Magistratura democratica
Osservatorio internazionale

Il parere preventivo della Corte Edu (post-Prot. 16) in tema di maternità surrogata

di Roberto Giovanni Conti
consigliere della Corte di cassazione
L’A., prendendo lo spunto dal primo parere preventivo reso dalla Grande Camera su richiesta dell’Adunanza plenaria della Corte di cassazione francese, tenta di mettere in chiaro alcuni nodi problematici della vicenda e la stretta relazione che le fonti sovranazionali determinano rispetto alla soluzione individuata. Ne esce uno spaccato viepiù dimostrativo della necessità di proseguire la strada del dialogo fra le Corti, pur in modo accorto e ragionato

1. Premesse

L’atteso parere della Grande Camera della Corte Edu sulla richiesta preventiva rimessa dalla Cour de cassation francese in materia di maternità surrogata, depositato lo scorso 9 aprile 2019, apre non solo nuovi scenari sul ruolo del giudice nazionale nelle dinamiche di attuazione dei diritti fondamentali, ma dà il senso di un diritto sempre più in costruzione, destinato ad alimentarsi per effetto di un incessante processo – non privo di elementi di criticità e complessità – di cooperazione fra diversi plessi giurisdizionali, tutte indispensabili per la costruzione di modelli di protezione attorno ai quali ruota la persona e gli interessi primari volta per volta in discussione.

Nel caso esaminato dalla Grande Camera il fascio di interessi rappresentato dalla coppia coniugata francese e dai loro figli, generati all’estero attraverso la pratica della maternità surrogata grazie al materiale biologico del padre, vedeva contrapposta la famiglia anzidetta – già parzialmente vittoriosa a Strasburgo – ed il sistema normativo transalpino, fermo nel riconoscere la trascrizione dell’atto di nascita in favore del padre biologico ma al contempo nel non consentire analoga tutela nei confronti della madre d’intenzione.

2. Per inquadrare la vicenda. Il prodromo: le sentenze della Corte Edu, Mennesson e Labassee c. Francia

Proviamo per un attimo a riavvolgere il film della vicenda.

Occorre partire da due pronunzie della Corte Edu rese qualche anno fa in materia di maternità surrogata [Corte dir. uomo, 26 giugno 2014, (ric.nn.65192/11 e 65941/11), Mennesson c. Francia e Labassee c. Francia] [1].

Tali vicende giudiziarie avevano riguardato due coppie di coniugi francesi che avevano dato alla luce, mediante pratiche di maternità surrogata conclusa negli Stati Uniti, rispettivamente due gemelli e un figlio regolarmente registrati come figli legittimi della coppia all’interno di due Stati americani.

Le due coppie non avevano ottenuto la trascrizione della relazione di filiazione in Francia – in un caso attestata da un atto di notorietà che certificava una relazione di fatto assimilabile a quella legittima, in relazione al contrario avviso espresso dalla Cassazione francese (sent.6 aprile 2011).

La Corte Edu ritenne quindi sussistente la violazione dell’art.8 Cedu con riguardo alla posizione dei minori, escludendo ogni pregiudizio nei riguardi dei genitori.

La Corte Edu dava atto che dell’esistenza in materia di gestazione per altri di una diversità di vedute all’interno dei Paesi contraenti – ove pur si riscontrava un prevalente orientamento volto a negare la pratica della maternità surrogata – derivava un margine di discrezionalità nei confronti degli stessi circa le soluzioni normative da adottare. Tale margine non impediva, tuttavia, ad essa Corte, nella prospettiva della tutela della filiazione, di verificare la compatibilità degli effetti prodotti dal diniego di riconoscimento sui minori.

Se, dunque, il margine di apprezzamento, ampio in materie eticamente sensibili, si contrae “sensibilmente” in favore del superiore interesse dei minori, il diritto alla identità dei minori stessi, visto nella prospettiva del riconoscimento del rapporto di filiazione con i genitori, è stato considerato essenziale fino al punto di riconoscere la possibilità di godere, in via di fatto e di diritto, di una protezione quasi simile rispetto a quella dei figli legittimi.

Da qui l’affermazione della violazione dell’art.8 Cedu in relazione alla situazione di incertezza giuridica tra i minori e il padre – che in entrambi i casi era il genitore biologico dei due minori –, nascente dal mancato riconoscimento dello stato di filiazione anche ai fini ereditari e della ipotetica separazione all’interno della coppia.

Orbene, in seguito alle due pronunzie della Corte Edu appena ricordate [2] la Cour de cassation francese, in forza del principio dell’efficacia di cosa interpretata, senza procedere ad alcuna disapplicazione del parametro interno, ha modificato il proprio indirizzo interpretativo che aveva condotto all’intrascrivibilità dell’atto di nascita in vicende simili a quelle esaminate dalla Corte Edu, concernenti la maternità surrogata (in francese: gestation pour autrui, GPA) riconoscendo che le norme di stato civile vanno interpretate alla luce della Cedu, nel significato espresso dalla Corte di Strasburgo. Da queste premesse la Corte di cassazione ha tratto la conclusione che non può essere negata la trascrizione dell’atto di nascita di un bambino nato all’estero da maternità surrogata, se tale atto non è falsificato e se sussiste il legame di paternità con un cittadino francese, a ciò non ostando l’ordine pubblico [3].

Anche il Consiglio di Stato francese ha dato continuità alle pronunzie della Corte Edu [4], ritenendo legittima la circolare adottata dal Ministero della giustizia del 25 gennaio 2013 relativa al rilascio del certificato di nazionalità francese per i bambini nati all’estero da genitori francesi che avessero fatto ricorso alla maternità surrogata.

