Magistratura democratica
ordinamento giudiziario

Luci e ombre del disegno di legge che riforma l’ordinamento giudiziario minorile e familiare

di Francesco Mazza Galanti
Presidente della Sezione Famiglia del Tribunale di Genova
Verso l'istituzione della sezione specializzata famiglia e minori

LO SPECIALE: IL FUTURO DELLA GIUSTIZIA PER LA FAMIGLIA E I MINORI

La soppressione del Tribunale per i minorenni (e della Procura della Repubblica presso il suddetto Tribunale) e il suo accorpamento presso il Tribunale ordinario nell'ambito di una “nuova” Sezione distrettuale specializzata per la persona, la famiglia e i minori sembra ormai cosa fatta. E, infatti, giovedì 10 marzo, dopo un dibattito durato pochi giorni, la Camera dei Deputati ha approvato il Disegno di legge delega n. 2953, avente ad oggetto “disposizioni per l’efficienza del processo civile” che ha scelto di riformare in uno stesso testo la materia delle imprese e quella della famiglia e dei minori. 

Nel lontano 2003, il tentativo del Ministro Castelli di abolire il Tribunale minorile (in forza di un disegno di legge assai rozzo, finalizzato tra l’altro ad eliminare la composizione mista del giudice minorile, senza preoccuparsi di garantire la esclusività delle funzioni e di delineare le linee di una necessaria riforma dei procedimenti minorili), naufragò del tutto casualmente in quanto un certo numero di parlamentari, che in allora sostenevano il Governo, votarono a favore della pregiudiziale eccezione di incostituzionalità formulata dalle opposizioni.

Corre l’obbligo di ricordare che, all’epoca, la progettata riforma era almeno in parte il frutto di una improvvisata politica governativa che, anche sulla scia di una campagna mediatica di inusitata aggressività, mirava a presentare all’opinione pubblica il Tribunale per i minorenni quale responsabile di una politica giudiziaria volta a realizzare l’indiscriminato allontanamento di bambini dalle loro famiglie di origine. In altre parole, il giudice minorile veniva (del tutto impropriamente) rappresentato come il “braccio esecutivo” dei servizi sociali che, per finalità inconfessate, avrebbero tradito il loro compito istituzionale di sostenere le famiglie in difficoltà. Inoltre, in quello stesso periodo, anche l’attività riguardante il settore delle adozioni veniva sottoposto a critiche ingiustificate, dolendosi una certa parte politica del fatto che la famiglie (potenzialmente) adottive incontrassero troppi ostacoli nel conseguimento dell’idoneità all’adozione. In sostanza, si era manifestata nel paese una diffusa tendenza, frutto di una cultura che Pasquale Andria ha definito “neo-liberista”, la quale, rovesciando la prospettiva costituzionale della tutela del minore, era dedita ad una vera e propria aggressione nei confronti di una giurisdizione  specializzata che sarebbe stata troppo invasiva e assai poco rispettosa dell’autonomia della famiglia.

Non si può peraltro sottacere il fatto che, a quei tempi, molto più di ora, la maggior parte dell’avvocatura era ferocemente ostile al modo in cui la giurisdizione minorile veniva esercitata, lamentando (spesso non a torto) la mancanza di un effettivo contraddittorio e, in definitiva, la violazione del diritto di difesa nell’ambito del processo civile minorile.

Nel contesto di un dibattito ormai più che trentennale si sono chiaramente delineate due linee contrapposte: quella che prevede il rafforzamento della originaria struttura e l’assorbimento in essa dei giudici ordinari che si occupano del diritto di famiglia e delle persone (un’ipotesi non a caso privilegiata dalla più parte dei magistrati minorili), e quella, che al momento pare prevalere, di istituire una Sezione specializzata del Tribunale Ordinario attribuendo ad essa le competenze del Tribunale per i minorenni e quelle del Tribunale Ordinario in materia di famiglia, minori e persone (ivi compresa, quindi, la volontaria giurisdizione di competenza del Giudice Tutelare). Tale ultima ipotesi incontra il favore di parte di alcuni giudici ordinari che si sono occupati di questo settore (da ultimo possono essere richiamati gli scritti di Fabrizio Amato e di Giuliana Civinini), di autorevole dottrina (si v. gli scritti di Dogliotti e di Proto Pisani) e, in verità, anche di magistrati che hanno lavorato o ancora lavorano presso il Tribunale per i minorenni (si v. gli scritti di Ghiara, Monteverde e Sergio).

