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Giurisprudenza e documenti

Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione e uso del captatore informatico: una storia infinita?

di Paolo Ielo
procuratore aggiunto, Roma
Le SSUU civili, nella sentenza 741/20, ritengono l’utilizzabilità del captatore per i più gravi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. All’emergere di voci critiche in dottrina, nello scritto si analizzano gli argomenti utilizzati e si aderisce al dictum del giudice di legittimità

1. Premessa

L’intervento penalistico nel settore del white collar crime è il luogo nel quale una serie di nodi del diritto penale e del diritto processuale penale vengono, a torto o a ragione, al pettine.

Vi sono istituti, massimamente del diritto processuale penale, che quando incrociano l’area dei reati di criminalità bianca vengono sottoposti a continue rivisitazioni, stress ermeneutici, prove di resistenza.

Può ben dirsi che il territorio dei reati contro la pubblica amministrazione costituisce il banco di prova della tenuta di una serie di importanti istituti delle indagini e del processo.

A tale regola non fa eccezione il settore delle intercettazioni telefoniche, peraltro disseminato dalla presenza di valori di significato costituzionale, dal diritto alla riservatezza al principio di conservazione delle prove. Le questioni poste dal Trojan Horse, che attraversano la giurisprudenza di legittimità da quasi un lustro, s’inquadrano in tale quadro di criticità.

Questioni rese ancora più complesse da una stratificazione normativa alluvionale, frutto anche di visioni politiche diverse, forse anche opposte, sì che far ricorso nell’operazione ermeneutica alla ricostruzione della volontà del legislatore, intesa come stato volitivo degli autori delle norme, sarebbe tentativo vano oltre che tecnicamente improprio[1].

In simili casi, conviene ancor più utilizzare la cassetta degli attrezzi classica dell’interprete, nella quale un ruolo centrale è svolto dalla individuazione dell’intenzione del legislatore, secondo la dizione letterale dell’art. 12 delle preleggi, intesa come ratio legis, che, totalmente sganciata dallo stato soggettivo del legislatore, si obiettivizza nel sistema normativo[2].

2. L’approdo ermeneutico delle SSUU civili nella sentenza n. 741/20

Le SSUU civili, chiamate a pronunciarsi su un provvedimento emesso in sede cautelare dal CSM, si sono pronunciate nel senso della utilizzabilità del captatore in ordine ai gravi reati dei PPUU contro la pubblica amministrazione, indicati nell’art. 6 del d. lgs 216/17[3].

Ritiene la Corte che la fonte di legittimazione normativa dell’uso del captatore, in subiecta materia, sia l’art. 6 del d.lgs 216/17, così come modificato dall’art. 1 comma 3 L. 3/19, in tal modo aderendo alle conclusioni cui era pervenuta la stessa Procura Generale con memoria del 25 novembre 2019.

La norma, a rubrica disposizioni per la semplificazione delle  condizioni  per l'impiego delle  intercettazioni  delle  conversazioni  e  delle  comunicazioni telefoniche e telematiche nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, nella sua originaria formulazione, si compone di due commi: il primo prevede l’estensione ai delitti dei PPUU contro la PA della disciplina prevista in materia di criminalità organizzata dall’art. 13 dl 152/91, che, ai fini rilevanti in questa sede, richiede, in materia di intercettazioni di conversazioni, una piattaforma probatoria riconducibile alla categoria dei sufficienti indizi e consente le intercettazioni di conversazioni tra presenti, che avvengano in luogo di privata dimora, anche fuori dai casi in cui in tali luoghi si stia commettendo un reato, in deroga alla previsione di cui all’art. 266 comma II cpp; il secondo prevede un limite alla possibilità di uso del captatore nei luoghi di privata dimora quando non vi sia motivo di ritenere che in essi fosse in corso attività criminosa.

Il percorso argomentativo della Corte muove anzitutto dalla considerazione che la norma in questione, avente carattere derogatorio rispetto alla generale disciplina, sia immediatamente efficace in forza dell’art. 9 del d.lgs n. 216/17, che distingue tra norme del decreto delle quali veniva differita l’efficacia[4] e norme per le quali operano le regole ordinarie; tra esse l’art. 6.

L’ulteriore step argomentativo rileva l’abrogazione del II comma dell’art. 6 ad opera dell’art. 1, comma 3, l. n.  3/19, norma ritenuta immediatamente efficace.

