Magistratura democratica
Giurisprudenza e documenti

Sull’addebito delle spese all’amministrazione soccombente nel giudizio di protezione internazionale promosso dal richiedente ammesso al patrocinio a spese dello Stato

di Elisa Bertillo
giudice del lavoro, Tribunale di Civitavecchia
Con la pronuncia n. 164 del 2018, la Cassazione individua i presupposti per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato dello straniero richiedente protezione internazionale, fornendo un’interpretazione estensiva del concetto di «straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale». La sentenza offre l’occasione per affrontare il tema del rapporto tra gratuito patrocinio e regolamento delle spese di lite, analizzando in particolare le differenti posizioni espresse, da una parte, da Cass. 29 ottobre 2012, n. 18583, dall’altra, dal Tribunale di Firenze, con ordinanza del 6 dicembre 2017, e da Cass. 9 marzo 2018, n. 5819

1. Con la sentenza n. 164 del 2018, la Cassazione ha individuato i presupposti per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato [1] del richiedente protezione internazionale [2].

La Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposto da una cittadina nigeriana avverso un’ordinanza del Tribunale per i minorenni di Napoli che ha rigettato l’opposizione alla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

La ricorrente, provvisoriamente ammessa al patrocinio a spese dello Stato con delibera del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Napoli, ha chiesto e ottenuto dal Tribunale per i minorenni di Napoli di essere autorizzata al soggiorno sul territorio nazionale nell’interesse del minore ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.lgs n. 286 del 1998, secondo cui «il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge».

Con successivo decreto il medesimo Tribunale ha revocato l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, rilevando che la ricorrente non era regolarmente soggiornante sul territorio nazionale e ritenendo che l’art. 119 del dPR n. 115 del 2002, nell’assicurare il trattamento previsto per il cittadino italiano allo straniero regolarmente soggiornante al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare, non contempla il beneficio in favore di persone che non hanno titolo per restare in Italia.

L’ordinanza di rigetto dell’opposizione ha confermato tale soluzione, rilevando peraltro che il ricorso ex art. 31 del d.lgs n. 286 del 1998 non richiede il ministero di un difensore e che, in ogni caso, la garanzia costituzionale del diritto di difesa non impedisce al legislatore di poter ragionevolmente escludere dal patrocinio chi si trovi in determinate situazioni, quale quella dell’illegale ingresso o permanenza nel territorio dello Stato.

Con la pronuncia in commento, la Corte cassa l’ordinanza impugnata in forza di una condivisibile interpretazione estensiva dell’art. 119 del dPR n. 115 del 2002.

La disposizione prevede che il patrocinio a spese dello Stato «previsto per il cittadino italiano, è assicurato, altresì, allo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare e all’apolide, nonché ad enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica».

La Cassazione si sofferma sul concetto di «straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale» e ritiene, in contrasto con quanto statuito dal Tribunale per i minorenni di Napoli, che detta nozione debba essere interpretata in senso estensivo, in quanto il patrocinio a spese dello Stato rappresenta un’implicazione necessaria del diritto alla difesa costituzionalmente garantito dall’art. 24 della Costituzione. Ne consegue che deve essere considerato «straniero regolarmente soggiornante» non solo lo straniero che abbia già ottenuto un permesso di soggiorno, ma altresì colui il quale abbia in corso un procedimento amministrativo o giurisdizionale dal quale possa derivare il rilascio del medesimo titolo.

In particolare, la Corte ritiene che nel caso di azione ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.lgs n. 286 del 1998, ossia dell’azione diretta ad ottenere l’autorizzazione, da parte del Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trovi nel territorio italiano, all’ingresso o permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle disposizioni del testo unico in materia di immigrazione, il requisito del regolare soggiorno sul territorio nazionale, previsto dall’art. 119 citato per l’accesso degli stranieri al patrocinio a spese dello Stato, si identifica con il bene della vita perseguito; pertanto, richiedere la sussistenza di tale requisito come presupposto dell’ammissione al gratuito patrocinio, si tradurrebbe in una lesione del principio di effettività della tutela giurisdizionale [3].