La stessa Commissione Ministeriale per lo studio dei problemi ordinamentali della giustizia minorile (presieduta da Gino Fadiga), nel lontano 1994, aveva formulato una duplice previsione, nel senso che si è sopra esposto, lasciando “doverosamente ad altre sedi la scelta definitiva”

Come è noto, anche l’attuale Governo aveva inizialmente abbracciato l’ipotesi di realizzare un Tribunale Distrettuale “specializzato” avente ad oggetto la materia della persona, della famiglia e dei minori ma, in un secondo tempo, per ragioni che non sono state esplicitate, in seno alla Commissione Giustizia hanno prevalso altre logiche.

Il fatto che l’abolizione dei tribunali minorili sia inserito in un disegno riformatore che (ancora una volta) si propone l’auspicabile obiettivo di rendere maggiormente efficiente il processo civile, dovrebbe presupporre che gli attuali organi giudiziari minorili siano inidonei a realizzare quelle finalità (essenzialmente, perseguire il “migliore interesse del minore”, nel rispetto della normativa nazionale e internazionale) che l’ordinamento affida loro. In verità, al di là del fatto che non risulta essere stato effettuato un serio studio volto a verificare nel concreto le modalità di funzionamento dei singoli Tribunali per i minorenni e i risultati da essi conseguiti, non sembra proprio potersi affermare che essi abbiano dato prova di inefficienza (prova ne è che alcune componenti dell’avvocatura associata si sono pronunciate in senso contrario al Disegno di legge n. 2953).

Tutto ciò premesso, posto che il tema della riforma della giustizia minorile in Italia è dibattuto da oltre trent’anni, non si può non riconoscere che la finalità perseguita dal disegno di legge in questione, unificare in un solo ufficio le variegate competenze esistenti in materia di minori e di famiglia, è anche l’obiettivo per cui l’Associazione dei magistrati per i minorenni e la famiglia e tante altre associazioni (forensi e non) si sono battute in questi anni. Non si vuole pertanto “demonizzare” a priori la riforma di cui si discute, i cui meriti sono stati puntualizzati in quest’intervento di Francesco Micela. In tale intervento sono state però evidenziate anche le carenze più significative, a cominciare da quelle riguardanti le Procure minorili, sulle quali non mi soffermo potendosi fare rinvio a tutto quanto è già stato scritto da Cristina Maggia (e da altri) anche qui.

In verità il nodo di fondo che, peraltro, nessuno almeno sin qui è stato in grado di sciogliere in modo convincente, è se un così enorme settore della giurisdizione (comprendente non solo il diritto civile della famiglia e dei minori, ivi compresa la volontaria giurisdizione tutelare, ma anche i settori del diritto minorile amministrativo, penale e penitenziario), sia più adeguatamente gestibile da una Sezione Distrettuale e Circondariale del Tribunale Ordinario o, invece, da un Tribunale “specializzato” a se stante, ripercorrendo la logica ordinamentale del Tribunale di Sorveglianza.

Onestamente, per quanto mi riguarda, dopo avere lavorato sia al Tribunale per i minorenni che al Tribunale Ordinario (per più anni anche nella Sezione Famiglia), in questi ultimi tempi avevo maturato un sincero apprezzamento per lo status quo, ritenendo semmai preferibile concentrare le ipotesi di riforma sulla procedura civile minorile. Inoltre, soprattutto a seguito della più recente riforma (che ha restituito al Tribunale una serie consistente di procedimenti di famiglia a lungo in precedenza gestiti dal Tribunale per i minorenni), mi è parso, da un lato, che ciò avesse consentito (almeno nei Tribunali Ordinari medio-grandi) il consolidamento di vere e proprie “Sezioni Famiglia” sufficientemente specializzate, dall’altro che le competenze “minorili” (civili) ridotte all’essenziale (adozione e limitazioni o ablazione della responsabilità genitoriale) ben potessero essere meglio affrontate dal Tribunale per i minorenni (all’interno del quale, mi sento di dire, è assai cresciuto il rispetto per le esigenze difensive), unitamente alle restanti competenze non civilistiche.

