati essenzialmente per le funzioni giudicanti e/o requirenti civili e penali, e a tali loro competenze originarie semplicemente si aggiungevano quelle di giudici di appello avverso le decisioni (all’epoca di natura amministrativa) emesse dal giudice tributario, la cui nomina, come sopra esposto, era di natura essenzialmente politica.

Peraltro, la particolarità della materia, il principio di prossimità che governava nel sistema ottocentesco il controllo e la verifica delle imposte dovute dai contribuenti ben si accordava con un reclutamento di “esperti” su base locale, dediti principalmente ad altre occupazioni: tutto questo comportava un inevitabile prezzo da pagare in termini di qualità delle decisioni, che tuttavia trovava un’equilibrata compensazione nella possibilità per il contribuente di ricorrere in ultima istanza alla giurisdizione, dove operavano in via esclusiva giudici professionali.

 

2. L’avvento della Costituzione repubblicana, e gli ulteriori sviluppi normativi

L’avvento della Costituzione repubblicana, se pose delicati problemi in punto di individuazione della natura (amministrativa o giurisdizionale) delle decisioni emesse dal giudice tributario (e ciò al fine della verifica del rispetto del divieto di istituzione di giudici speciali – art. 102, nonché VI disp. trans. Cost.), nondimeno non influì sulle modalità di nomina del giudice tributario.

Il sistema di selezione conobbe una ulteriore modifica per effetto della riforma operata dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, che modificò i criteri di scelta dei componenti delle Commissioni tributarie, attribuendola ai Presidenti di tribunale o di Corte d’appello, che avrebbero però dovuto attingere secondo quote predeterminate da appositi elenchi forniti dai consigli comunali o provinciali, dall’amministrazione finanziaria, dalle camere di commercio e dai consigli degli ordini professionali di avvocati, ingegneri, dottori commercialisti e ragionieri.

Dunque, ancora un sistema fondato sulla cooptazione, ben distante dalla filosofia di fondo (autonomia, indipendenza, comprovata professionalità, ecc.) alla base del pubblico concorso.

Tale configurazione giurisdizionale è stata sostanzialmente confermata dalla novella di cui al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, che ha riorganizzato la distribuzione territoriale delle commissioni tributarie, con un primo grado su base provinciale ed un secondo su base regionale, e attribuito il potere di nomina dei giudici tributari ad un neoistituito organo di autogoverno (concepito sul modello del Consiglio Superiore della Magistratura): il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria.

Nondimeno, venuto meno il sistema del doppio binario (Commissioni tributarie in primo grado, Tribunale o Corte di Appello, in sede di impugnazione), ed essendosi radicato (anche grazie all’opera interpretativa della Corte costituzionale) l’orientamento volto ad attribuire alle decisioni delle Commissioni tributarie natura giurisdizionale, il problema della qualità della decisione di un giudice non professionale è prepotentemente emerso, dapprima grazie ai moniti della dottrina, ed infine per effetto delle ripercussioni sul sistema delle impugnazioni, con un esorbitante carico di ricorsi tributari gravante sulla Corte di Cassazione.

Sulla base di questo dibattito, nella passata legislatura vi sono stati ben sette disegni di legge, provenienti da varie forze politiche, volte ad istituire una magistratura tributaria professionale. La spinta decisiva è però arrivata dall’approvazione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), e soprattutto dal contingentamento dei tempi imposti in sede europea al fine di beneficiare dei relativi fondi.

 

3. La riforma operata con la l. 31 agosto 2022, n. 130

Considerata pertanto l’urgenza di provvedere, in ragione dei vincoli temporali imposti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, dopo una prima idea di intervenire tramite decretazione d’urgenza (poi accantonata in ragione della difficile praticabilità costituzionale) a camere sciolte ha visto la luce la legge 31 agosto 2022, n. 130.

Per la parte che rileva in questa sede, la norma di maggior rilievo è la suddetta previsione di cui al novellato art. 4 d. lgs. n. 545/92, il quale, come sopra anticipato, ha stabilito che: “La nomina a magistrato tributario si consegue mediante un concorso per esami”.

Viene dunque istituita la nuova magistratura tributaria professionale, composta da magistrati assunti tramite concorso pubblico, le cui modalità di svolgimento sono disciplinate dagli articoli da 4-bis a 4-quater del decreto legislativo n. 545 del 1992, come novellati dalla stessa legge 130/227, o transitati dalle altre magistrature tramite il meccanismo dell’opzione di cui al nuovo articolo 1, commi da 4 a 9 della legge 130/22.

