Magistratura democratica
giustizia internazionale

Missioni internazionali di supporto alla pace e ricorso legittimo all'uso della forza

di John Napolitano
PhD candidate, Université Libre de Bruxelles
Criteri per la valutazione della liceità del ricorso all’uso della forza conformemente allo ius ad bellum e lo ius in bello in esecuzione del mandato di “utilizzare tutti i mezzi necessari per il conseguimento dello scopo stabilito nel mandato” conferito dal Consiglio di Sicurezza ad una Peace Support Operation (PSO) a conduzione dell’Unione Europea

Uno dei maggiori problemi che si pongono nell’esecuzione di una missione dell’Unione Europea dotata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del mandato di “utilizzare tutti i mezzi necessari per il conseguimento dello scopo stabilito nel mandato-” 1, é quello di pianificare, organizzare, avviare e condurre un’operazione militare - quale misura ritenuta necessaria per il conseguimento dello scopo stabilito nel mandato - senza violare il regime dello ius ad bellum, ossia le norme internazionali che legittimano il ricorso ad un intervento armato, e dello ius in bello, ossia le norme internazionali che legittimano la conduzione delle operazioni nel caso di un conflitto armato2. Tale problematica risulta essere estremamente attuale stante che, dopo le tragedie del Ruanda e dei Balcani negli anni 90, questo tipo di mandato cosiddetto “robusto” caratterizza sempre più spesso il contenuto delle varie risoluzioni con le quali il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite autorizza il dispiegamento e l’esecuzione delle Peace Support Operations3

Il problema quindi sorge nell’interpretazione del tale tipo di mandato, non avendo il Consiglio di Sicurezza mai chiarito la portata di quest’espressione “utilizzare tutti i mezzi necessari”4.

Nello ius ad bellum, il ricorso unilaterale dell’uso della forza5 da parte di una PSO, qualora non siano rispettati i limiti e le condizioni del mandato conferito dal Consiglio di Sicurezza, é sempre stato condannato dalla comunità internazionale6 sebbene lo stesso intervento militare possa essere fondato su esigenze umanitarie.

Inoltre secondo l’opinio juris prevalente della comunità internazionale7 il mandato conferito dal Consiglio di Sicurezza di “utilizzare tutti i mezzi necessari” deve rispettare i principi consuetudinari della necessità e della proporzionalità della reazione propri della legittima difesa8, richiamati peraltro da tutti i documenti delle Nazioni Unite relativi al mantenimento della pace9 e confermati dalla dottrina per la quale il personale dispiegato in una missione deve obbligatoriamente conformarsi a tale regola:, “[…] gli uomini che partecipano ad una operazione non possono mai prendere l’iniziativa di ricorrere alla forza armata, ma possono rispondere con la forza a un attacco armato, in particolare ai tentativi di ricorso alla forza che hanno come obbiettivo quello di far loro evacuare le posizioni che occupanoper ordine del loro comandante […]” (UN doc. A/3943, § 179).

Di tali principi manca tuttavia una definizione univoca nel diritto internazionale10

Di conseguenza, nel caso di un mandato conferito all’UE o in generale ad un’organizzazione regionale o ad uno Stato o ad una PSO a conduzione UN, finalizzato a “utilizzare tutti i mezzi necessari per il conseguimento di uno scopo stabilito dal mandato del Consiglio di Sicurezza, chi dirige le operazioni di una Peace Support Operation si trova a dover decidere se utilizzare o meno la forza in assenza di precise linee guida stabilite dal Consiglio di Sicurezza che possano orientare la sua azione, in mancanza di una definizione del concetto di legittima difesa, dovendo evitare operazioni che possano configurarsi come unilaterali vietate dallo ius ad bellum e rispettando al contempo i principi consuetudinari della necessità e proporzionalità nell’uso della forza.

Per cercare di disimpegnarsi in questo difficile contesto ed evitare responsabilità personali con grave nocumento per la prosecuzione della missione, si rende opportuno chiarire il significato della predetta espressione, individuando i limiti del concetto e la sussistenza dei principi consuetudinari della necessità e proporzionalità in base ai quali si rende necessaria l’uso dell’opzione militare quale legittima “misura necessariaper conseguire l’obiettivo stabilito dal Consiglio di Sicurezza nel mandato” (v. D.P.K.O Principles and Guidelines Department of Peacekeeping Operations, New York, 2009 in http://www.un.org/en/peacekeeping/ p. 3 e ss).