La conclusione è che a seguito della rimozione del limite posto dal II comma dell’art. 6 del d.lgs n. 216/17, operata dalla l. n. 3/19, a partire dal 31 gennaio 2019, è consentito l’uso del captatore per i delitti indicati nel primo comma anche nei luoghi di privata dimora, al pari dei delitti di criminalità organizzata.

L’iter motivazionale della sentenza, peraltro, confuta l’opzione ermeneutica avanzata dalla difesa, secondo cui, essendo intervenuta ad opera del d.lgs 216/17[5] una modifica dell’art. 266 cpp con specifico riferimento all’uso del captatore ed essendo stata differita l’efficacia di essa, la disciplina introdotta dalla l. 3/19, con riguardo all’uso del captatore, sarebbe essa stessa sottoposta a un differimento di efficacia.

Osserva al riguardo la Corte di legittimità che la fonte di legittimazione dell’uso del captatore è l’art. 6 del d.lgs n. 216/17, che estende per tali reati la disciplina prevista per i delitti di criminalità organizzata, norma immediatamente efficace. Così come deve ritenersi immediatamente efficace la disposizione dell’art. 1 comma 3 della l. n. 3/19, che elide il limite posto all’utilizzabilità del captatore, posto che quando la medesima legge ha inteso differire l’efficacia di una disposizione lo ha esplicitamente fatto.

3. Le perplessità avanzate sulle conclusioni cui è pervenuta la sentenza SSUU civili n. 741/20

A seguito della decisione della Corte di Legittimità, tuttavia, non sono mancate in dottrina voci critiche, che hanno prospettato la possibilità che le sezioni semplici della Cassazione possano disattendere tale approdo ermeneutico, senza un ulteriore passaggio alle SSUU[6].

Si è, in particolare, opinato che la totale equiparazione tra delitti di criminalità organizzata e gravi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione disposta dalla L. n. 3/19 possa avere efficacia non immediata ma solo insieme alle disposizioni codicistiche che regolano complessivamente la materia e che sono state nel tempo prorogate quanto alla loro efficacia.

 A sostegno di tale assunto, si sono evidenziate le ragioni del differimento dell’efficacia della novella del 2017, individuate nella necessità di apprestare adeguate tutele alla riservatezza dei soggetti coinvolti nelle captazioni, in considerazione dei più insidiosi strumenti di intercettazione consentiti, desunte anche dalla relazione di accompagnamento al d.lgs n. 216/17[7]. Ne deriverebbe un contrasto tra la strategia normativa adottata nel tempo dal legislatore, quanto alla postergazione dell’efficacia della disciplina del nuovo sistema delle intercettazioni, e una esegesi delle norme che porti a una immediata equiparazione tra delitti di criminalità organizzata e gravi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.

Secondo altro angolo di visuale, l’immediata efficacia dell’art. 6 del d. lgs 216/17 sarebbe limitata al comma 1 e non estesa al comma 2, regola priva di vita autonoma destinata a combinarsi con il novellato art. 266, la cui efficacia sarebbe dunque differita insieme alla più complessiva riforma del sistema delle intercettazioni telefoniche[8].

Si è altresì osservato che la funzione del II comma dell’art. 6 era quella di porre un limite alla possibilità di intercettazioni in luoghi di privata dimora attraverso l’uso del captatore, dunque di limitare gli effetti del rinvio alla disciplina speciale; che comunque l’estensione dell’uso del captatore,  in quanto speciale rispetto a quella generale di cui all'art. 4, aveva un senso compiuto solo laddove avesse trovato applicazione la disciplina generale del captatore informatico in relazione ai reati comuni, sì che il differimento dell’efficacia di tale disciplina comporterebbe anche il differimento della specifica disciplina del captatore in ordine ai reati contro la pubblica amministrazione; che l’intervento abrogativo della L. 3/19 si sarebbe innestato su una disciplina non ancora in vigore; che, a dimostrazione dell’inefficacia delle norme relative al captatore, non è stato emanato il decreto del ministero che individui i requisiti tecnici dei programmi da utilizzare, a mente dell’art. 2, comma 3 dl n. 161-2019[9].