Infine, la pronuncia non ritiene condivisibile l’argomentazione contenuta nell’ordinanza impugnata secondo cui il patrocinio a spese dello Stato non troverebbe applicazione nel giudizio ex art. 31, d.lgs 286 del 1998, in quanto esso non richiede il necessario ministero di un difensore, trattandosi di un procedimento non assimilabile a quelli contenziosi in senso proprio. In senso contrario, la Corte sostiene che, ai sensi degli art. 74 e 75 dPR n. 115 del 2002, il patrocinio a spese dello Stato è assicurato in ogni procedimento civile, con inclusione della volontaria giurisdizione, ed anche quando l’assistenza tecnica del difensore non è prevista come obbligatoria, perché l’istituto copre ogni esigenza di accesso alla tutela giurisdizionale, sia quando questa tutela coinvolge necessariamente l’opera di un avvocato, sia quando la parte non abbiente, pur potendo stare in giudizio personalmente, richieda la nomina di un difensore, al fine di essere consigliata nel miglior modo sull’esistenza a sulla consistenza dei propri diritti, ritenendo di non essere in grado di operare da sé.

2. La soluzione accolta nel caso di specie dalla Cassazione conferma l’orientamento che va consolidandosi sia nella giurisprudenza civile sia in quella amministrativa.

In termini, infatti, in fattispecie analoga a quella sottoposta alla Corte nella pronuncia in commento, si vedano le sentenze della Cassazione 14 dicembre 2017, n. 30069 [4] e del Consiglio di Stato 14 gennaio 2015, n. 59, richiamata dalla pronuncia in commento, secondo cui «l’art. 119 del dPR n. 115 del 2002, nella parte in cui limita il beneficio allo straniero “regolarmente soggiornante” si presta a serie censure sotto il profilo della costituzionalità. A tacer d’altro, l’art. 24 della Costituzione garantisce la difesa in giudizio a “tutti” (e non solo ai cittadini); pertanto, se l’ordinamento ritiene che il patrocinio a spese dello Stato sia una implicazione necessaria del diritto alla difesa costituzionalmente garantito, tale diritto non può essere negato allo straniero che non sia “regolarmente soggiornante”. In questa luce la giurisprudenza è consolidata nel senso che, per evitare censure di costituzionalità, quanto meno, il concetto di “straniero regolarmente soggiornante” debba essere interpretato in senso estensivo comprendendovi anche lo straniero che abbia in corso un procedimento amministrativo e/o giurisdizionale al cui esito possa sortire il rilascio del permesso di soggiorno» [5].

In precedenza, in senso contrario, si segnalano diverse pronunce dei Tribunali amministrativi regionali, dirette ad escludere l’estensione dell’art. 119 citato, ritenuto norma di carattere eccezionale, che, in quanto tale, non può essere applicata oltre i casi in essa considerati (cfr., in tal senso, Tar Sicilia-Catania 12 marzo 2012, n. 631; Tar Sicilia-Catania 9 febbraio 2012, n. 356; Tar Emilia Romagna-Parma, 27 marzo 2008, n. 171, tutte nella banca dati Pluris).

3. La pronuncia in commento non affronta il tema della regolazione delle spese di lite, rimettendola al Tribunale per i minorenni cui rinvia la causa. È lecito pertanto interrogarsi circa la soluzione che potrà adottare il Tribunale qualora ritenga di pronunciarsi a favore del ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

In merito è sorto un dibattito in giurisprudenza circa l’applicabilità dell’ordinario criterio della soccombenza nella regolazione delle spese di lite in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, con particolare riguardo alla possibilità di condanna dell’amministrazione pubblica soccombente.

Tale possibilità è stata esclusa dalla Cassazione, che, con la sentenza 29 ottobre 2012, n. 18583 [6], ha sostenuto che «qualora la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato sia vittoriosa in una controversia civile proposta contro un’amministrazione statale, l’onorario e le spese spettanti al difensore vanno liquidati ai sensi dell’art. 82 dPR 30 maggio 2002 n. 115, ovvero con istanza rivolta al giudice del procedimento, non potendo riferirsi a tale ipotesi l’art. 133 medesimo dPR n. 115 del 2002, a norma del quale la condanna alle spese della parte soccombente non ammessa al patrocinio va disposta in favore dello Stato».