E’ possibile contestualizzare e verificare la portata di tali principi utilizzando le linee guida proposte dal Segretario Generale nel suo rapporto del 21 marzo 2005 redatto sulla base del contenuto del rapporto del High level Un Panel on Threats, Challenge and Change. In tale Rapporto il Segretario individua i criteri che il Consiglio di Sicurezza avrebbe dovuto applicare per autorizzare l'uso della forzaquando fosse pronto a dichiarare che la situazione in un determinato contesto internazionale dovesse essere considerata una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali11:

 

  1. la gravità della minaccia laddove una minaccia é considerata grave allorquando non vi siano altre opzioni che quella militare per neutralizzarla o limitarne la portata12 ;

  2. scopo appropriato, ossia l'intervento deve essere finalizzato a far fronte alla minaccia e non ad altri scopi. Qualsiasi uso di forza militare che miri, invece, alla realizzazione di altri scopi, come la modifica dei confini o il rovesciamento di un regime non sarà quindi da considerarsi legittimo, “a meno che il rovesciamento non sia necessario per impedire a quello stesso regime di perpetrare dei crimini nei confronti dei propri cittadini. Inoltre bisognerà evitare, per quanto possibile, l’occupazione del territorio, occupazione che, comunque, non sarà mai un obiettivo per sé, ma strumento funzionale al raggiungimento dell’obiettivo umanitario, e quindi limitata temporalmente”13;

  3. la forza quale ultima risorsa. Ciò equivale a dire che è necessario, prima dell'intervento, tentare di risolvere la crisi con tutti gli altri mezzi a disposizione, diplomatici, politici, economici. Ciò non vuol dire, ovviamente, che ogni opzione debba essere realmente posta in essere: a volte una crisi umanitaria è tale da non lasciare il tempo di tentare concretamente tutte le vie. È sufficiente, invece, disporre di elementi concreti che facciano ritenere che, nelle date circostanze, se pure altre azioni fossero state intentate, esse non avrebbero condotto a nulla14.

  4. proporzionalità dei mezzi. Ciò vuol dire non solo che l’ampiezza, la durata e l’intensità dell’intervento militare debbano essere le minime necessarie al raggiungimento dell’obiettivo umanitario che ci si è posti, ovvero la neutralizzazione della minaccia per la popolazione civile, ma anche che l’effetto sul sistema politico del Paese in oggetto debba essere limitato esclusivamente a ciò che è strettamente necessario al raggiungimento dello stesso scopo15;

  5. bilanciamento delle conseguenze. In altre parole, deve esservi una ragionevole certezza che l’azione militare fronteggi con successo la minaccia e che le conseguenze dell’azione non si rivelino fatalmente peggiori delle conseguenze dell’inazione16

 

Questi criteri sono piuttosto rigidi, poiché hanno il fine di massimizzare il consenso internazionale nei confronti delle determinazioni del Consiglio e di ridurre al minimo le tentazioni degli Stati di ricorrere ad azioni unilaterali, tagliando fuori il Consiglio. L’intervento, infatti, implica non solo un’ “intrusione” all’interno del territorio di uno Stato sovrano, ma, addirittura, l’uso di forza potenzialmente letale, utilizzata, possibilmente, in massicce proporzioni”17.

Secondo il rapporto del citato gruppo di esperti i suddetti criteri avrebbero dovuto essere approvati da una risoluzione dell’Assemblea Generale e dal Consiglio di Sicurezza, senza necessità di modificare la Carta delle Nazioni Unite, e in ogni caso avrebbero dovuto servire da guida all’azione degli Stati e del Consiglio di Sicurezza.