La posizione della Cassazione francese, espressa con riguardo ad ipotesi di genitori d’intenzione – padri – celibi, si è, inizialmente, assestata per effetto di un ulteriore indirizzo interpretativo, espresso dalle pronunzie della prima sezione di quella Corte (sent. 5 luglio 2017 nn.15/28.597, 16/16.901, 16/50.025, 16/16.455) ove si è chiarito che in relazione al contenuto dell’art. 47 del codice civile francese e dell’art. 8 Cedu, non è ammissibile la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero di un bambino procreato mediante la tecnica della gestione per altri nei confronti della madre sociale – ferma la trascrizione del minore come figlio del padre biologico, pienamente riconosciuta per effetto delle sentenze della Corte Edu su ricordate – non incidendo tale divieto sul diritto al rispetto alla vita privata e familiare del minore, comunque tutelato in quanto accolto nella casa del padre.

La Cassazione ha tuttavia riconosciuto la possibilità che la madre sociale, moglie del padre biologico, potesse chiedere l’adozione del bambino, alla stregua dell’art. 353, paragrafo 1, del codice civile francese, con ciò peraltro modificando un proprio precedente indirizzo interpretativo proprio in seguito alle due sentenze della Corte Edu sopra ricordate.

Sul versante dell’esecuzione delle due sentenze della Corte europea sopra ricordate il Comitato dei Ministri, con risoluzione del 21 settembre 2017 [5], aveva chiuso il procedimento di verifica dello stato di esecuzione delle sentenze rese dalla Corte Edu nei confronti della Francia qui ricordate, ritenendo misure adeguate sul piano individuale il versamento dell’equa soddisfazione indicata nelle sentenze e la concessione ai minori del certificato di cittadinanza e, su quello generale, l’introduzione nella legge sulla modernizzazione del sistema giudiziario un sistema di revisione delle decisioni interne a seguito delle sentenze della Corte europea [6].

3. La richiesta di parere preventivo proposta dall’Adunanza plenaria della Corte di cassazione francese il 5 ottobre 2018

In questo contesto si inserisce la richiesta di parere preventivo dell’Adunanza plenaria della Corte di cassazione francese in forza del Protocollo n. 16 annesso alla Cedu, entrato in vigore l’1 ottobre 2018 [7] – ma non per l’Italia, che non lo ha ancora reso esecutivo –, chiamata a scrutinare il giudizio di riesame proposto da una delle coppie di genitori che non aveva ottenuto la trascrizione dell’atto di nascita in favore della madre sociale dalla Corte di appello di Parigi ed era stata vittoriosa a Strasburgo (sent. Mennesson, cit.).

Ed infatti, i coniugi (parzialmente) vittoriosi a Strasburgo, facendo valere l’efficacia di cosa giudicata della sentenza della Corte Edu, chiesero la trascrizione nell’ordinamento francese del certificato di nascita anche in favore della madre d’intenzione, attraverso la richiesta di riesame del giudicato interno contrastante con la pronunzia della Corte Edu, dopo che la Corte di cassazione aveva confermato il rigetto della richiesta di provvedimenti provvisori formulata dalla coppia innanzi alla Corte di appello, in relazione al pregresso giudicato interno che aveva escluso la trascrivibilità del certificato estero [8].

La Cour de réexamen, richiesta di dare attuazione alla sentenza della Corte Edu, ha ritenuto di rimettere la decisione all’Adunanza plenaria della Corte di cassazione francese.

Quest’ultima, con la decisione interlocutoria n. 638 del 5 ottobre 2018, ha quindi deciso di avanzare una richiesta di parere preventivo alla Grande Camera della Corte Edu, in forza del Protocollo n. 16 annesso alla Cedu, nelle more entrato in vigore per i Paesi che lo hanno reso esecutivo, al fine di verificare la compatibilità del diritto vivente transalpino, nella parte in cui non consente la trascrizione dell’atto di nascita in favore della madre sociale (mère d’intention).

L’Adunanza plenaria della Cassazione ha quindi chiesto di sapere se nel riconoscere la trascrizione nei registri dello stato civile del certificato di nascita di un bambino nato all'estero al termine di una maternità surrogata con la designazione del solo padre d’intenzione lo Stato parte supera il margine di apprezzamento a sua disposizione ai sensi dell'articolo 8 della Cedu e se, a tale proposito, sia necessario distinguere se il bambino sia concepito o meno con i gameti della madre sociale.

La Cassazione ha poi chiesto se, in caso di risposta positiva a una delle due domande precedenti la possibilità riconosciuta dall’ordinamento francese per il coniuge di adottare il figlio dell’altro coniuge soddisfi comunque i requisiti dell'articolo 8 della Cedu [9].

4. Il parere della Grande Camera

La risposta della Grande Camera è stata articolata.

Da un lato il giudice di Strasburgo ha inteso chiarire i confini della risposta sollecitata dal giudice nazionale al quale spetta comunque il compito di individuare i fatti posti al suo esame, di interpretare il diritto interno alla luce della Convenzione e di decidere la causa. L’intervento della Corte Edu è dunque destinato a valere come mera opinione della stessa sulle questioni che toccano i diritti della Cedu. Opinione che è ritagliata sulla richiesta di parere ma che può comunque valere anche per risolvere i dubbi di altri giudici nazionali sui casi simili.

In quest’attività che si dimostra essere al contempo rivolta a fissare i paletti dell’efficacia del parere, ma anche il ruolo del giudice nazionale nel “seguito” del parere stesso, la Grande Camera ha inteso preliminarmente sottolineare che la vicenda ad essa demandata – e quindi l’opinione espressa – non potranno riguardare vicende affini ma diverse, quali quelle della maternità surrogata eseguita con materiale biologico della madre genetica [10].

Precisazione apparentemente marginale ma che, evidentemente, ha inteso mettere in evidenza la diversità (e maggiore intensità) del legame biologico che risulta esistente per la madre genetica che consente ad una pratica di maternità surrogata e che potrebbe giustificare soluzioni diverse da quelle rese in seno al parere.

Detto questo la Corte Edu, nell’affrontare la prima questione, ha valorizzato i parametri ritenuti decisivi per verificare l’ampiezza dell’art. 8 Cedu, evocando specificamente il migliore interesse del minore ed il margine di apprezzamento riservato ai Paesi contraenti in materia.