Nel caso di specie, il ricorrente era stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato e parte soccombente era il Ministero della giustizia, ragion per cui la liquidazione delle spese avrebbe dovuto essere effettuata a carico di un’amministrazione dello Stato a favore di un’altra amministrazione. Tale soluzione, secondo la pronuncia del 2012, è tuttavia un «non senso, tanto più che l’interesse sostanziale del ricorrente, che è quello di ottenere la rifusione delle spese sostenute dal proprio difensore, non potrebbe per tale via essere soddisfatto». La Corte ritiene che alla fattispecie non sia applicabile l’art. 133 del dPR n. 115 del 2002, secondo cui «il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato», in quanto la disposizione non sarebbe riferibile all’ipotesi in cui un’amministrazione dello Stato sia parte del giudizio; al contrario, la stessa viene interpretata nel senso di precludere una condanna al pagamento dello spese a carico dell’amministrazione soccombente. La pronuncia conclude pertanto dichiarando che la liquidazione degli onorari e delle spese in favore del difensore della parte ammessa debba avvenire seguendo il procedimento di cui all’art. 82 e quindi con istanza di liquidazione al giudice del procedimento, in analogia con quanto previsto nel processo tributario, giudizio caratterizzato dalla necessaria partecipazione di una pubblica amministrazione, e rispetto al quale è espressamente previsto, all’art. 141 del dPR n. 115 del 2012, che «l’onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati ai sensi dell’art. 82».

La soluzione accolta dalla Corte è stata in seguito applicata da diverse pronunce di merito, con le quali è stato disposto il non luogo a provvedere in ordine alla condanna alle spese del Ministero soccombente, stante l’ammissione della controparte al patrocinio a spese dello Stato, ritenendo di doversi provvedere con separato decreto alla liquidazione del compenso al difensore ai sensi dell’art. 82 del dPR n. 115 del 2002 [7].

Tale soluzione non appare condivisibile in base ad una corretta analisi del quadro normativo: è, infatti, necessario distinguere tra le modalità di liquidazione del compenso del difensore, regolamentate dal citato art. 82, e la condanna alle spese prevista ai sensi dell’art. 133.

Deve, innanzitutto, ricordarsi come la finalità della normativa sul patrocinio a spese dello Stato [8] sia tesa a garantire la possibilità concreta di agire in giudizio alle persone non abbienti mediante la tecnica dell’anticipazione e della prenotazione a debito di una parte delle spese di lite da parte dello Stato [9]. In attuazione di tale tecnica è, quindi, previsto che alla liquidazione delle competenze in favore del difensore ed a carico dello Stato, faccia riscontro la pronuncia sulle spese a carico del soccombente ed in favore dello Stato.

Come si è già visto, l’art. 133 del dPR n. 115 del 2002 sancisce che il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della controparte ad esso ammessa deve disporre che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato. La norma non prevede alcuna eccezione.

A ciò si aggiunga che l’art. 134 del medesimo TU prevede che:

«1. Se lo Stato non recupera ai sensi dell’articolo 133 e se la vittoria della causa o la composizione della lite ha messo la parte ammessa al patrocinio in condizione di poter restituire le spese erogate in suo favore, su di questa lo Stato ha diritto di rivalsa.

2. La rivalsa può essere esercitata per le spese prenotate e anticipate quando per sentenza o transazione la parte ammessa ha conseguito almeno il sestuplo delle spese, o nel caso di rinuncia all’azione o di estinzione del giudizio; può essere esercitata per le sole spese anticipate indipendentemente dalla somma o valore conseguito (…)».

Dal momento che ai sensi del precedente art. 131 gli onorari e le spese dovuti al difensore sono spese anticipate dall’erario, rispetto alle quali lo Stato ha diritto di rivalsa se e nella misura in cui sono state liquidate a carico della parte soccombente, appare lecito interrogarsi circa le conseguenze, sotto tale profilo, della mancata condanna ai sensi dell’art. 133 citato.