Nel settembre 2005, in occasione del Summit mondiale delle Nazioni Unite18, la "comunità internazionale" non ha tuttavia approvato formalmente il citato documento ma ha confermato il divieto all’uso della forza, la responsabilità di ciascuno Stato di proteggere la sua popolazione da genocidio, crimini di guerra, pulizia etnica e crimini contro l'umanità, e la necessità per la comunità internazionale di agire collettivamente in un "modo tempestivo e decisivo" - attraverso il Consiglio di sicurezza dell'ONU e in conformità con la Carta delle Nazioni Unite – valutando caso per caso, e in collaborazione con le organizzazioni regionali come appropriato -qualora i mezzi pacifici, tra cui diplomatici, umanitari e altri, siano inadeguati e le autorità nazionali "manifestamente incapaci" di proteggere le proprie popolazioni.

Nonostante la mancata approvazione del documento del Segretario Generale in occasione del summit mondiale delle Nazioni Unite, i citati 5 criteri sono stati ribaditi dallo stesso Segretario Generale nel documento Principles and Guidelines Department of Peacekeeping Operations19, finalizzato a codificare le maggiori lessons learned , i principi e i concetti operativi appresi durante l’esecuzione delle missioni di pace sotto l’egida delle nazioni Unite.

A United Nations peacekeeping operation should only use force as a measure of last resort, when other methods of persuasion have been exhausted, and an operation must always exercise restraint when doing so. The ultimate aim of the use of force is to influence and deter spoilers working against the peace process or seeking to harm civilians; and not to seek their military defeat. The use of force by a United Nations peacekeeping operation should always be calibrated in a precise, proportional and appropriate manner, within the principle of the minimum force necessary to achieve the desired effect, while sustaining consent for the mission and its mandate. In its use of force, a United Nations peacekeeping operation should always be mindful of the need for an early de-escalation of violence and a return to non-violent means of persuasion. The use of force by a United Nations peacekeeping operation always has political implications and can often give rise to unforeseen circumstances. Judgments concerning its use will need to be made at the appropriate level within a mission, based on a combination of factors including mission capability; public perceptions; humanitarian impact; force protection; safety and security of personnel; and, most importantly, the effect that such action will have on national and local consent for the mission.

Di conseguenza, dovendo le PSO a conduzione UE rispettare i dettami del mandato stabilito dal Consiglio di Sicurezza di utilizzare tutte i mezzi necessari per raggiungere l’obiettivo stabilito dal mandato ed essendo il Segretario Generale al vertice della catena di comando delle forze impiegate nelle operazioni per ciò che concerne gli aspetti strategico-operativi, a cui le forze sul campo sono obbligate a comunicargli periodicamente, attraverso le procedure stabilite, come formalmente previsto nelle rispettive Risoluzioni 20 - la situazione sul campo in modo da permettere al Consiglio di Sicurezza di decidere le eventuali azioni da intraprendere per ristabilire la pace o la sicurezza nella Regione o Stato in conformità alle sue responsabilità (art 24 della Carta delle Nazioni Unite), la scelta dell’opzione militare quale unica misura necessaria per conseguire l’obiettivo stabilito dal mandato dovrebbe essere adottata solo sulla base dei predetti criteri ossia dopo aver, come suddetto, soppesato la serietà della minaccia; valutato lo scopo dell’azione militare proposta; verificato se vi siano altri mezzi idonei a fermare la minaccia; appuratone la proporzionalità; determinato se vi sia una ragionevole possibilità di successo.

Inoltre nello ius in bello la valutazione del criterio della proporzionalità per la scelta di un eventuale opzione militare come misuranecessaria per conseguire l’obiettivo stabilito dal Consiglio di sicurezza nel mandato é ancor piu’ stringente rispetto allo ius ad bellum, dovendosi rispettare il principio consuetudinario codificato agli articoli 51(5)(b) et 57(2) del Primo Protocollo Addizionale alle Convenzioni di Ginevra, secondo cui le parti in causa che ricorrono all’uso della forza devono evitare: :

« gli attacchi dai quali ci si può attendere che provochino incidentalmente morti e feriti fra la popolazione civile, danni ai beni di carattere civile, o una combinazione di perdite umane e di danni, che risulterebbero eccessivi rispetto al vantaggio militare concreto e diretto previsto. »21