Ribadito il carattere sopraordinato del primo (vds. p. 38 parere: «Whenever the situation of a child is in issue, the best interests of that child are paramount») la Corte passa ad esaminare, secondo una tecnica di bilanciamento fra i vari interessi, tutti dotati di particolare valore, quali effetti determina il mancato riconoscimento del rapporto fra minore e madre d’intenzione, segnalando gli effetti negativi che potrebbero derivare in relazione al mancato riconoscimento della nazionalità della madre anche ai fini della individuazione della residenza del minore stesso (questione, quest’ultima, peraltro non ricorrente nel caso di specie in relazione all’avvenuta registrazione dell’atto di nascita in favore del padre naturale di nazionalità francese).

Particolare attenzione la Corte Edu ha mostrato poi verso la questione dei diritti ereditari del minore che potrebbero essere compromessi dal mancato riconoscimento del rapporto esponendo, per altro verso, il minore al rischio di non possedere strumenti di tutela per ottenere, in caso di separazione dei coniugi, la tutela necessaria per la propria integrità in caso di rifiuto della madre d’intenzione di cura e assistenza.

Ma è a questo punto che la stessa Corte prende in considerazione l’esistenza di possibili ulteriori istanze che potrebbero orientare verso un’opzione diversa, indicando espressamente il diritto alla conoscenza delle origini del minore sulla madre genetica e quelle correlate alla possibilità di abusi delle pratiche di maternità surrogata. Esigenze e valori, questi ultimi, che secondo il bilanciamento attuato dalla Corte Edu, devono cedere in relazione al superiore interesse del minore ad avere un riconoscimento legale della relazione con la madre d’intenzione ed alla stabilità alla relazione ambientale che con la stessa intrattiene.

In questa direzione, del resto, orienta il margine di apprezzamento che, ricorda la Corte Edu sulla scia dei propri precedenti, pur ampio nelle materie che involgono aspetti di natura etica, tuttavia si restringe fortemente quando entrano in gioco aspetti particolarmente rilevanti per l’identità di una persona e, segnatamente, quelli collegati alla relazione genitori-figli.

Il composito esame del superiore interesse del minore e del limitato margine di apprezzamento in materia hanno quindi indotto la Corte a ritenere che nel caso prospettato dalla Corte di cassazione francese, l’art. 8 della Cedu impone allo Stato di fornire un riconoscimento legale della relazione fra il minore e la madre d’intenzione. Tutela, quest’ultima, che va riconosciuta vieppiù nel caso in cui il minore sia stato generato mediante maternità surrogata realizzata anche con materiale biologico della madre d’intenzione (p. 47 parere).

Passando all’esame della seconda questione, la Corte Edu ha ritenuto che la particolare posizione nella quale si trova il minore richiede l’adozione di strumenti di protezione della sua condizione di vulnerabilità che non impongono necessariamente ad ogni Stato contraente il riconoscimento nell’atto di nascita come madre legale della madre d’intenzione.

L’assenza di consenso nell’ambito degli Stati contraenti in materia non milita in questa direzione.

Ma quel che è necessario, secondo la Corte Edu, è l’esistenza di mezzi di tutela che consentano adeguata protezione alla relazione fra minore e madre sociale quando essa si sia esteriorizzata. Strumenti che potrebbero anche essere rappresentanti dal procedimento di adozione, purché questo produca effetti simili a quelli del riconoscimento legale nell’atto di nascita e consenta un procedimento di riconoscimento dello status celere e dunque idoneo a comprimere la condizione di incertezza.

La Corte Edu si perita poi di chiarire che spetta comunque ai giudici nazionali verificare sempre il superiore interesse superiore rispetto al singolo caso che dovesse venire al suo esame.

In conclusione, il margine di apprezzamento elevato [11] che va riconosciuto ai singoli Stati rispetto alle modalità con le quali tutelare la relazione figlio-madre d’intenzione impone di ritenere che per salvaguardare il diritto al riconoscimento della relazione fra minore e madre d’intenzione, protetto dall’art. 8 Cedu, lo strumento della registrazione nell’atto di nascita del rapporto non sia l’unico, potendosi ad esso affiancare anche la procedura di adozione, purché questa consenta in concreto di ottenere una protezione tempestiva ed efficace del superiore interesse del minore.

La Corte ha poi concluso che spetta al giudice nazionale valutare se le diverse forme di adozione previste nell’ordinamento interno francese rispettino i principi dalla stessa fissati, tenuto conto delle ulteriori questioni che possono agitarsi (previsione dell’adozione solo per le coppie coniugate, eventuale necessità del consenso della madre surrogata).

5. La maternità surrogata in Corte Edu, Grande Camera, Paradiso e Campanelli c. Italia

Occorre ancora soffermarsi, per fornire un quadro più chiaro del tema, un precedente della Grande Camera reso nel caso Paradiso e Campanelli c. Italia, esaminato dalla Corte Edu [12], pure espressamente menzionato dal parere appena ricordato [13].

Nella vicenda appena ricordata due coniugi di nazionalità italiana avevano concluso un accordo di maternità surrogata gestazionale con una società russa, all’esito del quale era nato a Mosca un bambino, poi registrato come figlio dei ricorrenti senza alcun riferimento alla procedura di riproduzione artificiale. Tale registrazione era stata rifiutata dall’Ufficio dello stato civile italiano, poi determinando l’allontanamento del minore dalla coppia, con la quale la convivenza si era peraltro protratta per un breve lasso di tempo.

La Grande Camera della Corte Edu, chiamata a verifica la violazione dell’art. 8 prospettata dai ricorrenti, ha ribaltato la decisione resa dalla Camera nel 2015.