4. Le obiezioni alle perplessità avanzate alle conclusioni cui sono pervenute le Sezioni Unite civili

Le perplessità manifestate in dottrina, talvolta non sovrapponibili nel loro percorso argomentativo, non sembrano idonee ad incidere sulla correttezza delle conclusioni cui si perviene nella sentenza 741/20.

Su un primo versante vanno collocate le posizioni di chi, senza alcuna ambiguità, ritiene che  l’immediata efficacia dell’art. 6 d.lgs n. 216/17, prevista dal comma 9 del medesimo decreto, sia limitata al I comma e non al II, con la conseguenza che l’abrogazione di tale ultima previsione ad opera della l. n. 3/19 avrebbe inciso su una norma non ancora efficace e che la materia sarebbe definitivamente regolamentata dall’attribuzione di effetti alle modifiche del cpp in materia di intercettazioni introdotte dal decreto Orlando[10].

La tesi non è convincente per due ordini di ragioni.

La prima è che appare essere sprovvista di alcun appiglio testuale, anzi in aperto contrasto con la lettera della legge, che esclude, all’art. 9, il differimento dell’efficacia dell’art. 6, senza distinguere tra il primo e il secondo comma.

La seconda è che ove si dovesse ritenere, per mera ipotesi di lavoro, l’efficacia solo del primo comma dell’art. 6, si dovrebbe concludere che già dall’emanazione del d.lgs n. 216/17 sarebbe stato possibile l’uso del captatore, e senza alcun limite nei luoghi di privata dimora.

L’assunto è fondato sul dictum delle SSUU Scurato[11], che, decidendo in punto di utilizzabilità del captatore informatico nel quadro della disciplina delle intercettazioni, regolata, allora come ora, dall’art. 266 cpp, aveva risposto affermativamente con riguardo ai delitti di criminalità organizzata, cui si applica la disciplina dell’art. 13 dl n. 152/91, escludendola per le residue ipotesi. Merita, ai fini che qui rilevano, particolare evidenza l’argomento utilizzato dalle SS UU Scurato per escludere l’utilizzabilità del captatore informatico con riguardo ai delitti diversi da quelli di criminalità organizzata, argomento che fa leva sul limite posto dal II comma dell’art. 266 cpp alla possibilità di esecuzione di intercettazioni di conversazioni tra presenti nei luoghi di privata dimora- limite inesistente per i casi cui si applica l’art. 13 dl n. 152/91-  del quale, in considerazione delle caratteristiche tecniche del captatore, non potrebbe essere assicurato il rispetto né in fase autorizzativa, né in fase esecutiva[12].

A seguito dell’entrata in vigore della disciplina dell’art. 13 anche per i delitti dei Pubblici Ufficiali contro la pubblica amministrazione, in assenza dell’efficacia del limite posto dal II comma dell’art. 6 del decreto Orlando, per effetto di una piana applicazione del comb. disp. di cui agli artt. 266 cpp e 13 dl n. 152/91, così come interpretato dalle SSUU Scurato, sarebbe stato pienamente legittimo l’uso del captatore in domiciliare per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione già alla data dell’emanazione del decreto Orlando.

Una soluzione evidentemente priva di logica ma che dimostra la paradossale eterogenesi dei fini cui condurrebbe la tesi dell’originaria inefficacia del comma II dell’art. 6 del d. lgs n.  216/27.

Per contro, la funzione di tale specifica disposizione era quella di non consentire, peraltro con una formula sostanzialmente coincidente con quella utilizzata dal II comma dell’art. 266 cpp, un’utilizzazione indiscriminata dell’uso del captatore informatico anche per le conversazioni che si svolgessero in luoghi di privata dimora.

Una scelta legislativa evidentemente legittima, coerente con la ratio legis del decreto, che era da un lato quella di aprire all’uso del captatore per i gravi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, attraverso l’estensione della disciplina dell’art. 13, nel solco dell’insegnamento delle SSUU Scurato, dall’altro   di porre limiti incisivi alla possibilità di uso di tale strumento in luoghi di privata dimora, come si evince dalla fisionomia complessiva della disciplina delle intercettazioni con captatore elaborata dal d.lgs Orlando[13], anticipata con riguardo ai delitti contro la PA, quanto a legittimità dello strumento e a limiti posti alla sua utilizzazione, proprio dall’efficacia attribuita all’art. 6 dall’art. 9 del decreto.