Si ritiene, pertanto, che, ai sensi dell’art. 133 citato, la sentenza debba contenere la condanna alle spese dell’amministrazione soccombente, mentre la liquidazione del compenso al difensore debba avvenire, ai sensi del primo comma dell’art. 82, con decreto di pagamento emesso dall’autorità giudiziaria, esattamente come avviene in ogni ipotesi in cui ad essere soccombente non sia un’amministrazione dello Stato.

La pronuncia del 2012 peraltro fonda le proprie conclusioni sul disconoscimento dell’autonomia giuridica delle diverse articolazioni dello Stato, posizione in contrasto con l’orientamento prevalente secondo cui i Ministeri sono organi dotati di una propria autonoma legittimazione sostanziale e processuale:

«Lo Stato non si presenta come persona giuridica unitaria, bensì nei suoi diversi organi (i Ministeri) aventi un’autonoma legittimazione sostanziale e processuale. I rapporti di diritto amministrativo e di diritto privato intercorrono tra i Ministeri e gli altri soggetti, la responsabilità civile grava sui Ministeri che hanno posto in essere gli atti illeciti, nei rapporti processuali stanno in giudizio i Ministeri. Ai fini processuali, quindi, non va considerato lo Stato come persona giuridica unitaria, bensì i singoli organi. (…) I Ministeri, inoltre, hanno una propria rilevanza patrimoniale (…): dispongono di autonomi poteri di spesa e di gestione ed hanno proprio personale, con ruoli autonomi e distinti» [10].

La soluzione proposta è stata di recente accolta tanto dalla giurisprudenza di merito quanto da quella di legittimità.

Si segnala, infatti, in primo luogo, la pronuncia del Tribunale di Firenze del 6 dicembre 2017 (est. Luciana Breggia), la quale ha approfondito il tema della possibile condanna dell’amministrazione soccombente al pagamento delle spese di lite in caso di ammissione della controparte al patrocinio a spese dello Stato proprio in un giudizio di protezione internazionale.

Nella pronuncia, da una parte, si afferma che la liquidazione degli onorari e delle spese in favore del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato debba avvenire seguendo il procedimento di cui all’art. 82 dPR 115/2002 e, quindi, con istanza di liquidazione al giudice del procedimento che provvederà alla liquidazione con separato decreto, dall’altra, si ritiene che, con riferimento al regolamento delle spese di lite, si possa seguire l’ordinario criterio della soccombenza.

A fondamento di tale assunto la pronuncia, prendendo espressamente le distanze dal citato precedente della Cassazione del 2012, contesta il riferimento da quest’ultima effettuato al procedimento tributario. Come si è già visto, infatti, la Cassazione, a fondamento del proprio assunto rileva che «per quanto riguarda il procedimento tributario, nel quale per definizione una parte è rappresentata da una pubblica amministrazione, è stabilita una regola diversa. L’articolo 141 dispone infatti che “l’onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati ai sensi dell’articolo 82; per gli iscritti agli elenchi di cui al decreto legislativo 31dicembre 1992, n. 546, articolo 12, comma 2, e successive modificazioni, si applica la tariffa vigente per i ragionieri ed il parere è richiesto al relativo consiglio dell’ordine; gli importi sono ridotti della metà”». Posto che l’art. 141 fa solo riferimento alle modalità di liquidazione dell’onorario e delle spese del difensore, il Tribunale di Firenze esclude che da tale disposizione, come anche dal citato art. 82, si possa desumere che l’amministrazione soccombente sia esente dall’applicazione dell’art. 133.