In particolare, onde costituire immediatamente un primo nucleo di magistrati tributari, senza attendere i tempi necessari per lo svolgimento e la definizione delle procedure concorsuali, e in conformità con gli impegni assunti con la Commissione europea in sede di PNRR, il legislatore ha previsto che i magistrati ordinari, amministrativi, contabili o militari, non collocati in quiescenza, presenti alla data di entrata in vigore della legge 130/22 nel ruolo unico di cui all’articolo 4, comma 39-bis, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e collocati nello stesso ruolo da almeno cinque anni precedenti tale data, possono optare per il definitivo transito nella giurisdizione tributaria di cui all’articolo 1-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545. Tale transito è consentito ad un massimo di cento magistrati (di cui un massimo di 50 ordinari), individuati all’esito di un’apposita procedura di interpello, peraltro con alcune significative limitazioni, prima fra tutte quella anagrafica (il transito è infatti precluso per chi abbia compiuto 60 anni) che, unitamente ad una diffusa riluttanza ad abbandonare le magistrature di provenienza, hanno di fatto determinato il sostanziale fallimento dell’opzione. Invero, meno di un quarto dei 100 magistrati (per la precisione: 24) hanno aderito all’opzione.

 

4. Il nuovo sistema di reclutamento mediante concorso. Le prove concorsuali

In particolare, tenuto conto della peculiare natura delle questioni trattate, la legge n. 130/22 (art. 4-bis del novellato d. lgs. n. 545/92) ha previsto l’ammissione al concorso per esami da parte non solo dei laureati in giurisprudenza, ma anche di coloro che siano in possesso del diploma di laurea magistrale in Scienze dell’economia (classe LM-56) o in Scienze economico-aziendali (classe LM- 77) o di titoli degli ordinamenti previgenti a questi equiparati (diploma di laurea in Economia e Commercio).

Al fianco dei nuovi magistrati professionali, resteranno peraltro, per un lungo periodo di transizione (essenzialmente, sino al 2029, data di ipotizzata conclusione dell’ultimo dei 3 concorsi previsti al fine della creazione della nuova pianta organica, interamente professionale), i giudici tributari (onorari) nominati presso le commissioni tributarie, presenti alla data del 1° gennaio 2022 nel ruolo unico istituito dall’articolo 4, comma 39-bis, della legge n. 183 del 2011, con la conseguente necessità di regolamentazione della convivenza.

Quanto alle materie concorsuali, si tratterà di un concorso altamente selettivo (con un livello di difficoltà almeno pari a quello previsto ai fini dell’accesso ai ruoli della magistratura ordinaria), essendo previste tre prove scritte, consistenti (salvo modifiche, non presenti allo stato di redazione del presente contributo) nello svolgimento di due elaborati teorici rispettivamente vertenti sul diritto tributario e sul diritto civile o commerciale, nonché in una prova teorico-pratica consistente nella redazione di una sentenza in materia tributaria.

La prova orale verterà poi sulle seguenti materie:

a) diritto tributario e diritto processuale tributario;

b) diritto civile e diritto processuale civile;

c) diritto penale tributario;

d) diritto costituzionale e diritto amministrativo;

e) diritto commerciale;

f) diritto dell’Unione europea;

g) contabilità aziendale e bilancio;

h) elementi di informatica giuridica;

i) colloquio in una lingua straniera, indicata dal candidato all’atto della domanda di partecipazione al concorso, scelta fra le seguenti: inglese, spagnolo, francese e tedesco.

Il decreto legge n. 75/2023 (convertito con modificazioni dalla l. n. 112/23) ha previsto inoltre che la commissione di concorso sarà composta da un maggior numero di commissari, ovvero:

- dal presidente di una corte di giustizia tributaria di secondo grado, che la presiede,

- da venti magistrati scelti tra magistrati tributari, ordinari, amministrativi, contabili e militari con almeno quindici anni di anzianità,

- da quattro professori universitari di ruolo, di cui uno titolare dell’insegnamento di diritto tributario, gli altri titolari di uno degli insegnamenti delle altre materie oggetto di esame, 

- da due avvocati iscritti all’albo speciale dei patrocinanti dinanzi alle magistrature superiori, nominati su proposta del Consiglio nazionale forense e

- da due dottori commercialisti con almeno quindici anni di anzianità, nominati su proposta del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

Non potranno essere nominati componenti della commissione coloro che, nei dieci anni precedenti, hanno prestato, a qualsiasi titolo e modo, attività di docenza nelle scuole di preparazione al concorso per magistrato tributario, ordinario, amministrativo e contabile.