Osservare che la ratio dei successivi differimenti dell’efficacia della novella del sistema delle intercettazioni fosse quella di garantire la riservatezza delle comunicazioni dei soggetti coinvolti, peculiarmente esposta a rischio dalla particolare insidiosità del mezzo, sì che si deve considerare postergata all’entrata in vigore della riforma anche la possibilità di uso del captatore è obiezione per un verso debole, per altro verso inidonea a spiegare le disposizioni, la cui efficacia non è revocata in dubbio, in materia di uso consentito del Trojan[14].

È debole, sotto un primo angolo di visuale, perché dà per scontato ciò che deve dimostrare, ossia che la ratio legis dei successivi interventi in materia di intercettazione, e in particolare quella del decreto Orlando e quella della legge cd Spazzacorrotti, sia identica.

Al contrario, un’attenta analisi della L. n. 3/19 dimostra che la ratio legis dell’intero intervento, alla luce della quale si spiega la speciale disciplina in materia di captatore informatico per i reati contro la PA[15], sia quella di accentuare i profili repressivi sul versante del diritto penale sostanziale e di semplificazione dei profili processuali relativi alle indagini per reati contro la pubblica amministrazione.

Sul primo versante, senza alcuna pretesa di esaustività e citando le più significative, si considerino le modifiche, nel senso di maggior rigore, in materia di istanza, querela e richiesta del ministro relative ai reati contro la pubblica amministrazione [16], in materia di incapacità di contrattare con la PA [17], in materia di sospensione condizionale della pena[18], in materia di riabilitazione[19], in sede di aumento delle cornici edittali[20], in tema di cause di non punibilità[21].

Sul secondo versante, si consideri l’introduzione dello strumento investigativo dell’undercover per i più gravi reati contro la Pubblica Amministrazione[22], le modifiche in materia di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Appare inoltre significativo, a tale ultimo riguardo, che la L. 3/19 rimoduli la fisionomia dell’intervento del decreto Orlando nel codice di procedura penale con riguardo alla possibilità di uso del captatore, modificando l’art. 266 comma 2 bis cpp  ed equiparando reati di criminalità organizzata ai gravi reati dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione[23].

Un intervento, quest’ultimo, che, come correttamente osservato dalla Procura Generale in sede di memoria presentata alle sezioni unite civili, ha natura meramente ricognitiva del diritto vigente ed efficace[24].

Si deve, nella sostanza, osservare una evidente simmetria tra le previsioni del decreto Orlando relative alla fisionomia complessiva del sistema delle intercettazioni che, con funzione meramente ricognitiva del diritto vigente ed efficace, indicano la possibilità dell’uso del captatore per i reati di criminalità organizzata considerati dall’art. 13, e compresi nelle previsioni di cui all’art. 51, commi 3 bis e 3-quater’ [25], e l’intervento della L. Spazzacorrotti che, con analoga efficacia, disciplina, quanto a condizioni di ammissibilità, l’uso del captatore per i reati   dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione modificando l’art. 266, comma 2 bis cpp

Ulteriore profilo di debolezza delle tesi in parola è che essa deve necessariamente ritenere l’inefficacia della disposizione della l. n. 3/19 che abroghi il II comma dell’art. 6[26].

L’assunto si espone all’obiezione, correttamente proposta nel percorso argomentativo delle SSUU civili, che ove la l. n. 3/19 ha ritenuto di differire l’efficacia di disposizioni di legge[27] lo ha fatto esplicitamente, cosa che non è avvenuta per l’abrogazione del II comma dell’art. 6 del decreto Orlando.

Similmente, appare poco condivisibile che la ratio legis del rinvio delle disposizioni della novella del decreto Orlando, e quella successiva della l. Spazzacorrotti, fosse quella di differire l’efficacia delle norme in tema di uso del captatore, in ragione della particolare insidiosità del mezzo e a tutela della riservatezza dei soggetti coinvolti.

Se così fosse, non si spiegherebbe la ragione della non contestata utilizzabilità di tale strumento tecnico in materia di indagini di criminalità organizzata, settore nel quale la necessità di tutela della riservatezza dei soggetti coinvolti, indagati e non, per esempio rispetto a dati irrilevanti o sensibili e non utili alle indagini, ha identico spessore e significato di quella che deve essere assicurata in altri ambiti investigativi[28].