Nella prima decisione, la Camera era giunta alla conclusione che esistesse una vita famigliare de facto tra i ricorrenti e il minore, in quanto la posta in gioco per lo stesso era la determinazione di un legame biologico con il minore. La Grande Camera ha invece ritenuto che l’assenza di legami biologici tra il minore e gli aspiranti genitori, la breve durata della relazione con il minore e l’incertezza dei legami dal punto di vista giuridico – e malgrado l’esistenza di un progetto genitoriale e la qualità dei legami affettivi –, non soddisfacevano le condizioni per poter concludere che esistesse una vita famigliare de facto, inquadrando la condizione dei ricorrenti nell’ambito della tutela prevista per la vita privata dal medesimo art. 8. Ciò ha consentito, per l’un verso, di ritenere sufficienti i motivi addotti dalle autorità interne per disporre l’allontanamento del minore dalla coppia, essenzialmente centrati sulla situazione del minore e sull’illegalità della condotta dei ricorrenti.

Passando all’esame dell’aspetto più complesso, rappresentato dalla proporzionalità del provvedimento, adottato dal Tribunale per i minorenni e confermato in grado di appello, di allontanamento del minore dalla coppia, la Corte Edu ha precisato che i fatti di causa avevano riguardato argomenti eticamente sensibili – adozione, presa in carico di un minore da parte dello Stato, procreazione medicalmente assistita e gestazione per conto terzi – per i quali gli Stati membri godono di un ampio margine di apprezzamento. Nell’ambito di tale margine, la condotta delle autorità nazionali non è stata ritenuta integrare la violazione dell’art. 8 Cedu. Secondo la Corte i giudici interni non erano tenuti a dare la priorità al mantenimento della relazione tra i ricorrenti e il minore, trovandosi piuttosto di fronte a una scelta delicata: permettere ai ricorrenti di continuare la loro relazione con il minore – e in tal modo legalizzare la situazione che questi avevano imposto come un fatto compiuto – o adottare misure volte a dare al minore una famiglia conformemente alla legge sull’adozione. A dire della Corte, se non andava sottovalutato l’impatto che la separazione immediata e irreversibile dal minore doveva aver avuto sulla vita privata dei ricorrenti, tuttavia, «...si deve accordare una importanza minore all’interesse dei ricorrenti ad assicurare il proprio sviluppo personale proseguendo la loro relazione con il minore. Accettare di lasciare il minore con i ricorrenti, forse nella prospettiva che questi diventassero i suoi genitori adottivi, sarebbe equivalso a legalizzare la situazione da essi creata in violazione di norme importanti del diritto italiano». In definitiva, secondo la Corte i giudici italiani, avendo concluso che il minore non avrebbe subito un pregiudizio grave o irreparabile a causa della separazione, avevano garantito un giusto equilibrio tra i diversi interessi in gioco, rimanendo nei limiti dell’ampio margine di apprezzamento di cui disponevano nel caso di specie.

6. Il versante interno sul tema della maternità surrogata

Giova ricordare che la Corte di cassazione italiana è stata tempo fa chiamata ad esaminare, sul versante civile, un caso di maternità surrogata compiuta all’estero su richiesta di una coppia coniugata italiana, al fine di verificarne gli effetti rispetto all’eventuale richiesta di riconoscimento della certificazione proveniente da Stato estero attestante lo status genitoriale della coppia [14].

Cass. n. 24001/14 [15] ha confermato la legittimità dei provvedimenti adottati respingendo il ricorso della coppia committente che aveva proposto numerose censure deducendo, fra l’altro, la contrarietà della decisione impugnata agli strumenti internazionali che ponevano al centro l’interesse superiore del minore ed il grave trauma da quest’ultimo patito per il solo fatto che i coniugi avevano inteso eludere la legge italiana in tema di surrogazione di maternità.

Secondo la Cassazione il concetto di ordine pubblico rilevante ai fini del riconoscimento in Italia della certificazione ucraina – pur debitamente apostillato – si compone dei principi fondamentali interni e dell’ordine internazionale, evidenziando ancora che il divieto, sanzionato penalmente, di surrogazione di maternità previsto dall’art. 12 legge n. 40/2004 era stato inserito a presidio di valori fondamentali (dignità umana della gestante e istituto dell’adozione).

D’altra parte, la materia disciplinata dal legislatore interno, offrendo unicamente tutela alla maternità genetica e/o alla filiazione fondata sull’istituto dell’adozione aveva considerato, in modo non irragionevole, che l’interesse del minore fosse salvaguardato sulla base di tali modalità, escludendo ogni rilevanza all’accordo delle parti.

Per tali ragioni, secondo Cass. n. 24001/2014 «... si tratta di una valutazione operata a monte dalla legge, la quale non attribuisce al giudice, su tale punto, alcuna discrezionalità da esercitare in relazione al caso concreto...».

Né il provvedimento impugnato poteva dirsi contrario all’interesse superiore del minore – tutelato dall’art.3 della Convenzione ONU di New York sui diritti del fanciullo – tenuto conto della scelta legislativa italiana che riserva la maternità alla partoriente e affida la genitorialità disgiunta dal legame biologico alle forme regolate con l’adozione.

A tale approdo, secondo la Cassazione, non erano di alcun ostacolo le sentenze rese il 26 giugno 2014 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu, sent. Mennesson c. Francia e Labassee c. Francia, sopra citate).

Tali pronunzie, infatti, nel dare atto del notevole margine di apprezzamento riservato ai singoli Stati rispetto al tema della maternità surrogata – correlato alla mancanza di consenso sulla materia –, si erano limitate a riconoscere la contrarietà della decisione giudiziaria adottata con la Cedu nella parte in cui aveva negato il riconoscimento dello stato di filiazione nei confronti del padre committente (genitore biologico). In quell’occasione era risultato decisivo il rilievo di inconvenienti di carattere burocratico in pregiudizio dei minori a cui andavano incontro i bambini, ai quali la legislazione transalpina non consentiva l’utilizzazione degli atti di nascita statunitensi pur se tradotti ed apostillati, privandoli del riconoscimento della cittadinanza francese ancorché il padre committente fosse anche genitore genetico dei bambini. In definitiva, la vicenda concreta scrutinata dalla Cassazione italiana, caratterizzata da una surrogazione realizzata senza ovociti o gameti riferibili alla coppia, non poteva giustificare un diverso bilanciamento rispetto a quello espresso, né era pienamente sovrapponibile a quella decisa dai giudici europei. Per tali ragioni le due pronunzie della Corte Edu, pur presa in considerazione dalla sentenza n. 24001/14, furono ritenute decisive per giustificare una modifica dell’impianto decisorio della sentenza di merito sfavorevole alla permanenza del minore presso la coppia che aveva commissionato il contratto di maternità, dando vita ad un atto di nascita nemmeno conforme alla legislazione del Paese ove lo stesso era stato formato.

