Magistratura democratica
Osservatorio internazionale

Tanto rumor per nulla

Dopo quasi sei anni di attesa, la Corte Edu radia dal ruolo il caso Berlusconi c. Italia

La Corte Edu ha depositato in data odierna la decisione nel caso Berlusconi c. Italia, introdotto nel marzo 2013 dall’ex Presidente del Consiglio invocando – in relazione alla decadenza dalla carica di senatore a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di condanna nel quadro del processo detto “Mediaset”, in applicazione della cd. legge Severino – la violazione degli articoli 7 (invocata la natura penale della decadenza) e 13 (mancanza di rimedi contro la decisione del Senato) Cedu e 3 del Protocollo n. 1 (diritto di voto) alla Cedu.

Il procedimento europeo era stato complesso: la Camera aveva rimesso il caso alla Grande Camera ai sensi dell’articolo 30 Cedu, che prevede tale possibilità quando il caso solleva una questione grave relativa all’interpretazione della Convenzione o di uno dei suoi protocolli; successivamente la Grande Camera aveva sollecitato l’intervento della Commissione di Venezia, un organo consultivo del Consiglio d’Europa composto da esperti di diritto costituzionale, un altro segnale della sensibilità e rilevanza della questione; il 22 novembre il caso era stato discusso davanti alla Grande Camera.

Come si legge nella decisione, a luglio il ricorrente aveva rinunciato al ricorso, ritenendo che la riabilitazione privasse per lui di rilievo una eventuale decisione della Corte.

Oggi la Corte Edu a maggioranza (fatto insolito in questo tipo di decisioni) ha disposto la radiazione del caso dal ruolo (in sostanza, l’ha estinto) in quanto la rinuncia é valida e non sussistono «circostanze speciali riguardanti il rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli». Infatti, l’articolo 37 Cedu prevede il potere della Corte di decidere un caso, in presenza di rinuncia, se l’affare solleva importanti questioni che permettono di chiarire, salvaguardare o sviluppare le norme di protezione contenute nella Convenzione o se l’affare, per il suo impatto, sopravanza i confini della situazione particolare del richiedente. Tutti aspetti che la Corte – nonostante il rinvio alla Grande Camera – ha ritenuto insussistenti nel caso Berlusconi.

È la prima volta che la Corte Edu accetta una rinuncia davanti alla GC dopo l’udienza pubblica.

27/11/2018
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In tema di sanzione disciplinare al giudice che posta messaggi politici su Facebook. La CEDU condanna la Romania per violazione del diritto alla libertà di espressione

In un caso relativo alla sanzione disciplinare della riduzione della retribuzione inflitta ad una giudice che aveva pubblicato due messaggi sulla sua pagina Facebook, la Corte europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza 20 febbraio 2024, Danileţ c. Romania (ricorso n. 16915/21), ha ritenuto, a strettissima maggioranza (quattro voti contro tre), che vi sia stata una violazione dell'articolo 10 (libertà di espressione) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. 

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22/12/2023
Ancora due condanne dell’Italia per i suoi hotspot

Sadio c. Italia,  n. 3571/17, sentenza del 16 novembre 2023, e AT ed altri c. Italia, ricorso n. 47287/17, sentenza del 23 novembre 2023. Ancora due condanne (una di esse, anzi, doppia e l’altra triplice) per l’Italia in tema di immigrazione, con specifico riferimento alle condizioni di un Centro per richiedenti asilo in Veneto e di un Centro di Soccorso e Prima Accoglienza in Puglia.

14/12/2023
I criteri probatori della violazione del principio del giusto processo di cui all'art. 6 Cedu. Una visione comparatistica

La Supreme Court del Regno Unito ha fornito, in una propria recente sentenza, un contributo di essenziale rilevanza su questioni il cui intreccio avrebbe potuto portare, se non si fosse saputo individuare l'appropriato filo di cucitura, esiti disarmonici sia nel diritto di common law inglese sia, con anche maggior gravità, nel diritto europeo convenzionale. Si trattava di coordinare il fondamentale principio del giusto processo, fissato dall'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani del 1950, con il più solido dei ragionamenti circa la sufficienza del materiale probatorio raccolto a divenire indice della violazione dello stesso articolo 6. I supremi giudici inglesi si sono collocati saldamente sulla linea della giurisprudenza di Strasburgo, fissando, in un caso dalle irripetibili peculiarità, affidabili parametri che sappiano, come è avvenuto nel caso sottoposto al loro esame, felicemente contemperare l'esigenza di garantire costantemente condizioni di svolgimento dei processi rispettose dei diritti umani con quella, altrettanto meritevole di apprezzamento, di evitare l'abuso del ricorso allo strumento di tutela convenzionale fondato su motivi puramente congetturali e tali, pertanto, da scuotere la stabilità del giudicato, lasciandolo alla mercé di infinite, labili impugnazioni, contrarie allo stesso spirito del fondamentale precetto del giusto processo.

13/12/2023