Potranno inoltre essere nominati i commissari supplenti destinati a sostituire i titolari in caso di assenza o di impedimento.

I vincitori del concorso svolgeranno poi un tirocinio formativo di almeno sei mesi presso le corti di giustizia tributaria, con la partecipazione all’attività giurisdizionale relativa alle controversie rientranti nella rispettiva competenza in composizione collegiale.

 

5. Il trattamento economico e i profili organizzativi e di carriera dei giudici tributari

Per quel che riguarda il trattamento economico, ai magistrati reclutati per concorso si applicano le disposizioni in materia di trattamento economico previsto per i magistrati ordinari, in quanto compatibili.

Inoltre, al fine di incentivare, anche dal punto di vista economico, il transito nella magistratura tributaria, si è stabilito che i magistrati “transitati” conservano a tutti i fini giuridici ed economici l’anzianità complessivamente maturata, e sono inquadrati nella relativa qualifica sulla base di tale anzianità. In caso di transito con trattamento fisso e continuativo superiore a quello spettante nella giurisdizione tributaria per la qualifica di inquadramento, è attribuito ai magistrati un assegno personale pensionabile, riassorbibile e non rivalutabile, pari alla differenza fra i predetti trattamenti.

In tal modo, sarà scongiurato il rischio di un trattamento economico deteriore rispetto a quello goduto dal magistrato prima del transito.

I magistrati così transitati continuano inoltre a percepire, a titolo di indennità, per ventiquattro mesi successivi alla data di immissione nelle funzioni di magistrato tributario, il compenso fisso mensile di cui all’articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, nella misura più elevata tra quello attribuito per la funzione già svolta in qualità di giudice tributario e quello corrispondente alla nuova funzione attribuita dopo il transito nella giurisdizione tributaria.

Infine, in caso di transito, non vi sarà una chiusura definitiva rispetto alla magistratura di provenienza, potendo il magistrato transitato – che ad esempio abbia maturato nel corso del tempo un diverso divisamento in ordine alla scelta fatta – chiedere (art. 211 co. 2 r.d. n. 12/41, richiamato dalla l. n. 130/22) la riammissione nella magistratura di provenienza.

Ciò detto quanto agli aspetti economici connessi al transito, e venendo ora a quelli legati alla carriera, va segnalato che, con il recente Regolamento predisposto nel gennaio del corrente anno (2024), il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria ha dettato norme di dettaglio, volte a valorizzare la ratio di fondo della normativa primaria (art. 1 co. 7 l. n. 130/22), la quale ha previsto incentivi non solo economici, ma anche di carriera, al fine di sollecitare i magistrati tributari ad optare definitivamente per la nuova giurisdizione tributaria. Aspetto, quest’ultimo, che realizza intuibili obiettivi di efficienza ed efficacia dell’azione dei magistrati tributari, impegnati a tempo pieno rispetto ai magistrati non di carriera.

In tale ottica, l’art. 1 co. 7 della l. n. 130/22 stabilisce che ove il trasferimento nella giurisdizione tributaria a seguito dell’opzione non comporti contestuale promozione, l’optante ha precedenza, in ogni caso, sui posti che si renderanno disponibili nell’ufficio di appartenenza e, comunque, ha diritto a mantenere il posto già ricoperto di giudice tributario nell’ufficio di appartenenza e la relativa funzione.

A specificazione di tale previsione normativa, il nuovo Regolamento predisposto dal Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria nel gennaio del corrente anno stabilisce che:

1) il magistrato transitato può esercitare l’opzione solo per i posti scoperti della propria sede di appartenenza;

2) il magistrato transitato può optare sia per posti da semidirettivo (es. Presidente di sezione; vicepresidente) che da direttivo (Presidente di Corte tributaria), e ciò anche qualora al momento del transito egli rivestisse unicamente la qualifica di componente di Collegio. 