Va ancora ricordata la vicenda esaminata dalla Corte di appello di Torino che, con decreto del 29 ottobre 2014, aveva ammesso la trascrivibilità dell’atto di nascita, formato all’estero, del figlio di una coppia omosessuale unita in matrimonio [16]. Pronunzia confermata dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 19599/2016 [17].

Tale ultima pronunzia è andata oltre il reticolo della motivazione dei giudici torinese, riconoscendo che la trascrizione dell’atto di nascita sopra ricordato non contrasta con l’ordine pubblico internazionale e intende salvaguardare il superiore interesse del minore alla conservazione e salvaguardia:

a) dello status di figlio e del proprio cognome validamente acquisiti all’estero;

b) della nazionalità italiana acquisita per effetto dell’atto di nascita da cittadino italiano;

c) del diritto alla conoscenza delle proprie origini del minore ed all’accertamento della discendenza biologica;

d) del diritto alla bigenitorialità e alla protezione della relazione familiare allacciata dal minore con la madre sociale donatrice dell’ovulo.

Un fascio di interessi composito e complesso che si snoda all’interno del concetto di diritto all’identità personale del minore e che il riconoscimento dell’atto amministrativo consente di salvaguardare. Ne consegue che il mero contrasto dell’atto da riconoscere con specifiche previsioni normative interne non ne impedisce il riconoscimento in quanto esso stesso pienamente rispettoso dell’interesse del minore e dell’ordine pubblico internazionale. A tale conclusione la Cassazione è pervenuta attraverso una rilettura dell’intero sistema ordinamentale in materia di filiazione che porta il giudicante ad escludere la valenza «assoluta» e «costituzionale» della presunzione di maternità prevista dall’art. 269 cc.

Per altro verso la Corte costituzionale, nel decidere la questione di legittimità sollevata dalla Corte di appello di Milano in ordine alla contrarietà dell’art. 263 cc, con gli artt. 2, 3, 30, 31 e 117, comma 1 Cost., quest’ultimo in violazione dell’art. 8 della Cedu, nella parte in cui non prevede che l’impugnazione del riconoscimento del figlio minore, per difetto di veridicità, possa essere accolta solo quando coincida con l’interesse del minore, ha dichiarato infondata la questione – sent. n. 272/2017 – affrontando tematiche che vanno in parte ad intercettare le argomentazioni espresso dalla Grande Camera nel parere qui esaminato e che, ancora una volta, ruotano attorno alle tematiche del interesse superiore del minore, del bilanciamento fra gli interessi in campo e del margine di apprezzamento riservato al legislatore [18].

Non può certo sottacersi, poi, l’ordinanza interlocutoria n. 4382/2018 depositata il 22 febbraio 2018 dalla prima sezione civile della Cassazione, con la quale è stata trasmessa la decisione alle Sezioni unite civili per stabilire se la trascrizione in Italia di un provvedimento di autorità straniera con il quale è stata riconosciuta la genitorialità al genitore d’intenzione avente lo stesso sesso dell’altro che ha contribuito con il proprio materiale biologico alla maternità surrogata, sia contraria all’ordine pubblico, ai sensi della legge n. 218/95. Tale questione è stata di recente decisa con la sentenza n. 12915/2019, la quale ha affermato il seguente principio di diritto: «Il riconoscimento dell'efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero con cui sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed il genitore d'intenzione munito della cittadinanza italiana trova ostacolo nel divieto della surrogazione di maternità previsto dall'art. 12, comma sesto, della legge n. 40 del 2004, qualificabile come principio di ordine pubblico, in quanto posto a tutela di valori fondamentali, quali la dignità umana della gestante e l'istituto dell'adozione; la tutela di tali valori, non irragionevolmente ritenuti prevalenti sull'interesse del minore, nell'ambito di un bilanciamento effettuato direttamente dal legislatore, al quale il giudice non può sostituire la propria valutazione, non esclude peraltro la possibilità di conferire rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l'adozione in casi particolari, prevista dall'art. 44, comma primo, lett. d), della legge n. 184 del 1983». Soluzione che si inscrive apertamente nel solco tracciato dalla già ricordata Cass. n. 24001/2014 e nel valore centrale da essa attribuito al divieto di cui all’art. 12 della legge n.40/2004.

Sul piano penale poi, Cass. pen., 5 aprile 2016, n. 13525, ha ritenuto che per configurare il delitto di cui all'art. 567, comma secondo, cp, la condotta deve comportare una alterazione destinata a riflettersi sulla formazione dell'atto e, pertanto, deve escludersi l'ipotesi delittuosa nel caso di dichiarazioni di nascita effettuate ai sensi dell'art. 15 del dPR n. 396 del 2000, in ordine a cittadini italiani nati all'estero e rese all'autorità consolare secondo le norme stabilite dalla legge del luogo. La Cassazione ha quindi escluso la configurabilità del reato nella condotta dei coniugi che avevano richiesto la trascrizione in Italia dell'atto di nascita del proprio minore, nato in Ucraina a seguito di tecniche di maternità surrogata, esibendo in ambasciata il certificato redatto dalle autorità ucraine che li indicava come genitori, a seguito dell'autorizzazione della madre naturale e della «informazione di relazione genetica». Principi confermati da Cass. pen. n. 48696/2016, ove si è ribadito che non integra il reato di alterazione di stato, previsto dall'art. 567, comma secondo, cp, la trascrizione in Italia di un atto di nascita legittimamente formato all'estero, non potendosi considerare ideologicamente falso il certificato conforme alla legislazione del Paese di nascita del minore, neppure nel caso in cui la procreazione sia avvenuta con modalità non consentite in Italia (Fattispecie relativa a minore nato in Ucraina, nazione che ammette la maternità surrogata eterologa nel caso in cui il patrimonio biologico del minore appartenga almeno per metà ad uno dei due genitori).