Ad analoga obiezione, peraltro, si presta l’impostazione di chi rinviene una preclusione all’uso del captatore nella circostanza che non sia stato ancora emanato il decreto che ne individui le caratteristiche tecniche.

Vero è che l’unica ragione delle successive norme di differimento dell’efficacia del decreto Orlando risiedono nella necessità degli adeguamenti infrastrutturali necessari al funzionamento dell’archivio unico delle intercettazioni, adeguamenti alla data attuale lungi dall’essersi definiti,  e delle norme ad esso connesse, sì che, come correttamente ritenuto nella memoria della Procura Generale della Corte di Cassazione  nella memoria depositata alle SSUU civili, il differimento - e, dunque, l’art. 9 del d.lgs. n. 216 del 2017, cui il ricorso attribuisce somma importanza – non riguarda affatto il mezzo: il trojan, come detto, era già utilizzato per i delitti di criminalità organizzata prima ed a prescindere dal decreto Orlando ed è impermeabile al differimento della vigenza, in esso contemplato, del comma 2-bis dell’art. 266 cpp Il differimento – fermo restando il perdurante e legittimo uso del captatore - riguarda ulteriori e marginali profili attinenti alla logistica della intera materia intercettativa disciplinata con la riforma Orlando ed, in particolare, l’approntamento di archivi informatici ed in generale[29].

5. Considerazioni conclusive 

In presenza di una normazione disorganica e frammentata, fonte di gravi incertezze per l’operatore del diritto, l’unico antidoto è l’uso degli strumenti classici dell’ermeneusi.

Le torsioni interpretative, che fanno dire ad una norma il suo esatto contrario, sono poco coerenti con un sistema che per operare utilmente, e probabilmente anche per essere credibile, a norme immutate, ha un valore fondamentale nella stabilità dell’interpretazione delle regole.

Un valore che produce prevedibilità delle conseguenze delle azioni degli operatori del diritto, orientando la parte pubblica nelle sue determinazioni cautelari e relative all’esercizio dell’azione penale, la parte privata nelle scelte processuali fondamentali per la strategia difensiva, il giudice di merito nell’applicazione del diritto al caso concreto. 

Un valore certamente recessivo quando si tratti di correggere distorsioni di opzioni ermeneutiche anche consolidate o più ancora quando entrino in gioco valori di significato costituzionale − non sempre tutelabili con interpretazioni costituzionalmente orientate ed essendo non di rado necessarie rimessioni alla Corte Costituzionale − del quale occorre tuttavia tenere costantemente conto.  

Con riguardo allo specifico problema dell’utilizzabilità del cd Trojan Horse nell’ambito dei reati contro la pubblica amministrazione, peraltro nel solco di taluni orientamenti di dottrina[30], non appare sussistere alcuna valida ragione per disattendere l’ordine logico fissato nella sentenza  n. 741/20 delle SSUU civili − coerente nei suoi presupposti e nelle sue conclusioni con l’approdo ermeneutico delle SSUU penali, n. 26889/16 − che ha indubbia valenza nomofilattica, nel quadro di una funzione appartenente alla Corte di Cassazione nel suo insieme.

 

 

[1] L’individuazione della der Wille des Gesetezgebers, fine ultimo dell’operazione ermeneutica, espressione del volontarismo giuridico, è abbandonata da qualche secolo. L’operazione ermeneutica non deve tendere a ricavare dalla norma unicamente ce que ses auteurs ont voulu et ont su exprimer dans son injonction , secondo l’espressione di  F. Geny, Methode d’interpretationet sources en droit privé positif,I, nuova tir., Paris 1954 – prima tiratura 1899-,pag.  268

[2] Framework normativo di riferimento:

  • decreto legge 13 maggio 1991 n. 152 (coordinato con la legge di conversione n. 203/1991) art 13 (comma 1)

In deroga a quanto disposto dall'articolo 267 del codice di procedura penale, l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 dello stesso codice è data, con decreto motivato, quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione ad un delitto di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono in ordine ai quali sussistano sufficienti indizi. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l'articolo 203 del codice di procedura penale. Quando si tratta di intercettazione di comunicazioni tra presenti disposta in un procedimento relativo a un delitto di criminalità organizzata e che avvenga nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, l'intercettazione è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi predetti si stia svolgendo l'attività criminosa.