Evidenzia altresì come non possa condividersi il ragionamento secondo cui l’amministrazione impersona lo Stato, con la conseguenza di ritenere privo di senso condannare lo Stato a rifondere le spese a sé stesso. Sostiene, infatti, la necessità di tener conto della complessità dello Stato, articolato in amministrazioni diverse, aventi un proprio autonomo bilancio, e richiama a fondamento del proprio assunto la pronuncia del Consiglio di Stato del 6 marzo 2015, n. 1137 [11], secondo cui «ai sensi dell’art. 133 del dPR n. 115/2002 è previsto il pagamento in favore dello Stato delle spese processuali liquidate in favore della parte ammessa al gratuito patrocinio (cfr. Cons. Stato Sez. V 12/6/2009 n. 3776) per cui l’Amministrazione della Giustizia Amministrativa, dotata di autonomo bilancio economico-finanziario ben può essere destinataria di un provvedimento giurisdizionale che disponga nei suoi confronti la rifusione di spese processuali a suo tempo anticipate in favore del difensore del ricorrente vittorioso nel giudizio di primo grado, già ammesso, appunto, al gratuito patrocinio».

La pronuncia evidenzia peraltro come il caso in esame debba essere tenuto distinto da quello affrontato dalla Cassazione con sentenza n. 9938 del 2014 [12], la quale ha escluso che un’amministrazione possa essere condannata al pagamento del contributo unificato raddoppiato per effetto del rigetto dell’impugnazione, argomentando dalla natura di tale contributo e dall’esenzione da tasse e tributi per le pubbliche amministrazioni in giudizio: nel caso di specie, infatti, non si tratta di tasse e tributi, né di spese prenotate a debito, bensì di spese anticipate dallo Stato per effetto dell’ammissione al patrocinio a sue spese.

In applicazione di tali principi, il Tribunale, premesso l’accoglimento del ricorso e il riconoscimento dello status inerente alla protezione sussidiaria in favore del ricorrente, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, «condanna il Ministero dell’interno a rifondere allo Stato ex art. 133 dPR n.115/2002 le spese di lite (…); provvede alla liquidazione con separato decreto ai sensi dell’art. 82 e dell’art. 83, comma 3-bis, dPR n. 115/2002».

Nel medesimo senso si segnala, infine, la recente pronuncia della Cassazione [13], la quale, discostandosi espressamente dal precedente del 2012, ha rigettato il ricorso proposto dal Ministero dell’interno avverso una pronuncia della Corte d’appello di Bari, la quale aveva posto le spese dell’interprete dell’attore, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, a suo carico, in quanto parte soccombente. Secondo l’amministrazione ricorrente tale pronuncia sarebbe erronea in quanto le spese dell’interprete dovevano essere poste a carico dell’ufficio per il gratuito patrocinio, ai sensi dell’art. 83, legge n. 115 del 2002, non potendosi far luogo alla rivalsa ai sensi degli artt. 133 e 134 della stessa legge.

La Corte ritiene tale tesi infondata «considerato che nel giudizio di cui si tratta soccombente è il Ministero, a cui carico la Corte d’appello ha posto anche le spese dell’interprete, erroneamente non liquidate in sentenza, ma con separato provvedimento, mentre l’ufficio del gratuito patrocinio è tenuto a sopportare le spese solo nel caso in cui risulti soccombente la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Non può pertanto condividersi il principio espresso nella pronuncia 18538/2012, secondo cui qualora la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato sia vittoriosa in una controversia civile proposta contro un’amministrazione statale, l’onorario e le spese spettanti al difensore vanno liquidati ai sensi del dPR 30 maggio 2002, n. 115, art. 82, ovvero con istanza rivolta al giudice del procedimento, non potendo riferirsi a tale ipotesi del medesimo dPR n. 115 del 2002, art. 133, a norma del quale la condanna alle spese della parte soccombente non ammessa al patrocinio va disposta in favore dello Stato. Ed infatti, detta pronuncia postula una unitarietà delle diverse articolazioni dello Stato dotate di autonoma personalità giuridica e non rispetta il principio secondo cui la liquidazione delle spese può essere sottratta al giudice della controversia solo ove le stesse attengano al diverso rapporto tra la parte ed il difensore».