7. Conclusioni

Il parere reso dalla Grande Camera offre notevoli spunti di riflessioni non solo in ordine alla delicata vicenda esaminata, ma anche con riguardo alle modalità con le quali la Corte Edu intende utilizzare il prezioso strumento di dialogo introdotto dal Protocollo n. 16 ed offerto alle Alte Corti nazionali [19].

Il giudice di Strasburgo mostra grande considerazione ed attenzione alla richiesta di parere preventivo proveniente da un’Alta Corte ed è pienamente consapevole del valore che tale dialogo può rappresentare per la sua stessa autorevolezza e per l’incisività ed efficacia delle sue pronunzie.

Essa sembra volere incentivare l’uso di tale strumento per questioni caratterizzate da contenuti di novità tanto per il giudice a quo che per la Corte europea capaci di incidere su questioni di principio che involgono la Cedu.

Risulta evidente, infatti, la preoccupazione della Corte Edu di rimanere affogata da richieste di parere a pioggia che inciderebbero negativamente sul già precario assetto della Corte europea, oberata da un arretrato non indifferente, pur se ridotto rispetto ad alcuni anni fa.

Scegliendo questa chiave di lettura si coglie, quindi, sottotraccia la volontà della Grande Camera di riservare la portata del parere ai soli casi che presentano aspetti di evidente similitudine con quello affrontato in sede di richiesta preventiva.

Anche se non va sottaciuto che in altro punto del parere la Grande Camera ha lasciato spazio all’estensione del principio affermato anche a casi diversi da quello esaminato (ci si riferisce alla precisazione fatta dalla Grande Camera in ordine alla necessità di affermare il riconoscimento della relazione fra madre d’intenzione e minore anche nell’ipotesi, diversa da quella esaminata, di maternità surrogata realizzata con materiale biologico della madre).

Per altro verso, la cura che la Corte europea dimostra nel risolvere il caso in sede di parere preventivo è evidentemente la stessa rispetto a quella dei casi decisi in sede di contenzioso ordinario, pur emergendo anche a livello motivazionale la ricerca di una maggiore sintesi, soprattutto nell’esame delle posizioni mostrate dai soggetti intervenuti. Sintesi che non va, in ogni caso, a detrimento del contraddittorio fra tutti i soggetti intervenuti, visto che il richiedente ha ricevuto in comunicazione tutti gli atti depositati dalle parti o dai soggetti intervenienti.

Gli scenari che si aprono innanzi alle Corte nazionali appaiono, dunque, di grande interesse richiedendo probabilmente l’adozione di decisioni organizzative non marginali proprio a livello nazionale.

Si pensi, solo per fare un esempio, a come le Alte Corti dovranno attrezzarsi per valutare gli atti successivi (riconvocazione del collegio, fissazione udienza, esame informale degli atti da parte del presidente o del giudice relatore) e per eventualmente fornire ulteriori chiarimenti. Per non dire degli aspetti collegati alla scelta sull’an, quomodo e quando della richiesta di parere, anche al fine di verificare gli effetti della richiesta sugli altri procedimenti simili eventualmente pendenti innanzi allo stesso organo o ad altri organi giurisdizionali. Risposte che chiamano in campo le dirigenze degli Uffici apicali ma che, probabilmente, dovranno essere alimentate da un confronto serrato con la stessa Corte Edu. Ed in questa prospettiva si apprezza ancora una volta l’importanza non soltanto delle Linee guida appositamente predisposte dalla Corte europea [20], ma anche dei Protocolli di dialogo fra le Corti.

Non resta, dunque, che attendere gli ulteriori fotogrammi [21] che andranno a comporre un film ancora da decifrare quanto al finale, risultando per questo verso assai rilevante l’apporto che la dottrina [22] ha fornito e fornirà ai pratici [23].



[1] Su tali pronunzie vds., tra gli altri, R. Baratta, Diritti fondamentali e riconoscimento dello status filii in casi di maternità surrogata: la primazia degli interessi del minore, in Dir. umani e dir. intern., 2016, pp. 309 ss.

[2] Quanto agli effetti delle pronunzie appena ricordate nell’ordinamento francese, giova solo ricordare che l’art. 55 della Costituzione francese prevede che le convenzioni internazionali − e dunque anche la Cedu − hanno un valore gerarchicamente superiore alla legge ordinaria, sicché nel caso di contrasto fra norma interna e Cedu il giudice non è tenuto a promuovere una questione di legittimità costituzionale, potendo direttamente disapplicare la norma interna in contrasto con il parametro convenzionale.

[3] Vds. Cour de cassation, Communiqué relatif à l’inscription à l’état civil d’enfants nés à l’étranger d’une GPA. www.courdecassation.fr 14/21.323 e 15/50.002: «Les actes de naissance dont la transcription est demandée mentionnent comme père celui qui a effectué une reconnaissance de paternité et comme mère la femme ayant accouché. Dès lors, les règles de transcription sur les actes de l’état civil français, interprétées à la lumière de l’article 8 de la Convention européenne des droits de l’homme, doivent s’appliquer au cas d’espèce. La théorie de la fraude ne peut donc faire échec à la transcription de l’acte de naissance».

[6] Occorre ricordare, sul punto, che il rimedio introdotto nel sistema francese dalla legge n. 2016-1547 del 18 novembre 2016 in relazione alle ipotesi di contrasto fra giudicato nazionale formatosi su questioni di stato delle persone e sentenze della Corte Edu, ha determinato una modifica del code de l’organization judiciaire, per effetto della quale è consentito il riesame (réexamen en matière civile) nei casi in cui la violazione di una delle garanzie fondamentali della convenzione ha determinato un danno non risarcibile con l’equa soddisfazione. Si tratta di rimedio da proporre entro un anno dalla pronuncia della Corte europea dinanzi alla Cour de cassation, la quale decide in una peculiare composizione (cd. cour de réexamen) e, in caso di accoglimento, rinvia al giudice di pari grado rispetto a quello che emise la decisione dichiarata contrastante con la Cedu dal giudice di Strasburgo.