In tal modo, si è cercato di garantire immediati benefici di carriera – oltre che economici – ai magistrati transitati nella magistratura tributaria, nella speranza di una risposta al prossimo interpello maggiore di quella – piuttosto deludente (24 transitati, su 100 posti disponibili) – che vi è stata in occasione del primo interpello.

Venendo ora ai profili più spiccatamente organizzativi legati al reclutamento dei magistrati tributari, è stata sottoscritta la delibera di autorizzazione del primo concorso, per 145 posti, le cui prove scritte dovrebbero svolgersi entro l’anno in corso (2024). Subito dopo, secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), dovrebbe essere la volta di un secondo bando per 204 magistrati, autorizzato dal d.l. n. 75/2023.

Inoltre, nelle more di espletamento delle procedure concorsuali, il recente decreto legge “milleproroghe 2024”, approvato dal Consiglio dei Ministri in data 28 dicembre 2023, ha disposto proroga di due anni (e comunque, non oltre il compimento del 75° anno di età), dei giudici tributari attualmente in servizio.

 

6. Il nuovo sistema di riparto della giurisdizione per le controversie in tema di rapporto di lavoro

Così tratteggiato il nuovo sistema ordinamentale di reclutamento dei magistrati tributari, vanno ora affrontate le problematiche legate al riparto di giurisdizione. Sul punto, l’art. 63 co. 4 d. lgs. n. 165/01 (Testo unico del Pubblico Impiego – TUPI) testualmente afferma che: “Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 3”.A sua volta, l’art. 3 TUPI stabilisce che: “In deroga all’art.2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili [...]”.Per tali ragioni, prima della riforma, la giurisdizione sulle controversie dei giudici tributari, fossero essi di provenienza togata ovvero di provenienza non togata (es. dottori commercialisti, funzionari pubblici, ecc.), come tali esclusi sia dalla disciplina del pubblico impiego in difetto di rapporto di lavoro subordinato, sia dalla previsione eccettuativa di cui all’art. 3 TUPI per la tipicità ed eccezionalità delle previsioni, venivano attratte alla giurisdizione del giudice ordinario civile, competente su rapporti di lavoro che erano qualificati dalla prevalente giurisprudenza come onorari (ed esclusi anche dalla figura della parasubordinazione di cui all’art. 409 co. 1 n. 3 c.p.c.). Più specificamente, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che i componenti delle commissioni tributarie sono titolari di un rapporto onorario e non di pubblico impiego, come espressamente chiarisce il D.Lgs. n.545 del 1992, art.11, comma 4 (Cass., Sez. U, n. 5396 del 1995), e che ne discende che, per le controversie relative ai giudici onorari - come per quelle concernenti in genere i funzionari onorari-, la giurisdizione va determinata, in applicazione dei criteri generali, alla stregua della posizione giuridica fatta valere in giudizio (individuabile in base al petitum sostanziale), attribuendo al giudice ordinario le cause aventi ad oggetto diritti soggettivi e al giudice amministrativo quelle riguardanti interessi legittimi. 

Quanto alle controversie aventi ad oggetto il trattamento economico, le cause per il pagamento dello stesso (ove ad esempio non si contesti il quantum previsto dalle norme, ma si faccia questione di mancato pagamento) sono attribuite al giudice ordinario, al pari di tutte le controversie inerenti il rapporto aventi ad oggetto un diritto soggettivo. Se invece oggetto è la determinazione del trattamento economico, la giurisdizione è del giudice amministrativo: invero, secondo la giurisprudenza, il trattamento economico dei funzionari onorari ha, di regola, natura indennitaria e non retributiva, con esclusione di qualsiasi nesso di sinallagmaticità, e resta, quindi, affidato alle determinazioni discrezionali dell'autorità che ha proceduto alla nomina, a fronte delle quali il funzionario ha una posizione di mero interesse legittimo; fanno eccezione alla regola soltanto i casi in cui specifiche disposizioni di legge attribuiscano natura retributiva al compenso spettante, il quale discenda direttamente dalla legge, con conseguente sua determinazione automatica (Cass., Sez. U, nn. 11272 del 1998, 10961 del 2005, 18618 del 2008, 1631 del 2010,14954 del 2011); dunque, la posizione dei ricorrenti in relazione al potere dell'Amministrazione di provvedere alla determinazione del compenso (fisso e aggiuntivo) ad essi spettante non può essere configurata come una posizione di diritto soggettivo, bensì di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo (Cass. Sez. U, Sentenza n. 21592 del 2013).