In proposito, appare sensato ritenere che potere affrontare tali delicate  materie in un contesto protetto e separato da quello convulso che caratterizza la magistratura ordinaria (anche di famiglia), fortemente contaminato dalle questioni economiche e, talora, condizionato dall’esigenza di affrontare altri rilevanti emergenze ma di tipo diverso (basti pensare, in oggi, alla materia della protezione internazionale), costituisce una condizione di base maggiormente favorevole ad una effettiva tutela delle esigenze minorili.

D’altra parte tale situazione ordinamentale esiste anche in altri paesi europei e, a quanto si è compreso, laddove esso è stato abolito i risultati del trasferimento delle competenze al Tribunale Ordinario non sembrano essere stati positivi (si v. sul punto il recente intervento di Joseph Moyersoen).

Venendo ad alcune brevi considerazioni riguardanti il disegno di legge in esame, non si comprende come, presso i Tribunali Circondariali, possano essere create Sezioni specializzate per la materia famigliare e minorile, quando notoriamente questi giudici devono affrontare insieme alle cause (numericamente minoritarie) riguardanti questo settore numerosi altri procedimenti che riguardano materie di tutt’altro genere. E, infatti, la stessa relazione di accompagnamento al Disegno di Legge Delega è costretta a riconoscere che “in tali sezioni potrà non essere sempre garantito (…) l’esercizio in via esclusiva delle funzioni specializzate”.

Anche i profili organizzativi e logistici destano comprensibili preoccupazioni, non essendo chiaro come una riforma che ancora una volta si pretende “a costo zero” (“ovvero senza determinare nuovi oneri”, così testualmente la citata relazione) possa consentire una efficace “razionalizzazione e riorganizzazione degli stessi Tribunali”. A prescindere dalla certamente problematica ricollocazione dei magistrati e del personale amministrativo proveniente dal Tribunale per i minorenni e dalla annessa Procura negli angusti spazi attualmente offerti dai nostri palazzi di giustizia,  non è facile immaginare come la giurisdizione della nuova Sezione Distrettuale potrà essere esercitata in spazi e locali adeguati alle esigenze dei minori di età. Insomma, permane non ingiustificato il dubbio che l’attuale riforma sia finalizzata soprattutto a realizzare significativi risparmi di spesa piuttosto che a rafforzare la tutela dei minori in ambito giudiziario.

Come recentemente auspicato da Cesare Castellani, al fine di evitare che le risorse umane sin qui destinate alla “giustizia dei minori” si disperdano a causa di non condivise previsioni tabellare, sarebbe importante che le nuove Sezioni specializzate venissero costituite “sul modello della Sezione lavoro”. Da ciò, tra l’altro, discenderebbe che la nomina del Presidente della Sezione specializzata per la persona, la famiglia e i minori sarebbe effettuata dal Consiglio Superiore della Magistratura.

Certamente importante è la previsione della legge delega (si v. l’art. 1, lett b), n. 2 septies) di disciplinare il rito dei procedimenti assegnati alla istituenda Sezione distrettuale “secondo criteri di tendenziale uniformità, speditezza e semplificazione, con specifica attenzione alla tutela dei minori e alla garanzia del contraddittorio tra le parti”, e di dettare “una disciplina omogenea” per i procedimenti in materia di separazione e divorzio giudiziale “e in materia di filiazione fuori dal matrimonio” (si v. n. 2 septies.1). E, tuttavia, come segnalato da Gino Fadiga, non appare coerente con la esigenze di semplificazione del sistema avere mantenuto l’attuale formazione del Collegio (composto da quattro giudici in primo grado e addirittura cinque in appello), fermo restando che ulteriori interventi legislativi si impongono in tempi brevi a cominciare dal trascurato settore dell’ordinamento penitenziario minorile.

14/03/2016
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