[7] A. Ruggeri, Ragionando sui possibili sviluppi dei rapporti tra le corti europee e i giudici nazionali (con specifico riguardo all’adesione dell’Unione alla CEDU e all’entrata in vigore del Prot. 16), in Rivista AIC, 2014, 1; D. Vigoni, Entra in vigore (ma non per l’Italia) il Protocollo n. 16 alla CEDU che consente di richiedere alla Corte EDU un parere consultivo, in Processo Penale e Giustizia, 2018, 6. Vds., volendo, R. Conti, La richiesta di “parere consultivo” alla Corte europea delle Alte Corti introdotto dal Protocollo n. 16 annesso alla CEDU e il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE. Prove d’orchestra per una nomofilachia europea, Consultaonline.it

[8] Cour de Cassation, 5 luglio 2017, Arret n. 16-20052.

[9] Sulla richiesta di parere sollevata dall’Adunanza plenaria della Corte di cassazione francese vds., A. M. Lecis, utilmente, GPA e trascrizione degli atti di nascita: La Cassazione francese richiede il primo parere consultivo alla Corte EDU, in www.diritticomparati.it

[10] P. 30 del parere: «…the opinion will not address the right to respect for family life of the children or the intended parents, or the latter’s right to respect for their private life». Precisazione che va collegata alla successive, con la quale la Grande Camera non ha escluso di dovere esaminare in futuro il tipo di tutela offerta dall’art. 8 ai casi di maternità surrogate nei quali sia assente il legame biologico anche solo con uno dei soggetti che hanno sperimentato tale pratica (cfr. p. 36 del parere: «The Court will limit its answer accordingly, while making clear that it may be called upon in the future to further develop its case-law in this field, in particular in view of the evolution of the issue of surrogacy»).

[11] Risulta dal parere una marcata attenzione al tema del margine di apprezzamento che ha finito per condizionare tutti i temi affrontati dalla Grande Camera rispetto alla questione prospettata dal giudice a quo, a volte dimostrandosi elemento capace di limitare l’intervento della Corte Edu (come è a proposito della valutazione dell’idoneità dell’adozione a garantire una forma del riconoscimento della relazione fra madre d’intenzione e minore nato da maternità surrogata omogenea rispetto a quella offerta dall’indicazione nell’atto di nascita della maternità sociale, altra come parametro che impedisce allo Stato di non riconoscere la relazione minore madre sociale).

[12] Sulla sentenza vds., fra gli altri, M.M. Winkler, Senza identità: il caso Paradiso e Campanelli c. Italia, in Genius, n. 1/2015, pp. 250 ss.; C. Masciotta, L’allontanamento del minore come extrema ratio anche in caso di maternità surrogata: la Corte di Strasburgo condanna l’Italia per la violazione della vita familiare, in Rivista Aic, n. 4/2015; I. Rivera, Affaire Paradiso e Campanelli c. Italie: la Corte di Strasburgo torna a pronunciarsi sulla maternità surrogata e sul best interest of child come limite all’ordine pubblico internazionale, in Federalismi.it, n. 3/2015; L. Lenti, Ancora sul caso Paradiso e Campanelli c. Italia: la sentenza della Grande Camera, in NGCC, 4/2017, pp. 495 ss.

[13] Corte dir. uomo, Paradiso e Campanelli c. Italia, 24 gennaio 2017, ric. n. 25358/12.

[14] Era accaduto che una coppia di coniugi italiani aveva presentato all’Ufficiale di stato civile un certificato di nascita ucraino attestante la condizione di genitori biologici di un minore rivelatosi falso. Dopo avere accertato che il minore era nato per effetto di un contratto di surrogazione di maternità e che i due coniugi non erano i genitori biologici del minore, il pm presso il Tribunale per i minorenni competente, verificata la nullità del contratto di surrogazione in base alla legge ucraina − secondo la quale almeno il 50% del patrimonio genetico deve provenire dalla coppia committente − aveva dichiarato lo stato di adottabilità in relazione alla situazione di abbandono in cui versava il minore (art. 8 legge n. 184/83) e disposto il collocamento dello stesso in comunità, non ritenendo riconoscibile il certificato di nascita rilasciato dalle autorità straniere, stante la sua contrarietà all’ordine pubblico, tenuto conto del divieto di qualsiasi forma di surrogazione di maternità previsto dall’art. 12, comma 6, legge n. 40/2004.

[15] V.la in NGCC, 2015, con nota di C. Benanti, La maternità è della donna che ha partorito: contrarietà all’ordine pubblico della surrogazione di maternità e conseguente adottabilità del minore, pp. 235 ss.

[16] In particolare, era accaduto che una donna italiana aveva offerto il proprio ovulo alla propria coniuge spagnola, unita in matrimonio secondo la legge spagnola. L’ovulo, dopo la fecondazione con seme proveniente da un donatore, era stato impiantato nell’utero della donna spagnola che aveva portato a termine la gravidanza realizzando, da un lato, una fecondazione eterologa mediante donazione del seme da parte di un donatore esterno alla coppia e, dall’altro, la scissione fra la madre genetica (cui risale l’ovocita fecondato) e la madre biologica (che aveva condotto la gestazione).

In tale occasione la Corte torinese, nel riconoscere la trascrizione del certificato di nascita eseguita in Spagna, aveva ritenuto che «[…] non si tratta di introdurre ex novo una situazione giuridica inesistente, ma di garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da anni, nell’esclusivo interesse di un bambino che è stato cresciuto da due donne che la legge riconosce entrambe come madri. Assume rilievo determinante la circostanza che la famiglia esista non tanto sul piano dei partners ma con riferimento alla posizione, allo status e alla tutela del figlio. Nel valutare il best interest per il minore non devono essere legati fra loro, il piano del legame fra i genitori e quello fra genitore-figli: l’interesse del minore pone, in primis, un vincolo al disconoscimento di un rapporto di fatto, nella specie validamente costituito fra la co-madre e un figlio».