Tale essendo la giurisdizione per le controversie riguardanti il rapporto di lavoro dei giudici tributari, occorre ora chiedersi se la descritta riforma del sistema di reclutamento della magistratura tributaria abbia o meno inciso sul previgente assetto ordinamentale.

Sul punto, poiché il cennato art. 3 TUPI esclude dalla disciplina del rapporto di lavoro contrattualizzato unicamente (per la parte che rileva in questa sede) i “... magistrati ordinari, amministrativi, contabili”, se ne deve dedurre che, a regime – vale a dire, in presenza di soli giudici tributari professionali – tutte le controversie riguardanti il rapporto di lavoro dei giudici tributari di nomina concorsuale (nonché dei giudici transitati da altre giurisdizioni), saranno attratte alla giurisdizione del giudice ordinario. 

Peraltro, non essendo il rapporto più di carattere onorario per i nuovi giudici, la competenza sarà devoluta per essi al giudice del lavoro (mentre resterà il sistema di riparto come sopra indicato per le controversie dei giudici tributari onorari, sottoposti al vecchio regime ad esaurimento). 

 

7. Conclusioni

Così descritto il nuovo sistema ordinamentale della giustizia tributaria, appare utile qualche spunto di riflessione.

Anzitutto, al fine di fugare dubbi di sorta, può senz’altro affermarsi che il descritto sistema di reclutamento dei nuovi magistrati tributari consentirà senz’altro, a regime, di avere una magistratura altamente specializzata. In tal modo, si è venuto incontro al non più procrastinabile risultato di pervenire ad un corpo magistratuale che tratti le controversie tributarie a tempo pieno, e non come un secondo lavoro.

Inoltre, la prevista formazione continua dei magistrati tributari contribuirà a mantenere alta, nel corso del tempo, la loro preparazione giuridica, rispondendo in tal modo alle attese di giustizia provenienti dalle parti e dai loro difensori. In tale direzione si è mosso il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, che con delibera n. 2/202 ha istituito la Scuola Superiore della Giustizia Tributaria, con sede a Roma, per il tirocinio dei neoassunti magistrati tributari e per la formazione continua e l’aggiornamento professionale dei magistrati e dei giudici tributari: la struttura stabile ha lo scopo di rendere uniforme e permanente l’offerta formativa, in collaborazione con le Università, e sarà composta da un Comitato Scientifico e supportata da una segreteria amministrativa addetta alla logistica.

A fronte di tali migliorie – del tutto prevalenti, in un giudizio di bilanciamento – va nondimeno segnalata qualche zona d’ombra tuttora esistente.

A tal riguardo, va anzitutto rilevato che la composizione della Commissione di concorso, pur alla luce delle modifiche introdotte con il DL n. 75/23, include un solo professore di diritto tributario, e non richiede neanche alla componente togata una specializzazione nella materia principale del concorso.

Desta perplessità, poi, che i nuovi magistrati tributari non potranno ambire al “passaggio” in Cassazione, e quindi alla Sezione tributaria della Corte di Cassazione, istituita per legge dall’art. 3, L. n. 130/2022: l’esclusione dei magistrati specializzati, assunti a seguito di uno specifico concorso e che hanno svolto la propria funzione nel settore, non garantisce certo la migliore specializzazione dei giudici di legittimità. Ne consegue che, sebbene debba ritenersi una scelta più che opportuna l’istituzione di una sezione di Cassazione, incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia tributaria, occorrerebbe consentire l’ingresso in tale sezione proprio ai Magistrati specificamente selezionati per la materia e che si sono formati nel tempo nel settore.

Sotto il profilo dell’imparzialità, resta aperta la questione della dipendenza del giudice tributario dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF): questa influenza sembra comunque temperata dal ruolo determinante assegnato al Consiglio di Presidenza di Giustizia Tributaria, che dovrà quindi operare in modo da raggiungere punti di equilibrio tra le disposizioni normative e tanto per garantire l’imparzialità della magistratura tributaria. In ogni caso, l’accesso tramite concorso e l’adozione delle regole stipendiali e di carriera previste per i magistrati ordinari neutralizzano almeno in parte questo vincolo di dipendenza.