L'osservanza di tale principio viene ribadito altresi dal Segretario Generale nella Circolare del 6 agosto 1999 concernente il “rispetto da parte delle forze delle Nazioni Unite del diritto internazionale Umanitario.22

Quindi, nella valutazione dei 5 principi sopra enunciati che limitano il ricorso all'uso della forza da parte di una PSO, durante l’esecuzione di una tale operazione, si potrà ricorre all’opzione militare se per ogni singolo attacco sia rispettato il principio della proporzionalità previsto dai citati articoli 51(5)(b) et 57(2) del Primo Protocollo Addizionale alle Convenzioni di Ginevra ossia solamente se si possa garantire :

  1. La prevedibilità del beneficio diretto e concreto dell'attacco;

  2. Il carattere militare dei beni e delle persone oggetto dell'attacco;

  3. La non eccessività dei danni subiti dalla popolazione civile rispetto al vantaggio militare ottenuto.

 

________________________

1 Come ad esempio la risoluzione nr 1551 (2004) del 9 luglio 2004 il Consiglio autorizzava la missione dell’ Unione Europea Althea - a rimpiazzare la missione SFOR della NATO che aveva come mandato quello di utilizzare tutti i mezzi necessari per assicurare il persistente rispetto degli accordi di Dayton in Bosnia Erzegovina. Oppure la missione navale EUNAVFOR-Atalanta, istituita per contrastare le azioni di pirateria al largo della costa somala, a sostegno delle risoluzioni 1814 del 15 May 2008, 1816 del 2 June 2008 e 1838 del 7 October 2008 del Consiglio di sicurezza. Sia la Risoluzione 1816 che la succesiva 1838 prevedono la formula “utilizer tous les moyens necessaire” per conseguire lo scopo del mandato.

2KOLB, Robert, et al.,L’application du droit international humanitaire et des droits de l’homme aux organisations internationales, Bruxelles, Bruylant, 2005,. p. 33-34; DUPUY, René-Jean, et al., Droit international public, Paris, Dalloz, 2010; MEIJER, Iris, « UN Peace-Keeping Forces: The Conditions of Change», in Leiden Journal of International Law, 1994;GAJA, Giorgio, Second Report on responsibility of international organizations, UN doc. A/CN.4/541, 2/4/2004 p. 39 et s.; WHITE, Nigel, «U.N. Peacekeeping-Development», La Librairie juridique de référence en ligne, Paris, 2009,p. 69 e ss.; COX, Eric, «Beyond Self-Defense: United Nations Peacekeeping Operations and the Use of Force », in Journal of International Law and Policy, Denver, 1998.

3 Come ad esempio la missione MINUSIL (Missione delle nazioni Unite in Sierra Leone)-Risoluzione 1289 (2000) del 7 febbraio 2000), la MONUC (Missione delle Nazioni Unite in Costa d’Avori)- Risoluzione 1291 (2000) del 24 febbraio 2000, la MANUTO (Missione delle Nazioni Unite in Timor Orientale Risoluzione 1410 (2002) del 17 maggio 2002), , la FINUL (Forza interinale in Libano) Risoluzione 1701 (2006) del 11 agosto 2006, la MINUAD (Operazione in e 1769 (2007) del 31 luglio 2007 e la MINURCAT (Missione in Tchad) Risoluzione 1778 (2007) del 25 settembre 2007e Risoluzione 1973, adottata il 17 marzo 2011, l’ONUCI (Operazione dell’ONU in Costa D’avorio) Risoluzione 1975 del 30 marzo 2011 relativa alla situazione in Libia Missione ONU di stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo) Risoluzione 2098 del 28 marzo 2013 e Risoluzione 2100 del 25 aprile 2013.PIGOLI, Aldo, «La riforma delle operazioni di mantenimento della pace: Nazioni Unite, organizzazioni regionali e nuove potenze emergenti», op. cit., p.7 ; FOCARELLI, Carlo, Lezioni di diritto internazionale. Il sistema degli Stati e i valori comuni dell’umanità, Cedam, Roma, 1999, p. 275; CONFORTI, Benedetto, Le Nazioni Unite, Cedam, Padova, 1996, p. 181; RONZITTI, Natalino, «Forza (uso della)», Utet, Digesto IV delle Discipline Pubblicistiche, Roma, 1996 p. 21; PINESCHI, Laura, Le operazioni delle Nazioni Unite per il mantenimento della Pace, Cedam, Padova, 1998, 85-87; KOLB, Robert, et al.L’application du droit international humanitaire et des droits de l’homme aux organisations internationalesop. cit., pp. 33-37