  • d.lgs 29 dicembre 2017, n. 216

Art. 6 Disposizioni per la semplificazione delle condizioni per l’impiego delle intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni telefoniche e telematiche nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione:
1. Nei procedimenti per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell'articolo 4 del codice di procedura penale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203.
[2. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale non può essere eseguita mediante l'inserimento di un captatore informatico su dispositivo elettronico portatile quando non vi è motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa.]

Art. 4 Modifiche al codice di procedura penale in materia di intercettazioni mediante inserimento di captatore informatico
1. Al codice di procedura penale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 266: 1) al comma 2, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, che puo' essere eseguita anche mediante l'inserimento di un captatore informatico su un dispositivo elettronico portatile»; 2) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: «2-bis. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile è sempre consentita nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater.»; b) all'articolo 267: 1) al comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il decreto che autorizza l'intercettazione tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile indica le ragioni che rendono necessaria tale modalita' per lo svolgimento delle indagini; nonchè, se si procede per delitti diversi da quelli di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, i luoghi e il tempo, anche indirettamente determinati, in relazione ai quali è consentita l'attivazione del microfono.»; 2) dopo il comma 2, è inserito il seguente: «2-bis. Nei casi di cui al comma 2, il pubblico ministero puo' disporre, con decreto motivato, l'intercettazione tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile soltanto nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater. A tal fine indica, oltre a quanto previsto dal comma 1, secondo periodo, le ragioni di urgenza che rendono impossibile attendere il provvedimento del giudice. Il decreto è trasmesso al giudice che decide sulla convalida nei termini, con le modalita' e gli effetti indicati al comma 2.»; c) all'articolo 268, comma 3-bis, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per le operazioni di avvio e di cessazione delle registrazioni con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile, riguardanti comunicazioni e conversazioni tra presenti, l'ufficiale di polizia giudiziaria puo' avvalersi di persone idonee di cui all'articolo 348, comma 4.»; d) all'articolo 270, dopo il comma 1, è inserito il seguente: «1-bis. I risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile non possono essere utilizzati per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza.»; e) all'articolo 271: 1) dopo il comma 1, è inserito il seguente: «1-bis. Non sono in ogni caso utilizzabili i dati acquisiti nel corso delle operazioni preliminari all'inserimento del captatore informatico sul dispositivo elettronico portatile e i dati acquisiti al di fuori dei limiti di tempo e di luogo indicati nel decreto autorizzativo.»; 2) al comma 3, dopo le parole: «previste dai commi 1» sono inserite le seguenti: «,1-bis».

Art. 9 Disposizione transitoria
1. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 4, 5 e 7 si applicano alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 dicembre 2019. (4)

  • Legge 9 gennaio 2019, n. 3 Art. 1, comma 3:

3. Il comma 2 dell'articolo 6 del decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, è abrogato.

Art. 1, comma 4:

4. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 266, comma 2-bis, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata ai sensi dell'articolo 4»;

b) all'articolo 267, comma 1, terzo periodo, dopo le parole: «all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater,» sono inserite le seguenti: «e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata ai sensi dell'articolo 4,»;

[3] delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con  la  pena  della  reclusione  non inferiore  nel  massimo  a   cinque   anni,   determinata   a   norma dell'articolo 4 del codice  di  procedura  penale.

[4] Quelle di cui agli artt. 2,3,4,5,7.

[5] Art. 4.

[6] G. Santalucia, Delitti dei c.d. colletti bianchi e intercettazioni tra presenti su dispositivo portatile: termine iniziale di efficacia delle nuove disposizioni, spunti dalla sentenza 741 del 2020 delle sezioni unite civili, in Sistema Penale, 4/2020.

[7] Differimento dell’efficacia necessario per consentire ai singoli uffici di dettare le opportune  indicazioni funzionali a dare attuazione al nuovo sistema di archivio riservato, sì da assicurare effettività di tutela del segreto di quanto ivi custodito….Ragioni, rileva l’autore, ribadite dai vari provvedimenti che hanno prorogato il differimento dell’efficacia della riforma del legislatore del 2017.  G. Santalucia, cit., pag. 10.

[8] R. Orlandi, Usi investigativi dei cosiddetti captatori informatici. Criticità e inadeguatezza di una recente riforma, Riv. It.  dir. proc. pen., 2018, 538 e ss.; nello stesso senso R. Rampioni, Captatore informatico e delitti dei pubblici ufficiali contro la PA. Le Sezioni Unite civili riconoscono, in modo erroneo, la immediata applicabilità della legge cd “Spazzacorrotti”, in Arch. Pen.  n°1, 2020, pag. 15.

