Magistratura democratica
Magistratura e società

La narrazione dei diritti

di Rita Sanlorenzo
avvocata generale, Procura generale Corte di cassazione, vicedirettrice di Questione Giustizia
Il tema al centro di due volumi: "Il diritto di aver diritti" di Stefano Rodotà e il "Glossario dei diritti in divenire" di Daniela Bauduin ed Elena Falletti
La narrazione dei diritti

Nell’ultima sua preziosissima opera, Il diritto di aver diritti, (Laterza Bari 2012) Stefano Rodotà delinea l’affresco contemporaneo di un’umanità che combatte una quotidiana battaglia per l’affermazione dei propri diritti, non più solo connessi a principi astratti ma derivanti dalla materialità delle situazioni e dei bisogni: “un’operosa molteplicità di uomini e di donne che trovano, e soprattutto creano, occasioni politiche per non cedere alla passività ed alla subordinazione”.

La lotta per i diritti assume dunque un significato centrale nella dinamica democratica del momento, perchè in essa si identifica la sola forza capace di contrapporsi alla volontà di imporre al mondo “una nuova ed invincibile legge naturale, quella del mercato”, che addirittura pretende di definire le condizioni per il riconoscimento dei diritti stessi: visti ormai diffusamente come null’altro che “un lusso che non ci si può permettere in tempi di crisi”.

La narrazione dei diritti ridefinisce allora gli spazi, giuridici e politici, e muove alla ricerca di nuovi equilibri tra i poteri, in particolare tra legislazione e giurisdizione, laddove invece di temere la presa di potere dei giudici, ed ipotizzare una nostalgica ed antistorica restituzione al legislatore di un “trono che non esiste più”, bisogna prendere coscienza che è nel nuovo “modo di essere” dei diritti quello di essere naturalmente associati “all’esistenza di corti internazionali, alla capacità di corti sovranazionali e nazionali di proiettare la loro competenza oltre i confini loro tradizionalmente assegnati, alla ricerca di una “competenza globale” che possa assicurare interventi almeno nei casi più clamorosi e drammatici di violazioni di diritti, individuali e collettivi”: perchè l’affermazione dei diritti passa, ineludibilmente, attraverso la loro attuazione giurisdizionale.

Il che non deve certo far temere il cosiddetto “governo dei giudici”, ma piuttosto indurre a recuperare la forza della politica nella capacità di disegnare con nettezza il quadro dei principi all’interno del quale altri soggetti, i giudici in primo luogo, possano operare legittimamente.

E’ un’architettura che trova un suo equilibrio in una nuova redistribuzione dei poteri, in una nuova costruzione della stessa democrazia che sempre di più, ha “bisogno dei diritti fondamentali per la sua stessa sopravvivenza”: sì che anche ai giudici deriva una nuova legittimazione dal fatto che essi contribuiscono alla complessiva tenuta dell’ordine democratico.

L’affascinante costruzione di Rodotà regge sulla visione di un’armonica sinergia tra politica e giurisdizione, cui è affidato il compito di dar vita ad una democrazia moderna, sospinta, sorretta e innervata dai diritti, individuali e collettivi, corredati da una dimensione storica ma oggi proiettati verso la soddisfazione di bisogni nuovi, in parte determinati dal progresso tecnologico.

Ma anche il più alto ed ambizioso dei progetti, come quello tracciato da Rodotà, ha bisogno per sostenere la costruzione a cui è preordinato, di attingere a solido materiale, sul quale, a ben vedere, dovrà poggiare l’edificio di una democrazia fondata sul diritto ai diritti, su una cittadinanza scollegata dallo stretto rapporto con il territorio, su un continuo aggiornamento – e sull’incessante arricchimento - del catalogo su cui si deve misurare.

Non a caso, Rodotà parla di una “narrazione” dei diritti, come di un flusso dinamico che appunto, supera le frontiere e le differenze, e grazie a questa sua vitalità irrefrenabile riesce a forzare il blocco delle leggi del mercato e dell’economia e la loro capacità paralizzante sui processi democratici.

Tra il materiale di buona qualità a cui di qui in avanti si potrà attingere per contribuire, come interpreti ed operatori del diritto, o anche come protagonisti diretti della battaglia “per i diritti”, alla costruzione dell’edificio che il pensiero di Rodotà ci affida, vi è oggi il Glossario dei diritti in divenire, di Daniela Bauduin ed Elena Falletti (Ediesse Roma 2013), che aspira a fornire con chiarezza e sintesi, una mappa ragionata, di un cosmo in trasformazione ed espansione continue, sostenuto e anzi, in parte generato, dalle fonti, normative e giudiziarie, nazionali, internzazionali e, in special misura, europee (la Carta – dei diritti fondamentali dell’Unione Europea -, e le Corti – di Giustizia dell’Unione Europea, e dei diritti umani).

L’elenco attraversa le voci più significative, e dibattute, della contemporaneità, a partire dalla questione dell’autodeterminazione nel fine vita, della laicità, e della brevettabilità del materiale genetico umano, per affrontare la sfida alla disuguaglianza con la tutela dei soggetti deboli quali anziani, disabili, migranti, carcerati e minori: senza ritrarsi nemmeno di fronte alle grandi questioni che riguardano direttamente i destini immediati dell’umanità, quali la società multiculturale e la tutela dell’ambiente.

Le Autrici si prefiggono di comporre il loro Glossario nel rispetto di due precisi canoni, quello della semplicità, e l’altro della sintesi.

Obbiettivo centrato, se si considera la trattazione di trentaquattro voci diverse (da Abuso del diritto a Terra (diritto alla) e produzione energetica), che attraversano davvero la modernità, con le sue proiezioni ed i suoi tanti nodi problematici che necessitano di un approccio sistematico e soprattutto, di una sapiente opera di divulgazione capace di coniugare i diversi riferimenti.

Ma non si equivochi, non si tratta certo di mera compilazione: perchè il Glossario sorregge l’idea forte di una politica del diritto che sappia scongiurare i pericoli che ai diritti derivano, da un lato, dalla contingente crisi economica e dalla dilagante percezione di una loro insostenibilità, dall’altro da sbandierate esigenze di tutela della sicurezza pubblica, o dell’ordine pubblico.

Idea a cui si riconnette una (altrettanto forte) spinta all’impegno civile, ed al diretto investimento collettivo, in nome dei diritti: perchè, come scrivono le Autrici, richiamando Pasolini, ci sono occasioni in cui “bisogna esporsi”, e non basta scrivere, occorre impegnarsi a vivere.

24/04/2013
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