Magistratura democratica
Magistratura e società

La parola ai (giovani) giurati

Il racconto di due studenti che hanno partecipato a "Un giorno da giudice" l'iniziativa organizzata a Bergamo per la Giornata per la Giustizia
La parola ai (giovani) giurati

introduzione di Ezia Maccora

“Un giorno da giudice” è stata l’iniziativa realizzata dall’Associazione Nazionale Magistrati di Bergamo, in collaborazione con la locale Camera Penale, il 17 gennaio 2015 in occasione della Giornata per la Giustizia.

L’Open Day del Tribunale, come è stato definito dai quotidiani locali, è stato dedicato agli studenti, ed in particolare a quelli di sei licei cittadini, che hanno aderito con grande entusiasmo all’invito dell’Associazione.

Il Tribunale ha aperto le porte a 140 ragazzi e ragazze con l’obiettivo di mostrare loro il funzionamento della macchina giudiziaria. Sono stati simulati due processi, in Corte d’Assise un procedimento per omicidio e davanti al Tribunale collegiale, un processo per rapina. Le simulazioni, ispirate a casi realmente accaduti e riadattati, sono stati realizzati grazie alla collaborazione di giudici, avvocati, cancellieri e appartenenti alle forze dell’ordine che hanno interpretato un ruolo nel processo anche diverso da quello realmente svolto.

I veri protagonisti sono stati gli studenti chiamati alcuni ad indossare la toga per un giorno e comporre il collegio giudicante e la corte d’assise, altri ad assistere al processo ed al ragionamento della camera di consiglio che, per permettere il coinvolgimento effettivo dei  ragazzi spettatori, si è svolta in aula dove i giudici si sono confrontati con i ragazzi a voce alta dando spazio ai loro dubbi ed alle loro considerazioni.  

In questo modo gli studenti sono stati coinvolti a vario titolo nella difficile arte del giudicare, si sono misurati con il processo penale e con la formazione della prova nel contraddittorio delle parti, hanno constatato i diversi ruoli dell’accusa e della difesa, si sono confrontati con le storie delle persone coinvolte, imputati e persone offese. Sono infine arrivati alla loro decisione sulla responsabilità e sul trattamento sanzionatorio attraverso un ragionamento collettivo,  senza conoscere l’esito del processo vero che ha costituito la traccia di quello simulato sottoposto al loro esame.

Molti i messaggi positivi che l’iniziativa ha consentito di lanciare e che sono stati recepiti da partecipanti.

Alcuni adulti hanno osservato come la partecipazione sorridente di  magistrati, avvocati e altri soggetti operanti all’interno del Tribunale ha dato ai ragazzi la percezione che la “macchina della giustizia” è un insieme coeso di soggetti che operano professionalmente nell’interesse della giustizia e della collettività tutta e che stanno tutti davvero dalla stessa parte della barricata.

Particolarmente significativi anche i commenti degli studenti al termine della giornata (Se avessimo deciso di pancia saremmo arrivati all'ergastolo, ma decidere sugli atti cambia la percezione delle cose ……… A casa di fronte al telegiornale spesso ci si lascia andare a giudizi affrettati su colpevolezza o innocenza di una persona, oggi è stato tutto diverso) che testimoniano il loro approccio corretto alla complessità del giudizio ed alle regole processuali.

Si è concretizzato l’auspicio dell’Associazione, avendo i ragazzi da un lato compreso la complessità del giudizio dall’altro acquisito quella fiducia nella giustizia che è indispensabile per ogni democrazia, come emerge dalle riflessioni, di seguito riportate, di Carolina Tasca (liceo classico) e Samuele Foresti (liceo scientifico) che hanno indossato la toga per un giorno. 

 

di Carolina Tasca e Samuele Foresti 

Già da qualche anno, nel Gruppo Giovani della Comunità di San Fermo di Bergamo, abbiamo avuto l'occasione di affrontare la tematica della legalità e di entrare in contatto con realtà sociali complesse, come la comunità di don Gallo a Genova, la cittadinanza de L'Aquila e la popolazione di Lampedusa, dalle quali abbiamo tratto spunti per una riflessione concreta sulla nostra società; ciò che con il tempo ha continuato a stupirci e a indignarci è la capacità dei media di travisare la realtà, plasmando in modo subdolo l'opinione pubblica e creando false credenze su avvenimenti sconosciuti ai più.

Abbiamo quindi colto con interesse l'opportunità di vestire la toga per un giorno e di giudicare un fatto realmente accaduto con occhio imparziale e non influenzato anzitempo.

Mercoledì 14 gennaio abbiamo conosciuto i giudici e appreso le dinamiche del processo a cui avremmo preso parte il sabato seguente; il caso di cui ci siamo occupati è stata una rapina in villa, l'imputato era inoltre accusato di violazione di domicilio, lesioni, porto abusivo di armi in luogo pubblico e tentato omicidio.

Al momento di entrare in aula l’emozione era forte, incrementata dall'assoluta serietà e precisione con cui sapevamo si sarebbe svolta la mattinata; non appena ci siamo “travestiti” da giudici, però, abbiamo messo da parte il timore e la nostra attenzione è stata totalmente assorbita dal racconto dei testimoni e dalle richieste degli avvocati.

Giunto il momento della camera di consiglio eravamo contrastati da mille dubbi, le idee non riuscivano a seguire un filo logico coerente, la tesi dell'accusa e della difesa apparivano ugualmente convincenti: in quel momento decidere della vita di un uomo ci è sembrato rischioso e quasi azzardato. Fortunatamente il giudice Ciro Iacomino ci ha guidati con estrema pazienza e professionalità nelle varie tappe che ci hanno condotti alla nostra decisione finale: l’imputato è stato condannato a sette anni e al risarcimento di 2000 euro, mentre nel processo reale avvenuto anni prima, era stato condannato a dodici anni. Questo perché noi abbiamo riqualificato il tentato omicidio in minacce, assorbite nell’accusa per rapina. La discussione sull’eventuale condanna per tentato omicidio è stata in effetti il momento più interessante e complesso del processo, in quanto abbiamo dovuto provare ad immedesimarci nelle intenzioni del rapinatore interpretandone la personalità.

Ora, a qualche giorno di distanza, ciò che appare difficile è non avere ripensamenti e mantenere salda la convinzione di aver fatto la scelta giusta nel rispetto di entrambe le parti: una volta usciti dall'aula e tornati nel mondo reale ci si sente più vulnerabili, crolla l'insieme di certezze indissolubili a cui si è arrivati a fronte di lunghi ragionamenti, anche solo davanti ad un “Perché?” o ad un parere contrario.

È dunque facile essere influenzati, soprattutto quando si è giovani e inesperti, ma questa esperienza ci ha dimostrato ancora una volta l'importanza di ragionare autonomamente e non in modo superficiale e affrettato. Inoltre abbiamo capito che dover decidere del futuro di una persona non è cosa da poco, ed è per questo che occorre essere il più oggettivi possibile nel valutare e trarre conclusioni, considerando sempre i fatti e applicando la legge.

Non sappiamo se il nostro futuro si attuerà nell'ambito della giurisprudenza, ma sicuramente porteremo con noi la fiducia nella giustizia e l'ammirazione per chi, nonostante tutto, è in grado di amministrarla con efficacia.

                                                                 

25/01/2015
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