4 Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Rapport du Groupe d’étude sur les opérations de paix de l’Organisation des Nations Unies,Etude d’ensemble de toute la question des opérations de maintien de la paix sous tous leurs aspects, (Mieux connu sous le nom de Rapport Brahimi), doc. A/55/305 - S/2000/809, disponibile su http://www.un.org/peace/reports/peace_operations/docs/a_55_305.pdf; BOWETT, Derek William, United Nations Forces : A legal Study of United Nation Practice, Stevens and Sons, Londra 1964, p 3 e s.; Vedasi le riflessioni di KELSEN, Hans, The law of the United Nations, Stevens and Son, Londra, 1950, p. 903; HALDERMAN, John, « Legal Basis for United Nations Armed Forces», New York, in American Journal of International Law, 1962 disponibile su http://www.asil.org/ajil/ajilindx.htm WHITE, Nigel, «U.N. Peacekeeping-Development », op. cit., p. 107;GAJA, Giorgio, «Use of Force Made or Authorized by the United Nations » in Tomuschat (ed.), The United Nations at Age Fifty : A Legal Perspective, La Haye, Londra, 1995, p. 39 et s. ; MCCOUBREY, Hilaire et al. «The Blue Helmets : Legal Regulation of United Nations Military Operations », Dartmouth Pub, Aldershot, 1996, p. 69 e ss. SIMMA, Bruno, The Charter of the United Nations: A Commentary, 2nd , Oxford University Press, Oxford, 2002; COX, Eric, « Beyond Self-Défense: United Nations Peacekeeping Operations and the Use of Force, », Journal of International Law and Policy, Denver, 1998. FABBRI, Fabio, «Le misure provvisorie nel sistema di sicurezza delle Nazioni Unite», in Rivista di diritto internazionale, C.I.J. Recueil, 1964, p. 186 et s. BOWETT, Derek William, United Nations Forces : A legal Study of United Nation Practice, Stevens and Sons, Londra 1964

5 Villani, U., Aspetti problematici dell’intervento militare nella crisi libica, Società Italiana di Diritto Internazionale, sito web, 2011, p. 3, Federazione Russa, Ministero degli Affari esteri. Stenogramma dell’intervento e delle risposte alle questioni dei media del Ministro Lavrov, Mosca 5 aprile 2011, disponible su http://bit.ly/1SC7OzG Ministère des relations internationales et de la coopération, «Transcript following Minister Nkoana-Mashabane’s Media Briefing on Current and International Issues», 5 avril 2011, disponible sur http://www.dfa.gov.za/docs/speeches/2011/mash0405a.html Ministère des relations extérieures, «Ministre das Relações Exteriores declara posição de Angola referente a crise política na Costa do Marfim sempre foi pela via pacífica» 25 avril 2011, disponible sur http://bit.ly/1SNJ2Nr; Ministère du plan et du développement. «Programme National de Réinsertion et de Réhabilitation Communautaire (PNRRC)», Côte d’Ivoire, 28 novembre 2007, disponible sur http://bit.ly/1qr1AMI

Ministère des affaires étrangères, Turkey Recognizes Libya Rebels, Promises More Aid, 3 juillet 2011 site web officiel http://www.mfa.gov.eg;Chambre des députés, « La crisi politica in Libia e negli altri paesi del Nord Africa del 23 marzo 2011 », fiche de synthèse, documents officiels et débats parlementaires, interprétations et analyse, disponible sur http://documenti.camera.it/leg16/dossier/testi/es0709a.htm;République populaire de Chine, ministère des affaires étrangères. Porte-parole du ministère des affaires étrangères Jiang Yu's, conférence de presse du 22 mars 2011 site de l’ambassade de la République populaire de Chine au Bénin http://bj.china-embassy.org/fra/fyrth/t809650.htm