[9] A. Diddi, Trojan horse e reati contro la pubblica amministrazione: un parto prematuro, in Il Penalista, 28.2.2020, par. 8.

[10] R. Orlandi, Usi investigativi.., cit.; R. Rampioni, Captatore informatico…, cit.

[11] SSUU pen., n°26886/16, Scurato.

[12] L’assunto è posto in evidenza nell’incipit del par. 6 ed enucleato nel suo sviluppo. Nel paragrafo successivo viene sviluppata la lettura dell’art. 13 e della sua portata derogatoria alla disciplina generale. Le conclusioni sono poi enucleate nel par. 10.

[13] Il riferimento è all’art. 4 del d.lgs n. 216/17, che, nel quadro dell’intervento complessivo sulla disciplina delle intercettazioni- ad oggi non ancora efficace-, interpolando il comma 2 bis all’art. 266 cpp, consentiva l’utilizzazione del captatore in domiciliare solo con riguardo ai delitti previsti ex art. 51, comma 3 bis e quater, dunque con esclusione dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.

[14] È la tesi di Santalucia, cit.

[15] M. Torre, Il captatore informatico dopo la legge c.d. “spazza-corrotti”, in Dir.pen. proc. , 2019, 5, p. 651.

[16] modifiche agli artt. 9 e 10 cp.

[17] Sostituzione dell’art. 32 quater cp e art. 317 bis cp.

[18] Modifiche agli artt. 165 e 166 cp.

[19] Modifiche all’art. 179 cp, attraverso l’interpolazione di un comma.

[20] Modifiche agli artt. 316 ter, 318,319.

[21] inserimento dell’art. 323 ter cp.

[22] Modifica all’art. 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146.

[23] Ar. 1, comma 4, lett. A).

[24] Ivi, pag. 15.

[25] Non è revocata in dubbio da alcuno la possibilità dell’uso del captatore per i reati di criminalità organizzata anche prima dell’entrata in vigore nel suo insieme della riforma Orlando.

In particolare, la Procura Generale della Cassazione così osserva:

Sotto questo aspetto, allorquando l’art. 4 del d.lgs. n. 216 del 2017 introduce un comma 2-bis all’art. 266 cpp – prevedendo che «L’intercettazione di comunicazioni tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile è sempre consentita nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3- quater»- innesta una norma puramente ricognitiva di uno status quo già pienamente consolidato: con o senza tale norma, infatti, le intercettazioni con captatore si facevano già ‘per i delitti di cui all’art. 51, commi 3 bis e 3-quater’ e si continuarono a fare nonostante il differimento di efficacia (attraverso l’art. 9 del d.lgs. n. 216 del 2017 ed il suo richiamo, appunto, dell’art. 4 dello stesso testo normativo) della stessa disciplina innestata. La base normativa era infatti costituita dall’art. 13 dl n. 152 del 1991, come sopra detto, secondo l’interpretazione dal vertice di legittimità”.

[26] L’autore non prende esplicita posizione sul punto se l’inefficacia derivi dall’essere l’intervento su una norma inefficace ab origine ovvero se l’inefficacia debba essere ricondotta alla ratio legis  dell’intervento della l. 3/19.

[27] Per esempio in materia di prescrizione.

[28] Sarebbe privo di pregio l’argomento che il bilanciamento d’interessi consentirebbe l’incidenza sulla riservatezza a favore dell’interesse investigativo per i reati di criminalità organizzata mentre questo non avverrebbe per i reati contro la PA. Il legislatore del 2019, coerentemente alla ratio complessiva dell’intervento, ha ritenuto di assimilare, quanto a prevalenza dell’interesse alle indagini su quello della riservatezza, i reati di criminalità organizzata ai reati contro la pubblica amministrazione nelle forme più gravi, con un bilanciamento di interessi diverso da quello operato dal legislatore del 2017. La conseguenza è stata l’abrogazione del II comma dell’art. 6 del d.lgs 217/17.

[29] Memoria Procura Generale, pag. 16.

[30] M. Torre, Il captatore informatico …, cit. pagg- 648 e ss..

06/05/2020
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