[1] In generale, sul patrocinio a spese dello Stato, vds. F. P. Luiso, Orientamenti giurisprudenziali sul patrocinio a spese dello Stato in materia civile, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2012, pp. 623 ss.; A. Giussani, Assistenza giudiziaria ai non abbienti, in Diritto on-line Treccani, 2012, http://www.treccani.it/enciclopedia/assistenza-giudiziaria-ai-non-abbienti_%28Diritto-on-line%29/; G. Scarselli, Il nuovo patrocinio a spese dello Stato nei processi civili e amministrativi, Cedam, Padova, 2003. In precedenza, ma ancora con riferimento alla legge n. 219/1990, vds. N. Trocker, Patrocinio gratuito, in Dig. it., disc. priv., Sez. civ., XIII, Torino 1995, pp. 298 ss.; F. Cipriani, Il patrocinio dei non abbienti in Italia, in Foro it., 1994, V, 83; F. P. Luiso, Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, in Riv. dir. proc., 1991, pp. 207 ss.

[2] Sulla disciplina del processo per il riconoscimento della protezione internazionale come riformata dal dl 17 febbraio 2017, n. 13, convertito in legge 13 aprile 2017, n. 46, cfr. A. D. De Santis, Le novità in tema di tutela giurisdizionale dei diritti dei migranti. Un’analisi critica, in Riv. dir. proc., 2017, pp. 1218 ss.

[3] Sul principio di effettività, con peculiare riguardo all’ambito del diritto del lavoro, cfr. G. Armone, Principio di effettività e diritto del lavoro, in questa Rivista on-line, 24 aprile 2018, http://www.questionegiustizia.it/articolo/principio-di-effettivita-e-diritto-del-lavoro_24-04-2018.php.

[4] In Foro it., 2017, voce Patrocinio a spese dello Stato, nn. 45 e 46.

[5] La questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 119 citato in riferimento all’art. 24 Cost. è stata sollevata più volte davanti alla Corte costituzionale ma è stata sempre ritenuta manifestamente inammissibile per insufficiente motivazione in ordine alla rilevanza: cfr. Corte cost., 1 giugno 2016, n. 128, Foro it., Rep. 2016, voce Patrocinio a spese dello Stato, n. 15; Corte cost., 20 luglio 2007, n. 317, Giur. costit., 2007, 3082; Corte cost. 24 febbraio 2006, n. 76, id., 2006, 651.

[6] In Foro it., Rep. 2012, voce Patrocinio a spese dello Stato, n. 49.

[7] Cfr. App. Campobasso 16 luglio 2016, nella banca dati Pluris.

Vds. anche Cass., 25 gennaio 2017, n. 1932, in www.italgiure.giustizia.it, la quale tuttavia si riferisce alla differente ipotesi in cui entrambe le parti siano state ammesse al patrocinio a spese dello Stato e che sulla regolazione dei compensi di lite statuisce che «le spese vanno compensate, essendo entrambe le parti state ammesse al patrocinio a spese dello Stato sicché l’onorario e le spese spettanti al difensore andranno liquidati ai sensi dell’art. 82 del dPR 30 maggio 2002, n. 115, ovvero con istanza rivolta al giudice del procedimento non potendo frasi applicazione dell’art. 133 del medesimo dPR n. 115 del 2002 relativo al diverso caso in cui soccombente sia una parte non ammessa a patrocinio».

[8] Ritenuto da C. Punzi, La difesa nel processo civile e l’assetto dell’avvocatura in Italia, in Riv. dir. proc., 2006, pp. 813 ss., spec. 833 un «istituto di primaria importanza al fine del rispetto del principio costituzionale del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost.».

[9] Cfr. M. Gozzi, Patrocinio a carico dello Stato e rifusione delle spese, in Riv. dir. proc., 2013, pp. 492 ss., il quale rinvia, per un approfondimento sul tema del rapporto tra la disciplina in commento e l’inviolabilità del contraddittorio a L. P. Comoglio, La garanzia costituzionale dell’azione ed il processo civile, Cedam, Padova, 1970, pp. 241 ss.

[10] Cfr. R. Chieppa e R. Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2012, p. 214.

[11] Edita nella banca dati Pluris.

[12] In Foro it., Rep. 2014, voce Spese di giustizia, n. 14.

[13] Cfr. Cass., ord. 9 marzo 2018, n. 5819, nella banca dati Pluris.

25/06/2018
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