6 CORTEN, Olivier, Le droit contre la guerre. L’interdiction du recours à la force en droit international contemporain,op. cit. pp. 431-482

7 Commissione di diritto Internazionale., Responsabilité des organisations internationales, in Rapport de la Commission du droit international, Soixante- et-unième session, 4 mai-5 juin et 6 juillet-7 août 2009, Assemblée générale, Documents officiels, Soixante-quatrième session, Supplément n°10 (A/64/10), Nations Unies, New York, 2009, commentaire art. 6, disponible sur

http://bit.ly/1VY2FaK, pp. 49-50.

8 L’articolo 21 e il paragrafo 3 del Commentario relativo al Progetto d’articoli sulla responsabilità delle organizzazioni internazionali afferma «Dans la pratique relative aux forces des Nations Unies, le terme “légitime défense” a souvent été employé dans un sens différent, à propos de situations autres que celles qui sont envisagées à l’article 51 de la Charte. «La “légitime défense” a aussi été mentionnée à propos de la “défense de la mission”» ; «La nécessité doit en effet être envisagée conjointement avec le critère de la proportionnalité qui constitue l’autre face d’une même médaille. La proportionnalité apparaît ainsi comme l’un des moyens par lesquels on peut évaluer la nécessité d’une mesure et ce, en particulier après que cette mesure ait déployé ses effets. Evidemment il est nécessaire de faire une distinction entre les critères de nécessité et de proportionnalité au sens du jus in bello d’une part et du jus ad bellum d’autre part.» ; C.I.J., Affaire des activités militaires et paramilitaires au Nicaragua et contre celui-ci. Arrêt du 27 juin 1986, C.I.J. Recueil 1986, § 42 ; CORTEN, Olivier, Le droit contre la guerre. L’interdiction du recours à la force en droit international contemporain» op. cit. 729 ; En assimilant le nécessaire à «ce qui est essentiel, important». CORTEN Olivier, KLEIN, Pierre, « L'autorisation de recourir à la force à des fins humanitaires: droit d'ingérence ou retour aux sources?», in E.J.I.L, 1993 p. 522 disponibile sul sito EJIL http://www.ejil.org/article.php?article=1215&issue=67

PINESCHI, Laura, Le operazioni delle Nazioni Unite per il mantenimento della Pace, Cedam, Padova, 1998

9 Agenda pour la paix, diplomatie préventive, rétablissement de la paix, maintien de la paix, op. cit. § 85

10 La Corte Internazionale di Giustizia indica come limiti quello della necessità e della proporzionalità in caso di legittima difesa ma senza donare una definizione di tali nozioni ; si veda il caso C.I.J., Affaire des activités militaires (C.I.J. Recueil 1986, op. cit., 103); v. anche AGO, Roberto, Scritti sulla responsabilità internazionale degli Stati, II, 2, Napoli, 1986, p. 1256 ss.

11 Rapport du Secrétaire général àl'Assemblée générale, Dans une liberté plus grande: vers le développement, la sécurité et les droits de l'homme pour tous, 21 mars 2005, doc. A/59/2005 § 135, su cui v. PICONE, Paolo, « Le autorizzazioni all’uso della forza armata tra sistema delle Nazioni Unite e diritto internazionale generale », Riv.Dir.Int., 2005 p. 5 ss.; SCHINDLER, Dietrich, « State of War, Belligerency, Armed Conflict » in Cassese (ed.), The New Humanitarian Law of Armed Conflict, vol. I, Napoli, 1979, p. 3 ss.