[17] Sulla sentenza vds., criticamente, M. G. Luccioli, Il caso del figlio nato da due madri. L’ interesse del minore e il limite dell’ ordine pubblico, in www.giudicedonna.it, 4/2016.

[18] Vds., ad es., il p. 4.2. della sentenza n. 272/2017, cit.: «Se l’interesse alla verità abbia anche natura pubblica (ad esempio perché relativa a pratiche vietate dalla legge, quale è la maternità surrogata, che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane) ed imponga di tutelare l’interesse del minore nei limiti consentiti da tale verità. Vi sono casi nei quali la valutazione comparativa tra gli interessi è fatta direttamente dalla legge, come accade con il divieto di disconoscimento a seguito di fecondazione eterologa. In altri il legislatore impone, all’opposto, l’imprescindibile presa d’atto della verità con divieti come quello della maternità surrogata. Ma l’interesse del minore non è per questo cancellato». Sulla sentenza n. 272/2017 vds. G. Matucci, La dissoluzione del paradigma della verità della filiazione innanzi all’interesse concreto del minore (Nota a sent. Corte cost., 18 dicembre 2017, n. 272), in www.forumcostituzionale.it. In precedenza, E. Lamarque, Navigare a vista. Il giurista italiano e la maternità surrogate, in www.giudicedonna.it, n. 1/2017, F. Angelini, Bilanciare insieme verità di parto e interesse del minore. La Corte costituzionale in materia di maternità surrogata mostra al giudice come non buttare il bambino con l’acqua sporca, in www.costituzionalismo.it, 1/2018.

[19] Vds. M. Lipari, Il rinvio pregiudiziale previsto dal Protocollo n. 16 annesso alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU): il dialogo concreto tra le Corti e la nuova tutela dei diritti fondamentali davanti al giudice amministrativo, in www.federalismi.it, 6 febbraio 2019. Sia consentito il rinvio a R. Conti, Il Protocollo di dialogo fra Alte corti italiane, Csm e Corte Edu a confronto con il Protocollo n. 16 annesso alla Cedu. Due prospettive forse inscindibili, in questa Rivista on-line, 29 gennaio, 2019, http://www.questionegiustizia.it/articolo/il-protocollo-di-dialogo-fra-alte-corti-italiane-c_29-01-2019.php.

[20] Vds. Guidelines on the implementation of the advisory-opinion procedure introduced by Protocol No. 16 to the Convention (as approved by the Plenary Court on 18 September 2017), in https://www.echr.coe.int/Documents/Guidelines_P16_ENG.pdf.

[21] Si fa qui riferimento a due ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale di questioni sollevate dal tribunale di Venezia e dal Tribunale di Bolzano concernenti rispettivamente la legge cd. Cirinnà – sospettata di violazione del principio di non discriminazione in danno delle coppie omosessuali sul contenuto dell’atto di nascita del bambino ottenuto grazie a pratiche di fecondazione eterologa o di maternità surrogata − e la legge n. 40/2002, in relazione al divieto di fecondazione eterologa per le coppie omosessuali (cfr. M. Palmieri, Figli di coppie gay: altri due ricorsi alla Consulta, in L’Avvenire, 13 aprile 2019).

[22] Vds., infatti, A. Ruggeri, Modello costituzionale e consuetudini culturali in tema di famiglia, fra tradizione e innovazione, in www.consultaonline.it, 1 ottobre 2018, p. 529, sub nota 62, che ricorda e cita «un’autentica alluvione di scritti» in materia, ai quali i giudici non potranno che – recte, dovranno – attingere.

[23] A. Ruggeri-C. Salazar, «Non gli è lecito separarmi da ciò che è mio»: riflessioni sulla maternità surrogata alla luce della rivendicazione di Antigone, in www.consultaonline.it, 27 marzo 2017.

28/05/2019
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Sadio c. Italia,  n. 3571/17, sentenza del 16 novembre 2023, e AT ed altri c. Italia, ricorso n. 47287/17, sentenza del 23 novembre 2023. Ancora due condanne (una di esse, anzi, doppia e l’altra triplice) per l’Italia in tema di immigrazione, con specifico riferimento alle condizioni di un Centro per richiedenti asilo in Veneto e di un Centro di Soccorso e Prima Accoglienza in Puglia.

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I criteri probatori della violazione del principio del giusto processo di cui all'art. 6 Cedu. Una visione comparatistica

La Supreme Court del Regno Unito ha fornito, in una propria recente sentenza, un contributo di essenziale rilevanza su questioni il cui intreccio avrebbe potuto portare, se non si fosse saputo individuare l'appropriato filo di cucitura, esiti disarmonici sia nel diritto di common law inglese sia, con anche maggior gravità, nel diritto europeo convenzionale. Si trattava di coordinare il fondamentale principio del giusto processo, fissato dall'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani del 1950, con il più solido dei ragionamenti circa la sufficienza del materiale probatorio raccolto a divenire indice della violazione dello stesso articolo 6. I supremi giudici inglesi si sono collocati saldamente sulla linea della giurisprudenza di Strasburgo, fissando, in un caso dalle irripetibili peculiarità, affidabili parametri che sappiano, come è avvenuto nel caso sottoposto al loro esame, felicemente contemperare l'esigenza di garantire costantemente condizioni di svolgimento dei processi rispettose dei diritti umani con quella, altrettanto meritevole di apprezzamento, di evitare l'abuso del ricorso allo strumento di tutela convenzionale fondato su motivi puramente congetturali e tali, pertanto, da scuotere la stabilità del giudicato, lasciandolo alla mercé di infinite, labili impugnazioni, contrarie allo stesso spirito del fondamentale precetto del giusto processo.

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