Sotto il profilo organizzativo, vi è il nodo della convivenza dei magistrati tributari con i giudici tributari, presenti nel ruolo unico nazionale.

Gli attuali giudici continueranno a svolgere le loro funzioni fino al compimento dell’età limite; nondimeno, come sopra detto, è stato previsto un transito alla giurisdizione tributaria dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili o militari, non collocati in quiescenza. Sicché la composizione delle Corti di giustizia sarà variegata, affiancandosi a magistrati assunti con specifico concorso selettivo, magistrati di carriera diversa transitati nella giurisdizione tributaria e giudici onorari. Inoltre, sarebbe stato opportuno fornire al giudice tributario il supporto dell’Ufficio del processo. E questo considerato soprattutto che il D.L. n. 80/2021 aveva già individuato nel modello organizzativo dell’Ufficio per il processo lo strumento principale per la realizzazione degli obiettivi del PNRR e quindi per rendere più efficiente il sistema della giustizia.

Il PNRR, infatti, ha ampliato gli orizzonti di questo strumento di supporto, ribadendo il ruolo fondamentale dell’Ufficio per il processo, che è proprio quello di offrire un concreto ausilio alla giurisdizione così da poter determinare un rapido miglioramento della performance degli uffici giudiziari, sostenere l’obiettivo dell’abbattimento dell’arretrato e ridurre la durata dei procedimenti.

In quest’ottica, lo staff del magistrato collabora in tutte le attività collaterali al giudicare (ricerca, studio, monitoraggio, gestione del ruolo, preparazione di bozze di provvedimenti), come avviene in analoghi istituti presenti a livello europeo ed internazionale. Basta pensare, in particolare, all’organizzazione della Cancelleria della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha il compito di trattare e preparare i ricorsi sottoposti alla Corte. Nello schema del D.L n. 80/21, le funzioni degli addetti all’Ufficio del processo presentano diverse similitudini con questo tipo di struttura. Considerata la complessità della materia, tale supporto sarebbe particolarmente utile per la magistratura tributaria. Sul punto, la Commissione interministeriale di esperti, chiamata a pronunciarsi sulle criticità della giustizia tributaria ha sottolineato la necessità di estendere l’Ufficio del processo anche alla giurisdizione tributaria, sottintendendo che la sua istituzione avrebbe una significativa rilevanza anche nel giudizio di merito.

Infine, resta il nodo dei tempi della riforma. Nel disegno originario, il passaggio dalla magistratura onoraria ad un’altra di tipo professionale avrebbe dovuto completarsi entro il 2029. Nondimeno, allo stato si è in ritardo con i tempi, e si auspica di porvi un rimedio con il sopra descritto regime opzionale di transito, di prossima apertura.

Conclusivamente, lo sguardo d’insieme del sistema di reclutamento dei nuovi magistrati tributari consente – a parere di chi scrive – di affermare che le luci sono significativamente maggiori delle ombre, in quanto consentiranno – a regime – l’approdo ad una magistratura di tipo professionale, con indiscutibili garanzie di imparzialità e indipendenza. Il tutto a beneficio dell’intera collettività, in un settore – l’esazione dei tributi – cruciale per l’ordinamento, nel quale l’esigenza di garantire l’acquisizione delle risorse economico-finanziarie necessarie alla realizzazione dei compiti fondamentali dello Stato deve avvenire nel rispetto delle garanzie costituzionali del contribuente, in attuazione della regola fondamentale del giusto riparto di concorso di ogni cittadino alle spese pubbliche, sancito dall’art. 53 della Carta costituzionale.

[*]

Il presente contributo costituisce anticipazione del numero di Questione giustizia trimestrale, di prossima pubblicazione, dedicato alla giustizia tributaria.

16/04/2024
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14/03/2024
La giustizia tributaria ieri e oggi

L’evoluzione della giustizia tributaria è caratterizzata da una progressiva accentuazione del carattere giurisdizionale degli organi preposti alla relativa amministrazione. Ma sono ancora molti i passi da compiere affinché essa acquisti una sua compiuta fisionomia e i principi di autonomia e indipendenza nell’esercizio della giurisdizione trovino piena realizzazione anche in un campo delicato come quello del potere impositivo dello Stato e del rapporto tra fisco e cittadino.

28/02/2024