12 La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia nell’Affare Nicaragua contro Stati Uniti del 1986 stabilisce che « il y a lieu de distinguer entre les formes les plus graves de l’emploi de la force (celles qui constituent une agression armée) et d’autres modalités moins brutales. » C.I.J., Affaire des activités militaires, C.I.J. Recueil 1986, op. cit. § 191 Inoltre la stessa stessa Corte nell'affare sulle piattaforme petrolifere del 2003 stabilisce che « , que l’attaque de minor generis, comme la fourniture d’armes ou l’appui logistique aux insurgés agissant dans un Etat tiers, même si interdite par l’art. 2 § 4, ne constituent pas des attaques « justifiant la légitime défense ».. C.I.J., Affaire des plate-formes pétrolières (Rép. islamique d'Iran c. Etats-Unis d'Amérique), arrêt du 12 décembre 1996 (exception préliminaire), C.I.J. Recueil 1996 § 38 ;FOCARELLI, Carlo, Lezioni di diritto internazionale. Il sistema degli Stati e i valori comuni dell’umanità, op.cit., p. 275

13 Doc. A/55/305 - S/2000/809 op cit ; Camera dei deputati, Servizio Studi - Dipartimento affari esteri Le prospettive di riforma dell’ONUIl Rapporto del Panel sulla sicurezza collettiva, Indagini conoscitive,  Numero: 15, Roma,19/01/05;GREPPI Edoardo, Istituto per gli studi di politica internazionale, rivista n 91 luglio 2008, p.3 reperibile su http://bit.ly/1SNJ2gB; U. MORELLI, Luigi Einaudi e l’Europa, in R. EINAUDI (a cura di), L’eredità di Luigi Einaudi, Roma 2008, p. 75, RONZITTI, Il diritto applicabile alle Forze Armate italiane all’estero: problemi e prospettive, Contributi di Istituti di ricerca specializzati, n 90 aprile 2008 p.3; THAROOR, S., ‘Should UN peacekeeping go “back to basics’”?, Survival, vol. 37, no. 4

14ibidem

15 Ibid.

16 Ibid.

17 Ibid.

18 UN doc. A/59/565 su http://www.un.org/secureworld

19 D.P.K.O Principles and Guidelines Department of Peacekeeping Operationsop cit […] development of this key guidance document United Nations Peacekeeping Operations. Principles and Guidelines, will continue to be reviewed and updated in the coming years as United Nations peacekeeping evolves and new lessons are learnt

20 Doc RES 1551 (2004) , doc RES 1816 (2008) e RES 1838 (2008) op cit note 1

21 I Protocollo Addizionale alle Convenzioni di ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati disponibile su http://www.difesa.it/GiustiziaMilitare/RassegnaGM/Corte-Penale- Internazionale/statuto-cpi.htm

22Circulaire sur le respect par les forces des Nations Unies du droit international humanitaire, UN doc. ST/SGB/1999/13, 6 août 1999 sur site C.I.C.R http://www.icrc.org/fre/resources/documents/misc/5fzg69.htm

CONDORELLI, Luigi, «Le azioni dell’ONU e l’applicazione del diritto internazionale umanitario: il “bollettino” del Segretario generale del 6 agosto 1999», in Rivista di diritto internazionale, Liuc Biblioteca, Roma, 2000 p. 1049 et s.; RYNIKER, Anne, «Respect du droit international humanitaire par les forces des Nations Unies», Revue internationale de la Croix-Rouge, Genève 1999, pp.379-399.

15/04/2016
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In attesa che l’Ufficio del Pubblico Ministero Europeo (EPPO) divenga concretamente operativo e possa esercitare appieno i propri poteri di indagine e di esercizio dell’azione penale, vanno analizzate le garanzie normative di indipendenza e di autonomia dell’Ufficio e dei suoi organi e le interdipendenze sistemiche cui l’EPPO sarà soggetto nell’inserirsi nel contesto istituzionale della protezione del bilancio dell’Unione.

24/03/2021
Stato di diritto e condizionalità nell’Unione europea. Gli strumenti di conoscenza della Commissione

La relazione sullo Stato di diritto 2020 nell’Unione europea, pubblicata dalla Commissione, fornisce preziose informazioni su sistemi giudiziari, quadro anticorruzione, pluralismo dei media, questioni istituzionali nell’UE in generale e per ciascuno Stato membro, utili per l’applicazione dello strumento di condizionalità al rispetto dei principi dello Stato di diritto per l’accesso ai fondi europei. Preoccupa, invece, la posizione del Consiglio europeo per un compromesso diretto al rinvio ed al riferimento alle identità nazionali su valori che costituiscono il patrimonio fondativo e comune di tutta l’Unione.

20/01/2021